sabato 28 luglio 2018

Terme di Caracalla

CARACALLA LA NUOVA DIMENSIONE.
Inaugurate dall’omonimo imperatore della dinastia dei Severi nel 216 d.C. e vero capolavoro architettonico, ingegneristico e artistico, sono le uniche terme monumentali della Roma antica ad aver mantenuto la loro struttura in forma compiuta. Oggi, un nuovo progetto di realtà virtuale permette di leggere e interpretare le grandiose vestigia in un continuo confronto tra presente e passato.

Seconde per dimensioni (misurano 337 x 328 m.), seppur di poco, rispetto alle Terme di Diocleziano, le Terme di Caracalla (Thermae Antoninianae) sono uno degli edifici termali meglio conservati di Roma, non avendo subito, per la loro posizione periferica, le sovrapposizioni e le trasformazioni dell’epoca medievale e rinascimentale. Questo nonostante il complesso sia stato ampiamente spogliato nei secoli, sia delle opere d’arte che lo adornavano, sia dei marmi, dei laterizi, dei vetri e dei metalli. Le Terme sono situate nella XII regione Piscina Publica, nella parte meridionale della città, area urbanisticamente qualificata dai Severi con la creazione dell’asse stradale della Via Nova, tracciato e del che serviva appunto le terme, Septizodium, un grande ninfeo a più piani situato presso le pendici del Palatino, voluto da Settimo Severo come quinta scienza scenografica verso la via Appia.
Previste forse già da Settimio Severo, i lavori per la realizzazione delle terme iniziarono nel 212 d.C., e previdero lo sbancamento del versante orientale del colle del Piccolo Aventino, su un’area occupata in precedenza da orti, giardini e case private. Una di queste, ben conservata, si trova a 10 metri circa sotto il livello delle terme, nell’angolo sud-est dell’edificio centrale, scavata da Giovanni Battista Guidi tra il 1858 e il 1866, fu erroneamente identificata come la dimora di Asinio Pollione. Si tratta di una domus di epoca adrianea, disposta su due piani e arricchita da pavimenti a mosaico e pitture di II stile. La terra risulta dallo sbancamento fu utilizzata per creare un’ampia platea sulla quale venne fondata la parte centrale del complesso, inaugurato nel 216 d.C. Altri interventi furono effettuati dagli imperatori Elagabalo e Alessandro Severo, mentre il completamento dei lavori sarebbe avvenuto nel 235 d.C. sotto Aureliano, un incendio ai portici del recinto esterno o delle palestre comportò alcuni restauri; interventi edilizi sono poi dovuti a Diocleziano, che restaurò l’acquedotto (in questo periodo è anche attestata la figura di un Procurator Thermarum Antoniniarum), mentre sotto Costantino vennero realizzati alcuni  cambiamenti nel Calidarium, inserendovi un’abside, come testimonia un’iscrizione databile tra il 317 e il 337 d.C.


UN’ENORME QUANTITA’ D’ACQUA. Le Terme di Caracalla erano alimentate dall’Acquedotto Antoniano, derivazione dell’Acqua Marcia, che partiva dal III miglio della via Tuscolana, realizzato appositamente per garantire l’enorme quantità d’acqua necessaria all’impianto. Come ricorda l’iscrizione posta sulla Porta Tiburtina, questi lavori di derivazione e ampliamento della Marcia furono effettuati forze già da Settimo Severo nel 196 d.C. La derivazione parte nei pressi di Porta Furba; resti sono conservati nelle Mura Aureliane a Porta Latina e sul cosiddetto Arco di Druso, all’interno di Porta San Sebastiano. Secondo alcuni calcoli, la portata media dell’acquedotto era di 15000 mc al giorno, pari a 175 litri al secondo. Dopo essere giunta presso le terme attraverso varie camere tramite un condotto, l’acqua, veniva conservata in 18 grandi ambienti, le cisterne, disposti nel recinto meridionale presso l’Aventino. Dalle cisterne, che assicuravano una riserva d’acqua di 9.945.000 litri, venivano riforniti, attraverso tubature in piombo, tutti gli ambienti delle terme. Altri restauri nei sotterranei effettuati agli inizi del V secolo d.C., insieme ad alcuni bolli laterizi riferiti a Teodorico, indicano che le terme erano ancora in uso in questo periodo, come attestano anche alcune fonti letterarie (Olimpiodoro, Polemio Silvio). Sebbene si ritenga che le Terme siano state abbandonate dopo il taglio degli acquedotti da parte del re goto Vitige nel 537, alcune tracce nelle condutture lasciano supporre che l’acqua vi continuò a defluire. Ulteriori restauri furono effettuati nel IX secolo sotto i papi Adriano I, Sergio II e Nicolò I. Alcune sepolture databili al VI-VII secolo, rinvenute nei pressi delle palese, hanno fatto pensare che in questi ambienti sia da collocare lo xenodochium de via Nova (albergo-ospedale per i pellegrini), noto da una lettera di Gregorio Magno, probabilmente collegato con la vicina chiesa dei SS.. Nereo e Achilleo. In epoca basso medievale l’area fu occupata da vigne e orti.

