venerdì 6 luglio 2018

Battaglia dello Jutland

Jutland (1916)
Il più grande duello storico tra fortezze d’acciaio.
250 navi. La quasi totalità delle unità da guerra delle flotte inglesi e tedesche che si affrontarono per quasi dodici ore. Ecco la cronaca della più importante battaglia navale della prima guerra mondiale e una delle più grandi della storia, che vide i tedeschi ottenere una vittoria di misura ma non risolutiva.

Il 31 maggio 1916, intorno alle due e venti del pomeriggio, il comandante dell’incrociatore leggero inglese Galatea, in navigazione all’imboccatura dello stretto di Skagerrak (il braccio di mare che divide la punta settentrionale della Danimarca dalla costa della Norvegia), ordinò di alzare in tutta fretta il segnale a bandiere di nemico in vista e di trasmettere via radio la posizione dell’avvistamento. Non c’era tempo da perdere: le vedette di guardia prima avevano localizzato alcuni cacciatorpediniere nemici, in procinto di ispezionare un piroscafo da carico danese (paese neutrale), e alcuni minuti dopo, l’inconfondibile silhouette di un incrociatore in rapido avvicinamento. Ciò poteva voler dire solo una cosa: era appena stato individuato lo schermo protettivo più esterno dell’Hochseeflotte, la flotta d’alto mare tedesca. La reazione fu immediata e decisa: intorno alle 14 e 28, da una distanza di circa tredici chilometri, il Galatea, a cui si era aggiunto il gemello Phaeton, aprì il fuoco con i suoi pezzi da 150 mm cercando di inquadrare il bersaglio quanto più rapidamente possibile, imitato subito dopo dalle unità nemiche. Con questo rapido scambio di colpi iniziava la Battaglia dello Jutland, il più importante scontro navale della Prima guerra mondiale e uno dei più grandi della storia: da una parte era schierata la quasi totalità della Grand Fleet, la flotta da battaglia della Royal Navvy, con qualcosa come 151 unità di combattimento, tra cui 28 corazzate, 9 incrociatori da battaglia e 8 incrociatori corazzati, dall’altra la Kaiserliche Marine (Marina imperiale tedesca) con 99 navi, tra cui 16 corazzate, 5 incrociatori da battaglia e 6 pre-dreadnought (navi da battaglia di concezione ormai sorpassata)

