lunedì 31 dicembre 2018

I giorni dell'Ira


I giorni dell’Ira.
La storia del gruppo armato clandestino che ha tenuto in scacco Londra nel nome dell’unità irlandese.

L’Irish Republican Army ("Esercito Repubblicano Irlandese", IRA) (in gaelico irlandese Óglaigh na hÉireann, in italiano "Volontari d'Irlanda"), a volte indicata come Old IRA (Vecchia IRA), era un'organizzazione militare nata dai Volontari Irlandesi (Irish Volunteers), che nel 1919 il Dáil Éireann riconobbe come esercito della Repubblica Irlandese, proclamata durante la Rivolta di Pasqua del 1916 e riaffermata dal Dáil nel gennaio 1919. Come tale, l'IRA combatté nella Guerra d'indipendenza contro le forze britanniche. Dopo la firma del Trattato anglo-irlandese nel 1921, i membri dell'IRA che lo avevano approvato formarono il nucleo dell'esercito nazionale fondato nel 1922 dal leader dell'IRA Michael Collins. Anche se la parte dell'IRA contraria al Trattato continuò ad esistere dopo la sconfitta nella Guerra civile irlandese, a partire dagli anni trenta perse gran parte del favore che i repubblicani dell'isola le avevano inizialmente accordato.
soldati dell'Ira

Nessuna delle organizzazioni che, nei decenni successivi, hanno assunto il nome di Irish Republican Army con il proposito di proclamarsi legittime eredi dell'Esercito repubblicano ha visto le sue rivendicazioni accolte dal Dáil Éireann. Nei fatti, solo una parte minoritaria della popolazione irlandese ritiene che queste organizzazioni continuino la tradizione politica dell'Irish Republican Army al tempo della Guerra d'indipendenza. Per meglio distinguerlo dall'esercito regolare della Repubblica d'Irlanda e dalle organizzazioni che in seguito hanno usato e usano (Provisional IRAContinuity IRAOfficial IRA e Real IRA) lo stesso nome, l'esercito repubblicano viene anche definito Old IRA.



Mullghmore è un piccolo villaggio irlandese affacciato sull’oceano Atlantico. La mattina del 27 agosto 1979 un’esplosione sconvolge l’orizzonte al largo della sua baia. L’imbarcazione su cui sta viaggiando Lord Louis Mountbatten, ultimo viceré dell’India e cugino della Regina d’Inghilterra, salta in aria. Muoiono Mountbatten e altre tre persone. Qualche ora più tardi, a poche miglia di distanza, due bombe esplodono nella cittadina di Warrenpoint: diciotto soldati inglesi finiscono dilaniati. A fine giornata, sulle mura di Falls Road, il viale che attraversa i quartieri cattolici di
Belfast Ovest, compaiono queste scritte a caratteri cubitali: “13 gone and not forgotten, we got 18 and Mountbatten (13 morti ma non dimenticati (13 morti ma non dimenticati, noi ne abbiamo fatti fuori 18 e Mountbatten”. Occhio per occhio, dente per dente.

«L'IRA ha dato chiare motivazioni per l'assassinio. Ritengo che sia una disgrazia che qualcuno debba venire ucciso, ma il furore creato dalla morte di Mountbatten ha dimostrato l'attitudine all'ipocrisia dei media. Come membro della Camera dei Lord, Mountbatten era una figura di spicco nella politica britannica ed irlandese. Quello che l'IRA ha fatto a lui, è ciò che Mountbatten ha continuato a fare per tutta la sua vita ad altre persone; e, visti i suoi trascorsi militari, non penso che egli abbia avuto qualcosa da obiettare contro il morire in quella che è chiaramente una situazione di guerra. Lui conosceva i pericoli implicati nel venire in questa contea. Secondo me, l'IRA ha raggiunto il suo obiettivo: la gente ha iniziato a prestare attenzione a ciò che sta avvenendo in Irlanda.[19]»
Louis Mountbatten in una fotografia del 1977



BLOOD SUNDAY. Gli attentati di quel giorno d’agosto furono l’ennesima vendetta per la strage compiuta sette anni prima dall’esercito britannico nella città di Derry, e passata alla storia coma la Domenica di sangue. Ma rappresentarono anche l’apice della potenza di fuoco dell’IRA (Irish Republican Army), il gruppo armato clandestino che per quasi un secolo si è battuto per ottenere l’indipendenza dall’Irlanda dal dominio inglese. Per la propaganda britannica l’Ira è sempre stata la causa del conflitto, per gli irlandesi la sua diretta conseguenza. “Il nome Irish Republican Army nacque negli Stati Uniti, nella seconda metà dell’Ottocento. La sigla fu usata per la prima volta dall’ala militare della Fratellanza Feniana, un movimento indipendentista irlandese” , racconta lo storico di Belfast Richard English. Ma gli albori della moderna Ira risalgono a mezzo secolo più tardi: l’esercito repubblicano nacque dalle ceneri della rivolta di Pasqua del 1916, di fatto l’evento fondativo dello Stato irlandese. Un’insurrezione fallita che, paradossalmente, si sarebbe rilevata un successo: da allora le file degli indipendentisti armati si infossarono a dismisura innescando nuove e decisive fasi di scontro con gli inglesi. Tanto che, un anno dopo, il politico e patriota Michael Collins (1890-1922) cercò di organizzare una struttura militare permanente. Le sue colonne volanti, composte da pochi volontari disposti a tutto, lanciavano improvvise operazioni di guerriglia contro le truppe inglesi e gli agenti di polizia al servizio della Corona. I rappresentati del potere britannico in Irlanda prendevano invece di mira la popolazione civile, alimentando così una spirale di violenza che faceva guadagnare nuovi proseliti all’esercito clandestino.
Murder victims of Bloody Sunday.jpg

