CARACALLA LA NUOVA DIMENSIONE.
Inaugurate dall’omonimo
imperatore della dinastia dei Severi nel 216 d.C. e vero capolavoro
architettonico, ingegneristico e artistico, sono le uniche terme monumentali
della Roma antica ad aver mantenuto la loro struttura in forma compiuta. Oggi,
un nuovo progetto di realtà virtuale permette di leggere e interpretare le
grandiose vestigia in un continuo confronto tra presente e passato.
Seconde per dimensioni
(misurano 337 x 328 m .), seppur di poco,
rispetto alle Terme di Diocleziano, le Terme di Caracalla (Thermae
Antoninianae) sono uno degli edifici termali meglio conservati di Roma, non
avendo subito, per la loro posizione periferica, le sovrapposizioni e le
trasformazioni dell’epoca medievale e rinascimentale. Questo nonostante il
complesso sia stato ampiamente spogliato nei secoli, sia delle opere d’arte che
lo adornavano, sia dei marmi, dei laterizi, dei vetri e dei metalli. Le Terme
sono situate nella XII regione Piscina Publica, nella parte meridionale della
città, area urbanisticamente qualificata dai Severi con la creazione dell’asse
stradale della Via Nova, tracciato e del che serviva appunto le terme,
Septizodium, un grande ninfeo a più piani situato presso le pendici del
Palatino, voluto da Settimo Severo come quinta scienza scenografica verso la
via Appia.
Previste forse già da Settimio Severo, i lavori per la
realizzazione delle terme iniziarono nel 212 d.C., e previdero lo sbancamento
del versante orientale del colle del Piccolo Aventino, su un’area occupata in precedenza
da orti, giardini e case private. Una di queste, ben conservata, si trova a 10 metri circa sotto il
livello delle terme, nell’angolo sud-est dell’edificio centrale, scavata da
Giovanni Battista Guidi tra il 1858 e il 1866, fu erroneamente identificata
come la dimora di Asinio Pollione. Si tratta di una domus di epoca adrianea,
disposta su due piani e arricchita da pavimenti a mosaico e pitture di II
stile. La terra risulta dallo sbancamento fu utilizzata per creare un’ampia
platea sulla quale venne fondata la parte centrale del complesso, inaugurato
nel 216 d.C. Altri interventi furono effettuati dagli imperatori Elagabalo e
Alessandro Severo, mentre il completamento dei lavori sarebbe avvenuto nel 235
d.C. sotto Aureliano, un incendio ai portici del recinto esterno o delle
palestre comportò alcuni restauri; interventi edilizi sono poi dovuti a
Diocleziano, che restaurò l’acquedotto (in questo periodo è anche attestata la
figura di un Procurator Thermarum Antoniniarum), mentre sotto Costantino vennero
realizzati alcuni cambiamenti nel
Calidarium, inserendovi un’abside, come testimonia un’iscrizione databile tra
il 317 e il 337 d.C.
UN’ENORME QUANTITA’ D’ACQUA.
Le Terme di Caracalla erano
alimentate dall’Acquedotto Antoniano, derivazione dell’Acqua Marcia, che
partiva dal III miglio della via Tuscolana, realizzato appositamente per
garantire l’enorme quantità d’acqua necessaria all’impianto. Come ricorda
l’iscrizione posta sulla Porta Tiburtina, questi lavori di derivazione e
ampliamento della Marcia furono effettuati forze già da Settimo Severo nel 196
d.C. La derivazione parte nei pressi di Porta Furba; resti sono conservati
nelle Mura Aureliane a Porta Latina e sul cosiddetto Arco di Druso, all’interno
di Porta San Sebastiano. Secondo alcuni calcoli, la portata media
dell’acquedotto era di 15000 mc al giorno, pari a 175 litri al secondo. Dopo essere giunta presso le terme
attraverso varie camere tramite un condotto, l’acqua, veniva conservata in 18
grandi ambienti, le cisterne, disposti nel recinto meridionale presso
l’Aventino. Dalle cisterne, che assicuravano una riserva d’acqua di 9.945.000 litri ,
venivano riforniti, attraverso tubature in piombo, tutti gli ambienti delle
terme. Altri restauri nei sotterranei effettuati agli inizi del V secolo d.C.,
insieme ad alcuni bolli laterizi riferiti a Teodorico, indicano che le terme
erano ancora in uso in questo periodo, come attestano anche alcune fonti
letterarie (Olimpiodoro, Polemio Silvio). Sebbene si ritenga che le Terme siano
state abbandonate dopo il taglio degli acquedotti da parte del re goto Vitige
nel 537, alcune tracce nelle condutture lasciano supporre che l’acqua vi
continuò a defluire. Ulteriori restauri furono effettuati nel IX secolo sotto i
papi Adriano I, Sergio II e Nicolò I. Alcune sepolture databili al VI-VII
secolo, rinvenute nei pressi delle palese, hanno fatto pensare che in questi
ambienti sia da collocare lo xenodochium de via Nova (albergo-ospedale per i
pellegrini), noto da una lettera di Gregorio Magno, probabilmente collegato con
la vicina chiesa dei SS.. Nereo e Achilleo. In epoca basso medievale l’area fu
occupata da vigne e orti.
