DARWIN IL VIAGGIO DEL
BEAGLE.
Nel
Charles Darwin in un ritratto adacquerello di George Richmond sul finire degli anni trenta del XIX secolo
Charles Darwin era il nipote dell'illuminista e filosofo anticlericale Erasmus Darwin e dell'industriale Josiah Wedgwood.[1]Nacque a Shrewsbury, città del Regno Unito nella contea dello Shropshire, quinto dei sei figli di Robert Darwin, medicogenerico del paese con una positiva carriera professionale, e Susannah Wedgwood, ereditiera di una famiglia benestante diimprenditori attivi nell'industria della ceramica;[1] la famiglia di Charles era formata dal ramo paterno da liberali e non credenti,[1] e quello materno da cristiani unitariani favorevoli al progresso tecnologico e scientifico.[1] Le famiglie dei Darwin e Wedgwood erano inoltre legate assieme dall'attivismo politico e dall'appoggio alle riforme sociali:[1] abolizione della schiavitù,diritti ed emancipazione delle donne, pari opportunità per donne e uomini in ambito scolastico e lavorativo, protezione degli artisti, filantropia e abbattimento dei privilegi di casta.[1]
Nell’agosto del 1831 il ventiduenne Charles Darwin
da poco laureatosi all’università do Cambridge, se ne stava rinchiuso in casa
con lo stesso umore di chi si trova in prigione per i debiti, per dirla con le
sue parole. Affascinato dal mondo naturale e dalle avventurose storie di
esploratori come Alexander von Humboldt, desiderava ardentemente viaggiare. Ma
il tentativo di organizzare una spedizione a Tenerife era miseramente fallito e
su di lui incombeva la poco allettante prospettiva di guadagnarsi da vivere
come vicario di una parrocchia di campagna. Proprio allora ricevette una
lettera che gli offriva un’opportunità incredibile. Robert Fitz Roy, un
aristocratico capitano della marina dal temperamento volubile, cercava qualcuno
della sua stessa posizione sociale che lo accompagnasse in una missione
esplorativa diretta alla Terra del Fuoco. Ma come era abituale nelle spedizioni
di quel genere, Fitz Roy voleva con sé anche un naturalista capace di sfruttare
le opportunità di ricerca, di raccolta di campioni e di osservazione. Darwin
non era stato la sua prima scelta per il viaggio: in precedenza aveva fatto la
proposta ad altre due persone. All’inizio il giovane ricercatore non gli aveva
fatto una grande impressione. Il padre di quest’ultimo poi, che aveva pagato
gli studi universitari del figlio, era comprensibilmente riluttante all’idea di
finanziare un’impresa che non solo gli sembra inutile, ma anche pericolosa.
Un acquerello del disegnatore del HMS Beagle Conrad Martens. Dipinto durante
l'esplorazione della Terra del Fuoco, rappresenta i nativiFuegini all'incontro del Beagle.
Varato nel 1820, il Beagle era
originariamente un brigantino di
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COMINCIA L’AVVENTURA. Il Beagle era
un brigantino di appena 27 metri di lunghezza e 8 di larghezza con un
equipaggio di ben 74 persone. Il naufragio era un rischio naturale per i
naviganti ma ancora più frequente era la morte per malattia. Gran parte del
Sudamerica era poi un territorio isolato e senza legge. Alla fine il padre di
Darwin cedette e Fitz Roy si lasciò convincere. Il 27 dicembre nel 1831 il Beagle
salpò dal porto di Plymouth con il giovane naturalista a bordo. Inizialmente il
viaggio sarebbe dovuto durare due anni, ma si protrasse a cinque e portò Darwin
non solo in Sudamerica, ma anche ad Haiti, in Australia, in Nuova Zelanda, nel
continente africano e su varie isole dell’Atlantico e del Pacifico. Il cuore della spedizione non fu tanto la
traversata oceanica in sé: Darwin trascorreva tutto il suo tempo che poteva
nella terraferma e spesso si allontanava a cavallo per centinaia di chilometri
e si riuniva al Beagle al successivo punto di attracco. Lungo il cammino riempì
un quaderno dietro l’altro di appunti e osservazioni e spedì in patria decine
di barili, casse e contenitori pieni di piante essiccate, fossili, rocce, pelli
e scheletri di animali. Esplorò territori che andavano dalla grigia desolazione
delle isole Falkland (note anche come isole Malvine) alle impressionati vette
delle Ande, dalle selvagge scogliere ghiacciate del canale di Beagle alle
spiagge di Tahiti, dai lussureggianti paesaggi tropicali di Rio alle umide
foreste pluviali del Cile meridionale.
