sabato 28 luglio 2018

Operazione Frankton: gli eroi della canoa

Gli intrepidi eroi della canoa.

Nell’estate del 1942 l’Inghilterra decise di rendere inutilizzabile il porto  di Bordeaux, dove i tedeschi facevano arrivare le loro forniture estere. A dicembre scattò una delle operazioni più rischiose di tutto il conflitto. Ecco come si svolse.
Resistenza Europea - Operazione Frankton 1942



Francia, 7 dicembre 1942. intorno alle 20 il sottomarino britannico Tuna emerge a 16 chilometri dall’estuario della Gironda e Dordogna. La notte è nera e fredda, il mare è calmo e tutto sembra assolutamente tranquillo. Dal portellone della torretta escono con difficoltà e poi vengono deposte sul ponte, delle strane imbarcazioni. Si tratta di sei canoe, che vengono messe rapidamente in acqua. Sono del tipo Mark II, soprannominate Cockleshell (guscio di noce): si tratta di biposti lunghi 4,80  metri e larghi 71 centimetri. Strutture tanto leggere e delicate che una delle sei viene danneggiata a al momento della messa in acqua. Ripararla richiederebbe troppo tempo. Se ne dovrà fare a meno. Ogni canoa ospita due uomini, pesa 45 chili e può portare 75 chili di materiale. Intanto il sommergibile si allontana rapidamente. Poco dopo si immerge e scompare nelle acque dell’oceano. Non tornerà più a riprendere i dieci uomini sbarcati. Essi sono consapevoli che per sopravvivere potranno contare solo sulle loro forze e sulla fortuna. Ma cosa ci fanno dieci uomini così equipaggiati su cinque canoe in alto mare, in una gelida notte invernale, a diversi chilometri dalla costa? Sono i protagonisti di una delle azioni più temerarie, inimmaginabili e rischiose della Seconda guerra mondiale: l’operazione Frankton. Una missione quasi impossibile per un gruppo di Royal Marines, coraggiosi e particolarmente addestrati. Colpire il nemico in una delle sue basi navali più protette e impenetrabili: il porto di Bordeaux. Qui sono ospitati numerosi sommergibili tedeschi e italiani (Betasom) e vi si svolge anche un intenso traffico di navi mercantili che si fanno gioco del blocco britannico e riforniscono continuamente il Reich di materiale sensibile (caucciù in particolare) proveniente dall’estremo Oriente, dopo avervi caricato armamenti destinati al Giappone. È al porto di Bordeax, dunque che bisogna arrivare. Obiettivo della missione: insinuarsi con i “gusci di noce” tra i mercantili tedeschi, minarli sulla linea di galleggiamento e farli esplodere. Successivamente  cercare di tornare in Inghilterra, attraversando 160 chilometri di territorio ostile, senza aver stabilito contatti nemmeno con la Resistenza francese. le possibilità di successo sono talmente basse che quasi certamente la maggior parte dei componenti del commando sanno che non ce la faranno a riportare a casa la pelle.
Oper frankton cockle.jpg

Marines all'inizio dell'operazione nel porto di Bordeaux (1942)
Data7–12 dicembre 1942
LuogoBordeauxFrancia