Murale dedicato alle vittime
TipoSpari sulla folla
Data30 gennaio 1972
LuogoCittà di Derry
StatoIrlanda del Nord Irlanda del Nord
Coordinate54°59′49.08″N7°19′32.01″WCoordinate54°59′49.08″N 7°19′32.01″W (Mappa)
Responsabili1º Battaglione Reggimento Paracadutisti dell'Esercito Britannico

UNO STATO ARTIFICIALE. Quando gli inglesi si resero conto che mantenere il controllo su tutta l’Irlanda era ormai impossibile decisero la divisione dell’isola: alla fine del 1921 Londra concesse a gran parte del Paese una forma edulcorata di autonomia (e più precisamente un dominion, territorio che godeva di una forma di semi-autonomia politica), ma diede vita all’Irlanda del Nord, uno stato artificiale creato per mantenere il controllo sull’unica parte industriale dell’isola, e governato con leggi draconiane dai discendenti dei coloni protestanti inglesi e scozzesi. È la svolta che segnò il tragico destino dell’ultimo secolo di storia irlandese, e riuscì, in un primo momento, anche a spaccare il fronte indipendentista fino a travolgere il paese in una sanguinosa guerra civile (1922-1923): da una parte i sostenitori di una divisione della nazione, dall’altra coloro che, come i membri dell’Ira, la consideravano invece un compromesso inaccettabile. Furono questi ultimi infine a risultare sconfitti. Da quel momento in poi, il nuovo stato irlandese (l’attuale Repubblica d’Irlanda) intraprese un cammino pacifico verso l’indipendenza da Londra, mentre l’Ira si ritirò nella parte settentrionale dell’isola. “La priorità divenne la difesa della popolazione Nord dalla brutalità dell’esercito inglese”, ha spiegato Joe Cahill, veterano dell’esercito clandestino scomparso nel 2004. A poco a poco le attività del gruppo si affievolirono sino quasi a sparire, sebbene l’Irlanda del Nord fosse una polveriera sociale destinata a esplodere a causa delle discriminazioni ai danni della minoranza cattolica.

La protesta di Bobby.

Tomba di Bobby Sands al Milltown Cemetery

“La nostra vendetta sarà il sorriso dei nostri bambini”: con questa frase Bobby Sands suggellò la durissima lotta carceraria durante la quale fu il primo detenuto dell’Ira a sacrificare la vita per la causa repubblicana. Nato alla periferia di Belfast nel 1954, fin da giovanissimo era rimasto vittima di discriminazioni e attacchi subiti in quegli anni dalla comunità cattolica dell’Irlanda del Nord. Costretto ad abbandonare la casa e poi il lavoro, Sands si era avvicinato all’Ira a 18 anni, nel 1972, l’anno più terribile del conflitto anglo-irlandese. Quando finì in carcere era un giovane volontario dell’organizzazione come tanti e niente faceva presagire che di lì a poco, confinato in un brutale regime carcerario, avrebbe guidato un’inesorabile protesta contro la decisione del governo inglese di non riconoscere ai detenuti repubblicani lo statuto di prigionieri politici. La sua lotta culminò con l’arma non violenta del rifiuto del cibo, come facevano gli antichi eroi gaelici.
LA LOTTA E LA FAME. Durante lo sciopero della fame, a poche settimane da una fine che appariva sempre più inevitabile, Sands fu eletto al parlamento di Westiminster dopo una drammatica tornata elettorale che lo vide aggiudicarsi un seggio con 32mila preferenze. Ma l’elezione non bastò a salvargli la vita, perché Londra non cedette alle richieste dei prigioni irlandesi. Morì nel carcere di Long Kesh il 5 maggio 1981, dopo 66 giorni di rifiuto totale del cibo, a 27 anni. Mentre il mondo stigmatizzava l’intransigenza del governo britannico, il primo ministro Margaret Tacher dichiarò alla Camera dei Comuni: “Bobby Sands era un criminale che ha scelto di togliersi la vita. Una scelta che l’organizzazione alla quale apparteneva non ha concesso a molte delle sue vittime”. Il suo diario dei primi 17 giorni dello sciopero della fame, scritto in clandestinità su minuscoli pezzi di carta igienica, è stato in seguito pubblicato e tradotto per sensibilizzare il mondo alla causa irlandese. 