Il viaggio del Beagle in Sudamerica.
Durante la spedizione del Beagle Darwin non si limitò a
raccogliere una grande quantità di campioni scientifici trovati nelle sue
esplorazioni. Il giovane naturalista scrisse anche una lunga serie di lettere
ai suoi familiari e ai suoi amici che permettono di ricostruire il suo stato
d’animo, mutevole ma mai arrendevole, nel corso dei cinque anni di viaggio.
Notevoli anche i disegni di Conrad Martens, pittore paesaggista a bordo del
Beagles.
A Caroline Darwin, sorella di Charles, Rio de la plata, maggio 1883
Spero e credo che il tempo dedicato a questo
viaggio..porti buoni risultati per le scienze naturali. Mi sembra che il
tentativo di dare un contributo, per quanto piccolo, alle acquisizioni
generali in materia di conoscenza costituisca uno scopo rispettabile come
qualsiasi altro… pensa alle Ande, alle rigogliose foreste di Guayaquil, alle
isole dei mari del Sud… quanti paesaggi meravigliosi, quante tribù di uomini
vedremo! Quante ottime occasioni di studio della geologia e di una massa
infinita di esseri viventi! Questa prospettiva non rallegrerebbe anche lo
spirito più depresso.
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La
rotta percorsa dal Beagle.
UN NATURALISTA IN ERBA. Il
primo scalo fu l’isola vulcanica di Santiago, nell’arcipelago di Capo Verde,
dooo tre settimane terribili di mal di mare, Darwin si lanciò entusiasta nella
sua prima missione sul campo, che consisteva nell’identificare dei campioni di
roccia ed elaborare una sezione traversale degli strati vulcanici. Aveva con sé
gli strumenti che aveva comprato prima di partire: un microscopio, un
chilometro per misurare l’inclinazione, dei martelli da geologo e un vascolo
per conservare le diverse specie di piante, ma era ancora un principiante. In
una lettera indirizzata al suo professore di Cambridge John Stevens Henslow, si
vantava di aver scoperto una piovra che cambiava colore, “probabilmente una nuova specie”. Non lo era, come gli fece notare
con diplomazia Henslow.
Il
16 febbraio il Beagle si fermò per rifornirsi di viveri sui remoti e sterili
isolotti rocciosi dell’arcipelago di San Pietro e San Paolo, e due settimane
più tardi attraverso l’equatore e raggiunse le coste del Brasile. Ammalatosi
durante l’ultima parte del viaggio, Darwin fu inizialmente costretto a rimanere
a bordo. Era aprile quando mise per la prima volta piede in terra americana,
nella baia di Botafogo, a Rio de Janeiro. Mentre il Beagle navigava lungo la
costa per verificare meticolosamente le carte nautiche, Darwin si fece lasciare
a terra e nei mesi successivi esplorò il Corcovado, passando dalla geologia
alla zoologia e riunendo un’impressionate collezione di ragni e di vespe. Il
vascello ripartì a fine giugno in direzione sud con a bordo Darwin che lungo la
rotta poté osservare focene, balene, pinguini e foche. A fine luglio la
spedizione raggiunse il maestoso estuario del Rio de la Plata sulla riva
settentrionale di Montevideo l’equipaggio contribuì a soffocare una rivolta.
Sulla sponda meridionale di Buenos Aires i membri della spedizione furono
ricevuti a colpi di cannone, perché sospettati di portare il colera. Si
trattava insomma, di luoghi pericolosi e instabili. Darwin, oltretutto,
riteneva quel paesaggio vuoto e piatto di scarso interesse rispetto al rigoglio
dei tropici.
L’interesse per le lucertole cilene.
Il 18 aprile del 1835, Darwin
scrisse da Valparaiso (Cile) una lunga lettera al suo amico botanico John
Stevens Henslow in cui raccontava i risultati delle sue esplorazioni
geologiche, botaniche e zoologiche. La missiva è un buon esempio del
coscienzioso metodo di lavoro di Darwin. L’esploratore spiegava a Henslow che
gli inviava una bottiglia con due lucertole, una delle quali aveva la
particolarità di essere vivipara, “come
puoi vedere dalla nota che l’accompagna”. Sapeva che uno studioso
francese ne aveva trovata una simile, per cui invitava l’amico a mandare i
campioni “a qualche esperto di
lucertole e anatomista comparato perché pubblichi una buona analisi della sua
struttura interna”.