L’ESEMPIO ITALIANO. A Londra lo stato maggiore ha concepito l’utilizzo delle canoe dopo aver escluso l’eventualità di bombardamenti del porto. I risultati si presentavano aleatori e i danni sulla popolazione civile ingenti. Anche l’idea di far risalire l’estuario della Gironda a navi di superficie o a sottomarini era stato presto abbandonata: la base navale dell’Asse era troppo fortificata per essere attaccata frontalmente. Ecco perché si decise di servirsi di piccoli kayak che potevano scivolare silenziosi sull’acqua, prendendo esempio dalla leggendaria impresa della X Mas di Juno Valerio Borghese nel porto di Alessandria. Un anno prima, sei commando della Regia Marina, a bordo di tre mezzi subacquei (siluri a Lenta Corsa, i famosi Maiali) erano penetrati nelle acque del porto di Alessandria, eludendo le protezioni poste dai britannici, ed erano riusciti a minare e ad affondare due navi da guerra , la Queen Elisabet e la Valiant. Così per Bordeax, visto che non era possibile, date le distanze, pensare a siluri del tipo SLC, si decise di tentare con delle semplici e inaspettate canoe. Ma l’idea di fondo era la stessa della X Mas: sorprendere il nemico con mezzi improbabili e dove meno se l’aspettava. Efficace, ma rischioso!
Alle cinque canoe, per poterle identificare, sono stati dai i nome di Catfish, Coalfish, Conger, Cuttlefish e Crayfish. Sul Catfish ci sono il maggiore Herbert “Blondie” Hasler, ideatore e capo della spedizione, e il sergente Bill Sparks. Dopo tre ore di vigorose remate, all’approssimarsi dell’estuario della Gironda, cominciano i primi problemi per la navigazione. Le canoe vengono travolte da un’immensa onda dovuta all’incontro del flusso e del riflusso dei fiumi Garonna e Dordogna, che convergono nell’estuario comune della Gironda, chiamata in termine tecnico “mascheretto”. Non tutte resistono all’urto. La Coalfish si capovolge e i due uomini dell’equipaggio sono sbattuti violentemente in acqua. Raggiunta, con uno sforzo quasi sovraumano la costa i due vengono intercettati e arrestati dal servizio di sicurezza nazista (SD). Torturati, non riveleranno però nulla della loro missione. La loro sorte è segnata. Malgrado indossino la divisa militare britannica (e dovrebbero essere quindi trattati come prigionieri di guerra), vengono giustiziati in quanto considerati spie  o terroristi. In base a una precisa norma direttiva di Hitler, terroristi e  spie (o presunti tali) non dovevano essere fatti prigionieri. L’esecuzione ha luogo nel castello di Dehez, a Blanquefort, in quel momento occupato dalla Kriegsmarine.

VITTIME E SUPERSTITI. Proseguita la navigazione le altre quattro canoe si trovano presto a dover affrontare un secondo mascheretto, più potente del primo. Il kayak Conger non può evitare il naufragio. I suoi due uomini vengono allora presi a rimorchio dal Cuttlesish e dal Catfish, immersi nell’acqua gelida che ne fiacca la resistenza. Le imbarcazioni così appesantite non avanzano ed è in arrivo una terza micidiale onda. Il maggiore Hasler, a malincuore, decide di lasciare andare i due naufraghi per cercare di salvare il resto della spedizione. I due, eroicamente d’accordo con la decisione del loro comandante, benché stremati dallo sforzo fatto fino a quel momento, cominceranno a nuotare verso la costa. Di loro non si avranno più notizie, morti probabilmente per il freddo o per annegamento. Le tre canoe superstiti, intanto, navigano verso le acque della Garonna, il fiume che bagna Bordeaux. I commando vivono attimi di paura quando il Catfish attira l’attenzione di una sentinella di vedetta sulla costa, che accende una torcia per verificare l’ombra che ha creduto di vedere in mare: osserva, scruta, ma alla fine nono succede nulla. La confusione con un tronco d’albero è plausibile. Il sole comincia a levarsi. Occorre allora assolutamente sbarcare per nascondersi durante il giorno tra le piante e gli arbusti della sponda e coprire le canoe con le apposite reti mimetiche. Ma i problemi non sono finiti. Le prime due canone, Crayfish e Catfish, al momento di accostare si accorgono di aver perso il contatto visivo con il Cuttlefish. In effetti la terza imbarcazione ha avuto seri problemi a seguito con un urto con un relitto emerso. I due uomini d’equipaggio sono stati costretti  a prendere terra e vengono intercettati e catturati dalla gendarmeria francese che poi li consegna ai nazisti che li fucileranno. A questo punto rimangono solo due canoe e quattro marines. Nonostante l’inizio della missione non sia stato certo incoraggiante, il maggiore Hasler non mostra esitazione e decide di andare avanti. Dopo una giornata di riposo passata nascosti tra gli alti arbusti della costa, i quattro uomini superstiti riprendono posto nelle rispettive canoe e alle ore 23,30 si dirigono verso Bordeaux. Sono esausti, non hanno quasi dormito, sono preoccupati per la sorte dei loro compagni, di cui non sanno più nulla, e sono costretti a sostenersi con pillole di anfetamina per restare svegli e vigili. Dopo un’ulteriore notti di navigazione e due giornate passate nascondendosi sotto gli alberi, i quattro commando raggiungono finalmente la meta. Hanno remato per cinque notti e si sono nascosti in condizioni precarie per cinque giorni, riuscendo a dormire poco o nulla solo per alcune ore.
A questo punto Hasler, per avere migliori chance di successo, decide di far seguire alle due canoe percorsi diversi. Il Caryfish opererà sulla riva sinistra del porto, di fronte alla cittadina di Bassens, mentre il Catfhish risalirà fino al cuore del porto di Bordeax. Vengono armate le mine magnetiche, (limptes) pronte per essere applicate sullo scafo delle navi nemiche con potenti calamite e regolate per un’esplosione che deve avvenire nove ore più tardi, poi comincia la ricerca degli obiettivi. Per il Catfis, entrato silenziosamente nel porto, non c’è che l’imbarazzo della scelta delle sue vittie. Il maggiore Hasler applicherà le micidiali mine sullo scafo di due grossi mercantili e, ironia della sorte, anche di un dragamine.
Conclusa l’operazione, la canoa si ritrova in una situazione che può essergli fatale, cioè in mezzo agli scafi di una petroliera e di un immenso cargo che quasi si sfiorano nel momento in cui si incrociano. I due uomini temono di rimanere schiacciati, ma la sorte questa volta li aiuterà e usciranno miracolosamente dal pericolo frangente. A Bassens, intanto i due del Crayfish hanno minato a loro volta due mercantili, e anche per loro la missione può considerarsi conclusa. Grazie a un fischietto che imita il verso di un gabbiano, i quattro uomini si ricongiungono. Giusto il tempo di felicitarsi reciprocamente per il buon esito dell’operazione e di concordare di separarsi di nuovo sulla via del ritorno, dandosi speranzosamente appuntamento in Inghilterra, ripartono. All’ora stabilita, all’alba del 12 dicembre le mine esplodono, causando ingenti danni e diverse navi che colano a picco o vengono distrutte dalle fiamme. Danni volutamente ampliati dall’intervento dei pompieri del porto, costretti ad agire su ordine degli occupanti nazisti. I pompieri francesi riverseranno sulle imbarcazioni in fiamme una tale quantità d’acqua da procurarne l’affondamento. E tutto sotto gli occhi dei tedeschi, convinti invece che i sapeurs pompiers, stiano cercando di spegnere le fiamme. Una maniera come un’altra per fare resistenza.