LOTTA DI CLASSE. La situazione degenerò alla fine degli anni Sessanta. Ispirato alle lotte dei neri d’America, nacque il movimento dei diritti civili contro la discriminazione dei nord-irlandesi cattolici. E la risposta britannica non si fece attendere. La polizia inglese e i gruppi di estremisti protestanti attaccarono violentemente i cortei e le manifestazioni che sfilavano per le strade dell’Irlanda del Nord reclamando uguaglianza e democrazia. I quartieri cattolici di Belfast, Derry e Armagh furono messi a ferro e fuoco, la popolazione cacciata dalle proprie case. L’Ira, che nel frattempo aveva adottato un’ideologia marxista e propugnava più una lotta di classe contro l’imperialismo inglese che la logica dello scontro con i protestanti, era ormai fiaccata da lunghi anni di attività e non riuscì a riprendere il suo tradizionale ruolo di difesa della popolazione cattolica. Nel 1969 un gruppo di giovani militanti cresciuti politicamente nel movimento per i diritti civili soppiantò la vecchia dirigenza marxista-riformista con l’intento di riprendere la lotta armata contro lo Stato britannico. Nacque la Provisional Ira, che grazie al sostegno della popolazione dei ghetti cattolici riuscirà a tenere in scacco per decenni uno degli eserciti più forti del mondo. Ricorda Sean, volontario dell’Ira di Belfast fin dai primi anni Settanta: “Entrai nel movimento a sedici anni. Mi convinsi che solo con le armi saremmo riusciti a porre fine alle discriminazioni e alle violenze che subivamo ogni giorno. Quando hai un esercito occupante che pattuglia le tue strade con fucili, elicotteri e mezzi blindati, fermando, controllando e arrestando persone senza una ragione sei costretto a difenderti”.
Gli effetti della bomba di Brighton


L’arsenale.
Gran parte del gigantesco arsenale dell’Ira proveniva dalla Libia e dai paesi dell’ex Unione Sovietica. Tra le armi più micidiali c’erano i fucili d’assalto AK47, il Semtex (un esplosivo al plastico ad alto potenziale), i missili terra-aria, le granate e i lanciarazzi Rpg di fabbricazione russa, che venivano utilizzati perlopiù contro elicotteri e i mezzi blindati dell’esercito britannico. Soprattutto nelle azioni al di fuori dei centri urbani, l’esercito repubblicano irlandese fece inoltre largo uso di speciali mortai di produzione artigianale. Per le azioni usavano soprattutto i fucili d’assalto Hungarian AK55, copia del russo AK 47-

LE RAGIONI INGLESI. I soldati e la polizia venivano attaccati ogni giorno, sia nelle aree urbane, sia nelle zone rurali: gli attentati colpivano caserme, presidi e convogli militari ma anche i cosiddetti obiettivi economici, come pub, ristoranti e fabbriche. L’Ira evitò sempre di farsi attirare in un confronto aperto assolutamente impari in quanto a uomini e mezzi e continuò invece a portare avanti una strategia di logoramento basata sulla guerriglia. È lecito chiedersi perché il governo britannico abbia continuato a impegnarsi a lungo in un conflitto senza esclusioni di colpi. La motivazione ufficiale – più volte ribadita da Margaret Thacher, nei suoi anni a Dowing Street – era che qell’aerea dell’Irlanda dovesse continuare a far parte del Regno Unito finché fosse stata la maggioranza della popolazione a volerlo. In realtà, le conseguenze di un ritiro delle truppe inglesi dall’Irlanda del Nord sarebbero state più grave della loro permanenza. Sul piano del prestigio interno e internazionale, la perdita di quella storica colonia avrebbe dato il colpo di grazia al già vacillante mito dell’unità dello Stato britannico, con conseguenze che si temevano molto simili a quanto accaduto ai francesi con l’Algeria. Senza considerare il retaggio plurisecolare di un conflitto che affonda le proprie radici in un lontano passato. Anni fa, persino Alan  J. P. Taylor, uno dei più grandi storici britannici del XX secolo, ammise che “gli inglesi sono da secoli la causa del problema in Irlanda, e la presenza dell’esercito britannico non fu altro che prolungare il conflitto, incoraggiando l’estremismo”.

L’organizzazione militare.
L’Ira non era composta di membri permanenti ma di volontari, che non potevano quindi essere sottoposti a un costante addestramento. Molti di loro erano impiegati in attività di appoggio come reperimento dei fondi, supporto logistico e trasmissione messaggi ai combattenti. Il successo delle singole operazioni dipendeva in gran parte dalla raccolta delle informazioni.
GERARCHIE. La struttura operativa era molto centralizzata: al vertice c’era l’Army Council, il Consiglio dell’esercito, che aveva il compito di delineare la strategia individuando un Capo di Stato Maggiore, che a sua volta ne nominava i membri. Al livello inferiore la struttura si suddivideva in due tronconi: il Comando del Nord – che comprendeva le sei contee dell’Irlanda del Nord e le cinque contee di confine delle Repubblica – e il Comando del Sud, comprendente le restanti ventuno contee irlandesi. Il Comando del Nord era poi ripartito in brigate: le principali erano quelle di Belfast (la più numerosa, suddivisa in tre battaglioni), Derry, Tyrone e Sout Armagh. Alla fine degli anni Settanta, per minimizzare il rischio della presenza di infiltrati, nelle brigate furono introdotte le cosiddette Unità di servizio attivo, cellule composte al massimo di 8 membri.