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NELL’AMERICA SELVAGGIA. Il giovane naturalista si dedicò durante tutto quel
periodo alla raccolta di campioni di flora e fauna, con grande disperazione del
commissario di bordo del brigantino, che si lamentava del disordine regnante
sui ponti della nave. Darwin imparò anche qualche rudimento di tassidermia e
iniziò a sperimentare nuovi metodi a base di cera, alcol e sottile lamine di
piombo per conservare i bizzarri esemplari raccolti. Ma non sempre i risultati
erano quelli sperati. Nelle prime lettere dall’Inghilterra Henslow, che era il
destinatario dei tesori spediti da Darwin, non risparmiava le critiche e i
consigli: le etichette non erano attaccate bene, gli scarabei arrivavano
schiacciati e topi ammuffiti, mentre il
contenuto di un misterioso recipiente ricordava “I resti di una esplosione elettrica, una pura massa di fuliggine”.
Nel settembre del 1832 la nave riprese la rotta verso il sud ed esplorò le
coste dell’Argentina. Da buon cacciatore quale era, Darwin imparò a usare le
bolas, dei lacci di cuoio con delle sfere alle estremità, per catturare gli
struzzi e scoprì il suo primo grande fossile di vertebrato. Si trattava di un
megaterio, che suscitò l’interesse del giovane naturalista per la sua
somiglianza con una specie locale di aguto (un tipo di roditore). A novembre
fecero ritorno a Buenos Aires per rifornirsi rima del lungo viaggio verso capo
Horn. Nel mese di dicembre, un anno dopo aver lasciato l’Inghilterra, il Beagle
ormeggiò nella baia del Buon Successo, lungo la costa della Terra del Fuoco,
come già avevano fatto in precedenza le spedizioni di Cook e Banks. Era un
territorio maestoso ma inospitale. L’equipaggio trascorse il natale a Hermite,
un’isola a ovest di capo Horn, però le condizioni meteorologiche gli impedirono
di proseguire. Durante una tormenta, una delle loro scialuppe si schiantò
contro la nave e nell’incidente Darwin perse appunti e campioni preziosi.
Per
Fitz Roy si trattava della seconda spedizione in quella zona. Oltre a mappare
l’intricato dedalo di canali dell’estremo continentale, aveva in programma di
fondare una missione. Insieme a un missionario sul Beagle viaggiavano anche tre
giovani indigeni che aveva portato con sé in Inghilterra nel viaggio
precedente. Il brigantino depositò il suo carico umano nello stretto di
Ponsonby. Invece Fitz Roy e altri membri dell’equipaggio tra cui lo stesso
Darwin, ripartirono a bordo di due scialuppe: percorsero 300 miglia e mapparono
le insenature più recondite del canale di Beagle, così chiamato in onore della
prima spedizione do Fitz Roy.
I selvaggi della Terra del Fuoco.
Nel corso del viaggio, Darwin mostrò
interesse per le popolazioni indigene di tutte le zone che visitava, dai
thaitani o i maori fino ai nativi americani. Le sue opinioni sulla differenza
tra uomini selvaggi e civilizzati oggi risultano piuttosto scioccanti. “Impossibile immaginare la differenza che
esiste tra un uomo selvaggio e uno civilizzato è di gran lunga maggiore
rispetto a quella tra un animale selvatico e uno addomesticato” scrisse
sul suo diario a proposito degli indigeni della Terra del Fuoco. Ma si
trattava di una differenza puramente culturale, dato che Darwin, lontano
dalle teorie razziste della sua epoca, era convinto dell’unitarietà della
specie umana.