LE SPOLIAZIONI E I PRIMI SCAVI. Lo spoglio delle Terme di Caracalla cominciò a partire dal XII secolo, quando molti elementi architettonici furono utilizzate per decorare, soprattutto, chiese. Così tre capitelli provenienti dalla Palestra orientale decorati con le aquile e i fulmini di Giove, vennero usati nel Duomo di Pisa, alcune colonne e otto capitelli figurati con Iside, Serapide, Arpocrate, in origine collocati nelle biblioteche, vennero riutilizzati nella chiesa romana di Santa Maria in Trastevere. Nel 1545-46 cominciarono gli savi sistematici condotti da papa Paolo III Farnese, finalizzati a recuperare materiale edilizio e, soprattutto, opere d’arte per decorare Palazzo Farnense in Campo de’ Fiori. In una lettera di Prospero Mochi a Pier Luigi Farnese (figlio di Paolo III) dello stesso anno, si parla della scoperta di “uno Ercole, uno tauro Iil Toro Farnese), tre ancille, un pastor (…) e anche una bellissima testa sopra al naturale”. Un altro elenco compilato nel 1556 da Ulisse Aldrovandi parla delle due statue di Ercole, quello di Glykon e quello detto “latino”, mentre fonti del 1700 parlano di un gruppo, forse di Scilla, che doveva essere collocato nella palestra ovest, in posizione simmetrica e in asse con il gruppo del Toro Farnese. Ancora, Pirro Ligorio parla di numerose statue, colonne di marmo pregiato, vasi, tazze rotonde e vasche di forma ovale. Tipico esempio di “grandi terme imperiali”, le terme di Carcalla erano un luogo dove ci si recava non solo per il bagno, ma anche per praticare attività sportive, per la cura del corpo, per passeggiare o studiare, per assistere a eventi musicali e per imbastire rapporti sociali. Secondo recenti calcoli, le norme potevano ospitare ogni giorno tra gli 8000 e i 10000 visitatori, calcolando i 1600 per turno di cui ci da notizia Olipiodoro.
Il complesso si sviluppa su cinque livelli, tre sotterranei e due in elevato. L’edificio termale vero e proprio è costituito da un corpo centrale di forma rettangolare, orientato in senso NE-SO e completamente isolato dal recinto che delimita l’intero monumento. Sul lato nord di quest’ultimo erano gli ingressi principali e diverse tabernae disposte sulla fronte; nei lati est e ovest, caratterizzate da due grandi esedre, le latrine o forse ambienti riscaldati, dove si svolgevano varie attività (massaggi, unzioni con oli profumati, depilazioni), mentre sul lato sud erano disposte le cisterne e, alle estremità le due biblioteche, una per i testi latini, l’altra per quelli greci. A fianco di quella sul lato ovest, una scalinata monumentale permetteva l’accesso alle terme dal Piccolo Aventino (probabilmente ve me era un’altra sul lato opposto non conservata). Davanti alle cisterne era il cosiddetto stadio, una struttura a gradinata, forse una cascata d’acqua. Lo spazio compreso tra l’edificio e il recinto era occupato da un’ampia area a giardino con aiuole, boschetti, viali dove poter passeggiare.





  • CARACALLA UN IMPERATORE DA RIVALUTARE'
  • Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto (in latinoMarcus Aurelius Severus Antoninus Pius Augustus;Lugdunum4 aprile 188 – Carre8 aprile 217), nato Lucio Settimio Bassiano (in latinoLucius Settimius Bassianus), conosciuto anche come Marco Aurelio Antonino Augusto (in latinoMarcus Aurelius Antoninus Augustus) dal 198 al 211 ma meglio noto con il soprannome di Caracalla, è stato un imperatore romano, appartenente alla dinastia dei Severi, che regnò dal 198 al 217, anno della sua morte. Importante provvedimento preso durante il suo breve regno, fu la Constitutio Antoniniana, che concedeva la cittadinanza a tutti gli abitanti dell'Impero di condizione libera. L'estensione della cittadinanza fu una spinta importante all'uniformazione delle amministrazioni cittadine: spariva la gerarchia fra le città e ormai la differenza fra i sudditi dell'Impero non era più sul piano della cittadinanza, ma sul piano del godimento dei diritti civili, fra honestiores e humiliores.
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  • https://it.wikipedia.org/wiki/Caracalla
“Fu un uomo dai costumi corretti, e più crudele del già crudele padre, avido di cibo, come pure ingordo di vino, odiato dai familiari e detestato da tutti i soldati, a eccezioni dei pretoriani”.
Così l’Historia Augusta (una raccolta di biografie di età imperiale compilata nel IV secolo), descrive Marco Aurelio Bassiano detto Caracalla (dal nome della lunga gallica che era solito indossare), figlio di Settimo Severo e Giulia Domna e fratello di Geta. Un giudizio non proprio benevolo, ma che ben rende l’immagine di questo imperatore spietato e violento. Caracalla nacque a Lione (Lugdunum) il 4 aprile del 188 d.C.; a 15 anni, nel 203, sposò Plautilla, la figlia del prefetto del Pretorio Plauziano, il consigliere favori del padre Settimo Severo. Il matrimonio no fu però tra i più felici, tanto che Plautilla fu dapprima relegata nell’isola di Lipari e poi fatta sopprimere dal marito, che nel 205 uccise con le proprie mani Plauziano, una delle persone che odiava di più, insieme al fratello Geta. Nel 211 Settimo Severo morì improvvisamente a Eboracum (forse con la complicità più o meno diretta di Caracalla), pertanto Giulia Domna e i suoi due figli tornarono a Roma per tenere le sorti dell’impero. L’odio tra i due fratelli era però incolmabile, tanto che come narra Erodiano, il palazzo imperale su Palatino fu diviso in due parti per evitare che si incontrassero. Anche l’impero venne diviso in due, e Caracalla tenne la parte occidentale mentre Geta quella orientale. Il 26 dicembre 211 Caracalla uccise tra le braccia della madre il fratello e, dopo essersi presentato in Senato dicendo di essere scampato a un attentato tramato da quest’ultimo, venne acclamato come unico e legittimo imperatore. Per ottenere il più largo consenso, egli concesse aumenti di stipendio all’eserciti e lauti donativi al popolo romano. Come si nota dai molti ritratti, e come sottolineati dalle fonti storiche (Aurelio Vittore, Historia Augusta), per affermare il suo potere assoluto si immedesimò con Alessandro Magno, al punto da assumerne la stessa espressione, con la testa reclinata verso destra e lo sguardo corrucciato. Dopo aver eliminato tutti quelli che avevano parteggiato per Geta (le fonti parlano di 20000 vittime),  il nuovo imperatore si dedicò esclusivamente a favorire l’esercito, demandando alla madre Giulia Domna l’amministrazione dell’impero. Le spese militari sempre più elevate (giustificate dall’esigenza di fronteggiare le pressioni dei barbari sul confine renano-danubiano e su quello orientale), portarono a aumentare le tasse sulla popolazione. Una soluzione al tracollo finanziario fu quella di allargare a tutta la cittadinanza il gettito fiscale; pertanto nel 212 o 213 d.C., Caracalla emanò uno dei provvedimenti più importanti dello Stato romano la Constitutio Antoniana, con la quale si concedeva la cittadinanza romana a tutti colo che abitavano entro i confini dell’impero salvo, salvo alcune categorie (come i ‘Dediticii’, cioè ‘coloro che si sono arresi’ intesi secondo alcuni studiosi come  i barbari sottomessi o, secondo altri come i contadini e le classi più povere).
Caracalla compì durante il suo regno numerose campagne militari in Gallia e in Germania (contro i Catti e gli Alemanni), in Tracia e in Asia Minore contro i Parti. Un altro importante provvedimento di Caracalla fu l’introduzione dell’antonianus, una moneta d’argento che conteneva l stessa quantità del denarius, ma che aveva il valore di una volta e mezzo di quest’ultimo; questo provvedimento fu adottato per combattere la svalutazione e ridare stabilità al sistema monetario. Sebbene Caracalla sia stato dunque descritto dagli storici suoi contemporanei (per esempio Cassio Dione) come un folle e sanguinario, egli attuò nel suo breve regno riforme e provvedimenti di estrema importanza storica, realizzò opere pubbliche e aumentò la distribuzione gratuita di olio, carne e vino al popolo di Roma. Caracalla fu ucciso a pugnalate da un soldato per ordine del prefetto Macrino (che si fece proclamare imperatore dai militari nel 217), durante il viaggio tra Edessa e Carre, dove era diretto per visitare il tempio del dio Luno.
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Antonianus moneta di Caracalla 

