MOZART A VIENNA.
La lotta di un genio per
la consacrazione.
Stanco di essere trattato
dai suoi datori di lavoro aristocratici come un servo, a 25 anni Mozart decise
di trasferirsi a Vienna e vivere elusivamente del proprio talento. I concerti e
le composizioni ammaliarono gli intenditori, ma non furono sempre sufficienti a
sbarcare il lunario. Una malattia
stroncò la sua carriera a 35 anni.
la firma del compositore
Il 17 marzo del 1781 Mozart scrisse al padre. Fu l’unica volta
che si rivolse a Leopold in un modo così affettuoso: “Mon tres cher ami!”, esordiva. Tutta la lettera denotava uno stato
di eccitazione. Il giovane compositore era appena giunto a Vienna al seguito
del suo datore di lavoro, l’arcivescovo Colloredo. Non era la prima volta che
Mozart si recava nella capitale. Infatti, c’era già stato in almeno due
occasioni: da bambino, quando a sei anni aveva suonato per l’imperatrice Maria
Teresa, e poi da giovane, quando aveva cercato, invano, di far rappresentare la
sua opera La Finta
semplice. Nel momento in cui scriveva al padre Mozart, aveva 25 anni e
contemplava Vienna con altri occhi. La città lo abbagliava per l’ampiezza delle
strade, la moltitudine di gente e la ricchezza delle attività che offriva. Non
era paragonabile all’ambiente provinciale e angusto di Salisburgo, città natale
e luogo in cui aveva iniziato la sua carriera di musicista. Le successive
lettere al padre pullulano di nomi nuovi: la famiglia Mesmer, il barone Braun,
il conte Cobenzi, la contessa von Rumbeke, la pittrice Rosa
Hagenuarer-Barducci... Davanti a lui si apriva un’inedita dimensione fatta di
nuovi contatti e di possibilità. Per la prima volta si sentiva compreso e pensava di trovarsi nel
suo ambiente. All’epoca Vienna aveva all’incirca 200.000 abitanti e una chiara
vocazione cosmopolitica, con cittadini che provenivano da tutte le regioni
dell’impero. La città era una potente calamita per qualsiasi musicista. Tutte
le classi sociali godevano e coltivavano la musica. Erano frequenti i concerti
in case private e in luoghi pubblici, sia in spazi chiusi sia all’aperto.
La nobiltà commissionava composizioni per le feste e tra i suoi membri
molti dilettanti o appassionati erano in cerca di maestri di musica. In ambito
operistico predominava il gusto italiano, ma al tempo stesso si coltivavano
forme di teatro musicale di carattere più popolare, in tedesco o in dialetto
viennese. Una simile richiesta creava naturalmente un eccesso di offerta.
Nessun luogo attirava così tanti musicisti in cerca di fortuna e la
competizione era feroce.
Johann Georg Leopold Mozart (Augusta, 14 novembre 1719 – Salisburgo, 28 maggio 1787) è stato un compositore emusicista tedesco, padre di Wolfgang Amadeus Mozart e di Maria Anna Mozart.
Alla corte imperiale.
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1756: Wolfgang Amadeus Mozart nasce a Salisburgo. Il
padre violinista, lo indirizza verso la carriera musicale alla precoce età di
tre anni.
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1781. Rompe con il datore di lavoro, l’arcivescovo di
Salisburgo, e decide di vivere di composizioni, concerti e lezioni di piano.
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1784. Si affilia a
una loggia massonica di Vienna ed entra in contatto con personalità celebri
della massoneria locale.
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1786. Va in scena
con grande successo Le nozze di Figar, la prima delle tre opere che creerà
con il librettista Lorenzo Da Ponte.
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1790. La salita al trono di Leopoldo II priva Mozart del
già limitato appoggio che la corte imperiale gli aveva concesso fino ad
allora.
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1791. Poco dopo la
messa in scena de Il flauto magico, e senza aver terminato in Requiem, Mozart
muore per insufficienza renale.
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La moglie Constanze Weber.