LE SPOLIAZIONI E I PRIMI
SCAVI. Lo spoglio delle Terme di
Caracalla cominciò a partire dal XII secolo, quando molti elementi
architettonici furono utilizzate per decorare, soprattutto, chiese. Così tre
capitelli provenienti dalla Palestra orientale decorati con le aquile e i
fulmini di Giove, vennero usati nel Duomo di Pisa, alcune colonne e otto
capitelli figurati con Iside, Serapide, Arpocrate, in origine collocati nelle
biblioteche, vennero riutilizzati nella chiesa romana di Santa Maria in
Trastevere. Nel 1545-46 cominciarono gli savi sistematici condotti da papa
Paolo III Farnese, finalizzati a recuperare materiale edilizio e, soprattutto,
opere d’arte per decorare Palazzo Farnense in Campo de’ Fiori. In una lettera
di Prospero Mochi a Pier Luigi Farnese (figlio di Paolo III) dello stesso anno,
si parla della scoperta di “uno Ercole,
uno tauro Iil Toro Farnese), tre ancille, un pastor (…) e anche una bellissima
testa sopra al naturale”. Un altro elenco compilato nel 1556 da Ulisse
Aldrovandi parla delle due statue di Ercole, quello di Glykon e quello detto
“latino”, mentre fonti del 1700 parlano di un
gruppo, forse di Scilla, che doveva essere collocato nella palestra ovest, in
posizione simmetrica e in asse con il gruppo del Toro Farnese. Ancora, Pirro
Ligorio parla di numerose statue, colonne di marmo pregiato, vasi, tazze
rotonde e vasche di forma ovale. Tipico esempio di “grandi terme imperiali”, le
terme di Carcalla erano un luogo dove ci si recava non solo per il bagno, ma
anche per praticare attività sportive, per la cura del corpo, per passeggiare o
studiare, per assistere a eventi musicali e per imbastire rapporti sociali.
Secondo recenti calcoli, le norme potevano ospitare ogni giorno tra gli 8000 e
i 10000 visitatori, calcolando i 1600 per turno di cui ci da notizia
Olipiodoro.
Il complesso si sviluppa su cinque livelli, tre sotterranei
e due in elevato. L’edificio termale vero e proprio è costituito da un corpo
centrale di forma rettangolare, orientato in senso NE-SO e completamente
isolato dal recinto che delimita l’intero monumento. Sul lato nord di
quest’ultimo erano gli ingressi principali e diverse tabernae disposte sulla
fronte; nei lati est e ovest, caratterizzate da due grandi esedre, le latrine o
forse ambienti riscaldati, dove si svolgevano varie attività (massaggi, unzioni
con oli profumati, depilazioni), mentre sul lato sud erano disposte le cisterne
e, alle estremità le due biblioteche, una per i testi latini, l’altra per
quelli greci. A fianco di quella sul lato ovest, una scalinata monumentale
permetteva l’accesso alle terme dal Piccolo Aventino (probabilmente ve me era
un’altra sul lato opposto non conservata). Davanti alle cisterne era il
cosiddetto stadio, una struttura a gradinata, forse una cascata d’acqua. Lo
spazio compreso tra l’edificio e il recinto era occupato da un’ampia area a
giardino con aiuole, boschetti, viali dove poter passeggiare.
“Fu un uomo dai costumi corretti, e
più crudele del già crudele padre, avido di cibo, come pure ingordo di vino,
odiato dai familiari e detestato da tutti i soldati, a eccezioni dei
pretoriani”.
Così
l’Historia Augusta (una raccolta di biografie di età imperiale compilata nel
IV secolo), descrive Marco Aurelio Bassiano detto Caracalla (dal nome della
lunga gallica che era solito indossare), figlio di Settimo Severo e Giulia
Domna e fratello di Geta. Un giudizio non proprio benevolo, ma che ben rende
l’immagine di questo imperatore spietato e violento. Caracalla nacque a Lione
(Lugdunum) il 4 aprile del 188 d.C.; a 15 anni, nel 203, sposò Plautilla, la
figlia del prefetto del Pretorio Plauziano, il consigliere favori del padre
Settimo Severo. Il matrimonio no fu però tra i più felici, tanto che
Plautilla fu dapprima relegata nell’isola di Lipari e poi fatta sopprimere
dal marito, che nel 205 uccise con le proprie mani Plauziano, una delle
persone che odiava di più, insieme al fratello Geta. Nel 211 Settimo Severo
morì improvvisamente a Eboracum (forse con la complicità più o meno diretta
di Caracalla), pertanto Giulia Domna e i suoi due figli tornarono a Roma per
tenere le sorti dell’impero. L’odio tra i due fratelli era però incolmabile,
tanto che come narra Erodiano, il palazzo imperale su Palatino fu diviso in
due parti per evitare che si incontrassero. Anche l’impero venne diviso in
due, e Caracalla tenne la parte occidentale mentre Geta quella orientale. Il
26 dicembre 211 Caracalla uccise tra le braccia della madre il fratello e,
dopo essersi presentato in Senato dicendo di essere scampato a un attentato
tramato da quest’ultimo, venne acclamato come unico e legittimo imperatore.