il Frigidarium

il Calidarium 


la natatio

IL CORPO CENTRALE. La parte principale delle terme è costituita da un rettangolo di 220 x 114, da cui sporgono solo il calidarium a pianta circolare e le due esedre laterali delle palestre. Gli ambienti termali veri e propri si dispongono su un asse centrale: partendo da sud si ha in successione il calidarium, il tepidarium, il frigidarium e la natatio, la grande piscina scoperta. Ai lati di questo asse si dispongono altri ambienti, raddoppiati e simmetrici: i laconica (saune), le due grandi palestre, gli apodyteria (spogliatoi) e i vestibula, gli atri che danno sugli ingressi del lato nord. Il calidarium è un grande ambiente circolare, coperta da una volta a cupola molto simile a quella del Pantheon, di 35 m di diametro, sorretta da pilastri. L’alzato era disposto su una doppia serie di archi, tra cui si aprivano grandi finestre che sfruttavano l’irraggiamento solare per tutto il corso della giornata. Tra i pilastri erano sette vasche per i bagni d’acqua calda, sei delle quali ancora visibili, mentre la settima, nel lato sud, fu probabilmente sostituita da un’abside nel corso del restauro effettuato da Costantino, ricordato da un’iscrizione, ora collocata nei sotterranei. Al di sotto del calidarium si trovano i forni (50 circa, di cui 24 conservati) e le caldaie per il riscaldamento dell’acqua. In questo grande ambiente si deve riconoscere la cella soliaris citata nell’Historia Augusta, descritta come una grande cupola ricoperta da una volta in bronzo. Dal calidarium, attraverso il tepidarium (ambiente per i bagni di acqua tiepida), di minori dimensioni per non disperdere il calore, si passa al grande frigidarium, il vero fulcro di tutto il complesso si tratta di un grande ambiente alto 50 m, coperto da tre volte a crociera, sorrette da otto grandi colonne di granito addossate alle pareti, e con murature retrostanti che fungevano da contrafforti, mettendo in comunicazione tra loro gli ambienti vicini; sul lato nord si aprivano tre grandi arconi finestrati, che prospettavano sulla parete a nicchie della natatio. Nei lati lunghi erano quattro vasche in muratura per il bagno di acqua fredda; quelle sul lato sud comunicavano con il tepidarium, mentre quelle sul lato nord erano collegate, tramite una cascata d’acqua, direttamente con la piscina scoperta. Al centro, tra queste ultime, era alloggiata (ne rimane una traccia) una vasca-fontana circolare in porfido con anse a forma di serpenti e mascheroni con teste di divinità, ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La parte centrale del frigidarium, definita anche ‘basilica’, e che ha influenzato architettonicamente le successive terme di Diocleziano e la basilica di Massenzio (ma, anche nell’Ottocento, la stazione ferroviaria di Chicago e la Pennyslvania Station di New York!), serviva come luogo di smistamento dei numerosi visitatori, che da qui potevano raggiungere i vari ambienti del complesso, recandosi nelle palestre, negli ambienti per il bagno caldo o nella grande piscina scoperta, seguendo vari percorsi secondo le proprie esigenze. Nei lati brevi del frigidarium erano le due grandi vasche di granito, ora collocate in piazza Farnese, e le due statue di Ercole, quello firmato da Glikon ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e quello ‘latino’ conservato alla Reggia di Caserta. La piscina fredda (natatio), probabilmente l’unico ambiente scoperto dell’intero complesso, presentava sul lato nord, la parete interna divisa in tre parti da grandi colonne di granito grigio; ogni parte era scandita da sei nicchie divise  da colonne più piccole, disposte su due livelli articolati in due ordini, entro le quali erano collocate statue. Questo tipo di architettonico, che si ritrova nelle scaenae frontes dei teatri e nel vicino Septizodium, caratterizzato da elementi stilistici asiatici, rientra appieno in quella che è stata definita “architettura barocca severiana”.

Quel culto venuto dall’oriente.

