Le più grandi battaglie di carri armati della storia.
Quasi
un secolo fa, il 15 gennaio 1916, nel pieno della battaglia della Somme, le
truppe tedesche si trovarono per la prima volta a tu per tu con dei carri
armati: terrificanti mostri d’acciaio, insensibili alle pallottole, in grado di
sbriciolare il filo spinato e devastare le trincee. Fu un vero shock e molti si
arresero senza combattere. Il mezzo corazzato era nato da una precisa esigenza:
avere la meglio sui dispositivi difensivi che avevano reso la Prima guerra
mondiale un terribile conflitto di posizione. Un’arma innovativa che, se
perfezionata, avrebbe potuto imprimere una svolta alla concezione strategica e
tattica dei futuri conflitti. E se durante la Grande Guerra il carro armato fu
un’iniziativa venuta dall’intraprendenza anglo-francese, nei decenni successivi
furono i tedeschi a comprenderne il vero valore, arrivando a rivoluzionare il
modo d’interpretare la guerra. Fu la Germania nazista a dare inizio a uno
sviluppo vero e proprio delle forze corazzate, sotto la supervisione del
generale Heinz Guderian, fu intrapresa la produzione di carri leggeri armati di
mitragliatrici, e altri di un tipo medio come il Panzer III e il Panzer IV (con
un cannone a canna corta da 75 millimetri), che univano buona mobilità e
sufficiente corazzatura a un’efficace potenza di fuoco. Nel 1935 furono
costituite tre divisioni corazzate (Panzer-Division) e due anni dopo cinque
divisioni leggere con un buon equilibrio tra carri e fanteria. Questi reparti,
impiegati con successo nel 1939 contro la Polonia e nel 1940 contro la Francia,
furono alla base della guerra lampo che portò le truppe naziste alle rapide
vittorie dei primi anni del conflitto. Inglesi e in special modo francesi,
nonostante disponessero di buoni carri da combattimento, furono lettermente
surclassati sul piano strategico e tattico. Anche i reparti corazzati che
attaccarono la Russia nel giugno del 1941 erano composti per lo più da modelli
del tipo sopramenzionato. Contrariamente a quanto si può pensare, alla vigilia
del Secondo conflitto mondiale l’Unione Sovieta era dotata di alcuni dei
migliori carri armati al mondo; le sanguinose epurazioni di Stalin, operate tra
il corpo ufficiali, ne avevano minato però l’efficacia sul campo di battaglia.
E infatti il loro impiego a supporto della fanteria, in qualità di artiglieria
mobile, si dimostrò una tattica inefficace e sorpassata, portando alle
drammatiche sconfitte dei primi mesi del conflitto. A Operazione Barbarossa
inoltrata però, quando la Wehrmacht incontrò i T34 russi, tutti cari presenti
sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale diventarono di colpo
obsoleti. Ciò che rendeva rivoluzione questo mezzo era un buon equilibrio fra
mobilità, protezione e armamento (un cannone da 76 millimetri), che gli
permetteva di surclassare i carri armati avversari.
Caratteristiche così
rivelanti erano state ottenute con l’utilizzo di sospensioni che garantivano un
significativo rapporto fra larghezza dei cingoli e velocità, anche con motori
relativamente poco potenti; la corazzatura era stata studiata (in particolare
l’inclinazione) per limitare lo spessore e quindi il peso del mezzo. La
comparsa di questo carro fu un brutto risveglio per l’Alto comando tedesco, che
tuttavia rispose con un progetto estremamente valido, tanto da essere
considerato uno dei migliori carri del conflitto: il Panzer V (Panther), dotato
di un potente cannone da 75 millimetri a canna lunga. Questo modello si
dimostrò però afflitto, almeno nelle prime serie, da problemi di affidabilità,
corretti solo nelle versioni successive. Insieme al Panther furono prodotti
anche i carri pesanti Tiger I e II, dotati di minore mobilità ma di un
armamento più potente, grazie al cannone da 88 millimetri. Nessuno dei carri
alleati poteva sulla carta competere con questi tank; solo i russi riuscirono a
rivaleggiare con la Wehrmacht producendo la serie JS (JS2 e JS3) dotata di
grande protezione e un pezzo da 122 millimetri. Gli Stati Uniti, invece, per
tutta la Seconda guerra mondiale non riuscirono a disporre di un carro armato
in grado di competere con le ultime versioni di quelli tedeschi, ma le loro
divisioni corazzate raggiunsero un ottimo livello d’efficienza operativa: erano
infatti organizzate in modo da coniugare buona potenza di fuoco e mobilità come
supporto alla fanteria motorizzata. Il carro armato più significativo prodotto
dagli americani fu l’M4 Sherman, dotato di un cannone da 75 millimetri, che fra
l’altro fu il mezzo costruito nel maggior numero di esemplari nel corso del
conflitto, trovando impiego anche nelle file della Gran Bretagna, Unione Sovietica
e Francia.
I carri armati in
pratica furono usati in tutti i teatri operativi, come forza d’urto, appoggio
alla fanteria e artiglieria mobile; e proprio come il Secondo conflitto
mondiale fu una guerra totale, anche quest’arma fu impiegata al massimo delle
sue potenzialità. È nelle grandi steppe dell’Unione Sovietica, nei vasti
deserti del Nordafrica e nelle pianure dell’Europa Occidentale che il loro
utilizzo ha trovato la massima consacrazione. Qui sono avvenute le più grandi e
spettacolari battaglie che la storia ricordi. Ecco le più significative.
Tattiche per l’impiego dei carri armati
Un Mark I male appena sbarcato sul fronte della Somme | |
Descrizione |
---|
Sfondamento trincee
(Prima Guerra Mondiale). I carri armati nacquero in Gran
Bretagna tra il 1915 e il 1916, e il primo impiego avvenne sul finire della
Prima guerra mondiale. Essi furono pensati come mezzo che doveva rompere lo
stallo sul fronte occidentale: l’interminabile rete di trincee e reticolati che
correva lungo il fronte aveva reso costosissimo e quasi inutile ogni assalto
delle fanterie. Le maggiori potenze si concentrarono sul tentativo di trovare
uno strumento che fosse in grado di creare una breccia. I carri armati nacquero
per questo motivo: dovevano essere in grado di attraversare la terra di nessuno
limitando i danni subiti normalmente dai fanti, travolgere il filo spinato e
superare le trincee nemiche. Il loro impiego tattico era quello di arieti
destinati a operare uno sfondamento che permettesse alle fanterie di seguirli
per penetrare in profondità nelle linee nemiche attraverso i varchi aperti dai
tank i carri riuscirono solo in parte in questo scopo: nella prima offensiva
massiccia del novembre 1917 a Cambrai, gli inglesi schierarono 476 carri ma ne
persero un terzo durante il primo giorno. Lo schema prevedeva di attaccare in
gruppi di tre carri, portando materiale utile a superare le trincee. La
fanteria seguiva eliminando i nemici, spesso sorpresi dal pauroso attacco dei
tank. A fine guerra si ebbe il primo scontro tra mezzi corazzati, a
Villers-Bretonnex il 24 aprile 1918: i carri inglesi e tedeschi operavano come
al solito a protezione della fanteria, ma si trovarono faccia a faccia e
cominciarono un duello a colpi di cannone, danneggiandosi a vicenda.