Per ottenere il più largo consenso, egli concesse aumenti di stipendio
all’eserciti e lauti donativi al popolo romano. Come si nota dai molti
ritratti, e come sottolineati dalle fonti storiche (Aurelio Vittore, Historia
Augusta), per affermare il suo potere assoluto si immedesimò con Alessandro
Magno, al punto da assumerne la stessa espressione, con la testa reclinata
verso destra e lo sguardo corrucciato. Dopo aver eliminato tutti quelli che
avevano parteggiato per Geta (le fonti parlano di 20000 vittime), il nuovo imperatore si dedicò
esclusivamente a favorire l’esercito, demandando alla madre Giulia Domna
l’amministrazione dell’impero. Le spese militari sempre più elevate
(giustificate dall’esigenza di fronteggiare le pressioni dei barbari sul
confine renano-danubiano e su quello orientale), portarono a aumentare le
tasse sulla popolazione. Una soluzione al tracollo finanziario fu quella di
allargare a tutta la cittadinanza il gettito fiscale; pertanto nel 212 o 213
d.C., Caracalla emanò uno dei provvedimenti più importanti dello Stato romano
Caracalla
compì durante il suo regno numerose campagne militari in Gallia e in Germania
(contro i Catti e gli Alemanni), in Tracia e in Asia Minore contro i Parti. Un
altro importante provvedimento di Caracalla fu l’introduzione
dell’antonianus, una moneta d’argento che conteneva l stessa quantità del
denarius, ma che aveva il valore di una volta e mezzo di quest’ultimo; questo
provvedimento fu adottato per combattere la svalutazione e ridare stabilità al
sistema monetario. Sebbene Caracalla sia stato dunque descritto dagli storici
suoi contemporanei (per esempio Cassio Dione) come un folle e sanguinario,
egli attuò nel suo breve regno riforme e provvedimenti di estrema importanza
storica, realizzò opere pubbliche e aumentò la distribuzione gratuita di
olio, carne e vino al popolo di Roma. Caracalla fu ucciso a pugnalate da un
soldato per ordine del prefetto Macrino (che si fece proclamare imperatore
dai militari nel 217), durante il viaggio tra
Edessa e Carre, dove era diretto per visitare il tempio del dio Luno.
Antonianus moneta di Caracalla
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IL CORPO CENTRALE. La parte principale delle terme è costituita da un
rettangolo di 220 x 114, da cui sporgono solo il calidarium a pianta circolare
e le due esedre laterali delle palestre. Gli ambienti termali veri e propri si
dispongono su un asse centrale: partendo da sud si ha in successione il
calidarium, il tepidarium, il frigidarium e la natatio, la grande piscina
scoperta. Ai lati di questo asse si dispongono altri ambienti, raddoppiati e
simmetrici: i laconica (saune), le due grandi palestre, gli apodyteria
(spogliatoi) e i vestibula, gli atri che danno sugli ingressi del lato nord. Il
calidarium è un grande ambiente circolare, coperta da una volta a cupola molto
simile a quella del Pantheon, di 35
m di diametro, sorretta da pilastri. L’alzato era
disposto su una doppia serie di archi, tra cui si aprivano grandi finestre che
sfruttavano l’irraggiamento solare per tutto il corso della giornata. Tra i
pilastri erano sette vasche per i bagni d’acqua calda, sei delle quali ancora
visibili, mentre la settima, nel lato sud, fu probabilmente sostituita da
un’abside nel corso del restauro effettuato da Costantino, ricordato da
un’iscrizione, ora collocata nei sotterranei. Al di sotto del calidarium si
trovano i forni (50 circa, di cui 24 conservati) e le caldaie per il
riscaldamento dell’acqua. In questo grande ambiente si deve riconoscere la
cella soliaris citata nell’Historia Augusta, descritta come una grande cupola
ricoperta da una volta in bronzo. Dal calidarium, attraverso il tepidarium
(ambiente per i bagni di acqua tiepida), di minori dimensioni per non
disperdere il calore, si passa al grande frigidarium, il vero fulcro di tutto
il complesso si tratta di un grande ambiente alto 50 m , coperto da tre volte a
crociera, sorrette da otto grandi colonne di granito addossate alle pareti, e
con murature retrostanti che fungevano da contrafforti, mettendo in
comunicazione tra loro gli ambienti vicini; sul lato nord si aprivano tre
grandi arconi finestrati, che prospettavano sulla parete a nicchie della
natatio. Nei lati lunghi erano quattro vasche in muratura per il bagno di acqua
fredda; quelle sul lato sud comunicavano con il tepidarium, mentre quelle sul
lato nord erano collegate, tramite una cascata d’acqua, direttamente con la
piscina scoperta. Al centro, tra queste ultime, era alloggiata (ne rimane una
traccia) una vasca-fontana circolare in porfido con anse a forma di serpenti e
mascheroni con teste di divinità, ora al Museo Archeologico Nazionale di
Napoli. La parte centrale del frigidarium, definita anche ‘basilica’, e che ha
influenzato architettonicamente le successive terme di Diocleziano e la
basilica di Massenzio (ma, anche nell’Ottocento, la stazione ferroviaria di
Chicago e la Pennyslvania Station
di New York!), serviva come luogo di smistamento dei numerosi visitatori, che
da qui potevano raggiungere i vari ambienti del complesso, recandosi nelle
palestre, negli ambienti per il bagno caldo o nella grande piscina scoperta,
seguendo vari percorsi secondo le proprie esigenze. Nei lati brevi del
frigidarium erano le due grandi vasche di granito, ora collocate in piazza
Farnese, e le due statue di Ercole, quello firmato da Glikon ora al Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, e quello ‘latino’ conservato alla Reggia di
Caserta. La piscina fredda (natatio), probabilmente l’unico ambiente scoperto
dell’intero complesso, presentava sul lato nord, la parete interna divisa in
tre parti da grandi colonne di granito grigio; ogni parte era scandita da sei
nicchie divise da colonne più piccole,
disposte su due livelli articolati in due ordini, entro le quali erano
collocate statue. Questo tipo di architettonico, che si ritrova nelle scaenae
frontes dei teatri e nel vicino Septizodium, caratterizzato da elementi
stilistici asiatici, rientra appieno in quella che è stata definita
“architettura barocca severiana”.