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Il
gruppo di spedizione fece ritorno alla missione, ma trovò gli edifici
distrutti: il missionario confessò intimorito di sentirsi in pericolo. Il
progetto fu quindi abbandonato. L’anno successivo quando il gruppo ritornò in
quei luoghi, incontrò uno degli indigeni rimpatriati, un membro della tribù
degli Yaghan di nome Orundellico – che tutti chiamavano Jmmy Button – e scoprì che
questi aveva lasciato da parte l’abbigliamento occidentale e avave ripreso il
suo stile di vita originario. Anni più tardi Darwin avrebbe contribuito a
finanziare un fondo creato un ex membro della spezione per aiutare i due nipoti
di Orundellico. Una volta fallito il tentativo di doppiare Capo Horn, il Beagle
si diresse verso est e il primo si diresse verso est e il primo marzo 1833
raggiunse le isole Falkland, dove la marina britannica era interessata a
stabilire dei punti di approdo sicuri. Preoccupato che l’equipaggio del Beagle
non fosse in grado di portare a termine la missione da solo, Fitz Roy acquistò una
seconda nave, la Adventure. Le
due imbarcazioni fecero ritorno a Montevideo.in aprile e qui Darwin iniziò la
sua prima grande esplorazione interna, accompagnato dal giovane Syns Covington,
che aveva assunto come cameriere e assistenza di ricerca. I due si sarebbero
ricongiunti con la nave solo a settembre a Buenos Aires. A dicembre il Beagle e
l’Adventure salparono in direzione sud seguendo la stessa rotta dell’anno
precedente. Nella Terra del Fuoco Darwin trovò finalmente un esemplare di una
specie di uccello che cercava da tempo, la rhea pennata (oggi nota come nandù
di Darwin), simile allo struzzo, ma solo dopo che l’equipaggio ne aveva già
mangiato una buona metà durante il pranzo di Natale. Anche in questa occasione
la spedizione dovette tornare alle Falkland senza essere riuscita a doppiare
Capo Horn.
Nandù scoperto da Darwin nel 1834.
L’ORNITOLOGIA SI FA STRADA
Generalmente si associa la teoria dell’evoluzione allo
studio effettuato da Darwin sugli uccelli delle Galapagos. Le differenze
esistenti tra gli esemplari di ogni isola gli avrebbero dimostrato che le
varie specie evolvevano in modo diverso in funzione di uno specifico ambiente
fisico.
Tuttavia, oggi si ritiene che Darwin arrivò a questa
conclusione solo molto tempo dopo essere tornato in Inghilterra e in base a
nuovi esperimenti condotti tramite l’allevamento di uccelli. In ogni caso i campioni
di fringuelli che portò con sé dalle Galapagos erano mal etichettati,
pertanto al suo ritorno a Londra si rivelò più complicato del previsto
identificare le varie specie.
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ATTRAVERSO
LE ANDE. La chiglia di rame del
Beagle era gravemente danneggiata: a metà aprile fu necessario attaccare presso
la foce del Rio Santa Cruz per ripararla. Fitz Roy approfittò dell’occasione
per organizzare una spedizione lungo il fiume. I partecipanti si addentrarono
per 225 chilometri
in un territorio inesplorato, a tratti remando e a tratti trascinando le
scialuppe impiegarono tre settimane a risalire il fiume e tre giorni per
tornare di nuovo alla foce navigando a vela. Darwin sfruttò il tempo a
disposizione per aggiungere nuove osservazioni di carattere zoologico e
geologico agli appunti dell’anno precedente. Una volta riparato il Beagle, il
terzo tentativo si rivelò quello buono; la spedizione riuscì a doppiare Capo
Horn e nel giugno del 1834 raggiunse la costa occidentale del Sudamerica.