Artiglieria mobile
(guerra di Spagna)
“I piccoli carri
italiani erano tanto impotenti contro i blindati dei governativi quanto dei
battelli guardacoste contro delle corazzate”, scrive Ernest Hemingay
descrivendo quella che si può definire la prima vera battaglia tra unità di
mezzi blindati. Essa si svolse nel marzo 1937 a Guadalajara, durante la Guerra
civile spagnola. L’esercito italiano inviato da Mussolini a supporto di Franco
aveva deciso di avanzare su Madrid. Elemento decisivo di questo attacco
dovevano essere i circa 80 carri leggeri CV 33 e 35 Ansaldo, già impiegati con
successo in Etiopia. Armati di mitragliatrici, il loro impiego tattico doveva
essere quello tradizionale, un cuneo per attraversare le linee nemiche e aprire
la strada alla fanteria. Compito inizialmente svolto con buon successo. Poi
però a causa del cattivo tempo i carri iniziarono a impantanarsi nel fango e a
perdere manovrabilità a causa dell’affollarsi delle truppe bloccate dal crollo
dei ponti. Questo perse ai repubblicani spagnoli di riorganizzarsi, così da
Madrid giunsero al fronte i carri T26B sovietici, armati di cannoni da 45 millimetri.
La loro tattica di impiego fu semplice: come cannoni semoventi dovevano dare la
caccia ai piccoli e fragili mezzi italiani e distruggerli. Ci riuscirono senza
troppi problemi, una lezione molto importante per gli studiosi di tattica per
l’impiego dei mezzi corazzati: si comprese quanto fosse importante la potenza
di cannoni e corazze, che non lasciava margine di manovra ai mezzi meno
possenti.
Panzerkeil (Seconda
guerra mondiale)
La Blitzkrieg tedesca
aveva il suo elemento centrale nell’uso dei mezzi meccanizzati. Questa tattica
si basava su una grande interazione fra le forze in campo, coordinando
soprattutto l’impiego dei mezzi a terra con l’artiglieria e gli attacchi aerei
finalizzati a indebolire i punti di resistenza dei nemici. L’impiego delle
Panzer Division fu basato su una tattica denominata Panzerkeil, un potente
cuneo corazzato con il compito d’infrangere le difese in linea e penetrare in
profondità in territorio nemico, per poi mettere in atto una manovra avvolgente
con lo scopo di circondare le forze avversarie e neutralizzarle. Al vertice di
un Panzerkeil erano disposti carri armati pesanti che si aprivano a freccia,
proteggendo una seconda e terza linea composta da carri medi, leggeri e
semoventi, seguiti da veicoli corazzati per il trasporto truppe. Dopo che i
carri armati avevano concentrato i propri sforzi in un punto ben preciso
aprendo una breccia, ai panzer più veloci spettava il compito di penetrare
velocemente in profondità, e le unità di fanteria motorizzata potevano avanzare
all’interno del varco per eliminare le ultime resistenze. Le colonne dei
reparti corazzati, mossesi in profondità, davano vita a una rapida manovra
avvolgente per attaccare alle spalle il resto delle unità nemiche ancora
schierate sulla linea del fronte.
Protezione dei fanti
(Seconda guerra mondiale).
L’impiego dei carri
come ausiliari a protezione della fanteria è stato l’uso tipico fin dalle
origini, espressamente previsto già dai primi manuali tattici e dalle dottrine
militari britannica e francese. Mentre i tedeschi in Spagna misero a punto la
guerra lampo e formarono divisioni corazzate, i francesi, studiando quella
stessa esperienza, si rafforzarono nella convinzione che i tank potevano essere
utili solo come appoggio dei soldati a piedi. L’uso estremo di questa tattica
venne condotto dai sovietici. Essi infatti prevedevano che i carri armati
fossero di sostegno ai fanti, addirittura precedendoli fisicamente per fare da
schermo con il loro corpo corazzato, frapponendosi fra il fuoco nemico e i
soldati. Nelle avanzate in campo aperto – comuni nelle distese dell’Europa
orientale – i tank russi procedevano affiancati tra loro, seguiti da fanti
incolonnati nella loro scia in cerca di protezione. Tanto è vero che i
sovietici, a differenza dei tedeschi, non avevano divisioni corazzate, ma
solo reparti di carri armati all’interno
delle divisioni di fanteria. Questa tattica di inizio guerra si dimostrò però
poco efficace di fronte alla grande potenza di fuoco tedesca. In seguito i
sovietici modificarono la strategia e cominciarono a schierare una grane massa
di tank, con i quali combatterono le più grandi battaglie di corazzati della
storia, come a Kursk.
Centrali
di fuoco e controllo (Dalla Cecenia al Medio Oriente).
I carri armati sono
diventati un mezzo comune in qualsiasi esercito, ma da molto tempo è raro che
si combattano guerre in cui si possa verificare una vasta battaglia fra carri
armati contrapposti. Le grandi potenze hanno sviluppato un nuovo impiego dei
tank, diventati ormai delle grandi centrali di fuoco supportate da strumenti
informatici avanzati. Tanto i russi in Cecenia quanto gli israeliani nei
territori palestinesi e gli americani in Iraq sempre più spesso usano i tank
come nucleo centrale di un blocco stradale posto a controllare un’area urbana.
Da questa postazione il carro può fare fuoco anche a distanza e al contempo
offre protezione e copertura ai fanti. In Cecenia i carri russi iniziarono la
guerra precedendo le truppe, ma così finirono in molte imboscate; di conseguenza
in seguito assunsero la nuova tattica, restando alle spalle dei soldati e
dimostrandosi molto più efficaci.