ALLARME BOMBA. Dal 1969 al 2001 le vittime dell’Ira sono state circa 1800 (il 49% del totale dei morti registrato durante il conflitto), ma sarebbero potute essere di più. Gli irlandesi avevano infatti l’abitudine di avvertire mezz’ora prima delle esplosioni per fare evacuare le aree interessate, limitando così il numero delle vittime. Ma fu colpito a lungo anche il suolo inglese, con attentati a Londra e in altre città del Regno Unito. La svolta politica arrivò nei primi anni Ottanta, in seguito agli scioperi della fame in carcere che causarono la morte di Bobby Sands e di altri giovani attivisti. Da quel momento in poi l’Ira lasciò sempre più spazio al suo braccio politico, il partito repubblicano Sinn Fein guidato da Gerry Adams, che abbandonò il tradizionale astensionismo elettorale e iniziò a prendere parte allo scontro politico all’interno delle istituzioni. Fu definita la strategia del mitra in una mano e la scheda elettorale nell’altra, e gettò il primo seme del difficile e controverso cammino verso il processo di pace. Una strada che sarebbe stata ancora lunga e piena di lutti: soltanto nel 1998 si arrivò alla firma dell’accordo del Venerdì Santo, che pose fine a trent’anni di conflitto anche grazie al decisivo intervento del presidente Bill Clinton. L’Ira non si è mai sciolta ufficialmente, ma di fatto la sua storia si è conclusa il 28 luglio 2005, quando l’esercito repubblicano irlandese ha annunciato l’addio definitivo alla lotta armata e l’inizio dello smantellamento del suo formidabile arsenale.

Intanto nel mondo.
Irlanda

1916
Rivolta di Pasqua a Dublino

1919-1921
Guerra d’indipendenza anglo-irlandese.

1922-1923
Guerra civile tra il governo dello Stato libero d’Irlanda e l’Ira che viene sconfitta.

1948
Lo Stato libero d’Irlanda esce dal Commonwealt e diventa una Repubblica.

1966
Nasce la Nicra (Northen Ireland Civil Rights Associaton) organizzazione che si proponeva di chiedere le riforme.

1969
Il 14 agosto, Londra invia truppe in Irlanda del Nord.

1972
30 gennaio: Domenica di sangue Bloody Sunday a Derry.

1974
Tre autobombe dei paramilitari protestanti devastano Dublino e Monaghan causando 33 morti.

1984
Una bomba esplode durante il congresso del Partito Conservatore. Margaret Thatcher si salva per un soffio.

1994
L’Ira proclama il cessate il fuoco.

1996
L’Ira pone fine alla tregua con una bomba al Canary Wharf a Londra.

10 aprile 1998
A Belfast viene firmato l’accordo del Venerdì santo. Finisce il conflitto nell’Irlanda del Nord.
Altri paesi

1917
Il 6 novembre in Russia i bolscevichi di Lenin conquistano il potere.

1921
In Italia nasce il Partito nazionale fascista.

1929
Scoppia negli Stati Uniti la Grande Depressione.

1923
Hitler diventa cancelliere in Germania.

1939
Inizia la Seconda Guerra mondiale.

1946
L’Italia diventa una repubblica.

1952
In Gran Bretagna inizia il regno di Elisabetta II.

1967
Medio Oriente: guerra dei sei giorni.

1968
21 agosto invasione sovietica di Praga.

1975
Il 30 aprile finisce la Guerra del Vietnam.

1979
Rivoluzione islamica in Iran.

1989
Protesta in piazza Tienanmen in Cina.

1993
Entra in vigore il trattato di Maastrich, nasce l’Unione Sovietica.

1999
Nasce ufficialmente l’euro.


Società e cultura

1920
Prime trasmissioni radio negli Stati Uniti.

1927
Lindberg completa la prima trasvolata atlantica senza scalo.

1928
Fleming scopre la pericillina.

1943
Pubblicazione in Francia de il piccolo principe.

1948
George Orwell scrive 1984.

1954
Nasce la televisione italiana.

1968
Primi scontri del maggio francese.

1972
Bill Gates e Paul Allen fondano la Traf-O-Data, l’azienda che si trasformerà in Microsoft.

1973
Primo telefono cellulare.

1980
John Lennon viene ucciso a New York.

1989
Crolla il muro di Berlino.

1998
Larry Page e Sergey Brin, due studenti dell’Università di Stanford, fondano Google.

Articolo in gran parte di Riccardo Michelucci pubblicato su Focus storia n. 143. Altri testi e immagini da Wikipedia.

venerdì 28 dicembre 2018

La terra vista dai Greci.