Il
mitreo delle Terme di Caracalla, il più grande di Roma e il secondo di tutto
l’impero (il primo si trova a Sarmizegetusa in Romania), fu scoperto negli
scavi del 1912, al di sotto degli ambienti del recinto ovest. Fu realizzato
all’indomani dell’inaugurazione delle terme, e, pur trovandosi negli ambienti
sotterranei, era probabilmente destinato non solo al personale di servizio,
ma anche ai frequentatori delle terme. Consta di cinque ambienti accessibili
per uno scalone che dal piano superiore porta alla galleria laterale di
questo lato. Il primo ambiente, sotto lo scalone, interpretabile come
vestibolo, presenta su un lato una fontana scoperta semicircolare coperta a
cupola. Da qui, attraverso una piccola porta, si accede ad altri due
ambienti, nel secondo dei quali fu rinvenuta una statua di Afrodite Anadiomene,
divinità connessa al culto solare. Da questo atrio si accede al mitreo vero e
proprio, costituito da un vano lungo e stretto con sei pilastri che
sorreggono la volta. Sui due lati lunghi sono le banchine inclinate verso le
pareti, dove prendevano posto gli adepti al culto; il pavimento è a mosaico
bianco con una doppia fascia nera. Al centro, subito dopo la porta di
accesso, è interrata una grande olla in terracotta coperta da una lastra di
marmo, dove erano conservate le spighe di grano. Nella parete del lato ovest,
all’interno di una nicchia, un affresco ritrae una figura che indossa un
berretto frigio e tiene nella mano sinistra un disco solare (Mitra o
dadoforo). Ma la caratteristica più importante del mitreo di Caracalla è la
presenza, al centro della navata, di una profonda fossa rettangolare, messa in
comunicazione, attraverso uno stretto
passaggio e delle scale, con un ambiente situato tra due piccole latrine; da
qui, attraverso una porta, si arriva alla stanza interpretata come stalla per
il toro (apparatorium), data la presenza di una banchina sul muro di fondo;
qui si trova anche una piccola vasca per le abluzioni legate al culto. La
fossa al centro del mitreo costituisce un unicum per questo tipo di edifici
dedicati a Mitra. Si tratta della fossa sanguinis, dove veniva versato sul
sacerdote o sugli iniziati il sangue del toro sacrificato durante la
cerimonia in onore di Mitra (taurobolium). Tale rito cruento si pensava fosse
proprio di un altro rito orientale, quello di Attis e della Magna Mater, ma evidentemente
si deve ritenere che si praticasse anche in ambiente mitraico. Che questo
ambiente fosse proprio un mitreo è infatti confermato dal ritrovamento, in
frammenti, del gruppo scultoreo di Mitra che uccide un toro; inoltre, un
rozzo altare marmoreo su cui è inciso un serpente tra le rocce (pietra
genetrix) e due iscrizioni greche su cippi dedicate a Mitra, rinvenute negli
scavi, non lasciano dubbi a tal proposito; in una di questa era
precedentemente inciso il nome del dio egizio Serapide, poi cancellato. Nella
parete di fondo, dove era probabilmente collocato il gruppo di Mitra
tauroctono, vi sono, al centro, l’altare e, ai lati, le nicchie che forse
accoglievano le statue di Cautes e Cautopates, i due geni che sorreggono le
fiaccole in alto e in basso.
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L’apparato decorativo e la collezione farnese.
toro Farnese. ercole Farnese.
Tutti gli ambienti delle Terme di Caracalla erano
riccamente decorati da pavimenti a mosaico e in opus sectile, da colonne in
porfido e granito (una di queste presenti nella natatio si trova dal
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Breve storia delle terme in cifre e date.
16000-
50
forni per il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua.
10
tonnellate di legna al giorno.
2000
tonnellate di legna immagazzinata.
7 mesi di autonomia.
10000 gli ingressi giornalieri.
216 d.C. anno dell’inaugurazione da
pare di Marco Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla, figlio di Settimo
Severo.
235 d.C. anno in cui il complesso fu
probabilmente ultimato. Eliogabalo e Severo Alessandro, infatti, completarono
le Terme con porticati e alcune decorazioni. Costantino modificò il
calidarium con l’inserimento di un’abside. Lo attesta un’iscrizione
sotterranea tuttora conservata nei sotterranei.