Il genio di Zukov Khalkhin Gol
Carri sovietici BT-7 durante gli scontri a Khalkhin Gol
Il 16 settembre 1838 la battaglia di
Khalhin Gol aveva emesso un verdetto molto interessante: per la prima volta
l’impiego tattico di forze corazzate era stato in grado di mutare rapidamente
il corso degli eventi bellici. Inquadrata nel contesto del Conflitto
russo-giapponese (1937-1945), fu combattuto lungo il confine mongolo-siberiano
tra l’Armata Rossa e l’esercito imperiale del Sol Levante per dispute di
confine. Lo scontro ebbe inizio nel maggio 1939 dopo l’occupazione
mongolo-sovietica del territorio conteso, a cui i giapponesi reagirono con
fermezza. Se il mese di maggio fu caratterizzato da scaramucce localizzate, tra
giugno e luglio l’esercito nipponico scatenò un pesante attacco su tutto il
fronte, potendo disporre di una significativa superiorità numerica,
quantificabile in 75mila uomini, 200 carri armati e una forte componente aerea
(almeno 450 velivoli). Furono fermati dopo una serie di limitati successi
territoriali dall’arrivo di rinforzi sovietici alla guida del generale Georgij
Zukov, a cui fu data carta bianca. Al comando del 1° Gruppo d’Armate, forte di
57mila uomini, 500 carri armati e 450 autoblindo, mise in atto una strategia
innovativa, impiegando tutte le forze corazzate a sua disposizione. Dopo aver
stabilizzato il fronte e simulato una strategia improntata sul totale
difensivismo, il 20 agosto, con condizioni climatiche proibitive (la temperatura
superava i 40° C), decise di passare all’offensiva su tutta la linea con un
attacco frontale, tenendo però due brigate corazzate in posizione
arretrata. Nelle sue intenzioni
avrebbero dovuto muoversi sui fianchi dello schieramento nemico, penetrare in
profondità e compiere una manovra avvolgente per metterlo in trappola. In pochi
giorni l’armata imperiale giapponese che disponeva di carri piuttosto antiquati
(tank medi Type 89 Yi-Go e leggeri Type 95 Ha-Go) si trovò in grosse
difficoltà, incapace di reggere alla pressione nemica, finendo con l’essere
circondata. Nello specifico lo scontro dimostrò una netta superiorità
tecnologica dei carri russi, come il BT5 e in particolare il T26, precursore
del temibile T 34 che sarebbe diventato nel corso del conflitto la punta di
diamante delle divisioni corazzate dell’Armata Rossa, in grado di perforare con
facilità la limitata corazzatura dei carri nipponici. E infatti, a tale
riprova, va ricordato lo scontro avvenuto il 2 luglio quando le forze corazzate
del Sol Levante attaccarono la 9a Brigata
motocorazzata sovietica, perdendo 42 dei 73 carri a disposizione, messi fuori
uso uno dopo l’altro dai potenti cannoni anti-carro da 45 millimetri. Nonostante
indubbi atti d’eroismo, come assalti all’arma bianca contro i reparti
corazzati, per le forze del generale Komatsubara lo scontro terminò in pochi
giorni con una resa incondizionata, condannando il Giappone a un umiliante
trattato di pace. Le indubbie capacità strategiche e tattiche messe in luce da
Zukov avrebbero potuto essere l’inizio di un’efficace dottrina d’impiego delle
forze corazzate in grado di evitare le clamorose sconfitte patite dai sovietici
nella fase iniziale dell’Operazione Barbarossa (giugno 1941) contro le armate
naziste. Ma le pesanti epurazioni volute da Stalin nel corpo ufficiali
privarono l’Armata Rossa, non fu in grado di evitarle. Solo a partire dal 1943,
quando ebbe carta bianca, seppe trasformare le forze corazzate in un corpo
efficiente in grado di cambiare il corso del conflitto.
Mezzi a confronto: Armata Rossa |
Esercito imperiale giapponese |
BT 5 Categoria: carro leggero Equipaggio: tre uomini Peso: 11,5 t Velocità massima: 72 km/h Armamento: 1 cannone da 45 mm Mod.
32 e una mitragliatrice BT Corazzatura: 6-13 mm |
Type 95 Ha-Go Categoria: carro leggero Equipaggio: 3 uomini Peso: 7,41 t Velocità massima: 45 km/h Armamento: 1 cannone Type 97 da 31
mm e due mitragliatrici Type 97 da 7,7 mm Corazzatura: frontale 9-12 mm.
laterale 12 mm |
T 26 Categoria: carro leggero Equipaggio: tre uomini Peso: 10,5 t Velocità massima: 30 km/h Armamento: un cannone da 45 mm 20K mod
1932-34 e due mitragliatrici Degtyaryov da 7,62 mm Corazzatura: massima 25 mm, minima 15
mm |
Type 90 Yi-Go Categoria: carro medio Equipaggio: quattro uomini Peso: 14 t Velocità massima: 27 km/h Armamento: un cannone Type 90 da 57
mm e due mitragliatrici Type 91 da 6,5 mm Corazzatura: frontale 17 mm. laterale
17 mm |
La beffa della
Marginot: Hannut (Belgio, 12-14 maggio 1940)
Il 10 maggio 1940 l’esigenza di
evitare le difese della linea Marginot, e con esse lo spettro di una logorante
guerra di posizione, portò l’esercito tedesco a elaborare il piano Fall Gelb,
ovvero l’invasione dei Paesi Bassi con l’obiettivo di aggirare le difese
francesi. E proprio nella località belga di Hannut, tra il 12 e il 14 maggio,
si materializzò il primo grande scontro tra carri armati della Seconda guerra
mondiale con oltre un migliaio di mezzi corazzati da ambo le parti. Dopo tre
giorni d’intensi combattimenti le Panzer-Division del generale Erich Hoepner
riuscirono, a costo di grandi sforzi, ad avere la meglio su due divisioni
meccanizzate francesi (Division Légère Mécanique), dimostrando nel complesso
una superiorità tattica in virtù di una maggiore coordinazione e capacitò di
manovra. Dopo aver aperto un varco nel sistema difensivo alleato presso
Gembloux, le truppe corazzate tedesche vi si riversarono, bloccando le forze mobili
francesi più efficienti in un settore secondario del fronte. Il comando alleato