La terra vista dai Greci.
I primi filosofi greci elaborarono varie teorie sulla forma della terra e la sua posizione nell’universo. Anassimandro la immaginava come un cilindro sospeso nel vuoto, i pitagorici sostenevano fosse sferica e Aristarco che ruotasse intorno al sole.

Atlante regge il mondo

“Il cielo si muove come una sfera, secondo la nostra percezione, ha forma sferica in ogni sua parte; è al centro della sfera celeste e in rapporto a essa è un punto”. Queste parole del geografo alessandrino Claudio Tolomeo, tratte dall’Almagesto, riassumono la concezione della terra e del mondo che si era affermata tra gli astronomi greci verso la metà del II secolo d.C. Secondo questo modello, che sarebbe rimasto praticamente immutato per tutto il Medioevo, la terra era un corpo sferico situato al centro dell’universo.
Alcune centinaia di anni prima, i greci avevano una visione del mondo molto diversa. Nei poemi omerici, per esempio, si trova un’immagine poetica del cosmo, in cui “il Sole, infaticabile, la Luna e la volta celeste coronata di stelle sormontavano la Terra piatta, e questa era circondata dal fiume Oceano”. Esisteva inoltre un misterioso spazio sotterraneo “l’oscura dimora di Ade”, il dio degli inferi, che nel racconto omerico Odisseo raggiungeva dopo aver attraversato “l’Oceano dai vortici profondi” e una piccola spiaggia delimitata dai boschi sacri a Persefone. Il passaggio da una visione poetica e religiosa dell’universo a una concezione scientifica e matematica, aperta all’osservazione dei fatti e interessata alla loro spiegazione, rappresenta una delle più brillanti avventure intellettuali intraprese dai greci.


Planisfero di Tolomeo, ricostituito dalla Geographiatolemaica (circa 150 d.C.) nel XV secolo, che mostra la "Sinae" (Cina) all'estrema destra, oltre l'isola di "Taprobane" (Sri Lanka, più grande del normale) e l'"Aurea Chersonesus" (penisola del Sud-Est asiatico).

Dettaglio dell'Est e del Sud-est asiatico nel planisfero di Tolomeo. Golfo del Gange (Golfo del Bengala) a sinistra; penisola asiatica del Sud-Est nel centro; Mar Cinese meridionale a destra, con la "Sinae" (Cina).

LE PRIME TEORIE. In quest’epoca svolsero un ruolo particolarmente attivo i filosofi presocratici, ovvero quei pensatori vissuti fra il VI e il V secolo a.C., per lo più nella Ionia, un’antica regione costiera dell’Asia Minore. Le loro ipotesi sembrano a volte contraddirsi l’un l’altra, ed essere animate da una volontà di confutare le dottrine già esistenti. Ma questo non toglie valore ai loro contributi: anzi, l’attitudine dialettica era uno strumento per perfezionare le teorie precedenti e correggerne gli errori.
Il primo filosofo, Talete di Mileto, affermò nel VI secolo a.C., che la terra galleggiava sull’acqua “come un pezzo di legno”. La sua idea non si discostava troppo dalle concezioni di egizi e babilonesi né dalla visione biblica e sarebbe passata inosservata se a Talete non fossero stati attribuiti anche altri importanti risultati scientifici, come una previsione di un’eclissi di sole nel 585 a.C., o il teorema matematico che porta il suo nome. Sicuramente la sua teoria aveva un punto debole, ovvero quella di ritenere che la terra avesse bisogno di una base su cui appoggiarsi, perché questo generava un problema logico senza soluzione: se la terra è sostenuta dall’acqua, su cosa si regge a sua volta l’acqua? Analoghe difficoltà presentavano le posizioni di vari filosofi del periodo, come quella di Anassimene, secondo cui la terra appoggiava sull’aria, o di Senofane, che pensava si estendesse all’infinito verso il basso. Fu Anassimandro di Mileto, discepolo di Talete e tra i più originali di questi primi pensatori, a superare il problema del punto d’appoggio sostenendo che la terra era sospesa al centro dell’universo, immobile ed in equilibrio in virtù della sua equidistanza dagli altri corpi celesti.  Secondo Anassimandro, la terra aveva forma di una colonna (o meglio, del tamburo di una colonna di pietra), la cui altezza era un terzo del diametro. Gli esseri umani vivevano sulla faccia superiore di questo disco. Il filosofo di Mileto riteneva che il cosmo si fosse sviluppato dalla rottura di una sorta di involucro, creato dal rapporto tra caldo e freddo; un evento che aveva dato origine al sole, alla luna e alle stelle. Fu pure il primo a tentare una stima delle dimensioni dei corpi celesti. Per Anassimandro il sole e la luna sono due enormi anelli, il primo grande 28 volte la terra, il secondo 19.
Il suo allievo Anassimene riteneva invece che la terra fosse piatta e racchiusa dalla cupola celeste. Fu lui a concepire per primo il cielo come una semisfera di cristallo su cui erano incastonate le stelle.