337 x
5 livelli: 2 piani in alzato e
18 cisterne fornivano tutte le utenze
dell’edificio, vasche e fontane.
50 forni consumavano 10 tonnellate al giorno di
legname per il riscaldamento e la cottura del pane.
9000 operai al giorno per 5 anni circa:
la forza lavoro per la costruzione dell’edificio.
9 milioni di laterizi usati per la costruzione.
252 colonne il numero stimato, di cui
16 alte più di
156 nicchie per statue.
537 d.C. anno dell’abbandono delle
terme, dopo il taglio degli acquedotti, all’indomani dell’assedio di Vitige,
re dei Goti.
XII secolo già da questo periodo le terme si
trasformano in cava di materiali destinati a essere reimpiegati per la
decorazione di chiese e palazzi. In particolar modo sotto papa Paolo III
Farnese, nel 1545-1547, avvenne la spoliazione delle sculture che finirono a
decorare il suo nuovo palazzo. Un esempio per tutti il Toro Farnese, oggi al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel tempo l’area fu sicuramente
adibita a vigne e orti.
1824
cominciano gli scavi sistematici che continuano per tutto il secolo, fino ai
primi del Novecento, quando indagato il corpo centrale, si passò
all’esplorazione del corpo perimetrale e di parte dei sotterranei.
1993
ultima stagione lirica estiva all’interno del calidarium, dopo un’occupazione
risalente al
1938. Nel 2001 riprende la stagione estiva
dell’Opera, con un palcoscenico rimovibile.
1996 ultimo
ritrovamento di statuaria. Una statua acefala di Artemide.
2012
le Terme di Caracalla si aprono all’arte contemporanea. Michelangelo
Pistoletto esegue e dona alla Soprintendenza il Terzo Paradiso, con reperti
delle Terme stesse. Nel 2016 realizza
2017 prima mostra d’arte contemporanea:
il 19 ottobre inaugurazione di Molti, una mostra di Antonio Biasiucci, curata
da Ludovico Pratesi nella suggestiva cornice dei sotterranei delle Terme.
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MENS SANA IN CORPORE SANO. Passando agli ambienti laterali delle
terme, dal calidarium si giungeva ai locali per il bagno di sudore (laconica o
sudationes), dotati probabilmente di una grande apertura verso il giardino e di
ampie finestre a vetri per l’irraggiamento solare. Su due lati brevi, a est e a
ovest, si dispongono poi i grandi ambienti identificati come palestre, tra i
più vasti del complesso, con pavimento a mosaico policromo e portico colonnato,
disposto su due livelli con terrazze a al piano superiore. Nella palestra est
era collocato il famoso gruppo marmoreo del supplizio di Dirce, conosciuto come
Toro Farnese. Gli spogliatoi, ai lati della piscina scoperta, erano quattro,
disposti due a due e preceduti da un grande ambiente coperto da volta a
crociera, che comunicava con la natatio. Erano disposti su due piani (rimangono
tracce delle scale che conducevano al piano superiore), con pavimento a mosaico
a motivi geometrici di tessere bianche e nere; erano arredati sulle pareti con
ripiani o armadi in legno per riporvi i vestiti, e al centro da panche. Delle
due biblioteche situate nel lato meridionale del recinto del complesso, si
conserva soltanto quella del lato sud-ovest; consta di un grande ambiente
rettangolare (38 x 22 m ),
con tre pareti dove erano disposte 32 nicchie su due piani, che contenevano gli
armadi di legno dove erano conservai i libri. Nella nicchia centrale, più
grande, del lato sud era probabilmente collocata una statua di Atena. Il
pavimento in opus sectile presentava un motivo a quadrati e rettangoli con
dischi inscritti. Tutt’intorno alle nicchie correva una banchina in muratura,
dove potevano essere consultati i volumi.
NELLE VISCERE DEL MOVIMENTO.
Sia sotto l’edificio centrale che
sotto il giardino e il recinto esterno delle terme, è nascosta una fitta rete
di gallerie e cunicoli, che corrono a quote diverse e spesso si intrecciano e
si sovrappongono tra loro. Questo
complesso sistema di ipogei serviva a svolgere varie funzioni legate ad
attività termali; era chiuso al pubblico e frequentato solo dal personale di
servizio. In base alle caratteristiche strutturali si possono distinguere quattro
categorie corrispondenti alle funzioni che gli ambienti ipogei dovevano
svolgere: ambienti di servizio, di passaggio e di deposito, molto ampi in
altezza e larghezza (6 m )
per permettere il passaggio dei carri carichi di legna necessaria per i forni;
gallerie e cunicoli per la gestione e manutenzione dell’impianto idraulico e
condotti dove erano alloggiate le tubazione per l’adduzione e la distribuzione
dell’acqua; infine, tutte le strutture adibite allo smaltimento delle acque
reflue e quelle piovane. Nei sotterranei si aprivano inoltre numerosi lucernai,
che servivano per assicurare il passaggio dell’aria in modo che il legname
accatastato non marcisse. Si è calcolato
che ogni giorno venissero consumate 10 tonnellate di legna, e che i magazzini
ne potessero contenere 2000 tonnellate, garantendo un’autonomia di 7 mesi. Oltre a questi ambienti, negli scavi effettuati
nei sotterranei nel 1912 fu scoperto un mitreo e, in un ambiente adiacente, un
mulino ad acqua con frammenti di ruote di macina, considerato da Guglielmo
Gatti di epoca medievale, ma probabilmente riferibile al momento in cui vennero
costruite le terme. Bruciato intorno alla metà del III secolo, fu ricostruito
con alcune modifiche.
