sabato 28 luglio 2018

Caccia al traditore

Caccia al traditore.
Negli anni ’30 in Urss, Stalin aprì una stagione di processi politici, le Grandi purghe, contro i vertici del partito e i militari, ma non solo.


Il procuratore Vyšinskij, al centro, nel secondo processo di Mosca (1937).
https://it.wikipedia.org/wiki/Grandi_purghe

In Russia, il periodo tra il 1936 e il 1938 è conosciuto anche come “Ezovscina” ossia “èra di Nikolaj Ezov” capo dell’Nkvd (Commissariato del popolo per gli affari interni), l’organo che durante le purghe staliniane divenne il braccio armato del dittatore sovietico contro i presunti “nemici della rivoluzione”. Tra il 1937 e il 1938 l’Nkvd arrestò un milione e mezzo di persone tra dirigenti, intellettuali, sindacalisti, operai e contadini, di cui l’80% furono condannate con processi sommari.


1938: Babel' fotografato dallaNKVD, dopo il suo arresto

PRETESTO. Quando nel 1934, Sergej Kirov, a capo del Partito Comunista di Leningrado fu assassinato, Stalin accusò l’opposizione del partito, in particolare la corrente antistaliana guidata da Grigory Zinoviev, e ne approfittò per avviare un piano di epurazione degli oppositori ai vertici del PCUS (Partito Comunista dell’URSS), con false accuse e processi farsa.
Tre grandi procedimenti pubblici (il processo dei sedici, il processo dei diciassette e quello dei ventuno), che si svolsero tra l’agosto del 1936 e il marzo del 1938, portarono alla sbarra 54 dirigenti di partito, tra cui Zinoviev e Trotzkij che, in esilio dal 1929, fu condannato in contumacia. Tuttavia non fu colpita solo la nomenclatura del partito; nel processo degli ufficiali (a porte chiuse) che si tenne nel 1937, furono messi sotto accusa i vertici dell’Armata Rossa. Le indagini erano partite dal generale Michail Tuchacevskij, ex collaboratore di Trotzkij, che fu condannato a morte. Tutti erano accusati di aver violato il Codice penale della Repubblica Sovietica e in particolare l’articolo 58, che definiva in modo generico il reato di “attività controrivoluzionarie” (propaganda, tradimento, boicottaggio, complotto). La maggior parte degli imputati fu condannata a morte, gli altri alla prigione nei campi di lavoro (vennero poi uccisi in carcere o nelle esecuzioni di massa compiute dall’NKVD). Le sentenze, emesse dal tribunale del collegio militare della Corte suprema furono immediatamente eseguite e le fucilazioni avvennero nel giro di 24 ore.


Rykov e Bucharin prima del processo a loro carico, 2 marzo 1938

PAURA. Le condanne furono emesse anche sulla base delle confessioni di alcuni imputati. I sospettati venivano, infatti, prima arrestati e poi portati nella prigione moscovita della Lubjanka, dove subivano ogni sorta di pressione per avere una confessione, come racconta in Arcipelago Gulag lo scrittore Aleksandr Solzenicyn: “Il tempo assegnato all’istruttoria era impiegato, non per investigare sul delitto ma nel 95% dei casi, a stancare, estenuare, fiaccare l’accusato e farla finita, anche a colpi d’ascia pur di far presto (…). Nel 1937-1938 le violenze e le torture furono autorizzate senza porvi limiti e lasciate alla discrezione dei giudici istruttori a seconda di quanto esigeva la mole di lavoro e il termine fissato”. Solzenicyn non fu l’unico a parlare di torture fisiche durante le purghe, ma non tutti gli studiosi sono d’accordo. Spesso, per indurre gli imputati ad autoaccusarsi di crimini improbabili, bastava la paura di ritorsioni contro famigliari e amici.

Carta dei Gulag, 1923-1961 (elaborata dall'associazione Memorial)

PSICOSI. Vittime della psicosi del traditore furono non soltanto i dirigenti di partito e le alte sfere militari, ma anche gente comune. Accusati di essere al servizio d’imperialisti, i malcapitati erano costretti a confessare crimini non commessi, davanti ad assemblee popolari di lavoratori, di contadini (nei Kokchoz, le fattorie collettivizzate) e perfino nei condomini. Stalin, nel 1938, aveva raggiunto il suo obiettivo: liberarsi della vecchia guardia del partito e dei vertici militari. Il numero esatto delle vittime delle Grandi purghe del 1935-40 divide ancora oggi gli storici. Ma gli archivi dell’NKVD parlano chiaro: nel 1937-193, quando i tribunali funzionavano a pieno regime, le esecuzioni furono circa 1000 al giorno.


Articolo in gran parte di Federica Ceccherini pubblicato su Focus Storia  n. 140 altri testi e immagini da Wikipedia.

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