Trascorsero l’anno successivo in Cile e Perù, dove mantennero lo steso metodo
dei due anni e mezzo precedenti in Brasile, Uruguay e Argentina: il brigantino
ripercorreva la rotta in senso inverso per esplorare i complessi arcipelaghi
della costa. Darwin detestava le umide e impenetrabili foreste pluviali
temperate del sud del Cile e si assentava spesso per organizzare delle
spedizioni interne. Prima di attraversare le Ande passò dall’eleganza coloniale
di Valparaiso fino a Santiago. Il territorio era in gran parte inesplorato, per
cui il naturalista si affidava alla collaborazione dei coloni, che gli
disegnavano le mappe, gli raccomandava i percorsi più sicuri e lo aiutavano a
reperire guidi e cavalli. Quando si ammalò gravemente, forse di febbre tifoide,
uno di loro si prese cura di lui per diverse settimane. Nel frattempo Fitz Roy,
isolato e sovraccarico di lavoro e depresso per la riluttanza dell’ammiragliato
a finanziare le spese dell’Adventure – che fu costretto a vendere – minacciava
di mollare tutto. Il futuro della spedizione era appeso a un filo. Una volta
guarito, Darwin effettuò un’altra grande esplorazione terrestre: percorse 350 chilometri lungo
le Ande, da Valparaiso a Coquimbo e Copiapo, prima di ricongiungersi con il
Beagle e salpare per Iquique, all’epoca in Perù (attualmente in Cile), e poi
per Lima. Alla fine del luglio del 1835 il Beagles si diresse o ovest e a metà
settembre raggiunse l’arcipelago delle Galapagos. I membri della spedizione
trascorsero cinque settimane esplorando le varie isole. Intanto Darwin, che avrebbe
ancora impiegato dei mesi a formulare una rudimentale teoria dell’evoluzione
delle specie, raccoglieva e inviava dati sulla flora e sulla fauna di ognuna di
esse. Nella sua mente stava prendendo forma una teoria scientifica molto
diversa dalle precedenti. Sulle alture andine, l’esploratore aveva notato un
fatto curioso, ovvero l’esistenza di alberi fossilizzati, che un tempo dovevano
essere sommersi dal mare, prima di ritrovarsi sul passo di Usplallata , dove li
aveva osservati. Ma com’era potuto succedere una cosa simile? Più tardi,
esattamente il 19 gennaio del 1835, mentre stava esplorando l’entroterra
l’equipaggio del Beagle assistette all’eruzione del vulcano Osorno. Un mese
dopo, più a nord, Darwin fu testimone di un terremoto e dei devastanti effetti
di un maremoto e iniziò a ipotizzare che questi eventi potessero essere
connessi. Fitz Roy tornò ad analizzare i precedenti sondaggi e confermò che
l’altezza della terra era cambiata.
In base a queste osservazioni, Darwin propose una
teoria dell’abbassamento e del sollevamento del suolo su scala continentale
secondo la quale piccoli cambiamenti nel corso di ere geologiche potevano
modellare i paesaggi, anche quelli monumentali e apparentemente senza tempo
delle Ande. Partendo da questi presupposti quando a Tahiti vide per la prima
volta una barriera corallina, Darwin propose una nuova, brillante soluzione al
mistero dell’origine degli atolli oceanici. A sua insaputa, le lettere in cui
raccontava queste idee vennero pubblicate su alcune riviste scientifiche. Così,
ancor prima di tornare in patria, il naturalista si era già costruito una
solida reputazione scientifica. Ma ci sarebbe voluto del tempo prima di
arrivare a casa. Mentre il gruppo lasciava coste africane in direzione ovest,
Fitz Roy si accorse di alcuni errori sulle carte nautiche che aveva disegnato
in precedenza. Decise così di attraversare nuovamente l’Atlantico per tornare a
esplorare la costa del Brasile. Il Beagle attraccò finalmente a Falmouth il 2
ottobre del 1836. Darwin non lasciò mai più la Gran Bretagna. Pubblicò più di venti articoli tratti dai
suoi appunti e dai suoi diari, ottenendo grande successo sia scrittore di libri
di viaggi sia come scienziato. Il lavoro di identificazione delle centinaia di
specie da lui raccolte fu ripartito tra vari scienziati, molti dei quali
divennero suoi amici. Anche se non fu
elaborata durante il viaggio, la teoria dell’evoluzione delle specie tramite il
cosi detto processo di selezione naturale sorse dalla scoperta di quella grande
varietà di piante e animali (e anche di esseri umani), e soprattutto
dall’opportunità di vederli nella complessità dei loro habitat. Molti anni più
tardi Darwin non avrebbe esitato a definire quel viaggio come l’evento più importante della sua vita.
I FOSSILI,
La teoria dell’evoluzione prese forma nella mente di Darwin a
partire da vari stimoli, la lettura di suoi predecessori, come Lemarck,
l’osservazione di specie viventi durante la spedizione del Beagle e i
successivi esperimenti di allevamento di uccelli e piante. Secondo alcuni
autori, un altro fattore decisivo fu l’analisi dei fossili di animali estinti
ritrovati nella pampa argentina.
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GENESI DELLA NUOVA TEORIA.