.David BeattyI conte Beatty (Nantwich17 gennaio 1871 – Londra11 marzo 1936), è stato un ammiragliobritannico. Dopo una brillante carriera cominciata in giovane età, comandò gli incrociatori da battaglia britannici nellabattaglia dello Jutland, la più grande battaglia navale della prima guerra mondiale, conclusasi con una vittoria tattica tedesca ma con una vittoria strategica della Royal Navy. Dopo lo scontro venne accusato di essere stato troppo temerario nel comando, in contrasto con la prudenza del suo superiore, Ammiraglio Jellicoe. Successivamente prese il posto di Jellicoe come Comandante in Capo della Grand Fleet, riuscendo ad ottenere la resa della Hochseeflottetedesca nel 1918. Negli anni venti servì per un lungo periodo come Primo Lord del Mare, ovvero come capo della Royal Navy.
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UN VERDETTO GIA’ SCRITTO?  Come si arrivò a questo scontro di proporzioni titaniche?  E soprattutto perché i due Paesi decisero, di rischiarvi la quasi totalità della flotta? Per i tedeschi, strozzati dal blocco navale britannico in atto ormai dall’inizio del conflitto, era imperativo cercare di forzare la mano con un’azione dimostrativa che avrebbe potuto cambiare le carte in tavola. Invece per gli inglesi, che potevano contare su una schiacciante superiorità numerica e vantavano una maggiore esperienza in termini di guerra navale, era l’occasione per mettere a segno un colpo definitivo, in grado di minare il morale, già basso, dell’avversario. Ma c’era dell’altro. Senza che i tedeschi sospettassero di nulla, la Royal Navy, che a seguito della cattura dell’incrociatore leggero Magdeburg nell’agosto 1914 aveva saputo dei codici segreti delle loro comunicazioni radio e conosceva le loro intenzioni in anticipo. Ecco perché il 30 maggio l’ammiragliato britannico, informato dai servizi segreti che l’intera Hochseeflotte era salpata verso il Mare del Nord, aveva ordinato senza indugi che tutte le unità della Grand Fleet uscissero da rispettivi porti per intercettarla. Capiamo anche il motivo per cui, in quel primo pomeriggio di maggio, il comandante del Galatea non ebbe alcun tentennamento ad aprire il fuoco. L’incrociatore faceva parte della squadra del viceammiraglio David Beatty (sei incrociatori da battaglia, quattro corazzate veloci e innumerevoli unità minori) deputata a proteggere il lato meridionale della flotta, che in quel momento navigava più a nord al comando dell’ammiraglio John Jellicoe, con l’obiettivo di far cadere il nemico in una trappola mortale. Un avversario che, per quanto informato da alcuni sottomarini presenti davanti alle principali basi inglesi dell’uscita in mare di alcune unità da combattimento, era all’oscuro del pericolo incombente. Infatti, quando accadde il primo contatto, a essere coinvolte furono le unità minori del 1 aufklarungsgruppe, il primo Gruppo da ricognizione, composto da cinque incrociatori da battaglia e altre navi minori, al comando di Franz von Hipper, mentre il grosso delle forze guidate dall’ammiraglio Reinhard Scheer, erano ancora distanziate. Per quanto la disparità delle forze in campo, a conti fatti, favorisse la flotta inglese, gli avvenimenti successivi misero in luce come in una battaglia l’elemento umano e tecnologico abbiano sempre un ruolo importante. In questo caso, come ha scritto Sergio Vallzanaia, in Jutland: “Neppure le intercettazioni radio furono di grande aiuto…Furono solo gli occhi delle vedette incollati sugli oculari dei binocoli a fornire agli ammiragli le informazioni base alle quali agire”. Lo scontro, il cui esito visti la disparità di mezzi e i vantaggi derivati dall’intelligence sembrava già scritto, nelle ore successive riservò non poche sorprese.

Vizeadmiral Hipper, der Befehlshaber der deutschen Aufklärungsschiffe in der Seeschlacht.png

Franz von Hipper (Weilheim in Oberbayern13 settembre 1863 – Amburgo25 maggio 1932) è stato un ammiragliotedesco che prestò servizio nella Kaiserliche Marine (Marina Imperiale Tedesca).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato da una famiglia Bavarese di proprietari terrieri, Franz Hipper si arruolò diciottenne nella marina imperiale, nell'aprile 1881, servendo come cadetto sulle fregate SMS Niobe e SMS Leipzig. Nel 1884 ricevette la nomina ad ufficiale e come tale sino al 1903 comandò unità siluranti; dal 1904 fu a capo della 1ª Divisione torpediniere con insegna sull'incrociatore leggero SMS Niobe. Nominato contrammiraglio nel 1912, ricevette il comando dell'incrociatore corazzato SMS Friedrich Karl. Nell'ottobre 1913 fu nominato comandante della Forza di esplorazione dellaHochseeflotte (flotta d'alto mare).

La HMS Queen Mary fu un incrociatore da battaglia della Royal Navy classe Lion armato con otto cannoni da 343 mm, un dislocamento di 27.200 tonnellate ed una velocità di 28 nodi (52 km/h). Differiva leggermente dalle sue navi sorelle per le ciminiere tonde invece che ovali e per il fatto di montare tutti i suoi cannoni da 102 mm sullo stesso ponte.