La base italiana in Bretagna.
Basesousmarine.JPG
la base marina di Bordeaux
BETASOM era l'acronimo di Bordeaux Sommergibile (ottenuto dall'unione della prima lettera della parola«Bordeaux» -espressa con il nome della lettera dell'alfabeto greco equivalente dal punto di vista fonetico («beta»)- e la prima sillaba della parola «sommergibile»), la base navale dei sottomarini della Regia Marina a Bordeaux (costa atlantica meridionale francese) durante la seconda guerra mondiale. La base accolse una trentina di battelli dellaRegia Marina dall'autunno 1940 all'8 settembre 1943, data dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile. La base era anche una delle cinque basi navali di U-Boot della Kriegsmarine in Francia durante la seconda guerra mondiale e vi ospitò la 12. Unterseebootsflottille (dal tedesco: la 12ª flottiglia di sottomarini). Attualmente la base ospita uno spazio culturale.


Non tutti ricordano che durante la Seconda guerra mondiale il porto di Bordeaux un gran numero di sommergibili italiani Regia marina e tedeschi della Krigsmarine (XII flottiglia U-Boat). A poche settimane dall’entrata in guerra dell’Italia, i comandi italiani e tedeschi, decisero di utilizzare il porto francese per installarvi una base operativa congiunta di sommergibili oceanici. Fu l’ammiraglio Angelo Parona, arrivato in sede nell’agosto 1940, ad assegnare alla base il nome di Betasom (beta, come l’iniziale del secondo alfabeto greco di Boredeaux e Som, come abbreviazione di sommergibili). Nel giro di poche settimane arrivarono i primi sommergibili italiani: il Malaspina, il Dandolo, il Marconi, il Finzi. In totale furono una trentina. Il comando della squadra fu di competenza italiana, pur nel contesto di una strategia condivisa con i tedeschi. Fu appositamente costruito un bunker a protezione delle due darsene, comunicanti tramite una chiusa e un bacino di carenaggio in grado di ospitare fino a 11 battelli per le riparazioni. I sommergibili italiani affondarono un totale di 109 navi nemiche per complessive 593.864 tonnellate di stazza lorda.
Il maggiore Herber George “Blondie” Hasler.