Pitagora mette ordine.
Copia romana del I secolo a.C. di originale greco conservata nei Musei Capitolini di Roma
Pitagora (in greco anticoΠυθαγòραςPythagòrasSamo, tra il 580 a.C. e il 570 a.C. – Metaponto495 a.C. circa) è stato un filosofo greco antico. Fu matematicotaumaturgoastronomoscienziatopolitico e fondatore a Crotone di una delle più importanti scuole di pensiero dell'umanità, che prese da lui stesso il suo nome: la Scuola pitagorica.

Viene ricordato come fondatore storico della scuola a lui intitolata, nel cui ambito si svilupparono molte conoscenze, in particolare quelle matematiche e le sue applicazioni come il noto teorema di Pitagora. Il suo pensiero ha avuto enorme importanza per lo sviluppo della scienza occidentale, perché ha intuito per primo l'efficacia della matematica per descrivere il mondo[1]. Le sue dottrine segnerebbero la nascita di una riflessione improntata all'amore per la conoscenza.

 


Il contributo di Pitagora allo sviluppo dell’astronomia greca fu fondamentale, anche se è difficile dire con esattezza quali teorie fossero sue e quali dei suoi discepoli. Il maestro infatti non lasciò nulla di scritto e i suoi seguaci tendevano attribuirgli qualsiasi idea. Fu il primo a definire cosmo (dal greco kosmos, ordine) il cielo, un’assoluta novità rispetto alla posizione di Anassimandro, che aveva posto al centro delle sue riflessioni il concetto di infinito (apieron).
L’ipotesi pitagorica sulla forma della terra portò alla  nascita della geometria sferica, permise di effettuare importanti progressi nello studio delle costellazioni e di predire i movimenti dei pianeti con una precisione che sarebbe rimasta insuperata fino all’invenzione del telescopio.

La scuola pitagorica. Poi arrivò Pitagora, il sapiente di Samo, fondatore di un’influente scuola filosofica. I pitagorici ripresero due principi dai loro predecessori: da Anassimandoro la concezione della terra come una superficie tondeggiante e da Anassimene l’idea del cielo come una cupola di cristallo punteggiata di stelle fisse.
Per i pitagorici l’universo era una sfera che ruotava attorno a un asse, il cui polo visibile era situato nell’Orsa minore – una costellazione visibile tutto l’anno. Pitagora pensava inoltre che la terra fosse al centro dell’universo e avesse anch’essa forma sferica. Non sappiamo bene come giunse a questa conclusione: alcuni ritengono che l’idea della sfericità gli venne osservando l’ombra ricurva che la terra proietta sulla luna durante le fasi delle eclissi secondo altri Pitagora estese l’immagine del cielo sferico anche agli altri oggetti astronomici. C’è infine chi pensa che il filosofo si limitò a sviluppare un argomento matematico estetico, in quando considerava la sfera come la più bella delle forme geometriche. A partire dall’osservazione del cosmo, i pitagorici svilupparono dei modelli astronomici particolarmente elaborati, anche se i loro ragionamenti non erano sempre esenti da pregiudizi. Filolao (nato a metà del V secolo a.C. secondo Diogene a Crotone) affermava per esempio che la terra e gli astri giravano attorno a un fuoco centrale, il cosiddetto trono di Zeus. Sosteneva inoltre l’esistenza di un pianeta uguale al nostro ma sempre nascosto dal sole, l’antiterra. Forse si trattava di un espediente per far si che i corpi celesti fossero dieci, un numero ritenuto perfetto dai pitagorici.

L’universo secondo i greci.

Hestia, Terra e Antiterra nel modello pitagorico dell'universo

Pur non rappresentando la teoria di nessun autore greco in particolare, la visione del cosmo dei primi filosofi presocratici era la seguente: la massa terrestre sembra galleggiare sulle acque ed è circondata dagli abissi dell’oceano.  I continenti sono distribuiti attorno al Mediterraneo, in accordo con le osservazioni dei navigatori greci dell’epoca. Il mondo è racchiuso da un firmamento sferico sul quale scorrono il sole, la luna e le stelle. In questa fase del pensiero astronomico si riteneva che l’universo fosse limitato e di dimensioni ridotte. Anassimandro sarà il primo a concepire l’idea di un universo infinito.
Il mondo secondo Anassimandro.