IL DRAMMA DEL QUEEN MARY. Il compito dei sei incrociatori di battaglia di Beatty (Tiger, Indefatigable, Queen Mary, Pricess Royal, New Zelanda e Lion), protetti dal naviglio minore e affiancati dalla V Squadra del contrammiraglio Evan-Thomas (composta da moderne corazzate classe Queen Elizabeth) era ingaggiare il combattimento per poi invertire la rotta e condurre la flotta nemica, di cui le unità di Hipper costituivano l’avanguardia, nelle fauci della Grand Fleet. Il piano, per quanto la situazione fosse caotica, funzionò egregiamente. Dopo l’iniziale scaramuccia, la battaglia entrò nel vivo intorno alle 15,48, quando le unità maggiori si trovavano a una distanza di 14mila metri. In quel caso furono i cinque incrociatori tedeschi, Von der Tann, Moltke, Seydlitz, Derffinger e Lutzow, a fare fuoco per primi dimostrando fin da subito una notevole precisione. Non altrettanto gli inglesi: mancanza di coordinamento, confusione nella trasmissione degli ordini e sistemi di puntamento (telemetri) non sempre all’altezza, si rivelarono un grave handicap che fu pagato caro. La successione degli eventi fu drammatica: la prima unità inglese a subire danni ingenti fu il Tiger, inquadrato dai cannoni del Moltke, e solo un colpo di fortuna lo salvò dalla distruzione. Lo stesso non si può dire dell’Indefatigable che, quindici minuti dopo, fu raggiunto da una serie di precisissime bordate sparate dal Von der Tann, saltando letteralmente in aria e condannando l’intero equipaggio a una morte orribile. I sopravvissuti furono solo due su 1019. Solo l’arrivo provvidenziale della V Squadra di Evan risollevò in parte l’andamento dello scontro: con la loro potenza di fuoco e il tiro accurato, inquadrarono il Von der Tann e il Moltke che, raggiunti da diversi colpi, dovettero interrompere il combattimento e mettere in atto manovre evasive. Ciò non impedì tuttavia al Seydlitz e al Derfflinger di concentrare le loro artiglierie principali sugli incrociatori inglesi. Tra le 16,25 e le 1630, i loro colpi raggiunsero la Quenn Mary, una delle navi più moderne della flotta inglese, che in pochi secondi esplose e scomparve tra le onde, senza lasciare il tempo all’equipaggio di gettarsi in mare. Il bilancio anche in questo caso fu drammatico: morirono 1286 uomini e solo 20 si salvarono. Come ha scritto Valzania, “gli stessi tedeschi rimasero attoniti di fronte a un simile spettacolo e alcuni di loro assicurano di aver visto alberi e camini piegarsi verso il centro della nave mentre si spezzava in due. Da quindici chilometri di distanza si vedeva l’altissima colonna di fumo ed era uno spettacolo impressionante”. Le eliche dello sfortunato vascello inglese stavano ancora girando, quando Beatty, che era conscio delle perdite subite, ricevette la comunicazione che a sud s’intravedevano le sagome delle corazzate di Scheer in avvicinamento. Intuendo il pericolo ordinò quindi alla squadra di spostarsi di 180° (la direzione opposta a quella tenuta fino a quel momento) per evitare la minaccia e costringere il nemico a inseguirlo, con l’intento di attirarlo verso la Grand Fleet.



 British Grand Fleet.jpg
la Grand Fleet in navigazione



LA TRAPPOLA PRENDE FORMA. Se lo scontro si fosse interrotto in quel momento, per la marina tedesca, che non aveva subito perdite e danni insignificanti, si sarebbe profilato quel clamoroso successo agognato da tempo. Ma non andò così. Alle 17,10, Hipper del tutto ignaro della presenza della flotta nemica, ordinò alle sue navi, che fino a quel momento si erano comportate splendidamente, di invertire la rotta e mettersi all’inseguimento del nemico, seguite a ruota dal resto dell’Hochseeflotte. Ne seguì un cannoneggiamento con la retroguardia di Beatty che non provocò particolari conseguenze, finché intorno alle 17,30, quando le navi più avanzate individuarono le avanguardie dell’immenso dispositivo britannico, si palesò l’amara sorpresa. Scheer, che stava già considerando l’ipotesi di ritirarsi prima del tramonto per evitare possibili attacchi notturni, in quel momento si trovò senza via di scampo: la presenza tra le sue file di alcune corazzate lente e antiquate (la II squadra da battaglia con le sue pre-dreadnought), non gli avrebbe permesso, ameno che di sacrificarle una dopo l’altra alcuna possibilità di fuga. Scartata dunque questa scelta, prese la decisione di tentare di coprire la ritirata impegnando le sue unità migliori, nonostante la disparità delle flotte fosse disarmante. Furono i momenti più concitati dello scontro che, nelle ore successive diventerà sempre più caotico. Come ricorda Valzina: “Lo spiegamento della flotta inglese inizia alle 18,15 e con esso si apre la fase più complessa della battaglia. Fino a quel momento sono state impegnate solo le avanguardie delle flotte, le squadre degli incrociatori da battaglia con le loro unità di scorta. Poco dopo le sei del pomeriggio entrano in azione le corazzate e tutto l’apparato navale…Per qualche decina di minuti quasi tutte le 250 navi presenti nello Jutland sono impegnate in uno scontro gigantesco e confuso, o per lo meno vi assistono a una distanza ravvicinata”. Ricostruire gli eventi nella loro interezza è certo comunque che i tedeschi presero l’iniziativa, perseguendo con tutte le loro forze con il solo obiettivo di ritornare in patria. Nel frattempo gli scontri fra le due flotte, in particolare tra le unità più avanzate, continuavano a ritmo serrato; e anche in questo caso furono due navi britanniche, nonostante i vascelli tedeschi avessero patito un gran numero di colpi ad avere la peggio. Alle 18,20 l’incrociatore corazzato Defence, centrato da diverse bordate, esplose, mentre tredici minuti dopo fu la volta dell’incrociatore da battaglia Invincible: inquadrato dal fuoco del Derffinger e del Lutzow, da una distanza di 8600 metri, saltò in aria portando con sé 1032 uomini.
  