Il mitreo delle Terme di Caracalla, il più grande di Roma e il secondo di tutto l’impero (il primo si trova a Sarmizegetusa in Romania), fu scoperto negli scavi del 1912, al di sotto degli ambienti del recinto ovest. Fu realizzato all’indomani dell’inaugurazione delle terme, e, pur trovandosi negli ambienti sotterranei, era probabilmente destinato non solo al personale di servizio, ma anche ai frequentatori delle terme. Consta di cinque ambienti accessibili per uno scalone che dal piano superiore porta alla galleria laterale di questo lato. Il primo ambiente, sotto lo scalone, interpretabile come vestibolo, presenta su un lato una fontana scoperta semicircolare coperta a cupola. Da qui, attraverso una piccola porta, si accede ad altri due ambienti, nel secondo dei quali fu rinvenuta una statua di Afrodite Anadiomene, divinità connessa al culto solare. Da questo atrio si accede al mitreo vero e proprio, costituito da un vano lungo e stretto con sei pilastri che sorreggono la volta. Sui due lati lunghi sono le banchine inclinate verso le pareti, dove prendevano posto gli adepti al culto; il pavimento è a mosaico bianco con una doppia fascia nera. Al centro, subito dopo la porta di accesso, è interrata una grande olla in terracotta coperta da una lastra di marmo, dove erano conservate le spighe di grano. Nella parete del lato ovest, all’interno di una nicchia, un affresco ritrae una figura che indossa un berretto frigio e tiene nella mano sinistra un disco solare (Mitra o dadoforo). Ma la caratteristica più importante del mitreo di Caracalla è la presenza, al centro della navata, di una profonda fossa rettangolare, messa in comunicazione,  attraverso uno stretto passaggio e delle scale, con un ambiente situato tra due piccole latrine; da qui, attraverso una porta, si arriva alla stanza interpretata come stalla per il toro (apparatorium), data la presenza di una banchina sul muro di fondo; qui si trova anche una piccola vasca per le abluzioni legate al culto. La fossa al centro del mitreo costituisce un unicum per questo tipo di edifici dedicati a Mitra. Si tratta della fossa sanguinis, dove veniva versato sul sacerdote o sugli iniziati il sangue del toro sacrificato durante la cerimonia in onore di Mitra (taurobolium). Tale rito cruento si pensava fosse proprio di un altro rito orientale, quello di Attis e della Magna Mater, ma evidentemente si deve ritenere che si praticasse anche in ambiente mitraico. Che questo ambiente fosse proprio un mitreo è infatti confermato dal ritrovamento, in frammenti, del gruppo scultoreo di Mitra che uccide un toro; inoltre, un rozzo altare marmoreo su cui è inciso un serpente tra le rocce (pietra genetrix) e due iscrizioni greche su cippi dedicate a Mitra, rinvenute negli scavi, non lasciano dubbi a tal proposito; in una di questa era precedentemente inciso il nome del dio egizio Serapide, poi cancellato. Nella parete di fondo, dove era probabilmente collocato il gruppo di Mitra tauroctono, vi sono, al centro, l’altare e, ai lati, le nicchie che forse accoglievano le statue di Cautes e Cautopates, i due geni che sorreggono le fiaccole in alto e in basso.  
L’apparato decorativo e la collezione farnese.
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toro Farnese.

