L’Ercole Mastai, la statua
vittima di un fulmine.
Nell’agosto del 1864 i
lavori di consolidamento delle fondamenta di palazzo Pio, a Roma, fecero
emergere una colossale statua di bronzo.
“Ho visto questa statua resuscitare dalla sua
tomba, sollevata mediante funi, viti e argani – tutti intorno popolani e operai
, pieni di interesse e di allegra vitalità una vera scienza romana. Dato che vi sono pochi bronzi a Roma,questa
scoperta è di gran valore”. Così lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius
raccontava nei suoi Diari romani la
scoperta, avvenuta nel 1864, di una colossale statua nel pieno centro della
capitale. Il facoltoso banchiere Pietro Righetti aveva da poco acquistato
palazzo Pio, in piazza del Biscione, e stava realizzando dei lavori di rinforzo
delle fondamenta. L’8 agosto, scavando sotto il cortile nella terribile afa
estiva, gli operai si imbatterono in un muro antico quindi scorsero il
frammento bronzeo di un dito che, per le sue dimensioni, doveva appartenere a
una statua piuttosto grande. Gli scavi, diretti dall’ingegnere Luigi Gabet,
permisero di ritrovare a 4,5
metri di profondità un muro in peperino (una pietra
vulcanica) fiancheggiato da mezze colonne. Nelle parole dello stesso Gabet,
questo muro doveva verosimilmente appartenere alle fondamenta del tempio di
Venere Vincitrice, che sorgeva nella parte superiore della cavea dell’antico
teatro di Pompeo.
L’ercole Mastai così
come fu ritrovato sotto le fondamenta di palazzo Pio nell’agosto del 1864
durante i lavori del cortile dell’edificio.
UN ERCOLE COLOSSALE. Il 31 agosto
avvenne il ritrovamento più importante: a sud del muro, dentro una specie di
fossa circondata da lastre di travertino – disposte a formare una sorta di
capanna – apparve una gigantesca statua di bronzo dorato, che rappresentava un
giovane Ercole. Sembrava essere stata adagiata con cura in posizione
orizzontale ed era in discrete condizioni. Solo i piedi erano rotti, e
mancavano la parte posteriore del cranio e il pube. Sotto la statua fu
ritrovato un altro frammento che corrispondeva alla pelle del leone di Nemea,
secondo il mito ucciso dallo stesso Ercole. Nel mese di settembre i lavori si
incentrarono sull’estrazione del colosso, e furono rinvenute alcune delle parti
mancanti: il piede destro, frammenti della clava con la quale l’eroe aveva
ammazzato il leone, nonché una misteriosa pietra triangolare in travertino in
cui erano incise le lettere F.C.S. Il primo ottobre 1864, la statua fu estratta
e collocata in una sala adiacente al cortile del palazzo Pio Righetti, dove nei
giorni seguenti fu sottoposta a un primo intervento di restauro guidato da
Pietro Tenerani, direttore dei Musei Vaticani. Il fotografo scozzese Robert
Macpherson descrisse così sull’Hartfor
Weekly Times l’intesa attività che circondava il colosso: “Un enorme sciame di lillipuziani gira
intorno ‘all’uomo di ferro’ – chi con il martello, chi con pagliuzze, chi con
acqua calda – per rimuovere le incrostazioni e salvaguardie la doratura”.
Il 25 ottobre l’Accademia di San Luca definì il bronzo “un’insigne opera greca dei bei tempi dell’arte” e ne stimò il
valore in circa 50mila scudi. Fu a questa cifra che Pietro Righetti la vendette
a papa Pio IX il 26 novembre, nonostante avesse ricevuto offerte più
sostanziose rispetto a quella dei Musei Vaticani. La cessione venne ratificata
il 9 gennaio 1865. il colosso, ribattezzato Ercole Mastai Righetti (dai cognomi
rispettivamente del papa e del proprietario), venne consegnato in Vaticano il
31 gennaio 1865 e nell’aprile 1866 fu esposto nella sala rotonda del Museo Pio
Clementino, dove si trova tutt’ora.
Il ritrovamento dell’Ercole fu un
evento spettacolare, che ebbe grande risonanza nella Roma dell’epoca e fece
rivivere l’antico mito dei tesori nascosti. Si aprì fin da subito un intenso
dibattito tra gli archeologi in merito alla sua datazione, alla sua
collocazione originaria e la perché fosse stato sepolto con tanta cura. Per
quanto riguarda la prima questione l’Ercole Mastai è probabilmente un copia
romana – la cui datazione oscilla tra la fine del I e il III secolo d.C. – di
un originale greco che risale al 390-370 a .C., se il busto presenta cifre
stilistiche proprie dell’età antonina, la testa risulta invece sproporzionata e
potrebbe essere stata rifatta in seguito di un incendio oppure di un terremoto.