ALLA RICERCA DEL CONSENSO. I Cataloghi Regionari (elenchi dei monumenti e degli
edifici situati nelle 14 regioni della città) ci informano che a Roma, nel IV
secolo d.C., vi erano tra 856 e 942-957 balnea.
Queste cifre ci danno un’idea dell’importanza primaria che questi luoghi
rivestivano nella vita quotidiana dei Romani. Le terme venivano spesso
costruite da privati, magistrati, notabili, senatori, che le offrivano al
popolo per conquistarsi fama, prestigio e favorire la loro carriera politica.
Agrippa, durante la sua carica di edile (33 a .C.), censì ben 170 bagni pubblici in vari
luoghi di Roma, assumendosi l’onere dell’ingresso, che dunque era per il popolo
gratuiti. Successivamente, tra il 25 e il 19 a .C., da privato, realizzò le grandi terme
che da lui presero il nome, nella zona del Campo Marzio, dove l’accesso era
gratuito in perpetuo. In epoca imperiale furono gli imperatori a realizzare
grandi terme, sempre accessibili gratuitamente. Nel caso di terme e bagni
privati, invece, l’ingresso era comunque a modico prezzo. La gestione delle
terme, sia che fossero di proprietà dello Stato, dell’imperatore o privati,
poteva essere diretta o appaltata a un amministratore (conductor) , che pagava
una somma al proprietario e riscuoteva la tariffa di accesso e le rendite delle
botteghe e degli appartamenti che si trovavano nello stesso fabbricato. Nelle
terme lavorava numeroso personale specializzato secondo le varie attività che
vi si svolgeva: i capsarii (guardarobieri), i fornaciarii (addetti al
riscaldamento), l’unctor (addetto ai massaggi e alle unzioni), l’alipilus (addetto
alla depilazione). Seneca, che abitava in un appartamento sopra un impianto
balneare, ci offre un’immagine vivace delle attività che
si svolgevano in questi ambienti. Il filosofo in una famosa lettera (ad
lucilium, 56) si lamentava con il suo amico Lucilio, per il continuo
schiamazzo: “Abito proprio sopra uno
stabilimento balneare. Immaginati ogni sorta di clamore che mi risuona attorno;
quando i campioni si allenano a sollevare i manubri di piombo, e si affaticano
o fingono di affaticarsi, li sento gemere, e ogni volta che emettono il fiato
trattenuto, sento i sibili del loro respiro affannato; quando qualcuno più
pigro si accontentava di una frizione, sento la mano che fa i massaggi sulle
spalle, con un suono diverso secondo che si muova aperta o concava. Se poi
sopraggiungono coloro che giocano a palla e cominciano a contare i punti fatti,
è finita. Aggiungi l’attaccabrighe o il ladro colto sul fatto, o quello a cui
piace sentire la propria voce mentre fa il bagno; poi il fracasso di quelli che
saltano nella piscina. Oltre a questi, le cui voci sono normali, pensa al
depilatore che per farsi notare, parla in falsetto e non sta mai zitto e non
quando depila le ascelle e costringe un altro a urlare in sua vece. Infine c’è
il venditore di bibite con le sue esclamazioni, il salsicciaio, il pasticciere
e tutti i garzoni delle bettole, ognuno dei quali per vendere la propria merce,
ha una caratteristica inflessione della voce”.
PER LE PUBBLICHE RELAZIONI. Ai bagni si recavano giornalmente tutti, ricchi,
poveri, liberti e schiavi (ma solo se alle dipendenze statali), uomini e donne,
giovinetti, soldati e imperatori. I più assidui anzi erano proprio i ricchi i
quali, nonostante possedessero impianti termali privati nello loro lussuose
case, si recavano ai bagni pubblici, accompagnati da uno stuolo di inservienti,
dove mantenevano pubbliche relazioni indispensabili per i loro affari e per la
loro carriera. Qui spesso ricevevano anche i loro clientes, facendo dono di
denaro o della sportula (una donazione in natura o denaro), come narra
Marziale. Alle terme, un po’ come accade
oggi nelle piscine e nei centri sportivi, si poteva anche consumare un frugale
pasto a base di uova, insalata e pesce. L’ingresso per gli uomini e le donne
avveniva separatamente; nelle terme più grandi gli ambienti erano infatti
doppi, e le strutture rigidamente separate per i due sessi. Dove ciò non era
possibile, gli ingressi avvenivano in orari diversi; ma poteva accadere anche
che uomini e donne frequentassero insieme le terme, con grande scandalo dei
moralisti come Tertulliano, che definisce adulterae le donne che partecipavano
a bagni promiscui. Questo portò a una serie di divieti a partire da Adriano che
prese il provvedimento di separare i bagni secondo i sessi. Gli orari di apertura
erano dalle 10-11 circa del mattino (hora V) al tramonto (hora XI-XII, circa le
18,00 a
secondo della stagione). Quando non era gratuito, l’ingresso era comunque alla
portata di tutte le tasche; Orazio e Marziale parlano di un quadrante (un quarto di asse), la più piccola moneta
bronzea in circolazione nel I secolo d.C. (con 1 asse e mezzo si potevano
acquistare 1 litro
di vino e una pagnotta). Nell’editto dei prezzi di Diocleziano, si fissa una
tariffa a due denari (anche questa la misura più piccola di monete bronzee).