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ercole Farnese. 
Tutti gli ambienti delle Terme di Caracalla erano riccamente decorati da pavimenti a mosaico e in opus sectile, da colonne in porfido e granito (una di queste presenti nella natatio si trova dal 1563 in Piazza Santa Trinità  a Firenze, portata da Cosimo de’ Medici), da capitelli con figure di divinità, da rivestimenti parientali di marmi pregiati, da stucchi e da un numero infinito di statue in bronzo e marmo, tanto che lo scrittore Elio Sparziano (uno degli autori della Historia Augusta) definiì le Thermae Antoninianae “eximias et maficentissimas”. Si può anche pensare che Caracalla, con questo imponente complesso, abbia voluto in qulache modo realizzare un altro “foro imperiale” legato alla dinastia dei Severi, che a Roma infatti è assente. Il programma decorativa prevedeva statue di divinità, personificazioni, ritratti dell’imperatore e di rappresentanti della famiglia imperiale, mentre scarse sembrano essere state le immagini di filosofi, poeti e letterati. I pavimenti del corpo centrale (calidarium, tepidarium e frigidarium) erano rivestiti in opus sectile con marmi colorati, di cui restano pochissime tracce, mentre gli altri ambienti erano a mosaico. In particolare quelli delle palestre e degli ambienti a esse connesse, e dei vestiboli presentano una decorazione con tessere di marmi colorati in porfido, serpentino e giallo antico con motivi geometrici (dischi inscritti entro quadrati delimitati da fasce con girali d’acanto, motivi curvilinei a pelte), mentre quelli degli spogliatoi sono a tessere bianche e nere con vari motivi geometrici. Dalle due esedre delle palestre provengono i mosaici, ora in gran parte nei Musei Vaticani, uno dei complessi musivi più grandi rinvenuti a Roma, con figure di atleti entro pannelli delimitati da una cornice a treccia. Si distinguono tre tipi di figure: busti di atleti a dimensioni maggiori del vero entro quadrati; figure intere di atleti (vincitori con corona e ramo di palma, pugili, lottatori, discoboli e lanciatori di giavellotto) e giudici di gara entro rettangoli, oltre ad attrezzi ginnici e premi delle gare atletiche. Secondo studi recenti, tale pavimentazione musiva, vero e proprio repertorio delle specialità atletiche dell’antichità, è da attribuire ai lavori di completamento delle terme realizzati da Alessandro Severo, tra l’altro grande sostenitore dei giochi atletici. Le terrazze superiori delle palestre erano invece ornate da pavimenti a mosaico in bianco e nero, con thiasos marino con nereidi, tritoni, delfini, eroti e mostri d’acqua, di cui alcuni lacerti sono ora appoggiati alle pareti delle palestre dopo il crollo del piano superiore. Mosaici in pasta vitrae erano inoltre presenti nella natatio e nel frigidarium, creando il con il riflesso dell’acqua un effetto iridescente. Molte erano le statue in marmo presenti nelel nicchie (un recente studio ne enumera circa 150) e su basi poste nei pavimenti dei vari ambienti delle terme e del recinto esterno, in gran parte cotte nelel calcare per ricavarne calce durante il Medioevo. Gli scavi effettuati ‘’all’Antoniana”  nel 1545-1547 da papa Paolo III Farnese per decorare il suo palazzo in Campo de’ Fiori, restituirono numerose opere d’arte che, in seguito, riempirono i magazzini del palazzo, dando origine alla Collezione Farnese. Andata  in dote all’ultima rappresentante della famiglia, Elisabetta, moglie del re di Spagna Filippo V, gran parte della collezione passò a suo figlio Carlo III di Borbone, re di Napoli, che nel 1788 fece trasferire i pezzi più importanti nella città partenopea. Tra questi, il famoso gruppo realizzato in un unico blocco marmoreo, noto come il “Toro Farnese”, in origine collocato probabilmente nella palestra orientale; le due statue colossali di Ercole, quella firmata dallo scultore ateniese del III secolo d.C. Glykon, ora la MANN, (l’Ercole Farnese, definita in un inventario del 1796 “una scultura di tal sublimità che si reputa per la prima statua del mondo”), e quello detto “latino”, ora alla Reggia di Caserta, entrambe collocate in origine nel frigidarium. Da qui proviene anche un capitello figurato con Ercole a riposo (ora nei sotterranei), a riprova di quanto l’eroe fosse amato dai Severi. Della collezione Farnese, facevano parte anche la Nike in bigio morato, la statua di Atena, il gruppo di Neottolemo e Astianotte (o Achille e Troilo), e il cosiddetto Gladiatore, tutti esposti al MANN. Non sembrano invece provenire dalle terme le statue di Flora e Pomona, come erroneamente si è ritenuto in passato. Altre opere furono rinvenute successivamente nelle terme, tra cui il gruppo di Atreo e Tieste, statue di Venere, Minerva, busti con ritratti della famiglia imperiale; dal frigidarium provengono inoltre la vasca in porfido  (ora al MANN), e i due bacini di granito, riutilizzati da Rainaldi  per le fontane di piazza Farnese. Una delle ultime statue recuperate è l’Artemide, rinvenuta nel 1996 nei sotterranei e ora esposta al Museo Nazionale Romano. 
Breve storia delle terme in cifre e date.
16000-2000 metri cubi al giorno d’acqua.
3,5 km di tubazioni in piombo.
50 forni per il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua.
10 tonnellate di legna al giorno.
2000 tonnellate di legna immagazzinata.
7 mesi di autonomia.
10000 gli ingressi giornalieri.
216 d.C. anno dell’inaugurazione da pare di Marco Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla, figlio di Settimo Severo.
235 d.C. anno in cui il complesso fu probabilmente ultimato. Eliogabalo e Severo Alessandro, infatti, completarono le Terme con porticati e alcune decorazioni. Costantino modificò il calidarium con l’inserimento di un’abside. Lo attesta un’iscrizione sotterranea tuttora conservata nei sotterranei.
37 metri l’altezza misurabile in più punti nel complesso.
337 x 328 metri circa la superficie delle terme, alimentate da una derivazione, fatta costruire da Caracalla nel 212 d.C, dell’Acqua Marcia, arricchita dalla captazione di nuove sorgenti, e che prese il nome di Aqua Nova Antoniniana.
5 livelli: 2 piani in alzato e 3 in sotterraneo.
18 cisterne fornivano tutte le utenze dell’edificio, vasche e fontane.
50 forni consumavano 10 tonnellate al giorno di legname per il riscaldamento e la cottura del pane.
9000 operai al giorno per 5 anni circa: la forza lavoro per la costruzione dell’edificio.
9 milioni di laterizi usati per la costruzione.
252 colonne il numero stimato, di cui 16 alte più di 12 metri.
156 nicchie per statue.
537 d.C. anno dell’abbandono delle terme, dopo il taglio degli acquedotti, all’indomani dell’assedio di Vitige, re dei Goti.
XII secolo già da questo periodo le terme si trasformano in cava di materiali destinati a essere reimpiegati per la decorazione di chiese e palazzi. In particolar modo sotto papa Paolo III Farnese, nel 1545-1547, avvenne la spoliazione delle sculture che finirono a decorare il suo nuovo palazzo. Un esempio per tutti il Toro Farnese, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel tempo l’area fu sicuramente adibita a vigne e orti.
1824 cominciano gli scavi sistematici che continuano per tutto il secolo, fino ai primi del Novecento, quando indagato il corpo centrale, si passò all’esplorazione del corpo perimetrale e di parte dei sotterranei.
1993 ultima stagione lirica estiva all’interno del calidarium, dopo un’occupazione risalente al
1938.  Nel 2001 riprende la stagione estiva dell’Opera, con un palcoscenico rimovibile.
1996 ultimo ritrovamento di statuaria. Una statua acefala di Artemide.
2012 le Terme di Caracalla si aprono all’arte contemporanea. Michelangelo Pistoletto esegue e dona alla Soprintendenza il Terzo Paradiso, con reperti delle Terme stesse. Nel 2016 realizza la Mela Reintegrata, in marmo di Carrara, collocata al centro dell’antico posto di guardia del custode controllore del traffico di carri, legname e uomini impegnati a mandare aventi la complessa macchina delle Terme.
2017 prima mostra d’arte contemporanea: il 19 ottobre inaugurazione di Molti, una mostra di Antonio Biasiucci, curata da Ludovico Pratesi nella suggestiva cornice dei sotterranei delle Terme.

