Il business plan delle
crociate.
Dalla chiamata alle armi
al reclutamento di uomini fino al trasporto di armi e bagagli. Ecco come ci si
organizzava per conquistare la
Terrasanta.
Tra il dire e il fare c’è di
mezzo il mare. Nel caso delle crociate, tra la retorica cristiana e l’arrivo
degli eserciti in Terrasanta, c’era invece un’organizzazione minuziosissima.
Altro che cieco fanatismo religioso, le “guerre volute da Dio” furono
pianificate senza lasciare spazio al caso: dai meticolosi bilanci di spesa alla
ricerca dei finanziamenti, dalla messa a punto di una strategia e di un comando
condiviso al reclutamento delle truppe, dall’organizzazione dei trasporti a
quella dei vettovagliamenti. “I
comandanti delle crociate e i cavalieri erano uomini d’affari, istruiti o
circondati da consiglieri con un buon grado d’istruzione e doti matematiche
negli affari, da persone di legge, di religione, di spettacolo e di armi”,
sostiene Christopher Tyerman, docente di Storia medievale all’Hertford College
di Oxford, che sull’argomento ha scritto un libro: “Come organizzare una
crociata (Utet)”. Insomma: le guerre di religione si combattevano grazie alla
ragione. La stessa che ogni volta ispirava ai pontefici le giuste motivazioni
per mettere in moto l’enorme macchina bellica in difesa della cristianità.
ARMIAMOCI E PARTITE. Di solito il
capo della chiesa sceglieva un fatto contingente, spesso condito di atrocità,
per colpire la pancia dei cattolici e unirli contro il comune nemico mussulmano
in una guerra a 4mila km da casa. Trovato il casus belli, c’era la fase due: la
propaganda. Il metodo era quello utilizzato ancora oggi dai politici in periodo
pre-elettorale: frenetici tour di predicazione, sostenuti da uomini di
religione con una certa inclinazione alla teatralità, pagati per convincere
chiunque avesse i mezzi (e, fino al XIII secolo, il permesso della moglie) a
“prendere la croce” e combattere le guerre sante in cambio del perdono di ogni
peccato. Il predicatore Giovanni di Xanten esibiva le sue arti oratorie con gli
occhi chiusi, come se fosse ispirato da un’estasi divina, mentre nel 1214 a Bedum (Paesi Bassi),
Oliviero di Paderborn animò il suo sermone con la presunta apparizione del crocefisso
in cielo, confermata con vero entusiasmo solo da una bambina di undici anni.
Alcuni predicatori si vantavano di far cadere in trance le donne con le loro
parole, altri dicevano di aver compiuto miracolose guarigioni e, nel caso del
famoso monaco, teologo e futuro san Bernardo di Chiaravalle, persino di aver
resuscitato un morto.
IL RECLUTAMENTO. Ma era nei concili
ecclesiastici aperti ai signori laici e nei convegni tra nobili che si
gettavano le basi per la partenza: tra retoriche esortazioni alla guerra santa,
negoziati politici e diplomazia, durante queste assemblee si reclutavano i
monarchi e i grandi aristocratici, si confermavano gli impegni presi e si
concordavano i dettagli finanziari.
“Nel 1146, le assemblee tenutesi a Vézelay per Pasqua e a Speyer
(Spira) per Natale non furono solo uno sfondo perfetto per la predicazione di
Bernardo di Chiaravalle e per l’assunzione della croce da parte della nobiltà
francese e tedesca, ma offrirono l’opportunità al re Luigi VII di Francia e
Corrado III di Svevia di affermare la loro leadership nella seconda crociata”,
afferma Tyerman. I signori più potenti, che partivano con il loro numeroso
seguito di parenti, amici e servitori, arruolavano con accordi di clientela o
di servizio retribuito i signori più piccoli. A loro volta in una complicata
matrioska di obblighi, vincoli e legami feudali o familiari, costoro si
avvalevano dell’aiuto di cavalieri, alcuni dei quali di classe e ricchezza
sufficiente da avere stendardi propri e a loro volta un seguito di cavalieri di
rango inferiore, mantenuto con la retribuzione ricevuta dai loro signori. Come
se non bastasse, al variegato nucleo di combattenti si aggiungevano mercanti,
artigiani specializzati e professionisti di vario tipo, tra cui i medici e gli
indispensabili “maestri inventori di grandiose macchine da assedio”, come la
grande ‘lanciapietre di Dio’ o la ‘Cattiva vicina’ usate sotto le mura di Acri
durante la Terza
crociata. Necessari a mandare avanti questa specie di villaggio itinerante,
erano capaci anche di riciclarsi, all’occorrenza, in ruoli diversi, come fecero
quei mozzi di stalla e quei cuochi che nel 1203, fuori Costantinopoli, difesero
il campo crociato con trapunte, drappi da sella, vasi di rame, mazze e
pestelli.