Constanze Mozart Nissen, nata Maria Constanze Caecilia Josepha Johanna Aloisia Weber (Zell im Wiesental, 5 gennaio 1762 – Salisburgo, 6 marzo 1842), fu la moglie di Wolfgang Amadeus Mozart e la cugina del compositore Carl Maria von Weber.
Dopo aver rotto con il datore di
lavoro, Colloredo, Mozart andò a vivere in affitto a casa della famiglia
Weber. Lì strinse amicizia con una delle figlie, Constanze, cui ben presto fece
una proposta di matrimonio. Constanze sosteneva che Wolfgang si fosse
innamorato di lei quasi nello stesso momento in cui, nel 1778, era stato
respinto da sua sorella Aloisa. Pare infatti che il compositore fosse stato
dapprima interessato alla sorella maggiore di Constanze la quale però, aveva
finito per sposare un altro musicista. Wolfgang e Constanze si sposarono il 4
agosto 1782. Forse per adempiere a una promessa fattale durante il fidanzamento,
Mozart le dedicò l’aria k 440 (k383h). La coppia ebbe sei figli, quattro dei
quali morirono durante l’infanzia. Nel
1809 Constanze si risposò con un diplomatico danese. Morì all’età di
80 anni, nel 1842.
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PIANISTA PROFESSIONISTA. Nonostante l’ottimismo di Mozart, la situazione non
era per nulla idilliaca. Inoltre il giovane musicista mancava di concretezza,
di abilità nell’intessere le relazioni sociali adeguate e d’iniziativa per
imporsi su concorrenti che erano molto più agguerriti di lui. Tuttavia i primi
anni di Mozart a Vienna furono interessanti. Come pianista non aveva il profilo
di un virtuoso, ma era bravo ed espressivo. Le sue qualità d’improvvisatore
erano riconosciute e richieste, e le sue composizioni spesso ben accolte. Come
rivela nelle sue lettere, i ritmi di lavoro erano molto stressanti. Si
svegliava alle sei e componeva dalle sette alle nove. Dedicava il resto della
mattinata alle lezioni. Nel pomeriggio ricominciava a comporre e continuava
fino alle nove di sera, tranne i giorni in cui doveva esibirsi. Nel frattempo
Mozart si era sposato con Constanze Weber (vedi riquadro sopra) e, poco dopo,
erano nati i figli. Il denaro arrivava con regolarità ma non era mai
sufficiente. I problemi economici angosciarono sempre il musicista, che amava
ostentare un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità. Domestici e
vestiti all’ultima moda furono le voci dolenti del capitolo delle spese. La
coppia giunse persino ad avere una carrozza. Questo lusso era probabilmente
legato alla necessità di adeguarsi agli ambienti aristocratici e facoltosi che
il compositore frequentava per il lavoro. Il suo principale obiettivo era
l’imperatore Giuseppe II, grande melomane e mecenate delle arti: Mozart ambiva
a ottenerne un incarico importante o almeno un impiego stabile come musicista
di corte. Quest’ultima ispirazione non si compì mai. Mozart ottenne solo la
nomina quasi simbolica di musicista da camera, incaricato di scrivere le danze
per le feste di corte. Nulla a che vedere con il posto importante (e meglio
remunerato) di maestro di cappella, attribuito a Salieri. Mozart riuscì a farsi
commissionare dall’imperatore l’incarico di un Singspiel, opera con parti
recitate, per il Burgtheater, il primo teatro della città. Andato in scena il
16 luglio del 1782, Il ratto del serraglio fu un
importante successo per conquistare un posto al sole nel panorama musicale
viennese. L’opera fu accolta bene, anche se l’elogio dell’imperatore non fu
privo di sfumature non del tutto positive: “Troppo
bello per i nostri orecchi e troppe note, mio caro Mozart”, cui il musicista
sembra che rispose con una punta d’orgoglio: “Non una più del necessario Maestà”.