MENS SANA IN CORPORE SANO. Passando agli ambienti laterali delle terme, dal calidarium si giungeva ai locali per il bagno di sudore (laconica o sudationes), dotati probabilmente di una grande apertura verso il giardino e di ampie finestre a vetri per l’irraggiamento solare. Su due lati brevi, a est e a ovest, si dispongono poi i grandi ambienti identificati come palestre, tra i più vasti del complesso, con pavimento a mosaico policromo e portico colonnato, disposto su due livelli con terrazze a al piano superiore. Nella palestra est era collocato il famoso gruppo marmoreo del supplizio di Dirce, conosciuto come Toro Farnese. Gli spogliatoi, ai lati della piscina scoperta, erano quattro, disposti due a due e preceduti da un grande ambiente coperto da volta a crociera, che comunicava con la natatio. Erano disposti su due piani (rimangono tracce delle scale che conducevano al piano superiore), con pavimento a mosaico a motivi geometrici di tessere bianche e nere; erano arredati sulle pareti con ripiani o armadi in legno per riporvi i vestiti, e al centro da panche. Delle due biblioteche situate nel lato meridionale del recinto del complesso, si conserva soltanto quella del lato sud-ovest; consta di un grande ambiente rettangolare (38 x 22 m), con tre pareti dove erano disposte 32 nicchie su due piani, che contenevano gli armadi di legno dove erano conservai i libri. Nella nicchia centrale, più grande, del lato sud era probabilmente collocata una statua di Atena. Il pavimento in opus sectile presentava un motivo a quadrati e rettangoli con dischi inscritti. Tutt’intorno alle nicchie correva una banchina in muratura, dove potevano essere consultati i volumi.

NELLE VISCERE DEL MOVIMENTO. Sia sotto l’edificio centrale che sotto il giardino e il recinto esterno delle terme, è nascosta una fitta rete di gallerie e cunicoli, che corrono a quote diverse e spesso si intrecciano e si sovrappongono tra loro.  Questo complesso sistema di ipogei serviva a svolgere varie funzioni legate ad attività termali; era chiuso al pubblico e frequentato solo dal personale di servizio. In base alle caratteristiche strutturali si possono distinguere quattro categorie corrispondenti alle funzioni che gli ambienti ipogei dovevano svolgere: ambienti di servizio, di passaggio e di deposito, molto ampi in altezza e larghezza (6 m) per permettere il passaggio dei carri carichi di legna necessaria per i forni; gallerie e cunicoli per la gestione e manutenzione dell’impianto idraulico e condotti dove erano alloggiate le tubazione per l’adduzione e la distribuzione dell’acqua; infine, tutte le strutture adibite allo smaltimento delle acque reflue e quelle piovane. Nei sotterranei si aprivano inoltre numerosi lucernai, che servivano per assicurare il passaggio dell’aria in modo che il legname accatastato non marcisse.  Si è calcolato che ogni giorno venissero consumate 10 tonnellate di legna, e che i magazzini ne potessero contenere 2000 tonnellate, garantendo un’autonomia di 7 mesi. Oltre a questi ambienti, negli scavi effettuati nei sotterranei nel 1912 fu scoperto un mitreo e, in un ambiente adiacente, un mulino ad acqua con frammenti di ruote di macina, considerato da Guglielmo Gatti di epoca medievale, ma probabilmente riferibile al momento in cui vennero costruite le terme. Bruciato intorno alla metà del III secolo, fu ricostruito con alcune modifiche.

ALLA RICERCA DEL CONSENSO. I Cataloghi Regionari (elenchi dei monumenti e degli edifici situati nelle 14 regioni della città) ci informano che a Roma, nel IV secolo d.C., vi erano tra 856 e 942-957 balnea. Queste cifre ci danno un’idea dell’importanza primaria che questi luoghi rivestivano nella vita quotidiana dei Romani. Le terme venivano spesso costruite da privati, magistrati, notabili, senatori, che le offrivano al popolo per conquistarsi fama, prestigio e favorire la loro carriera politica. Agrippa, durante la sua carica di edile (33 a.C.), censì ben 170 bagni pubblici in vari luoghi di Roma, assumendosi l’onere dell’ingresso, che dunque era per il popolo gratuiti. Successivamente, tra il 25 e il 19 a.C., da privato, realizzò le grandi terme che da lui presero il nome, nella zona del Campo Marzio, dove l’accesso era gratuito in perpetuo. In epoca imperiale furono gli imperatori a realizzare grandi terme, sempre accessibili gratuitamente. Nel caso di terme e bagni privati, invece, l’ingresso era comunque a modico prezzo. La gestione delle terme, sia che fossero di proprietà dello Stato, dell’imperatore o privati, poteva essere diretta o appaltata a un amministratore (conductor) , che pagava una somma al proprietario e riscuoteva la tariffa di accesso e le rendite delle botteghe e degli appartamenti che si trovavano nello stesso fabbricato. Nelle terme lavorava numeroso personale specializzato secondo le varie attività che vi si svolgeva: i capsarii (guardarobieri), i fornaciarii (addetti al riscaldamento), l’unctor (addetto ai massaggi e alle unzioni), l’alipilus (addetto alla depilazione). Seneca, che abitava in un appartamento sopra un impianto balneare,   ci offre un’immagine vivace delle attività che si svolgevano in questi ambienti. Il filosofo in una famosa lettera (ad lucilium, 56) si lamentava con il suo amico Lucilio, per il continuo schiamazzo: “Abito proprio sopra uno stabilimento balneare. Immaginati ogni sorta di clamore che mi risuona attorno; quando i campioni si allenano a sollevare i manubri di piombo, e si affaticano o fingono di affaticarsi, li sento gemere, e ogni volta che emettono il fiato trattenuto, sento i sibili del loro respiro affannato; quando qualcuno più pigro si accontentava di una frizione, sento la mano che fa i massaggi sulle spalle, con un suono diverso secondo che si muova aperta o concava. Se poi sopraggiungono coloro che giocano a palla e cominciano a contare i punti fatti, è finita. Aggiungi l’attaccabrighe o il ladro colto sul fatto, o quello a cui piace sentire la propria voce mentre fa il bagno; poi il fracasso di quelli che saltano nella piscina. Oltre a questi, le cui voci sono normali, pensa al depilatore che per farsi notare, parla in falsetto e non sta mai zitto e non quando depila le ascelle e costringe un altro a urlare in sua vece. Infine c’è il venditore di bibite con le sue esclamazioni, il salsicciaio, il pasticciere e tutti i garzoni delle bettole, ognuno dei quali per vendere la propria merce, ha una caratteristica inflessione della voce”.