HMS Invincible (1907) British Battleship.jpg

la quinta[1] nave della Royal Navy a portare il nome HMS Invincible fu un incrociatore da battaglia, la prima della sua classe ed il primo incrociatore da battaglia ad essere costruito al mondo[2]. Costruita nei cantieri Armstrong Whitworth di Newcastle upon Tyne, venne impostata il 2 aprile 1906, varata il 13 aprile 1907 ed entrò in servizio il 16 marzo 1909

Gli incrociatori da battaglia.
Sia da parte inglese sia da parte tedesca, senza togliere nulla alle altre unità impiegate in battaglia, la parte del leone fu sostenuta dagli incrociatori da battaglia, navi moderne, veloci, ben protette e dotate di potenti pezzi d’artiglieria. Fattori che permisero di prendere parte ai combattimenti in prima linea, sostenendo il grosso dello scontro. Ecco alcuni dei principali protagonisti.

HOCSEEFLOTTE (KISERLICHE MARINE):
SMS MOLTKE
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio:1912
Dislocamento in pieno carico: 25400 tonnellate
Velocità massima: 28,4 nodi
Lunghezza: 186,6 metri
Larghezza: 30 metri
Armamento: 10 cannoni    da 280 mm SK L 50, 12 da 150 mm. SK L45, 12 da 88 mm. SK L45 
Corazzatura:280-100 mm (murata); 230 mm (torri).

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SMS SEYDLITZ
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio: 1913
Dislocamento in pieno carico: 28100 tonnellate
Velocità massima: 26,5 nodi
Lunghezza: 200,5 metri
Larghezza: 28,5 metri
Armamento: 10 cannoni da 280 mm SK L50, 12 da 150 mm SK L45, 12 da 88 mm.  SK L45
Corazzatura: 280-100 mm (murata); 230 mm.


________________________________________
SMS DERFFLINGER
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio: 1912
Dislocamento in pieno carico: 30706 tonnellate
Velocità massima: 28 nodi
Lunghezza: 210,4 metri
Larghezza: 29 metri
Armamento: 8 cannoni da 305 mm. SK L50, 12 da 150 mm SK L45; 12 da 88 mm. Sk L45
Corazzatura:300-100 mm (murata); 270 mm (Torri)


GRAND FLEET (ROYAL NAVY):
HMS TIGER
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio: 1913
Dislocamento in pieno carico: 33790 tonnellate
Velocità massima: 28 nodi
Lunghezza: 214,6 metri
Larghezza: 27,6 metri
Armamento:8 cannoni da 343 mm.; 12 da 152 mm., 2 da 76 mm.
Corazzatura: 76-229 mm. (murata); 229 mm (torri).


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HMS INDEFATIGABLE
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio: 1909
Dislocamento in pieno carico: 22080 tonnellate
Velocità massima: 25,8 nodi
Lunghezza: 179 metri
Larghezza: 24 metri
Armamento: 8 cannoni da 305mm; 16 da 102 mm.; 4 da 47 mm.
Corazzatura: 50 mm (orizzontale); 152 mm (verticale); 177 mm (torri)


HMS QUEEN MARY
TIPO: Incrociatore da battaglia.
Entrata in servizio: 1912
Dislocamento in pieno carico: 32150 tonnellate
Velocità massima: 27,5 nodi
Lunghezza: 214 metri
Larghezza: 27,1 metri
Armamento: 8 cannoni da 343 mm, 16 da 102 mm. 1 torre trinata antiaerea da 47 mm
Corazzatura:102-229 mm. (murata); 229 mm (torri).