Miniatura del XIV secolo raffigurante l'assedio di Gerusalemme. Goffredo di Buglione utilizza una torre d'assedio per assaltare le mura.
Quote rosa
in campo.
Mogli, dottoresse,
combattenti: anche le donne partecipavano alla guerra sana, ma in modo più
defilato degli uomini. A casa, in assenza dei mariti, dovevano occuparsi dei
beni di famiglia, spesso rischiando aggressioni fisiche e legali. Alcune
invece partivano con i loro uomini. Quelle di origini più umili facevano le
lavandaie, le prostitute o le macinatrici di grano nei campi crociati. Ma non
mancavano le dottoresse e le guerriere, appartenenti di solito alla nobiltà.
TUTTO FARE. Troviamo esempi di queste categorie nella Settima
crociata, cui presero parte la magistra Hersende, medico del re di Francia
Luigi IX, e la moglie del re Margherita, che ormai al termine della sua
gravidanza, a Damietta (Egitto) tenne insieme una guarnigione cristiana,
organizzando anche il riscatto per il marito catturato.
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COME UN’ORCHESTRA. L’unione di tante
persone di lingue e Paesi diversi e non sempre in buoni rapporti reciproci
faceva dell’esercito crociato una sorta di orchestra con innumerevoli
strumenti. Come potevano suonare all’unisono? “La Prima
crociata e le spedizioni successive del 1100-1101 dimostrarono come migliaia di
decisioni individuali e di gruppo potevano combinarsi in un’impresa militare
coerente. I canali di comunicazione erano estesi, strutturati sulle reti
feudali e parentali, sulla stessa origine geografica e sui rapporti economici”,
scrive Tyerman. I comandanti si riunivano per concordare strategie militari
comuni e le decisioni erano prese in maniera collettiva: durante la Quarta crociata, nei
momenti di pericolo, di emergenza o quando c’era del dissenso, il comando
consultava le ‘comuni delle schiere’ e teneva delle assemblee. Ma già nella
precedente spedizione, nel maggio 1192, persino uno abituato a far sempre di
testa propria come Riccardo Cuor di Leone fu costretto a portare un secondo
attacco a Gerusalemme, su insistenza delle comuni dell’esercito. Eppure i
mussulmani non erano l’unico problema dei crociati. I soldati di Cristo avevano
un nemico più forte e insidioso che solo una buona organizzazione poteva
sconfiggere: la fame.
Il
vademecum del buon crociato.
Le enormi coalizioni che si
raccoglievano sotto gli stendardi della Croce non avevano legami unitari con
i signori e neppure un sistema legale comune: in pratica erano prive di
legge. Dalla Seconda crociata in poi, furono quindi stabiliti preventivamente
dei regolamenti, che tutte le forze alleate dovevano rispettare: le
prescrizioni riguardavano la disciplina, l’abbigliamento, la spartizione del
bottino, il comportamento.
PUNIZIONI. Durante
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TRUPPE DA SFAMARE. “Cibo e bevande determinavo il corso delle crociate. Lo spostamento di armate così grandi comportava seri problemi di approvvigionamento: se non si svolgevano trattative preventive riguardo all’accesso ai mercati, si rischiava di mettere a repentaglio la sopravvivenza di qualsiasi esercito in marcia per tragitti lunghi”, spiega Tyerman. Nel 1246 già due anni prima dell’arrivo dei soldati, gli agenti di Luigi IX erano attivi a Cipro per accumulare scorte di grano e di vino per
Articolo in gran parte di Maria
Leonarda Leone pubblicato su Focus storia n. 140. Altri testi e immagini da
Wikipedia.
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