PER LE PUBBLICHE RELAZIONI. Ai bagni si recavano giornalmente tutti, ricchi, poveri, liberti e schiavi (ma solo se alle dipendenze statali), uomini e donne, giovinetti, soldati e imperatori. I più assidui anzi erano proprio i ricchi i quali, nonostante possedessero impianti termali privati nello loro lussuose case, si recavano ai bagni pubblici, accompagnati da uno stuolo di inservienti, dove mantenevano pubbliche relazioni indispensabili per i loro affari e per la loro carriera. Qui spesso ricevevano anche i loro clientes, facendo dono di denaro o della sportula (una donazione in natura o denaro), come narra Marziale.  Alle terme, un po’ come accade oggi nelle piscine e nei centri sportivi, si poteva anche consumare un frugale pasto a base di uova, insalata e pesce. L’ingresso per gli uomini e le donne avveniva separatamente; nelle terme più grandi gli ambienti erano infatti doppi, e le strutture rigidamente separate per i due sessi. Dove ciò non era possibile, gli ingressi avvenivano in orari diversi; ma poteva accadere anche che uomini e donne frequentassero insieme le terme, con grande scandalo dei moralisti come Tertulliano, che definisce adulterae le donne che partecipavano a bagni promiscui. Questo portò a una serie di divieti a partire da Adriano che prese il provvedimento di separare i bagni secondo i sessi. Gli orari di apertura erano dalle 10-11 circa del mattino (hora V) al tramonto (hora XI-XII, circa le 18,00 a secondo della stagione). Quando non era gratuito, l’ingresso era comunque alla portata di tutte le tasche; Orazio e Marziale parlano di un quadrante  (un quarto di asse), la più piccola moneta bronzea in circolazione nel I secolo d.C. (con 1 asse e mezzo si potevano acquistare 1 litro di vino e una pagnotta). Nell’editto dei prezzi di Diocleziano, si fissa una tariffa a due denari (anche questa la misura più piccola di monete bronzee). È  curioso notare che mentre per i bambini, i soldati e i liberti l’ingresso era gratuito, le donne pagavano il doppio rispetto agli uomini (nella lex metalli Vipascensis di epoca adrianea si stabilisce mezzo asse per gli uomini e un asse per le donne).

UNA DELLE GIOIE DELLA VITA. Sul funzionamento dei bagni pubblici, sia a Roma che nelle città minori, vigilavano gli edili che avevano anche il compito di controllare l’igiene e la temperatura, il rifornimento di acqua, i contratti di appalto, il comportamento dei frequentatori. Tale attività poi passò ai curatores thermarum. Le terme erano dunque il luogo preferito dai Romani per passare le loro giornate, secondo il noto principio mens sana in corpore sano enunciato da Giovenale. Qui infatti, oltre, ai bagni e agli esercizi fisici, si potevano coltivare relazioni sociale e si poteva accrescere la propria cultura, partecipando a conferenze, letture poetiche e concerti musicali, che avvenivano in apposite sale (auditoria) decorate da pregiate sculture. Infine, nelle grandi terme imperiali erano presenti anche fornite biblioteche, dove poter leggere i testi dei più famosi poeti e scrittori greci e latini, spesso ritratti sugli armadi che contenevano le loro opere. Insomma, andre alle erme era per i Romani una delle gioie della vita, paragonabile solo al vino e all’amore, come riporta una famosa iscrizione: “”Balnea vina Venus corrumpunt corpor nostra sed vitam faciunt! (le terme, il vino e l’amore corrompono i nostri corpi, ma sono il sale della vita!)”


                         ricostruzione Terme di Agrippa 

IL PRIMO FU AGRIPPA. Il primo grande complesso termale pubblico a Roma si deve ad Agrippa, il quale, tra il 25 e il 19 a.C., costruì le terme alle spalle del Pantheon, alimentate dall’acquedotto dell’Acqua Vergine. La pianta dell’edificio, nota dalla Forma Urbis è ancora di tipo repubblicano, con gli ambienti disposto intorno a una sala circolare senza un ordine particolare. Successivamente, sempre nell’area Campo Marzio, vennero realizzate da Nerone nel 62 d.C. le prime grandi terme imperiali (chiamate poi Alexandrinae dopo gli interventi di restauro del 227 di Alessandro Severo), dove già compare lo schema tipico con gli ambienti principali (calidarium, tepidarium e frigidarium) disposti su un’asse centrale traversale , e gli altri ambienti duplicati disposti simmetricamente su un asse longitudinale rispetto al  primo. Sul Colle Oppio, al posto della Domus Aurea neroniana, sorsero le terme di Tito, inaugurate nell’80 d.C. insieme al Colosseo. Gli imperatori flavi realizzarono anche le terme della residenza imperiale sul Palatino. Vicino a quelle di Tito, Traiano realizzò sempre sul Colle Oppio, le terme più grandi allora esistenti a Roma, inaugurate nel 110 d.C. Progettate probabilmente da Apollodoro di Damasco le Terme Traiane, alimentate dall’Acquedotto dell’Acqua Traiana e dalla grande cisterna delle Sette Sale , presentano lo schema che sarà poi imitato in tutte le grandi terme imperiali, con un edificio centrale per le attività termali e sportive, circondato da un’aerea aperta adibita a verde, e delimitata su tutti i lati da portici, grandi esedre e ambienti dedicati ad attività culturali e ricreative. L’orientamente N-E S-O permetteva di sfruttare tutto il giorno il calore del sole; tale disposizione e orientamento degli ambienti sarà ripreso nelle successive Terme di Caracalla e di Diocleziano. Altre terme minori furono costruite sull’Aventino (Thermae Surae, dedicate da Traiano all’amico Licinio Sura, e successivamente le Thermae Decianae costruite dall’imperatore Decio), e sul Celio (Thermae Eleniane costruite in età severiana e poi restaurate da Elena madre di Costantino). Ma le terme più grandi e popolari furono quelle realizzate da Dioclezianot tra il 298 e il 306 nella zona compresa tra Quirinale, Viminale e Esquillino, vicino ai Castra Praetoria. L’ultimo impianto termale realizzato a Roma si deve a Costantino, il quale probabilmente dopo il 3115 d.C., edificò sul Quirinale un piccolo complesso destinato ai ceti abbienti che abitavano nella zona. Da qui provengono, tra l’altro, le statue dei Dioscuri collocate da Sisto V in piazza del Quirinale, e le statue dei Fiumi ora sotto la scalinata di Palazzo Senatorio in Campidoglio.
Gran Bomba, Baños Romanos, Bath, Inglaterra, 2014-08-12, DD 03.JPG
Le terme romane di Bath furono costruite ai tempi dell'imperatore Vespasiano, nel 75 d.C., nella città allora chiamataAquae Sulis. Pare infatti che in questa zona, fin dal 10000 a.C., dal sottosuolo fuoriuscisse acqua, ancor oggi visibile.
Erano conosciute in tutto l'Impero Romano e frequentate da gente di ogni classe sociale. Il complesso comprendeva anche un tempio dedicato all'antica dea celtica dell'acqua e alla dea romana Minerva.