È curioso notare che mentre per i
bambini, i soldati e i liberti l’ingresso era gratuito, le donne pagavano il
doppio rispetto agli uomini (nella lex metalli Vipascensis di epoca adrianea si
stabilisce mezzo asse per gli uomini e un asse per le donne).
UNA DELLE GIOIE DELLA VITA. Sul funzionamento dei bagni pubblici, sia a Roma che
nelle città minori, vigilavano gli edili che avevano anche il compito di
controllare l’igiene e la temperatura, il rifornimento di acqua, i contratti di
appalto, il comportamento dei frequentatori. Tale attività poi passò ai
curatores thermarum. Le terme erano dunque il luogo preferito dai Romani per
passare le loro giornate, secondo il noto principio mens sana in corpore sano
enunciato da Giovenale. Qui infatti, oltre, ai bagni e agli esercizi fisici, si
potevano coltivare relazioni sociale e si poteva accrescere la propria cultura,
partecipando a conferenze, letture poetiche e concerti musicali, che avvenivano
in apposite sale (auditoria) decorate da pregiate sculture. Infine, nelle
grandi terme imperiali erano presenti anche fornite biblioteche, dove poter
leggere i testi dei più famosi poeti e scrittori greci e latini, spesso
ritratti sugli armadi che contenevano le loro opere. Insomma, andre alle erme era
per i Romani una delle gioie della vita, paragonabile solo al vino e all’amore,
come riporta una famosa iscrizione: “”Balnea
vina Venus corrumpunt corpor nostra sed vitam faciunt! (le terme, il vino e
l’amore corrompono i nostri corpi, ma sono il sale della vita!)”
ricostruzione Terme di Agrippa
IL PRIMO FU AGRIPPA. Il primo grande complesso termale pubblico a Roma si
deve ad Agrippa, il quale, tra il 25 e il 19 a .C., costruì le terme alle spalle del
Pantheon, alimentate dall’acquedotto dell’Acqua Vergine. La pianta
dell’edificio, nota dalla Forma Urbis è ancora di tipo repubblicano, con gli
ambienti disposto intorno a una sala circolare senza un ordine particolare.
Successivamente, sempre nell’area Campo Marzio, vennero realizzate da Nerone
nel 62 d.C. le prime grandi terme imperiali (chiamate poi Alexandrinae dopo gli
interventi di restauro del 227 di Alessandro
Severo), dove già compare lo schema tipico con gli ambienti principali
(calidarium, tepidarium e frigidarium) disposti su un’asse centrale traversale
, e gli altri ambienti duplicati disposti simmetricamente su un asse
longitudinale rispetto al primo. Sul
Colle Oppio, al posto della Domus Aurea neroniana, sorsero le terme di Tito,
inaugurate nell’80 d.C. insieme al Colosseo. Gli imperatori flavi realizzarono
anche le terme della residenza imperiale sul Palatino. Vicino a quelle di Tito,
Traiano realizzò sempre sul Colle Oppio, le terme più grandi allora esistenti a
Roma, inaugurate nel 110 d.C. Progettate probabilmente da Apollodoro di Damasco
le Terme Traiane, alimentate dall’Acquedotto dell’Acqua Traiana e dalla grande
cisterna delle Sette Sale , presentano lo schema che sarà poi imitato in tutte
le grandi terme imperiali, con un edificio centrale per le attività termali e
sportive, circondato da un’aerea aperta adibita a verde, e delimitata su tutti
i lati da portici, grandi esedre e ambienti dedicati ad attività culturali e
ricreative. L’orientamente N-E S-O permetteva di sfruttare tutto il giorno il
calore del sole; tale disposizione e orientamento degli ambienti sarà ripreso
nelle successive Terme di Caracalla e di Diocleziano. Altre terme minori furono
costruite sull’Aventino (Thermae Surae, dedicate da Traiano all’amico Licinio
Sura, e successivamente le Thermae Decianae costruite dall’imperatore Decio), e
sul Celio (Thermae Eleniane costruite in età severiana e poi restaurate da
Elena madre di Costantino). Ma le terme più grandi e popolari furono quelle
realizzate da Dioclezianot tra il 298 e il 306 nella zona compresa tra
Quirinale, Viminale e Esquillino, vicino ai Castra Praetoria. L’ultimo impianto
termale realizzato a Roma si deve a Costantino, il quale probabilmente dopo il
3115 d.C., edificò sul Quirinale un piccolo complesso destinato ai ceti
abbienti che abitavano nella zona. Da qui provengono, tra l’altro, le statue
dei Dioscuri collocate da Sisto V in piazza del Quirinale, e le statue dei
Fiumi ora sotto la scalinata di Palazzo Senatorio in Campidoglio.