rimase ingannato da questa mossa, pensando che fosse la vera direttrice
d’attacco, quando invece lo sforzo principale fu effettuato più a sud verso la
Mosa, tra Dinant e Sedan. Si può dire che dopo Hannut il destino della Francia
era ormai deciso. Eppure, se lo scontro dal punto di vista tattico fu un chiaro
successo tedesco, strategicamente parlando l’esercito francese riuscì
nell’intento di rallentare l’avanzata nemica quanto bastava per permettere ai
reparti di fanteria di attestarsi su posizioni più salde. Le perdite da ambo le
parti furono gravi, i tedeschi però, rimanendo padroni del campo di battaglia,
riuscirono a rimettere in sesto parte dei mezzi danneggiati grazie
all’efficienza dei loro reparti di manutenzione. Nel complesso le due Division
Légère Mécanique persero un centinaio di mezzi 75 leggeri H35/39 e 30 medi
Somma S 35, mentre la Wehrmacht dovette fare il conto di 49 totalmente
distrutti, altrettanti furono recuperati. Le divisioni francesi combatterono
con coraggio, nonostante la cronica mancanza di coordinamento, mettendo in
difficoltà le forze tedesche, che palesarono alcuni punti deboli: limitata
corazzatura per i carri leggeri Panzer I e II e armamento inadeguato per il
Panzer III (il cannone da 37 millimetri non era in grado di perforare la
corazza dell’S 35, il cui pezzo da 47 mm invece si rivelò eccellente). Per
ovviare a queste limitazioni i carristi tedeschi dovettero pertanto manovrare
sui fianchi o ricorrere a combattimenti ravvicinati. Dal canto loro invece i
tank francesi erano privi di apparati radio, cosa che ne riduceva drasticamente
la mobilità e li rendeva facilmente aggirabili, mentre la capacità di fuoco era
ridotto o rallentata dalla presenza di solo tre uomini d’equipaggio. Hannut fu
l’unico vero scontro della Campagna di Francia in cui le forze corazzate
francesi furono impiegate in maniera massiccia; nelle settimane successive
infatti sarebbero state disperse in piccoli gruppi, a supporto della fanteria,
non riuscendo più a incidere in alcun modo sul generale andamento della guerra.
L’ultimo contrattacco:
Arras (21 maggio 1940)
L’inizio della Campagna
di Francia era stato un vero e proprio trauma per l’Alto comando alleato: la
rapidità con cui le divisioni corazzate tedesche avevano sfondato il fronte a
Sedan (13 maggio 1940), spingendosi rapidamente verso nord, non aveva
precedenti. Il 21 maggio, a ulteriore dimostrazione della gravità della
situazione, alcuni reparti avanzati della Pansergruppe Kleist avevano raggiunto
la foce della Somme, portando a termine l’accerchiamento del grosso della 1a
Armata francese e del Corpo di spedizione britannico (BEF), operanti ai confini
con il Belgio. Il rischio che questo contingente venisse annientato
completamente dalla travolgente avanzata dai reparti della Wehrmacht era
pertanto una realtà sempre più concreta. Se il governo inglese inizialmente
valutò la possibilità di un ripiegamento verso Dunkerque qualora le circostanze
l’avessero imposto, in un secondo tempo propense, in base a un piano elaborato
dal generale Maxime Weygand, per un attacco verso sud con le avanguardie
corazzate tedesche, nella speranza d’aprirsi un varco verso il resto delle
linee francesi. Furono pertanto ammassati rifornimento presso la cittadina di
Arras per organizzare, quanto prima, un contrattacco. Le forze disponibili,
affidate al generale Harold Franklyn, erano costituite da un gruppo d’assalto,
chiamato Frankforce, costituito da due brigate corazzate (la Brigata corazzata
inglese e 3a Division Légère Mécanique) e due divisioni di fanteria. Nel
pomeriggio del 21 maggio poco più di settanta carri armati, supportati da due
battaglioni di fanteria, si lanciarono all’attacco nel settore di Cambrai con
l’obiettivo di spezzare le linee della 7° Panzer Division. Sebbene l’attacco
fosse stato condotto da forze tutto sommato esigue ebbe inizialmente un certo
successo, in particolare grazie ai carri inglesi che riuscirono a fare breccia
nelle linee nemiche: nello specifico nel settore del reggimento motorizzato SS
Totenkopf, i cui cannoni anticarro da 37 millimetri non poterono nulla contro
la pesante corazzatura dei carri britannici Matilda. Per tale ragione il
generale Rommel, a capo della 7a Panzer Division, per scongiurare la rottura
del fronte fu costretto a riposizionare i reparti d’artiglieria su linee di
difesa più arretrate, per arrestare la carica dei tank avversari. Dopo un lungo
cannoneggiamento la contromossa tedesca ebbe successo, fermando l’impeto
dell’attacco britannico. La stesa Luftwaffe dovette intervenire per dare
manforte alle truppe corazzate tedesche a quel punto cercarono d’inseguire le
forze nemiche in ritirata, finché l’intervento delle seconde linee francesi
riuscii a riequilibrare lo scontro sulle posizioni di partenza.
Sebbene la battaglia
sia terminata con un nulla di fatto, è possibile che il grosso pericolo corso
abbia fatto ravvedere l’Alto comando tedesco sull’opportunità di non rischiare
troppo facendo avanzare i reparti corazzati senza supporto. Ed infatti il
generale Gerd von Rundstedt, comandante del Gruppo d’armate A, ebbe modo di
affermare in seguito: “Per qualche tempo si temette che le nostre forze
corazzate restassero isolate prima che a dar loro manforte sopraggiungessero le
divisioni di fanteria”. Questo potrebbe essere la spiegazione più plausibile
alla momentanea interruzione dell’avanzata verso i porti della Manica, avvenuta
il 24 maggio, che permise l’evacuazione del contingente inglese dal porto di
Dunkerque.