È probabile che già durante il viaggio a bordo del Beagle. Darwin
avesse concepito un primo abbozzo della teoria dell’evoluzione. In ogni caso,
fu subito dopo il ritorno a Londra che iniziò a formularla. Lo fece in
segreto, in quaderni privati e in un primo breve trattato. Che tenne nascosto
per timore dello scandalo che la teoria avrebbe potuto creare tra i cristiani
benpensanti. Nel 1837 disegnò anche un albero della vita che illustrava la
derivazione delle specie attraverso l’evoluzione o trasmutazione, secondo il
termine allora in uso. Darwin si decise a scrivere e pubblicare la versione
definitiva della sua teoria del 1859 e lo fece per anticipare un suo
connazionale, Alfred Russel Wallace, che era arrivato a conclusioni simili.
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Precedenti nel XVIII secolo.
Lo studio scientifico di fossili iniziò con il francese Georges
Cuvier negli anni novanta del settecento. Cuvier raccolse fossili nei dinrni
di Parigi, ma studiò anche uno scheletro gigante, delle dimensioni di un
elefante, ritrovato nel 1788 nei pressi di Buenos Aires e poi inviato a
Madrid. A partire dai disegni ricevuti,
Cuvier lo battezzò Megatherium Americanum e ipotizzò che quell’animale
estinto appartenesse alla famiglia dei bradipi. Ma Cuvuer non credeva che nel
tempo le specie si potessero evolvere.
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Darwin in Argentina.
Nel corso delle missioni esplorative condotte in Argentina Darwin
ritrovò numerosi fossili di quelli che allora definiva animali antidiluviani.
Alcuni li identificò con il megaterio di Madrid. “Sono stato estremamente fortunato con le ossa di fossili… Ho trovato
parti di curiosi strati di ossa che si attribuiscono al Megatherium “
scrisse. L’esploratore rimase colpito anche da altri resti, che ipotizzò
potessero appartenere ad “armadilli
giganti, simili alle specie viventi così abbondanti da queste parti”.
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L’analisi degli esperti.
Darwin inviò i suoi fossili a un amico paleontologo, Richard Owen,
affinché li studiasse. Fu Owen a determinare la specie cui ciascuno
corrispondeva. Confermò che alcuni erano di megaterio. Altri invece erano di
Macrauchenia, una specie che paragonò ai cammelli, errore che in seguito
avrebbe rettificato. I fossili di “armadillo gigante” erano invece dei
gliptodonti, una famiglia di mammiferi corazzati imparentata con gli
armadilli. Altri ancora erano dei Toxdon, simili al rinoceronte.
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La conclusione di Darwin.
Le analisi di Owen e gli studi di altri ricercatori
confermarono l’intuizione che Darwin aveva avuto probabilmente già durante il
viaggio: le specie animali derivano l’una dall’altra e pertanto evolvono nel
corso del tempo. Nell’autobiografia che scrisse poco prima di morire Darwin
ricordò la profonda impressione che gli aveva provocato il ritrovamento di
fossili nella pampa argentina: “Era
evidente che osservazioni di quel tipo potevano esser spiegate ipotizzando una
variazione graduale delle specie, e quell’idea mi ossessionava”.
Gliptodonte
L'origine delle specie, scritta dal naturalista inglese Charles Darwin, è una tra le opere cardine
nella storia scientificae,
senza dubbio, una delle più eminenti in biologia.
Pubblicata per la prima volta il 24 novembre 1859,
in essa Darwin spiega la sua teoria
dell'evoluzione, secondo cui «gruppi» di organismi di
una stessa specie si
evolvono gradualmente nel tempo attraverso il processo di selezione naturale,
un meccanismo che venne illustrato per la prima volta a un pubblico non
specialistico proprio grazie a questo libro. L'opera contiene dettagliate prove
scientifiche che l'autore ebbe il tempo di accumulare sia durante il secondo
viaggio del HMS Beagle nel 1830,
sia al suo ritorno, preparando diligentemente la sua teoria e,
contemporaneamente, rifiutando quella più in voga fino a quel tempo, il creazionismo, che ritiene le specie come il
frutto della creazione di Dioe
quindi perfette ed immutabili.
Il libro risultò accessibile anche ai non
specialisti, attraendo un grande interesse su vasta scala.
Articolo in gran parte di Alison Pearn, direttrice
associata del progetto di corrispondenza di Darwin della biblioteca
universitario di Cambridge pubblicato su Storica National Geografic del mese di aprile 2018 immagini e altri testi da Wikipedia.
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