Le terme romane di Bath furono costruite ai tempi dell'imperatore Vespasiano, nel 75 d.C., nella città allora chiamataAquae Sulis. Pare infatti che in questa zona, fin dal 10000 a.C., dal sottosuolo fuoriuscisse acqua, ancor oggi visibile.
Erano conosciute in tutto l'Impero Romano e frequentate da gente di ogni classe sociale. Il complesso comprendeva anche un tempio dedicato all'antica dea celtica dell'acqua e alla dea romana Minerva.
Nel 410, con l'abbandono della Britannia da parte delle legioni romane, le terme vennero abbandonate e l'Inghilterra fu invasa dai Sassoni, che conquistarono la città nel 577. La struttura cadde in sfacelo e si allagò. Per arginare l'acqua si mise del pietrisco negli ambienti, che con l'acqua si trasformò in fango nerastro che sommerse le terme.
DALL’URBE A TUTTO L’IMPERO. Oltre che a Roma, impianti termali sono diffusi in
tutto l’impero, a dimostrazione di quanto tali edifici rappresentassero una
delle principali caratteristiche del modo di vivere proprio della cultura
romana.
A Ostia le terme principali vennero realizzate tra la fine
del I e del II secolo d.C., in seguito al forte aumento della popolazione.
Esterne alle mura e prospicienti l’antica linea di costa sono le Terme di Porta
Marina (o thermae maritimae), costruite da Traiano e forse completate da
Adriano, cui si devono anche le Terme del Nettuno, completate da Antonino Pio.
Al Prefetto del Pretorio di questo imperatore, Marco Gavio Massimo, sono da
attribuire le più grandi Terme di Ostia, quelle di del Foro, situate in
posizione centrale a sud-est della grande piazza. Pompei offre un buon esempio
impianto termale di epoca tardo repubblicana, le Terme Stabiane, le più antiche
tra quelle sconosciute, databili al II secolo a.C. Divise in due settori, uno
per gli uomini e uno per le donne, avevano gli ambienti disposti su un unico
asse ai lati di una fornace comune, con un grande cortile porticato che serviva
da palestra, cui fu aggiunta in un momento successivo grande piscina. In età
augustea, una grande sala rotonda fu trasformata in frigidarium per il piano
bagno freddo. Al di fuori dell’Urbe, una delle terme più grandi si trova a
Treviri in Germania (Gallia Belgica), caratterizzate dal calidarium
triabsidato; costruite da Costantino, vennero modificate da Graziano (375-383
d.C.) e riutilizzate come residenza o sede di rappresentanza. Altre terme
grandiose sono quelle di Cluny a Parigi (oggi in parte occupate dal Musée
National du Moyen Age), della fine del II d.C. Da rilevare l’imponenza e il
numero delle sale per i bagni caldi che determinano, attorno a un frigidarium
piuttosto piccolo un percorso semicircolare. Sorte in funzione di una sorgente
di acqua curativa, sono le terme di Bath (Aquae Sulis) in Britannia, le più
grandi dell’Europa occidentale. Comprendono tre grandi piscine per bagni caldi;
ancora in funzione, costituiscono per lo stato di conservazione delle strutture
romane, unito alle elegante ricostruzione settecentesca, un suggestivo e unico
esempio ancora vivo delle antiche terme. A differenza dell’Occidente romano,
dove le vasche singole sono rare, in Grecia la caratteristica degli impianti termali
di epoca tarda (presenti a Sparta, Epidauro, Olimpia, Delfi, Argo, Atene) è
l’alto numero di ambienti per il bagno individuale, spesso ricavati da piscine
collettive, forse a causa di un maggior pudore cristiano contro l’immoralità
dei bagni in comune. Inoltre, in Grecia non vi è assialità e simmetria negli
ambienti come in Occidente, ruotando tutto intorno al Frigidarium.
Terze per estensione, dopo quelle di Diocleziano e di
Caracalla, sono le terme di Cartagine dette “di Antonino”; iniziate da Antonino
Pio, furono ultimate da Marco Aurelio e Lucio Vero. Il frigidarium presentava
otto grandi colonne di granito; una di queste è stata ricollocata, insieme a un
grande capitello, raggiungendo un’altezza di più di 20 m , per rendere l’idea
dell’imponenza del complesso. I marmi di spoglio delle terme, inserite nei siti
UNESCO Patrimonio dell’Umanità, furono riutilizzati in edifici a Tunisi, ma
anche a Pisa, Genova e perfino Cantembury. Altri grandi impianti termali in
Africa si trovano in Algeria, a Cherchel, Timgadd e Djemila. Le terme di Leptis
Magna, in Tripolitania, sono uno degli edifici più belli e ricchi dell’Africa
romana. Costruite in età adrianea, furono restaurate e ampliate sotto Commodo e
Settimio Severo. Infine, in ambito microasiatico, lo schema delle terme
presenta gli ambienti principali allineati in modo parallelo alla palestra,
spesso sostituendo al frigidarium un cortile aperto. Esempi si possono trovare
ad Afrodisia, Efeso, Mileto e Hierapolis, in Frigia, vera e propria città
termale che conobbe particolare sviluppo sotto Settimio Severo e Caracalla
Terme di Cartagine
Articolo in gran parte di
Luciano Frazzoni pubblicato su Archeo del mese di Luglio 2018 altri testi e
immagini da Wikipedia
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