Mezzi a confronto nelle battaglie
di Hannut e Arras |
|
Wehrmacht Panzer I Categoria: carro leggero Equipaggio: due uomini Peso: 6 t Velocità massima: 31 km/h Armamento: due mitragliatrici MG
13 coassiali da 7,92 mm Corazzatura: 13 mm (frontale,
laterale e posteriore) Panzer II Categoria: carro leggero Equipaggio: tre uomini Peso: 9,5 t Velocità massima: 39.5 km/h Armamento: un cannone Kwk 39 da 29
mm e una mitragliatrice MM 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 50 mm.
laterale 30 mm. posteriore 50 mm Panzer III Aust, D Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 21,5 t Velocità massima: 40 t Armamento: un cannone Kwk 36 da 37
mm e tre mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 50 mm,
laterale 30 mm posteriore 50 mm |
|
Inglesi MK H Matilda Categoria: carro da fanteria Equipaggio: quattro uomini Peso: 27 t Velocità massima: 24 km/h Armamento: un cannone Ordnance QF
2 th da 40/50 mm, una mitragliatrice Besa 7,92 mm e una Vren da 7,7 mm Corazzatura: frontale 65 mm.
laterale 65 mm, torretta 55 mm. |
|
France Hotchkiss H35 Categoria: carro leggero Equipaggio: due uomini Peso: 11 t Velocità massima: 28 km/h Armamento: un cannone da 31 mm Sa
18 e una mitragliatrice MAG 1931C mm Relbel Corazzatura: 33 mm nello scafo, 40
in torretta. Somua S 35 Categoria: carro medio Equipaggio: tre uomini Peso: 19,5 t Velocità massima: 40 km/h Armamento: un cannone da 47 mm SA
35 e una mitragliatrice coassiale MAC 1931 da 7,5 mm Corazzatura: da un massimo di 55
mm a un minimo di 20 mm |
Le illusorie vittorie
di Hitler: Brody-Dubno e Kiev.
Il 22 giugno 1941
iniziava l’Operazione Barbarossa, che nelle intenzioni dell’Alto comando
tedesco avrebbe dovuto spezzare sul nascere la resistenza dell’Armata Rossa,
costringendo alla resa prima del terribile inverno russo. Per ottenere un
simile successo la Wehrmacht contava sull’efficienza delle sue rapide divisioni
corazzate. Così, fin da subito, le vaste distese dell’Ucraina occidentale
divenne teatro di furiosi combattimenti di proporzioni mai viste prima. Già il
23 giugno, nell’area compresa tra le città di Brody, Dubno, Rovno e Luc’k, si
materializzò quello che fino all’estate del 1943 sarebbe rimasto il più grande
scontro di carri della storia, con quasi duemilatrecento mezzi (1500 da parte
sovietica e oltre 800 da parte tedesca) messi in campo complessivamente. La
Wehrmacht poteva schierare quattro esperte divisioni corazzate (Panzergruppe
1), inquadrate nel Gruppo d’armate sud, con un forte appoggio della Luftwaffe,
mentre i sovietici sette corpi meccanizzati (in realtà poi solo cinque
avrebbero preso parte allo scontro) dotati di numerosi tank leggeri e medi, ma
afflitti da inesperienza e poco organizzati. Fino ad allora la rapida avanzata
tedesca, favorita dalla debole resistenza dei reparti di fanteria della 6a
Armata russa, non aveva trovato ostacolo, tanto da creare un pericoloso cuneo
all’interno dello schieramento sovietico; eventualità che allarmò non poco il
comandante in capo dell’Armata Rossa, quel Georgij Zukov che si era già
distinto durante la Guerra russo-giapponese. per tale ragione, partire dal 24,
fece il possibile per riorganizzare le sue forze e sferrare un contrattacco ai
fianchi del cuneo corazzato tedesco. Azione che nonostante enormi difficoltà di
coordinamento, ebbe inizio il 26 e si protrasse per quattro lunghi giorni,
assumendo proporzioni colossali. Sebbene i carristi russi abbiamo dimostrato
determinazione e coraggio, alla fine ogni tentativo di bloccare l’avanzata su
Zitomir e Kiev fallì miseramente. I reparti di Zukov, dopo aver subito pesanti
perdite, furono costretti a ripiegare verso est, praticamente decimati. Il
coraggio sovietico non mascherò comunque forti lacune dal punto di vista
tattico, mettendo in luce l’inesperienza degli ufficiali di fronte alle nuove
sfide della guerra lampo, da imputare in primis alle terribili purghe
staliniane che avevano eliminati i quadri di comandi più validi. Le esperte
Panzer-Division rivendicarono centinaia di mezzi corazzati distrutti, almeno
800 secondo le stime più prudenti, ma nei rapporti stilati dagli ufficiali tedeschi
si può leggere, per esempio, che la sola 16a Panzer Division – impegnata tra il
27 e il 28 giugno – abbia distrutto ben 293 unità nemiche. Dal punto di vista
operativo i carri russi furono surclassati da quelli nemici per capacità di
manovra, disciplina e abilità di tiro, senza contare i gravi problemi causati
dai furibondi attacchi della Luftwaffe, che agì pressoché indisturbata. I
tedeschi si dimostrarono superiori, ma furono messi in difficoltà in più di un’occasione,
in particolare dall’apparizione dei primi temibili T 34, mezzi d’avanguardia
dotati di un’ottima corazzatura, mobilitò e armamento.
Ordine del Fuhrer. Hitler la definì la più
grande battaglia della storia. Senza dubbio gli eventi di Kiev, tra il 25
agosto e il 26 settembre 1941, rappresentarono la più imponente operazione
d’accerchiamento della storia militare moderna. Contro l’opinione dell’Alto
Comando tedesco, deciso a dare una svolta all’Operazione Barbarossa con la
strategica presa di Mosca, il Fuhrer diede ordine tassativo di puntare su Kiev
per potersi garantirsi il controllo delle aree minerarie e le immense riserve
agricole dell’Ucraina. L’inarrestabile avanzata dei primi mesi di guerra,
culminata nelle sconfitte sovietiche di Minsk e Smonlensk, aveva dimostrato
debolezza delle difese russe, ma alla vigilia dello scontro le armate sovietiche
si erano decisamente rinforzate. L’area interessata dalle operazioni, circa 135
chilometri quadrati, era un profondo saliente che si spingeva nelle linee
tedesche, le cui estremità erano costituite dai fiumi Desna a nord e Dnepr a
sud. I tedeschi avrebbero dovuto superarli per puntare su Kiev e per questo si
affidarono alle loro divisioni corazzate seguite a breve distanza dalle truppe
motorizzate, operazione che non poteva prescindere dalla superiorità aerea
garantita dalla Luftwaffe. L’obiettivo era attaccare le due estremità del
fronte per chiudere in una micidiale sacca quattro armate russe i cui effettivi
ammontavano ad almeno 760mila uomini e centinaia di carri. Tra il 25 e 26
agosto la 3a Divisione panzer del generale Model, schierata sul fronte nord,
riuscì a superare il fiume Desna con un attacco a sorpresa e a dilagare verso
sud, nonostante l’accanita resistenza dalla 13a Armata sovietica. nei giorni
successivi le difese nemiche sbandarono; i panzer tedeschi, guidati da
ufficiali determinati e con equipaggi perfettamente addestrati, dimostrarono,
se ce ne fosse stato ancora bisogno, un’incredibile mobilità e molti reparti
nemici rimasero isolati. Il 12 settembre anche i mezzi corazzati del generale
von Kleist, fino ad allora non operativi, sferrarono un poderoso attacco dal
settore sud del saliente e le prime linee russe cedettero di schianto. I mezzi
corazzati tedeschi, nonostante l’accanita resistenza, avanzarono per decine di
chilometri in territorio nemico. L’incubo di un aggiramento era ormai una
drammatica realtà; eppure Stalin, nonostante i resoconti sempre più allarmanti,
emanò l’ordine tassativo di non arretrare. E puntualmente il 15 settembre le
due morse della tenaglia si chiusero presso il ponte di Sstencia, oltre cento
chilometri a est di Kiev. L’accerchiamento era stato completato e solo a quel
punto, messo di fronte alla drammaticità dei fatti, Stalin fu costretto a dare
ordine di ripiegare. Troppo tardi però e l’esito fu disastroso. Le perdite si
rivelarono catastrofiche: circa 700mila uomini, tra morti e prigionieri. 28mila
pezzi d’artiglieria e centinaia di mezzi corazzati (411 secondo i sovietici,
almeno 900 se si dà credito alla versione tedesca).