SMS Derfflinger.PNG

il Derfflinger restaurato dopo la battaglia

La classe Derfflinger era una classe di incrociatori da battaglia (Schlachtkreuzer in lingua tedesca)[Nota 1] dellaKaiserliche Marine, la marina militare dell'Impero tedesco. La costruzione delle navi fu intrapresa nell'ambito del programma di costruzioni navali del 1912-1913, avviato dalla Germania in risposta ai tre nuovi incrociatori da battaglia della classe Lion, che erano stati varati qualche anno prima dalla Royal Navy britannica. La precedente classe Moltkee il SMS Seydlitz direttamente derivato da essa rappresentavano la fine dell'evoluzione della prima generazione degli incrociatori da battaglia tedeschi; la classe Derfflinger se ne distaccò per innovazione e miglioramenti, comprendenti l'armamento principale di più grande calibro e sistemato in torrette centrate rispetto alla mezzeria della nave, eliminando le torrette centrali sfalsate delle classi precedenti che avevano un campo di tiro limitato. Le navi erano anche più grandi pur usando un apparato propulsore simile e di conseguenza erano leggermente più lente per via del dislocamento maggiore.

LA CORSA DELLA MORTE E LA FUGA. Con le unità inglesi in fase di dispiegamento, la situazione per Scheer si fece insostenibile. Per riuscire a sottrarsi a quella morsa fatale, tra le 18,36 e le 18,55 ordinò che l’intera flotta eseguisse due rapide accostate: la prima verso ovest e la seconda verso est, per ridurre la pressione nemica, ma fu del tutto inutile: alle 18,37 il Derfflinger, che aveva subito ingentissimi danni, fu costretto a uscire dalla formazione per sottrarsi dal martellamento nemico. Alle 19,13 la situazione era talmente critica che Scheer tentò una carta disperata, passata alla storia come la corsa della morte, lanciando all’attacco della Grand Fleet gli incrociatori di Hipper, nel tentativo di coprire la ritirata dell’Hochseeflotte che nel frattempo era pronta a eseguire la terza accostata, in questo caso di 180°. Dieci minuti dopo non esitò a ordinare anche un furibondo attacco portato da alcuni squadroni di torpediniere che obbligò Jelllicoe a cambiare rotta per evitare l’impatto dei siluri. Solo in quel momento, la corsa di Hipper fu sospesa, e gli incrociatori, le cui sovrastrutture erano state devastate dai colpi ricevuti, invertirono la rotta per riportarsi faticosamente in formazione. Quando però, Jellicoe ordinò di nuovo di stringere progressivamente sul nemico, ebbe inizio la fase più convulsa dei combattimenti: e mai, come in quel momento, ai tedeschi si palesò il dramma della disfatta. Eppure la sorte si dimostrò benevola:verso le 20,20 il sole incominciò a tramontare e in capo a pochi minuti la flotta inglese fu costretta a rallentare e poi a sospendere il fuoco. Dopodiché, sebbene le navi inglesi avessero sopravanzato quelle tedesche bloccando in teoria la loro via di rientro, con il sopraggiungere delle tenebre, intorno alle 23, la Hochseeflotte riuscì ad attraversare la scia della Frand Fleet senza essere individuata e si pose in salvo. A quel punto gli inglesi persero definitivamente la possibilità di bloccare al nemico la via di fuga e riprendere lo scontro all’alba. Eppure per Scheer le ore notturne non portarono alcun sollievo. Le due flotte continuarono a punzecchiarsi, impiegando naviglio leggero nella speranza di colpire le unità maggiori, senza tuttavia riuscirci. Fino a qual momento le perdite tedesche erano state tutto sommato contenute: erano fuori gioco diverse torpediniere e alcuni incrociatori leggeri, mentre molte delle unità maggiori per quanto in condizioni disperate erano ancora a galla. Tuttavia nel corso della notte il bilancio si aggravò. Verso l’1,50 del primo giugno, l’incrociatore da battaglia Lutzow, ormai ridotta a un relitto galleggiante, fu abbandonato dall’equipaggio e affondato. Venti minuti dopo fu invece la volta della vecchia pre-dreadnought Pommern, che colpita dai siluri lanciati da alcune torpediniere inglesi della 12a Destroyer Flotilla si spezzò a metà, affondando rapidamente con buona parte dell’equipaggio. Questo drammatico avvenimento fu l’ultimo atto della battaglia, perché nelle ore successive non si verificarono più scontri significativi. Contro ogni pronostico l’Hochseeflotte, per quanto fortemente provata, era riuscita ad affrontare un nemico più potente, dimostrando ottime capacità di combattimento, ed era sfuggita a una morsa che, se si fosse chiusa, l’avrebbe condannata alla distruzione. Quando finalmente riuscì a rientrare nella base di Wilhelmshaven, lasciata due giorni prima, il bilancio era nettamente a suo favore. Fu una vittoria tattica, se consideriamo l’alto tributo in termini di unità e uomini delle Royal Navy, ma non strategica, perché ancora una volta per l’ammiragliato tedesco fu chiaro che era pressoché impossibile scardinare il blocco navale britannico: il vero motivo per cui la flotta tedesca al gran completo era uscita in mare
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grande nave che affonda
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la Hochseeflotte,