È Hasler, giovane ufficiale di Marina, l’ideatore e l’eroico comandante dell’operazione Frankton. Benché molto giovane, ha 28 anni nel 1942, “Blondie” ha già alle spalle un’intensa carriera militare: ha servito a Scapa Flow e ha combattuto a Narwik a fianco della legione straniera francese nella campagna di Norvegia. È assolutamente consapevole dei rischi che la sua missione comporta e non li nasconde ai giovani commando che si presentano come volontari. Farà loro presente che non tutti potranno indietro da una missione così rischiosa, quasi impossibile. Ciononostante, non avrà difficoltà a reperire i migliori elementi della Royal Navy che saranno addestrati per settimane, con durissimi allenamenti in canoa e simulazioni di sopravvivenza. Dopo la guerra si dedicherà alla sua passione di sempre: la vela. Sarà lui a lanciare per primo l’idea della traversata transatlantica in solitaria: un uomo, una vela e… l’oceano.
    

Targa commemorativa 

UN’IMPRESA CHE DA CORAGGIO.  A Londra, nel febbraio 1943, torneranno tuttavia solo due uomini: il maggiore Hasler e il sergente Sparks (l’equipaggio del Catfish): saranno gli unici superstiti dell’operazione. Sono riusciti a rientrare in patria dopo un lungo e avventuroso viaggioche li ha portati a Lione, Marsiglia e Perpignan, da dove hanno attraversato la frontiera spagnola. A Madrid un aereo li ha condotti sani e salvia Londra. I due del Crayfish, non hanno avuto la stessa fortuna. Il 14 dicembre, appena due giorni il raggiungimento del loro obiettivo, sono stati fermati dalla polizia francese e consegnati alle autorità tedesche le quali, come per gli altri membri del commando catturati, non hanno esitato a giustiziarli, dopo averli torturati per scoprire ogni dettaglio della loro missione. Alla fine il bilancio dell’operazione fu drammatico in termine di vite umane: 2 uomini annegati, 6 fucilati e solo 2 sopravvissuti. Quanto ai danni arrecati al nemico, l’operazione Frankton si può considerare un successo: diverse navi mercantili, una petroliera e un dragamine affondati. Inoltre l’incursione obbligherà i tedeschi a rinforzare considerevolmente le difese in quel settore, distogliendo forze da altri teatri operativi. Inoltre, anche se non è stata una di quelle operazione che cambiano il corso della guerra, come qualche volta è stato enfaticamente detto a proposito delle canoe di Bordeaux, l’operazione ha avuto un immenso impatto psicologico, influendo significativamente sul morale e sulla capacità di resistenza degli inglesi. Proprio nell’anno dei maggiori successi dell’Asse, quando nella popolazione britannica stremata cominciavano ad apparire segni di cedimento e di rassegnazione, dieci uomini in canoa avevano dimostrato che la Germania non era invincibile. Se alcuni commando a bordo di semplici canoe erano riusciti a penetrare nel cuore di un possente dispositivo militare nemico, un porto che ospitava una base di sommergibili tedeschi e italiani, voleva dire che non tutte le speranze erano perdute. Nel corso di una guerra lo stato d’animo della popolazione civile, il morale delle forze armate, l’umore della dirigenza politica, contano più spesso del quantitativo di armamenti di cui si può disporre. Il sacrificio di otto giovani eroi dell’operazione Frankton è valso alla  fine molto di più del tonnellaggio delle navi affondate. È servito a ridare ai britannici fiducia, motivazione e determinazione a proseguire la lotta antinazista.

Articolo tratto in gran parte di Domenico Vecchioni e pubblicato da STORIE DI GUERRE E GUERRIERI, pubblicato da Sprea Editore. Altri testi e immagini da Wikipedia.

  


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