Mezzi a confronto. |
|
Wehrmacht Panzer III Aust, F e H Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 21,5 t Velocità massima: 40 km/h Armamento: un cannone Kwk 38 da 50
mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92mm Corazzatura: frontale 50 mm.
laterale 30 mm. posteriore 50 mm Panzer IV Aust. B Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 22,3 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 37
cannna corta da 75 mm e 2 mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 30 mm. 20 mm
nelle altre zone Strurmgeschiitz III Categoria: carro d’assalto Peso: 19,6 t Velocità massima: 30 km/h Armamento: un cannone Stuk L/24 da
75 mm e una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 80 mm |
|
Armata Rossa BT 7 Categoria: carro leggero Equipaggio: tre uomini Peso: 13,9 t Velocità massima: 72 km/h Armamento: un cannone da 45 mm
l/46 e due mitragliatrici da 7,62 mm DT Corazzatura: scafo 6-40 mm.
torretta 10-15 mm T 34/76B Categoria: carro medio Equipaggio: quattro uomini Peso: 28 t Velocità massima: 55 km/h Armamento: un cannone 76,2 mm F-34
e due mitragliatrici DT da 7,62 mm Corazzature: 75 mm frontale,
laterale e posteriore KW 1 Categoria: carro pesante Equipaggio: cinque uomini Peso: 43 t Velocità massima: 28 km/h Armamento: un cannone da 76,2 mm
F-32 L/31.5 e 4 mitragliatrici DT 7,62 mm Corazzatura: 75 mm frontale e
laterale, 70 mm posteriore KV 2 Categoria: carro pesante Equipaggio: sei uomini Peso: 52,16 t Velocità massima: 25,6 km/h Armamento: un obice M-10 da 152 mm
e 3 mitragliatrici DT da 7,62 mm Corazzatura: 75 mm frontale,
laterale e posteriore |
L’inizio della fine:
El Alamein.
Lo stallo generatosi
con la Prima battaglia di El Alamein nel luglio del 1942 aveva trasformato
l’avanzata dell’Asse in Nordafrica in una guerra di posizione. Dopo la
brillante vittoria di Gazala a giugno e la successiva caduta di Tobruch,
l’Africa Korpos italo-tedesca agli ordini di Rommel era penetrata in Egitto con
l’obiettivo di occupare il canale di Suez e i pozzi petroliferi mediorientali.
Gli scontri di luglio però erano stati una doccia fredda per l’Alto comando.
Trincerati dietro due linee minate, a poco più di cento chilometri da
Alessandria d’Egitto, le truppe dell’Asse si trovavano in balia di un nemico
superiore in uomini e mezzi e con cronici problemi di rifornimenti a causa
della lontananza dei centri di approvvigionamento. Inoltre, panzer tedeschi a
parte (pur sempre inferiori di numero a quelli inglesi), gli italiani erano
limitati negli spostamenti dalla mancanza di mezzi e in particolar modo
denunciavano la scarsità di carri armati. La tanto attesa offensiva promessa da
Rommel tardava ad arrivare e di questo ne approfittarono le truppe del generale
Bernard Montgomery. Le sorti della Seconda battaglia di El Alamein, iniziata il
23 ottobre, presenta subito una brutta piega per l’Asse quando le truppe
corazzate inglesi, che potevano contare anche su 250 carri medi di produzione
americana M 4 Sherman, attaccarono il saliente settentrionale del fronte,
aprendo una breccia nella prima linea. Rommel sfruttò tutte le carte a sua
disposizione, ma lo strapotere inglese in termini di forze corazzate era
incolmabile. Il 2 novembre centinaia di tank inglesi si riversarono nelle linee
nemiche dopo un pesante fuoco di artiglieria. Rommel gettò nella mischia tutti
i suoi carri ma, sebbene riuscisse a ritardare l’avanzata nemica, si rese conto
di non poter resistere a lungo. I destini dell’Asse erano segnati; per le
truppe italiane in particolare, nonostante alcuni casi di grande eroismo e
coraggio (come il sacrificio della 132a Divisione corazzata Ariete e la strenua
difesa dei reparti della Folgore), il ripiegamento fu la parentesi più tragica:
senza mezzi di trasporto molti reparti furono costretti ad arrendersi. Solo
alcuni, dopo lunghe marce nel deserto, riuscirono a rientrare tra le linee. Il
bilancio per l’Asse era drammatico: 10mila morti, 15mila feriti e circa 450
carri armati perduti. Il successo britannico segnò il punto di svolta nella
campagna del Nordafrica, che si concluderà nel maggio 1943 con la resa delle
forze italo-tedesche in Tunisia.