Mosaico del III secolo proveniente da Treviri che ritrae Anassimandro mentre regge una meridiana

Si conosce poco della sua vita: Diogene Laerzio[2], dopo averlo detto di Mileto e figlio di un Prassiade, riferisce l'apparentemente insignificante aneddoto secondo il quale, mentre cantava, sarebbe stato deriso da alcuni bambini, esclamando allora: «Bisognerà cantare meglio, per via dei bambini»: episodio che indicherebbe la necessità di far ben comprendere agli ingenui le verità da lui conosciute.
Lo storico greco sostiene che egli avrebbe preparato un'esposizione delle proprie dottrine e, citando la Cronologia di Apollodoro di Atene[3], afferma che nel secondo anno della 58ª Olimpiade (547 a.C.) Anassimandro avrebbe avuto 64 anni e sarebbe morto poco dopo.[2]
La tarda Suda, intorno al X secolo d.C., gli attribuisce le opere Sulla naturaIl giro della terraSulle stelle fisseLa sfera e «alcune altre», lo dichiara discepolo e parente di Talete e ne fa lo scopritore degli equinozi, dei solstizi e degli "orologi"[4], una notizia forse ricavata dalla Praeparatio evangelica[5] di Eusebio di Cesarea, secondo la quale Anassimandro: «per primo costruì degli gnomoni per conoscere le rivoluzioni del sole, il tempo, le stagioni e gli equinozi». Nella Varia historia di Eliano[6] si riporta che Anassimandro avrebbe guidato i Milesi alla fondazione della nuova colonia di Apollonia.

Cicerone[7], dal canto suo, afferma che «i Lacedemoni furono avvertiti da Anassimandro, lo studioso della natura, di lasciare la città e le case, vegliando in armi sui campi, perché era imminente un terremoto; dopo questo evento la città rimase del tutto distrutta e venne giù dal monte Taigeto una massa rocciosa della grandezza della poppa di una nave».
Nella prima metà del VI secolo a.C., Anassimandro elaborò una teoria della struttura dell’universo che aspirava a essere puramente razionale e non basata su racconti mitologici. La terra, di forma cilindrica, era circondata da una sfera di stelle e da due enormi anelli cavi e pieni di fuoco, su cui si aprivano due fessure dalle quali fuoriuscivano la luce solare e lunare.

IL FILOSOFO DELL’INFINITO. Anassimandro  visse a Mileto, in Asia minore, tra il 610 a.C. e il 545 a.C. circa. Sosteneva che il mondo fosse nato dall’infinito, l’aperion, tramite un movimento che aveva prodotto la separazione delle qualità opposte, come il caldo e il freddo. L’universo però, non sarebbe durato eternamente, ma un giorno si sarebbe dissolto nell’aperion, dal quale poi, sarebbero sorti nuovi mondi.  La terra è circondata da un gigantesco anello pieno di fuoco, con un diametro 27 volte quello terreste. La luce solare visibile dalla terra fuoriesce da una piccola fessura. Attorno al nostro pianeta c’è anche un secondo anello cavo. Le fasi lunari dipendono dalla maggiore o minore aperture dell’orifizio che lascia trapelare la luce interna dell’anello. Le eclissi si verificano quando la fessura è completamente chiusa. 

IL GENIO DI ARCHIMEDE. Nel V secolo a.C., arrivarono in Grecia le osservazioni effettuate dai babilonesi, molto più numerose e precise rispetto a quelle degli astronomi locali. Tali novità, in unione con i progressi nello studio della geometria sferica, accelerò il ritmo delle scoperte e permise sia di perfezionare le ipotesi sia di elaborare nuove teorie. Nel frattempo fecero la loro comparsa i primi trattati di matematica e astronomia. A metà del IV secolo a.C. Aristotele riprese l’idea che la terra fosse una sfera di non grandi dimensioni. Nel III secolo a.C., poi la cultura greca sviluppò notevolmente la sua comprensione della terra e del cosmo. Ne sono una prova le parole che il ,dedicata al figlio del tiranno Gerone II di Siracusa: “Ora sai bene che molti astronomi considerano il cosmo una sfera al cui centro c’è la terra, e di raggio uguale alla retta congiungente il centro del sole con il centro della terra, e ciò è quanto hai appreso dagli astronomi”. Archimede si riferiva in questo scritto alle teorie rivoluzionarie di Aristarco di Samo, uno scienziato della Jonia vissuto alcune decine di anni prima, che aveva ipotizzato un modello di universo in cui la terra e il resto dei pianeti girano attorno al sole. “Aristarco di Samo, scrive Archimede, ha esposto nei suoi libri alcune tesi secondo le quali (…) le stelle fisse e il sole sono immobili, mentre la Terra si muovi lungo una circonferenza al cui centro si trova il Sole”. Secondo Plutarco, l’astronomo ionico sosteneva anche che la terra ruotava attorno al suo asse. Nel suo trattato Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna, Aristarco tentò di calcolare la grandezza del cosmo, a partire da alcune osservazioni astronomiche, in particolare dalle eclissi lunari, e tramite calcoli geometrici, le distanze fra la terra e il sole era fra le 18 e le 20 volte quella tra la terra e la luna. In realtà il rapporto tra le distanze medie è di circa 400, ma il grande merito di Aristarco fu quello di attribuire all’universo un’estensione molto maggiore rispetto a quanto si riteneva fino ad allora. Nel III secolo a.C. si era quindi imposta l’idea secondo cui i corpi celesti si muovono circolarmente attorno a un centro. L’unico oggetto di dibattito era se la posizione centrale fosse occupata dalla terra o dal sole. Sfortunatamente la visionario eliocentrica di Aristarco cadde nell’oblio (Archimede fu uno dei pochi a ricordarla nel passo citato). Secondo quanto riferisce Plutarco, lo stoico Cleante arrivò ad accusare l’astronomo di empietà “per aver turbato il centro dell’universo” cioè di aver ritenuto che la terra era in movimento.
Gli scienziati di epoca ellenica e romana preferirono adottare il modello di universo geocentrico, che sarebbe poi giunto fino al Medioevo grazie all’Almagesto di Tolomeo, provocando una lunga stasi dell’astronomia occidentale. Successivamente sarebbero state le ipotesi di Copernico, l’Aristarco della modernità, e le osservazioni fatte da Galileo con il suo telescopio, a rinnovare l’immagine del cosmo e a inaugurare una nuova fase di progresso scientifico.


