Sfida fatale.
IL 17 febbraio 1600 moriva sul rogo Giordano Bruno, il
frate filosofo che cercò la verità a costo di scontrarsi con l’autorità della
Chiesa. Oggi è il simbolo della libertà di pensiero.
Il monumento a Giordano Bruno in Campo dè Fiori a Roma, nel luogo dove il filosofo venne arso vivo. la statua è dello scultore Ettore Ferrari e venne inaugurata nel 1889. nel piedistallo ci sono tre bassorilievi con gli episodi più importanti della vita di Bruno.
“Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa
sentenza che io ad ascoltarla”. È
così che Giordano Bruno, il frate filosofo che con le sue opinioni aveva osato
sfidare la Chiesa ,
accolse la condanna a morte inflittagli dal tribunale dell’Inquisizione. Pochi
giorni dopo il tragico verdetto, il 17 febbraio
1600. Quel pensatore libero e ostinato sarebbe stato condotto al rogo in Campo
de’ Fiori, a Roma. Proprio là dove oggi sorge il monumento in sua memoria, che
lo ritrae imponente e fiero, con lo sguardo cupo rivolto al Vaticano.
UN SECOLO DIFFICILE. Giordano Bruno, all’anagrafe Filippo, era nato nel 1548 a Nola, vicino a
Napoli, nel mezzo di un secolo cruciale nella storia della Chiesa: spaccata in
due dalla Riforma luterana, era seguita la Controriforma
cattolica lanciata dal Concilio di Trento iniziato nel 1545. Due anni prima,
Paolo III aveva istituito l’Inquisizione romana (o Santo Uffizio) e nel 1559
Paolo IV creò l’Indice dei libri proibiti. Il papato si dotò così di due
strumenti persecutori di cui Bruno, suo malgrado, farà presto conoscenza. La
carriera monastica di Giordano Bruno iniziò nel convento di San Domenico a
Napoli, dove entrò a 17 anni. Giovane e irrequieto,
fu investito dalla prima denuncia quando era ancora novizio, reo di aver tolto
dalla propria cella le immagini dei santi. Più avanti, nel 1576, un confratello
lo accusò di eresia per aver espresso dei dubbi sulla dottrina della Trinità. “L’accusa era difficile da provare, ma in un
eventuale processo si sarebbe sommata alla precedente denuncia, che rimarcava
il poco rispetto che Bruno aveva del culto dei santi”, racconta Anna Foa,
docente di Storia moderna alla Sapienza di Roma e autrice del saggio Giordano
Bruno (il Mulino). Il rischio di una condanna era dunque consistente, e così
Bruno lasciò Napoli riparando a Roma. Dovette però fuggire anche da lì, perché
fu accusato ingiustamente dell’omicidio di un frate.
Iniziò quindi un periodo di peregrinazioni in tutta Europa,
dove, spogliandosi degli abiti domenicani, vagabondò di città in città
avvicinandosi a ogni confessione cristiana, desideroso di allargare i propri
orizzonti di studio e le proprie riflessioni filosofiche. A Ginevra aderì al
calvinismo, in Germania entrò in contatto con i luterani e in Inghilterra con
gli anglicani, distinguendosi tra l’altro per una serie di lezioni poco gradite
sulla teoria eliocentrica di Copernico, di cui era sostenitore. Questa e altre
su convinzioni irritarono le varie gerarchie ecclesiastiche e Bruno si trovò in
pratica scomunicato da tutte le Chiese cattoliche o riformate che fossero. Con
questo curriculum, nel 1592 fece ritorno in Italia.
Roberto Bellarmino accusatore di Giordano Bruno
Roberto Francesco Romolo Bellarmino è stato un teologo, scrittore e cardinale italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e proclamato dottore della Chiesa. Apparteneva all'Ordine dei Gesuiti. Wikipedia
Processo a Galileo Galilei - Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_a_Galileo_Galilei
Considerato uno dei fondatori del
metodo scientifico, Galileo Galilei, nato a Pisa nel 1564, contribuì in modo
decisivo ai progressi della fisica e dell’astronomia grazie a molteplici
scoperte che già al suo tempo fecero il giro del mondo. Convinto sostenitore
dell’eliocentrismo, Galilei entrò molto presto in contrasto con
L’ABIURA. Il caso
sembrava chiuso, sennonché nel 1632, lo scienziato diede alle stampe il
dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, in cui sosteneva appunto il
modello eliocentrico a dispetto di quello teocentrico tolemaico. Galileo fu
quindi sospettato di eresia e, il 12 aprile 1663, finì sotto processo. Per
evitare la pena capitale, ritrattò le proprie idee. L’iniziale condanna
all’ergastolo fu commutata in una sorta di arresti domiciliari, ad Arcetri
(Firenze), dove morì nel 1642. E’ stato riabilitato nel 1992.