Don Giovanni di Mozart opera completa
GENIO INCOMPRESO. Le parole dell’imperatore riflettono la realtà, in
altre parole che il pubblico viennese non entrò mai totalmente in sintonia con
l’opera di Mozart. Il suo linguaggio era troppo denso per orecchi più abituati
alla tenerezza melodica di Paisiello o al sobrio classico di Salieri. Troppe
note, troppo lavoro formale, troppa sostanza. Ossia, tutto ciò che oggi
costituisce la grandezza di quella musica era per i suoi contemporanei un
ostacolo. Una volta superata la curiosità che aveva suscitato al suo arrivo,
Mozart divenne uno dei tanti musicisti che a Vienna si sforzavano per farsi
notare. Ottenne riconoscimenti ma mancava la consacrazione definitiva. Nel frattempo,
la vita quotidiana si faceva sempre più difficile da affrontare. Il compositore
raccolse maggiori consensi fuori dalla capitale. L’opera buffa Le nozze di
Figaro, rappresentata senza molto clamore al Burgtheater l’1 maggio del 1786, fu un trionfo a Praga: “Qui non si parla che del
Figaro, non si suona, non si strombetta, non si canta, non si fischia che il
Figaro”, scrisse il compositore dalla città ceca. L’opera successiva, il
Don Giovanni, seguì invece un percorso inverso, ma con lo stesso risultato.
Andò in scienza a Praga con grande successo, mentre la ricezione a Vienna fu
tiepida. Il commento di Giuseppe II fu ancora una volta rivelatore: “L’opera è divina e forse più bella del
Figaro, ma non è cibo per i denti dei miei viennesi”, disse. “Lasciamogli il tempo di masticarla”
rispose Mozart. Non c’era da stupirsi. Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così
fan tutte, quest’ultima debutta al Burgtheater il 26 gennaio del 1790, formano una trilogia considerata, la vetta assoluta
nella storia del genere operistico. Il modo in cui la musica tratteggia la
psicologia dei personaggi e orienta il ritmo drammatico ha rappresentato una
lezione per le generazioni successive.
Giuseppe Benedetto Augusto Giovanni Antonio Michele Adamo Davide d'Asburgo-Lorena (Vienna, 13 marzo1741 – Vienna, 20 febbraio 1790) è stato imperatore del Sacro Romano Impero dal 1765, dapprima associato al trono sui domini della famiglia d'Asburgo con la madre Maria Teresa fino alla morte di lei, avvenuta nel 1780, e quindi come unico regnante fino alla sua morte, avvenuta nel 1790.
Mozart e la magia del piano.
Sebbene da bambino brillasse anche
come violinista, Mozart sviluppò la sua arte con i cordofoni a tastiera,
prima il clavicembalo e poi il piano. Quest’ultimo, dal suono più potente e
modulabile, gli consentì di raggiungere l’apice del successo come compositore
e interprete.
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Il clavicordo.
Grazie alle piccole dimensioni e
alle sonorità tenui, il clavicordo era lo strumento domestico per eccellenza.
Si basava su un meccanismo a corda percossa, come il piano, ma con un volume
molto ridotto. Nei suoi viaggi Mozart ne portava sempre uno e ne aveva un
altro in casa che, sicuramente, utilizzava per comporre.
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Il clavicembalo.
Un clavicembalo di stile francese, copia moderna di uno strumento costruito nel 1707 da Nicolas Dumont
Dal Rinascimento e fino al XVIII
secolo il clavicembalo era lo strumento a corde più importante. Il meccanismo
di corde pizzicate produceva un suono dalla grande ricchezza armonica, anche
se non consentiva di eseguire la dinamica sonora. Mozart scrisse le prime
sonate per clavicembalo a sei anni. Anche i suoi concerti per piano, composti
prima dei vent’anni, erano destinati al clavicembalo.
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Il piano.
1746 PIANOFORTE A CODA DI STEIN, VIENNA
Ideato intorno al 1698, il piano è
dotato di un meccanismo a corde percosse che consente di produrre suoni tenui
e forti (appunto il nome di piano e forte, da cui deriva il nome forte-piano
o pianoforte) e note legate tra loro, aspetto che aumenta il potere
espressivo della musica. Anche se inizialmente era più costoso e delicato del
clavicembalo, il piano finì per sostituirlo nei gusti musicali del pubblico.