Mezzi a confronto |
|
|
Asse |
Esercito britannico |
|
Panzer IV Ausf B Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 22.3 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 37 canna
corta da 75 mm e 2 mitragliatrici MG
34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 30 mm; 20 mm
nelle altre zone M14/41 Categoria: carro medio Equipaggio: quattro uomini Peso: 14,5 t Velocità massima: 35 km/h Armamento: un cannone da 47/32
mod. 39 e tre mitragliatrici Breda cat. 8 mm. Corazzatura: da 14 a 42 mm 75/18 Categoria: carro medio Equipaggio: tre uomini Peso: 13,1 t Velocità massima: 33.3 km/h Armamento: un obice da 75/18 e una
mitragliatrice Breda mod. 30 da 6,5 mm Corazzatura: frontale 50 mm.
laterale 25 mm |
Mk II Matilda Categoria: carro da fanteria Equipaggio: quattro uomini Peso: 27 t Velocità massima: 24 km/h Armento: un cannone Ordance Of 2
lh da 40/50 mm, una mitragliatrice Besa 7,92 mm, una mitragliatrice Bren da
7,7 mm Corazzatura: frontale da 65 mm,
laterale 65 mm, posteriore 55 mm, torretta 55 mm Mk III Valentine Categoria: carro da fanteria Equipaggio: quattro uomini Peso: 17 t Velocità massima: 24 km/h Armamento: un cannone QF 2-pounder
da 40 mm e una mitragliatrice Besa da 7,02 mm Corazzatura: da 8 a 65 mm M4 Sherman Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso; 30,3 t Velocità massima: 50 km/h Armamento: un cannone da 75 mm M3
L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici
Browning M1910A4 calibro 30 Corazzatura: da 50 a 80 mm a
seconda delle versioni |
|
L’azzardo di Rommel:
Kasserine.
Nel dicembre del 1943
la situazione dell’Asse in Nordafrica sembrava segnata. La cocente sconfitta di
El Alamein nel novembre del 1942e l’Operazione Torch culminata con lo sbarco
delle truppe americane in Marocco e Algeria, garantivano poche possibilità di
manovra. Lo spettro di una disfatta totale aveva messo in allarme Hitler, che
ordinò di combattere fino all’ultimo per ribaltare la situazione. Fu deciso
quindi di far affluire in Tunisia la 5a Armata corazzata del generale Jurgen
per coordinarsi con Rommel in ritirata dalla Libia e cercare di bloccare
l’avanzata alleata. L’Asse, agli inizi di febbraio, occupava buona parte della
Tunisia, a est l’Afrika Korps, completata la ritirata dalla Libia, si era
attestata sulla linea difensiva Mareth e teneva testa agli inglesi, mentre il
grosso delle truppe coordinate da Rommel fronteggiavano a ovest gli americani
che in quel momento occupavano la dorsale dell’Atlante. L’obiettivo era di
ricacciarli all’indietro utilizzando le truppe corazzate a disposizione e
contando sulla loro inesperienza nel combattimento. La battaglia di Kasserine,
iniziata il 14 febbraio, si giocò in due momenti distinti: uno tra il 14 e il
15 febbraio e l’altro il 18 e il 25. La prima fase vide una clamorosa vittoria
sulle truppe americane del generale Fredendall, che subirono una terribile
disfatta a Sidi Bon Zid, subendo l’impatto degli esperti carristi tedeschi; la
drammaticità degli eventi costrinse a ripiegare verso i passi dell’Atlante
occidentale praticamente senza combattere. Il 18 iniziava invece la seconda
fase. I carri di Rommel, supportati dalla fanteria meccanizzata, attaccarono su
tre direttrici le truppe nemiche schierate a difesa dei passi montati che, se
forzati avrebbero aperto la strada verso Tebessa e ributtato gli Alleati in
Algeria. Inizialmente l’offensiva non ottenne grandi successi: le truppe
alleate, a costo di forte perdite, riuscirono ad arginare il nemico. Solo il
20, dopo aspri combattimenti, i tedeschi riuscirono a sfondare al passo di
Kasserine per poi dilagare. Nel comando alleato si verificarono mementi di
forte nervosismo e panico che culminarono nella pressante richiesta di rinforzi
dal Marrocco. Rommel ordinò ai suoi reparti corazzati di avanzare il più
rapidamente possibile su due direttrici: Thala e Tebessa. Il 21 alcuni di essi
penetrarono a Thala, portando scompiglio tra le truppe nemiche, e furono
respinti dagli inglesi solo a costo di forte perdite. Era questione di tempo
però e alla fine lo strapotere in termini numerici degli Alleati si fece
sentire. Sparito l’effetto sorpresa, le truppe corazzate dell’Asse furono
bloccate. Rommel aveva capito che era inutile insistere e diede ordine di
ripiegare su posizioni difendibili. La battaglia di Kasserine fu l’ultimo successo
tattico delle forze italo-tedesche in Africa e una delle più pesante sconfitte
subite dall’sercito americano nella Seconda guerra mondiale.
Mezzi a confronto. |
|
|
Asse |
Esercito americano |
|
Panzer IV Ausf. F2 Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 22,3 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 40 da 75
mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 80 mm.,
laterale 30 mm, posteriore 20 mm Tiger I (Panzer VI) Categoria: carro pesante Equipaggio: cinque uomini Peso: 57 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 36 L/56 da
88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm e una nello scafo. Corazzatura: frontale 100 mm,
laterale 80 mm, posteriore 80 mm |
M3 Lee/Grant Categoria: carro medio Equipaggio: sei uomini Peso: 27,24 t Velocità massima: 40-42 km/h Armamento: un cannone fisso da 75
mm, cannone da 37 mm. e quattro mitraglieri da 7,62 mm Corazzatura: frontale 50 mm,
laterale 38 mm M4 Sherman Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 30,3 t Velocità massima: 50 km/h Armamento: un cannone da 75 mm M3
L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici
Browning M1919A4 calibro 30 Corazzatura: da 50 a 80 mm a seconda
delle versioni |
|
Apocalisse nella
steppa: Kursk
Nel luglio 1943 le
drammatiche sconfitte tedesche dell’inverno precedente, culminate con
l’annientamento della 6a Armata a Stalingrado, sembravano riassorbite. La
Wehrmacht, al comando del feldmaresciallo von Manstein, era riuscita a fermare
l’avanzata dell’Armata Rossa e nella terza battaglia di Char’kov, combattuta
tra il 19 febbraio e il 23 marzo, a sbarrare ai sovietici le porte
dell’Ucraina. Furono proprio queste premesse, e la particolare disposizione del
fronte che ne era seguita, a gettare le basi per un’altra offensiva estiva,
sferrata dai tedeschi il 5 luglio 1943, in prossimità del silente di Kursk, che
sarebbe passata alla storia come la più battaglia di mezzi corazzati mai