Nel 410, con l'abbandono della Britannia da parte delle legioni romane, le terme vennero abbandonate e l'Inghilterra fu invasa dai Sassoni, che conquistarono la città nel 577. La struttura cadde in sfacelo e si allagò. Per arginare l'acqua si mise del pietrisco negli ambienti, che con l'acqua si trasformò in fango nerastro che sommerse le terme.

DALL’URBE A TUTTO L’IMPERO. Oltre che a Roma, impianti termali sono diffusi in tutto l’impero, a dimostrazione di quanto tali edifici rappresentassero una delle principali caratteristiche del modo di vivere proprio della cultura romana.       
A Ostia le terme principali vennero realizzate tra la fine del I e del II secolo d.C., in seguito al forte aumento della popolazione. Esterne alle mura e prospicienti l’antica linea di costa sono le Terme di Porta Marina (o thermae maritimae), costruite da Traiano e forse completate da Adriano, cui si devono anche le Terme del Nettuno, completate da Antonino Pio. Al Prefetto del Pretorio di questo imperatore, Marco Gavio Massimo, sono da attribuire le più grandi Terme di Ostia, quelle di del Foro, situate in posizione centrale a sud-est della grande piazza. Pompei offre un buon esempio impianto termale di epoca tardo repubblicana, le Terme Stabiane, le più antiche tra quelle sconosciute, databili al II secolo a.C. Divise in due settori, uno per gli uomini e uno per le donne, avevano gli ambienti disposti su un unico asse ai lati di una fornace comune, con un grande cortile porticato che serviva da palestra, cui fu aggiunta in un momento successivo grande piscina. In età augustea, una grande sala rotonda fu trasformata in frigidarium per il piano bagno freddo. Al di fuori dell’Urbe, una delle terme più grandi si trova a Treviri in Germania (Gallia Belgica), caratterizzate dal calidarium triabsidato; costruite da Costantino, vennero modificate da Graziano (375-383 d.C.) e riutilizzate come residenza o sede di rappresentanza. Altre terme grandiose sono quelle di Cluny a Parigi (oggi in parte occupate dal Musée National du Moyen Age), della fine del II d.C. Da rilevare l’imponenza e il numero delle sale per i bagni caldi che determinano, attorno a un frigidarium piuttosto piccolo un percorso semicircolare. Sorte in funzione di una sorgente di acqua curativa, sono le terme di Bath (Aquae Sulis) in Britannia, le più grandi dell’Europa occidentale. Comprendono tre grandi piscine per bagni caldi; ancora in funzione, costituiscono per lo stato di conservazione delle strutture romane, unito alle elegante ricostruzione settecentesca, un suggestivo e unico esempio ancora vivo delle antiche terme. A differenza dell’Occidente romano, dove le vasche singole sono rare, in Grecia la caratteristica degli impianti termali di epoca tarda (presenti a Sparta, Epidauro, Olimpia, Delfi, Argo, Atene) è l’alto numero di ambienti per il bagno individuale, spesso ricavati da piscine collettive, forse a causa di un maggior pudore cristiano contro l’immoralità dei bagni in comune. Inoltre, in Grecia non vi è assialità e simmetria negli ambienti come in Occidente, ruotando tutto intorno al Frigidarium.
Terze per estensione, dopo quelle di Diocleziano e di Caracalla, sono le terme di Cartagine dette “di Antonino”; iniziate da Antonino Pio, furono ultimate da Marco Aurelio e Lucio Vero. Il frigidarium presentava otto grandi colonne di granito; una di queste è stata ricollocata, insieme a un grande capitello, raggiungendo un’altezza di più di 20 m, per rendere l’idea dell’imponenza del complesso. I marmi di spoglio delle terme, inserite nei siti UNESCO Patrimonio dell’Umanità, furono riutilizzati in edifici a Tunisi, ma anche a Pisa, Genova e perfino Cantembury. Altri grandi impianti termali in Africa si trovano in Algeria, a Cherchel, Timgadd e Djemila. Le terme di Leptis Magna, in Tripolitania, sono uno degli edifici più belli e ricchi dell’Africa romana. Costruite in età adrianea, furono restaurate e ampliate sotto Commodo e Settimio Severo. Infine, in ambito microasiatico, lo schema delle terme presenta gli ambienti principali allineati in modo parallelo alla palestra, spesso sostituendo al frigidarium un cortile aperto. Esempi si possono trovare ad Afrodisia, Efeso, Mileto e Hierapolis, in Frigia, vera e propria città termale che conobbe particolare sviluppo sotto Settimio Severo e Caracalla


Terme di Cartagine 


Articolo in gran parte di Luciano Frazzoni pubblicato su Archeo del mese di Luglio 2018 altri testi e immagini da Wikipedia

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