Nel 1777 Mozart scrisse meravigliato al padre
dopo aver provato il piano di un costruttore viennese: “La sonata in re è ineguagliabile sul forte-piano di Stein”. Il
piano consentì a Mozart di stupire per il suo virtuosismo ma, ancora più, per
il potere emotivo delle sue composizioni.
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Inoltre,
Vienna favorì incontri e amicizie che segnarono positivamente lo sviluppo
personale e artistico di Mozart. Era arrivato da poco in città quando prese
contatti con il barone Gottfried van Swieten, prefetto della biblioteca di
corte, nucleo di quella che oggi è la Biblioteca nazionale austriaca. Nei suoi
soggiorno come ambasciatore a Berlino, van Swieten aveva raccolto le partiture
di Johann Sebastian Bach e di Georg Fridrich Haendel, compositori all’epoca
caduti nell’oblio, le aveva portate a Vienna e ne offriva l’ascolto durante i
concerti domenicali organizzati nella propria casa. Mozart vi partecipava con l’incarico
di musicista e arrangiatore. La scoperta di Bach e Haendel lasciò una traccia
durevole nella sua musica. Sempre a Vienna Mozart incontrò Franz Joseph Haydn,
il compositore vivente per cui espresse la più grande ammirazione (peraltro
ricambiata). Il primo incontro tra i due risale al 1784
o alla fine del 1783. Mozart tradusse
questa devozione in una serie di sei quartetti per archi, il genere haydiano
per eccellenza, che pubblicò nel 1785 preceduti da un’ossequiosa dedica in
italiano.
Va inoltre ricordato il nome di Johann Michael Puchber,
mercante e compagno di loggia massonica che aiutò Mozart in numerose occasioni.
Dal 1788 la situazione economica di Mozart cominciò a precipitare e rivolse a
Puchberg incalzanti richieste di denaro con toni sempre più drammatici. Le richieste
aumentavano in estate, quando la nobiltà e le famiglie benestanti, principale
fonte d’ingressi per le tasche di un musicista, si trasferivano nelle case di
campagna e lasciavano Vienna.
Il compositore e la massoneria.
Mozart entrò nella massoneria nel 1784 come membro della loggia “Alla Beneficenza” e in
seguito di “Alla speranza incoronata”. Il compositore passò in breve tempo
dal grado di apprendista a quello di compagno e maestro. Elementi chiave
dell’ideale massonico erano la fratellanza e la virtù individuale, intese
come adesione ai principi della ragione e del diritto naturale. Nella
massoneria si muovevano molte amicizie di Mozart, tra cui il mercante Johann
Michael von Puchber, i compositori Anton Stadler ed Emanuel Schikaneder, e il
diplomatico Gottfried van Swieten. Anche Joseph Haydn ne fece parte. Decisivo
per la massoneria viennese fu il naturalista Ignaz von Born, che ispirò il
personaggio di Sarastro in Il flauto magico, opera profondamente influenzata
dal simbolismo massonico
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le Nozze di Figaro
LE PORTE SI CHIUDONO. La morte di Giuseppe II nel 1790 rappresentò per Mozart la fine del sogno di diventare, un giorno,
musicista della corte imperiale. La scarsa comprensione dell’arte di Mozart non
aveva impedito al defunto imperatore di mostrare interesse per il musicista. Fu
proprio lui a tutelare la nascita delle tre grandi opere italiane del
compositore, nonostante i temi polemici dei libretti scritti da Lorenzo da
Ponte. Non bisogna dimenticare che Le nozze di Figaro, basata sull’omonima
commedia di Beaumarchais, metteva in scena un nobile burlato dai suoi
servitori. Se Giuseppe II rispondeva per certi aspetti all’immagine del sovrano
illuminato e riformatore, il successore Leopoldo II si mostrò più conservatore.