Il luogo di ritrovamento originario della statua è stato invece oggetto di
un’accesa discussione. Secondo alcuni studiosi, la statua si trovava nel teatro
di Pompeo ed era probabilmente caduta in seguito a uno dei tanti incendi e
crolli che ne avevano segnato la storia. Altri, al contrario, ritenevano che
fosse appartenuta al tempiodi Ercole Custode, nel Circo Flaminio, e che fosse
stata nascosta dai sacerdoti pagani in seguito a un attacco iconoclasta
cristiano. Altri ancora ipotizzarono che il seppellimento fosse dovuto a
un’imminente invasione barbarica di Alarico o di Genserico. Infine, ci fu chi identificò il bronzo con una
statua di Commodo raffigurato come Ercole, e ne spiegò l’abbattimento e la mutilazione come
conseguenze della damantio memoriae di
cui erano stati oggetto, dopo il suo assassinio, i monumenti eretti
dall’imperatore. Solo nel corso del novecento è stato possibile risolvere
alcuni dei misteri legati al colosso bronzeo. Si è rivelato fondamentale in
questo senso il lavoro di Carlo Pietrangeli. Questi si è concentrato
sull’interpretazione dell’iscrizione F.C.S. presente sulla pietra triangolare
che fungeva da timpano alla struttura, a forma di capanna, all’interno della
quale fu ritrovata la statua. Secondo Pietrangeli, la sigla starebbe per Fulgar conditum summanium (qui è sepolto un
fulmine di summano): la statua fu danneggiata da una saetta e quindi
sepolta in situ.
Ritratto di Pio IX
Agosto 1864
Sotto il cortile di palazzo Pio
Righetti a Roma, gli operai scoprono una grande statua in bronzo.
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Agosto-settembre 1864
Viene portata alla luce la
colossale statua di bronzo dorato di un giovane Ercole, poi collocata in una
sala del palazzo.
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1865
Pio IX la compra per 50mila
scudi, valore stimato dall’Accademia di San Luca.
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1866
L’Ercole Mastai Righetti viene
esposto nel Museo Pio Clementino in Vaticano.
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L’Ercole Mastai
domina la sala del Museo Pio Clementino. La statua, appoggiata alla clava e
con la pelle del leone di Nemea adagiata su un braccio, regge in mano i pomi
delle Esperidi. Il restauro ha ricostruito alcune parti mancanti in gesso e
bronzo.
La stella
del museo.
La statua di Ercole fu portata
al Museo Pio Clementino in Vaticano ed esposta nella magnifica sala rotonda,
opera dell’architetto Michelangelo Simonetti. La cupola è ad imitazione del
Pantheon di Adriano e il pavimento è formato da mosaici romani del III
secolo. L’Ercole Mastai è diventato subito l’icona della sala, dopo il
minuzioso restauro condotto da Pietro Tenerani che lo riportato al passato
splendore.
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Monumento
all’Ercole caduto.
I romani ritenevano la caduta
di un fulmine a terra un segno degli déi, un modo di stabilire un contatto tra
il mondo divino e quello terreno. Per questo, lo spazio dove cadeva il
fulmine era considerato sacro e qualsiasi oggetto (come nel caso dell’Ercole
Mastai), persona o animale che fosse stato colpito doveva essere sepolto nel
luogo stesso tramite un rituale apposito.
Il monumento doveva essere
composto così:
Bidentale Questo monumento sorgeva nel luogo dov’era caduto il
fulmine. Era circondato da una palizzata per evitare che venisse profanato.
La statua di Ercole colpita dal fulmine fu nascosta dentro una
specie di arca, sigillata e contrassegnata da un’iscrizone.
Per consacrare il monumento alcuni sacerdoti detti bidentales sacrificarono un agnello di
due anni (bidens)
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FERITO DA UNA FOLGORE. Secondo
un’antica credenza religiosa - comune a molti popoli antichi e che i romani
avevano ereditato dagli etruschi – i fulmini erano espressione delle forze
divine il luogo colpito detto bidentale,
diventava un locus religiosus un’area
sacra, e le cose folgorate dovevano essere sepolte sul posto, in un pozzo o in
una cassa circondata a sua volta da un muro. Si risolse così anche il problema
della collocazione originaria.: l’Ercole Mastai Righetti venne sepolto nelle
vicinanze di dove si trovava prima di essere colpito dal fulmine. Il colosso di
bronzo abbelliva dunque la scena del teatro di Pompeo ein particolare
l’adiacente tempio di Venere Vincitrice.
Articolo in gran parte di Luigi Beretta Anguissola
su Storica National Geografic del mese di aprile 2018.immagini e altri testi scaricate da wikipedia.
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