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L’INIZIO DEL CALVARIO. Nel marzo del 1592 si stabilì a Venezia, chiamato da
tal Giovanni Mocenigo, un nobile ansioso di apprendere le cosiddette “arti
magiche” e in particolare la mnemotecnica, un efficace metodo di memorizzazione
che lo stesso Bruno aveva ideato, rimarcando però come tale tecnica derivasse
non dalla magia, ma dalla scienza. Ma quel soggiorno veneziano fu la sua fine.
Quando, infatti, il filosofo riferì l’intenzione di riprendere i suoi viaggi,
Mocenigo, irritato, corse a denunciarlo per eresia. Risultato: Bruno fu
arrestato la sera del 23 maggio 1592, e tre giorni dopo, mandato a processo. Ma
quali erano i capi d’accusa? Mocenigo aveva sostenuto, tra le altre cose, che
Bruno fosse una specie di stregone, che non credesse nella verginità di Maria,
che fosse un lussurioso e che volesse fondare una nuova setta. Dalle accuse
emerse uno degli elementi centrali del pensiero di Bruno: la presenza di un
universo infinito e d’infiniti mondi, idea inaccettabile per l’epoca, che
andava persino oltre la teoria copernicana. “Le
accuse, per quanto gravi, provenivano tuttavia dal solo Mocenigo ed erano
piuttosto confuse, per questo motivo il processo veneziano poteva anche finire
con un’assoluzione o una condanna lieve”, spiega l’esperta. A quel punto
giunse però una richiesta di estradizione da Roma, dove Bruno fu trasferito il
27 febbraio 1593. Alle accuse del Mocenigo si erano
intanto aggiunte quelle di frà Celestino da Verona, che con Bruno aveva
condiviso la detenzione veneziana. “I
nuovi capi d’accusa, simili a quelle del Mocenigo, furono avallati da altri
quattro compagni di cella di Bruno, e alla fine emerse l’immagine distorta di
un uomo senza religione, pronto a burlarsi di ogni credenza”, continua
l’esperta.
GIUDIZIO ROMANO. Della
fase romana del processo non è sopravvissuto alcun verbale, ma esiste un
sommario compilato tra il 1597 e il 1598. Questo
documento, basato sugli atti veneziani e su quelli romani, è stato scoperto nel
1940 e reso pubblico solo pochi decenni fa. Quel che sappiano è che il
tribunale raccolse un totale di 31 capi di accusa, che ricoprivano ogni aspetto
della sua vita, dalla condotta morale, alle credenze teologiche e filosofiche.
L’iter processuale si protrasse per anni, tra interrogatori, sospensioni e,
forse un episodio di tortura nel 1597. Fu infine l’intervento del cardinale
gesuita Roberto Bellarmino, pezzo grosso del Sant’Uffizio, implicato anche nel
caso Galileo, a sbloccare la situazione. Bellarmino sottopose a Bruno otto
proposizioni da abiurare, poiché eretiche. “L’abiura
era un elemento fondamentale nei processi di tal genere: se un eretico
rinnegava le proprie opinioni, otteneva, infatti, un trattamento mite, ma per
Bruno rinunciare alle sue verità significava sottomettersi a un’autorità,
quella dei giudici e dei teologi dell’Inquisizione, che lui non riconosceva”, commenta
l’esperta. La posizione dell’imputato si fece sempre più seria e il 21 dicembre
1599, nell’ultimo interrogatorio, dichiarò di non aver nulla da ritrattare; in
pratica Bruno rigettò l’accusa di eresia, poiché non si considerava un teologo,
bensì un filosofo che andava, semplicemente, alla ricerca della verità. Ma agli
occhi della Chiesa, negando l’abiura, confermava di essere un eretico
impertinente, pertinace e ostinato, come recitava la sentenza di condanna
espressa l’8 febbraio 1600. Il 17 dello stesso mese, quel pensatore fuori dal
comune, fu zittito per sempre, avvolto dalle fiamme.
ANTICIPATORE. L’impatto di Giordano Bruno sulle posizioni della
Chiesa, specie in ambito scientifico, fu sconvolgente, ma tuttora la
Santa Sede , pur avendo espresso profondo
rammarico per la sua morte, non ne ha riabilitato il pensiero. Eppure Giordano
Bruno, figlio di un’era ancora prescientifica (ossia precedente l’introduzione
del metodo sperimentale di Galileo Galilei), è stato capace di intuizioni
straordinarie. Nello scritto la cena de le ceneri (1584), espresse per esempio
il principio di relatività del moto, anticipando lo stesso Galileo. Inoltre con
la sua teoria di mondi innumerevoli e innumerabili, cioè immaginando che
l’universo ospiti un numero infinito di stelle-soli, Bruno ipotizzò l’esistenza
di pianeti extrasolari (confermata solo nel 1995) anticipando persino la teoria
del multiverso. Complesse teorie scientifiche a parte, Giordano Bruno sarà
ricordato per sempre, grazie a quel processo, come simbolo universale della
libertà di pensiero, da difendere anche a costo della vita.
Articolo
in gran parte di Federica Campanelli pubblicato su Focus Storia 140. Altri
testi e immagini da Wikipedia.
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