Per di più il suo interesse per la musica era inesistente. Ciononostante Mozart
nel 1791 parve intravvedere finalmente scenari più favorevoli. L’episodio più
rilevante fu l’incarico di un Singspiel da parte di Emanuel Schickaneder, una
curiosa figura d’impresario, attore e commediografo la cui compagnia si esibiva
al Theater auf der Wieden, nella periferia della capitale. Mozart iniziò a
scrivere quella che sarebbe diventata una delle sue opere più celebri, Il
flauto magico, ma dovette interromperla per intraprendere un altro lavoro
dell’ultima ora. L’impresario Guardasoni gli aveva richiesto un’opera come
parte dei festeggiamenti per l’incoronazione di Leopoldo II a Praga. L’offerta
era allettante, l’unico problema erano le scadenze. Mozart accettò. Si racconta
che compose La clemenza di Tito in meno di venti giorni (oggi è risaputo che in
realtà ci mise un po’ di più, ma in ogni caso fu un’impresa).
La fredda
accoglienza che ricevette l’opera, secondo una tradizione non documentata
l’imperatrice Maria Luisa la definì “una porcata tedesca”, fu compensata poco
dopo dai calorosi applausi ricevuti, sin dalla prima, il 30 settembre 1791 del
Il Flauto magico. Questo successo fu l’ultima gioia per un Mozart ormai
estenuato.
Morte strana.
Antonio Salieri (Legnago, 18 agosto 1750 – Vienna, 7 maggio 1825) è stato un compositore e insegnante di musicaitaliano del classicismo, autore sia di musica sacra che operistica. Cittadino della Repubblica di Venezia, trascorse la maggior parte della sua vita alla corte imperiale asburgica di Vienna per la quale fu compositore e maestro di cappella. Salieri ebbe come allievi molti musicisti famosi: Beethoven, Schubert, Liszt, Czerny e Hummel, a dimostrare la validità della sua scuola di composizione.
Alla morte di Mozart cominciarono a circolare
voci su un possibile avvelenamento che puntavano, senza alcun fondamento, su
Antonio Salieri, con il quale Mozart aveva presumibilmente una rivalità
musicale. La posterità ha dato adito alla calunnia, che è giunta fino a noi.
Già all’epoca fu sostenuta anche l’idea della vendetta contro il musicista,
reo di aver rivelato segreti massonici in Il Flauto Magico. Oggigiorno gli
storici rifiutano l’ipotesi di avvelenamento. In mancanza di dati risolutivi
e basandosi sui sintomi descritti da familiari e amici, la medicina attuale è
più incline ad attribuire la morte di Mozart a un’insufficienza renale
causata da un’infezione da streptococco.
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estratto da Requiem
MORTE ANNUNCIATA. Nel mese di ottobre, durante una passeggiata al Pater
(grande parco pubblico di Vienna), il compositore scoppiò in lacrime e confessò
a Costanze il timore che qualcuno volesse avvelenarlo. La sua paranoia era
aumentata da quando una persona che non aveva voluto rivelare la propria
identità gli aveva incaricato una messa da requiem. Il misterioso cliente, come
fu scoperto poi, era il conte Franz von Aleggi, aristocratico e musicista
dilettante che voleva rendere omaggio la defunta sposa e, al tempo stesso,
presentare l’opera come propria. Da lì la necessità di tenere nascoste le
circostanze dell’incarico e il nome del vero autore. Mozart aveva la sensazione
di scrivere quel requiem per se stesso. Inoltre, il suo decadimento fisico era
sempre più evidente. Alla fine di novembre avvenne il crollo: il compositore
aveva il corpo così gonfio da non riuscire ad alzarsi dal letto. La sua mano si
fermò sull’ottavo tempo del Lacrimosa. Il Requiem lo avrebbe poi completato il
suo allievo Sussmayr. Wolfgang Amadeus Mozart morì all’una del mattino del
cinque dicembre nella sua casa di Rauhensteingasse, dopo una notte di violente
febbri. A causa delle condizioni economiche precarie, Constanze scelse una
sepoltura di terza classe, la più economica. Poche persone parteciparono al
funerale, che fu celebrato in tutta fretta per la rapida decomposizione del
cadavere. L’artista venne sepolto in una fossa comune nel cimitero di Sankt Marx,
un quartiere situato nell’estrema periferia di Vienna, senza che da allora
nessuno sia mai riuscito a trovare il luogo esatto in cui fu sotterrato il
corpo.