Aristarco di Samo rappresentato in un dipinto seicentesco
Nato a Samo, una delle maggiori isole in prossimità della costa della Ionia, studiò ad Alessandria, dove ebbe come maestro Stratone di Lampsaco.
Per le sue teorie si diceva che meritasse la condanna per empietà, come riporta Giacomo Leopardi nella sua Storia dell'astronomia:
«Altro astronomo greco fu Aristarco, vissuto, come credesi, verso il 264 avanti Gesù Cristo, benché considerevolmente più antico lo facciano il Fromondo e il Simmler presso il Vossio, ripresi però dal Fabricio. Di lui fecer menzione Vitruvio, Tolomeo e Varrone presso Gellio nel quale, in luogo di Aristide Samio, è da leggersi Aristarco. Egli determinò la distanza del Sole dalla Terra, che egli credé 19 volte maggiore di quella della Terra medesima dalla Luna e trovò la distanza della Terra dalla Luna, di 56 semidiametri del nostro globo. Credette che il diametro del sole fosse non più che 6 o 7 volte maggiore di quello della Terra e che quello della Luna fosse circa un terzo di quello della Terra medesima. Fu dogma di Aristarco il moto della Terra, ed egli, per tale opinione, reputossi da Cleante reo di empietà, quasi avesse turbato il riposo dei Lari e di Vesta. Sembra che Plutarco asserisca essere stato Cleante e non Aristarco il fautore del moto della Terra, così leggesi nel suo libro de facie in orbe Lunae


Archimede di Siracusa (in greco antico: Ἀρχιμήδης, Archimédēs; Siracusa, 287 a.C. circa – Siracusa, 212 a.C.[1]) è stato un matematico, fisico e inventore siracusano, siceliota.
Considerato come uno dei più grandi scienziati e matematici della storia, i contributi di Archimede spaziano dalla geometria all'idrostatica, dall'ottica alla meccanica. Fu in grado di calcolare la superficie e il volume della sfera e intuì le leggi che regolano il galleggiamento dei corpi. In campo ingegneristico, Archimede scoprì e sfruttò i principi di funzionamento delle leve e il suo stesso nome è associato a numerose macchine e dispositivi, come la vite di Archimede, a dimostrazione della sua capacità inventiva. Circondate ancora da un alone di mistero sono invece le macchine da guerra che Archimede avrebbe preparato per difendere Siracusa dall'assedio romano.
La vita di Archimede è ricordata attraverso numerosi aneddoti, talvolta di origine incerta, che hanno contribuito a costruire la figura dello scienziato nella mente collettiva. Ad esempio, è rimasta celebre nei secoli l'esclamazione hèureka! (εὕρηκα! - ho trovato!) a lui attribuita dopo la scoperta del principio che porta il suo nome.


Le dimensioni della Terra.
Eratostene di Cirene


La prima misurazione scientifica della circonferenza terrestre si deve a Eratostene di Cirene. Vissuto ad Alessandria nel III secolo a.C. Eratostene misurò la differenza nell’inclinazione dei raggi solari tra le due città, Alessandria e Siene (l’odierna Assuan, in Egitto), situate sullo stesso meridiano a circa 800 chilometri di distanza l’una dall’altra, e concluse che era di 7 gradi. Quindi effettuò una semplice proporzione e arrivò alla conclusione che la circonferenza terrestre era di 252mila stadi. Se lo stadio utilizza era quello attico, lungo 174, 125 metri, allora si sbagliò di pochissimo, perché il suo risultato finale (43.879 km.) sarebbe appena un 9,6 percento in più della misura corretta (40.075 km)


La carta del mondo di Eratostene.

Articolo in gran parte di Paloma Ortiz, Filologa pubblicato su Storica National Geographic del mese di settembre 2018 altri testi e foto da wikipedia


I vichinghi, gli eroi delle sagre.

  I   vichinghi gli eroi delle saghe. I popoli nordici vantano un tripudio di saghe che narrano le avventure di eroi reali o di fantasia. ...