Tempo di bilancio.
La Royal Navy poteva contare su una superiorità numerica disarmante e, in virtù della sua attività d’intelligence, conosceva alla perfezione le intenzioni nemiche. Eppure, contro ogni pronostico, non solo non riuscì ad annientare, come avrebbe sperato, l’Hochseeflotte, ma dovette accettare il verdetto che le imponeva una sconfitta a livello tattico. Lo dimostra in maniera lampante il bilancio finale:6094 morti (oltre 510 feriti e 177 prigionieri), tre incrociatori da battaglia, altrettanti incrociatori corazzati e otto cacciatorpediniere affondati, per un totale di 115mila tonnellate. Nettamente superiore, e più grave di quello tedesco: 2500 morti (e 507 feriti), un incrociatore da battaglia, una vecchia corazzata, quattro incrociatori leggeri e cinque torpediniere, per un totale di 61.000 tonnellate. A conti fatti un vero e proprio smacco, come sottolinearono la stampa e l’opinione pubblica britannica, e che tuttavia non pregiudicò la sua efficienza generale o mise in discussione i rapporti di forza (il nemico per il proseguimento della guerra non tentò più un’operazione del genere). Eppure, limitandoci alla sola battaglia, l’analisi generale dimostra, senza alcun dubbio, come le navi tedesche siano state tecnologicamente superiori (protezione, armamento e sistemi di  puntamento): lo dimostra l’incredibile fine cui andarono incontro i potenti e moderni incrociatori da battaglia Indefatigable e Quenn Mary raggiunti dal preciso fuoco dei cannoni tedeschi, saltarono in aria, a causa dell’innesco del munizionamento stipato al disotto delle torri principali e non adeguatamente protetto  (com’era quello tedesco). La tecnica costruttiva adottata dagli inglesi per le loro navi favoriva l’abitabilità a danno dei sistemi di compartimentazione e corazzatura, riducendo drasticamente la possibilità di assorbire i colpi. Anche a livello di artiglieria, i cannoni tedeschi si dimostrarono nettamente più precisi, sia per gli ottimi strumenti di puntamento che per i materiali costruttivi. Come ha scritto Valzania: “Le ottiche e i meccanismi prodotti in Germania erano di altissimo livello e lo stesso si può dire per la lavorazione dei cannoni e la fabbricazione del munizionamento”. In pratica, come dimostrato dai rapporti del tempo e dalle rare fotografie scattate durante la battaglia, gli artiglieri tedeschi erano in grado di inquadrare quasi subito le navi nemiche, mettendo a segno bordate micidiali e spesso letali. Un livello di efficacia che gli inglesi non furono mai in grado di eguagliare.  

Articolo in gran parte di Antonio Ratti pubblicato su le Grandi battaglie navali - Sprea editori.  altri testi e immagini da Wikipedia

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