Amadeus di Milos Forman. Funerale di Mozart. 6 dicembre 1791
Mozart si racconta in lettere.
Al di là della musica, Mozart lasciò
un’altra testimonianza della sua vita: le numerose lettere che scrisse al
padre, alla moglie e agli amici. Scriveva senza peli sulla lingua, esprimeva
la sua antipatia contro i potenti del momento che vantavano i propri successi
nelle sale da concerto, o condivideva pensieri intimi con Constanze.
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Chi
m’insulta è un cane.
7-2-1778: “Noi
povera gente comune, abbiamo altri codici (…) la nostra ricchezza muore
poiché l’abbiamo tutta nella nostra testa e nessuno può sottrarcela, salvo
che non ci tagliano la testa”.
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20-06-1781: “Garzone o
conte che sia, chi m’insulta è un cane (…) per iscritto deve aspettarsi di
certo un calcio nel sedere e anche un paio di schiaffi; mi ha offeso ed io
devo vendicarmi (…) sono troppo orgoglioso per confrontarmi con un così
stupido castrone”. (contro l’aristocratico amico del suo datore di lavoro
Colloredo, che lo buttò fuori a calci).
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Sono
così occupato.
28-12-1782: “Devo
scriverle in tutta fretta perché sono già le cinque e mezzo e per le sei
aspetto dei musicisti che ho invitato per fare una piccola serenata. In ogni
caso sono sempre così occupato che spesso non so dove ho più la testa.
L’intera mattinata fino alle due se ne va con le lezioni, poi mangiamo; dopo
pranzo devo concedere un’oretta al mio povero stomaco per la digestione; poi
posso contare solo sulla sera per scrivere qualcosa, ma neppure questo è
sicuro, perché spesso m’invitano a un concerto”.
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Il bello
non si apprezza.
28-12-1782: “L’ode è
solenne, bella, tutto quello che vuole, però esageratamente ampollosa per mie
orecchie delicate. Ma che vuol farci! Ormai non c’è più nessuno che nelle
cose conosca e apprezzi il giusto mezzo. Per esser applauditi bisogna
scrivere cose così facili che le possa ricantare un vetturino, oppure così
incomprensibili che piacciono proprio perché nessuna persona ragionevole può
capirle”.
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Continuavano
gli applausi.
12-3-1783: “Il teatro
era zeppo, il pubblico mi ha accolto in un modo così bello che ne ho provato
un vero piacere. Avevo lasciato il palco, ma continuavano gli applausi e alla
fine ho ripetuto il rondò”.
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29-3-1783: “La sala non
avrebbe potuto essere più affollata… ma ciò che mi ha fatto più piacere è che
Sua Maestà l’imperatore vi assisteva:
e come si è dimostrato contento e quali complimenti mi ha fatto!”.
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Quanto
mi piace la birra.
20-2-1790: “Se avessi
saputo che aveva quasi finito la birra, non mi sarei permesso di privarla di
parte di essa, mi prendo dunque la libertà di inviarle con la presente
un’altra brocca, perché per oggi ho del vino. La ringrazio cordialmente per
la prima birra e quando ne avrà a disposizione dell’altra, la prego di
mandarmene una brocca; sa bene quanto mi piace.”
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Ho
bisogno di 500 fiorini.
12-7-1789: “Dio! Mi trovo in una situazione che non
auguro al mio peggior nemico (…). A causa di questa disgraziata malattia sono
impedito nei miei guadagni (…). Avevo deciso di dare ugualmente le mi
accademie per sottoscrizione, per far
fronte alle grandi spese (…). Ho fatto circolare per quattordici giorni una
lista, e vi compare solo un nome, Swieten! (…). Ora dipende solamente da lei,
mio unico amico, se vuole o può prestarmi ancora 500 fiorini”.
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