combattuta. La possibilità di tale operazione traeva origine dalla conformazione
del fronte, venutasi a creare al termine della controffensiva di marzo. Le
truppe sovietiche, infatti, avevano mantenute il controllo di un ampio
saliente, esteso per circa 180 chilometri e profondo 100, nella zona
circostante Kursk. Una testa di ponte che i tedeschi avevano tutte le
intenzioni di eliminare. Memori dei successi di Kiev, era possibile immaginare
una manovra a tenaglia in modo da chiudere i sovietici all’interno di una
colossale sacca. L’esercito tedesco nei mesi precedenti era stato potenziato e
rimesso in sesto: nuovi reparti proveniente dall’Europa, coadiuvati da
divisione delle Waffen-SS, erano affluiti al fronte con mezzi corazzati di
nuova concezione come i Panther e i Tiger. Ma le cose erano cambiate dal
settembre 1941 e ora la superiorità in termini di uomini e mezzi messi in campo
da Stalin era schiacciante. Il maresciallo Zukov, comandante in campo delle
forze sovietiche, inoltre, informato nei minimi dettagli dai servizi segreti
del piano nemico, aveva potuto organizzare un potente sistema difensivo su più
linee sulle direttrici d’attacco tedesco. Quando il 5 luglio l’offensiva prese
il via, l’esito non sembrava affatto scontato. Si stima che nei giorni
successivi più di duemila carri tedeschi e cinquemila sovietici si siano dati
battaglia. l’avanzata da nord della 9a armata tedesca si rivelò subito
difficile: lo sbarramento dell’artiglieria sovietica fu intensissimo e le linee
di difesa difficili da superare. Il 6 luglio, considerati gli scarsi successi
ottenuti, il generale tedesco Walter Model decise di impiegare altre tre
divisioni corazzate, ma fu del tutto inutile. Ora il successo dell’operazione
dipendeva dal saliente sud. qui la situazione sembrava più promettente. Dal 5
al 13 luglio i panzer riuscirono a fare arretrare il fronte sovietico e
attaccarono il nodo strategico di Prochorovka, dove si accese una furibonda
battaglia. dopo ore di scontri, con perdite pesanti da ambo le parti, l’attacco
fu fermato. E proprio in quel frangente Hitler diede ordine di sospendere le operazioni:
la necessità di spostare truppe nei Balcani ed in Italia era prioritaria. La
battaglia di Kursk era terminata con un nulla di fatto e per i tedeschi si era
trattato di una terribile sconfitta strategica, costata 50mila morti e quasi
trecento carri armati completamente distrutti, altri duecento furono recuperati
e rimessi in servizio. I sovietici patirono almeno 177mila tra morti, feriti e
prigionieri e quasi 1500 carri fuori uso. Per la Werhrmacht il fallimento
dell’operazione e le pesanti perdite subite, in particolare tra i reparti
corazzati da poco riorganizzati, resero
quasi impossibile la difesa del fronte orientale.
Mezzi a confronto |
|
|
Wehrmacht |
Armata Rossa |
|
Panzer IV F2 Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 22,3 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 40 da 75
mm e due mitragliatrici MG34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 80 mm,
laterale 30 mm, posteriore 20 mm Panzer V Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 45,4 t Velocità massima: 55 km/h Armamento: un cannone Kwk 42 da 75
mm, una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone una nello scafo Corazzatura: frontale 100 mm
torretta, 60 mm scafo, posteriore 45 mm torretta, 40 mm scafo. TIGER I (Panzer VI) Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso 57 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 36 L/56 da
88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm, posteriore 80 mm |
T 70 Categoria:Carro leggero Equipaggio: due uomini Peso: 9,31 t Velocità massima: 45 km/h Armamento: un cannone da 45 mm e una
mitragliatrice da 7,62 mm Corazzatura: variabile da un minimo
di 10 a un massimo di 60 mm T34/76B Categoria: carro medio Equipaggio: quattro uomini Peso: 28 t Velocità massima: 55 km/h Armamento: un cannone 76,2 mm F34 e
due mitragliatrici DT da 76,2 mm Corazzatura: 75 mm frontale,
laterale e posteriore. T 34/85 Categoria: carro medio Equipaggio: 5 uomini Peso: 32 t Velocità massima: 55 km/h Armamento: un cannone 85 mm.
Zis-s-54 L54,6 e due mitragliatrici DT da 7,62 mm Corazzatura: scafo 90 mm frontale,
45 mm laterale, 45 mm posteriore. |
|
La zampata di Patton:
Arracourt.
Lo sbarco alleato in
Normandia nel giugno del 1944 e la rapida avanzata in Francia dei mesi
successivi avevano costretto le unità della Wehrmacht a difesa del settore meridionale,
a un rapido ripiegamento verso nord, conclusosi a settembre con la
stabilizzazione del fronte lungo la Mosella, nell’intento di mantenere il
controllo di Alsazia e Lorena. Nonostante gli sforzi, però, la 3a Armata
americana del generale Patton, era riuscita a conquistare un’estesa testa di
ponte oltre il fiume, liberando la città di Nancy il 15 settembre. Per ricacciare
indietro il nemico il Comando supremo tedesco approvò un contrattacco con l’obiettivo
di riconquistare il nodo strategico di Luneville, anche se nelle ambizioni di
Hitler s’ipotizzava una rapida sconfitta dell’avversario con inseguimento oltre
la Mosella. Un piano ambizioso che si basava sulle indubbie capacità delle
forze corazzate tedesche nelle operazioni manovrate e su un’ipoteca mancanza d’esperienza
di quelle nemiche. Un quadro idilliaco che bene presto però sarebbe stato
ridimensionato. Le forze del generale von Manteuffel, costituite da circa 350
panzer IV e V, si lanciarono all’attacco il 18 settembre nel settore di
Arracourt, agevolate dalle pessime condizioni climatiche che privavano le forze
americane del supporto aereo. Eppure, fin dal primo giorno, nonostante l’indiscussa
superiorità numerica, le Panzer Brigade, che disponevano di mezzi moderni, si
trovarono in forte difficoltà di fronte agli esperti e determinati equipaggi
della 4a Divisione corazzata americana, subendo forti perdite. Le cause
principali erano imputabili a incomprensibili errori tattici nel dispiegamento
delle unità da parte del comando. In molti casi i tank americani riuscirono a
manovrare senza essere visti, ingaggiando combattimenti ravvicinati che
annullavano la superiorità dei panzer tedeschi e gli uomini di Patton tennero
le posizioni piuttosto agevolmente. Nel complesso, tra il 18 e il 19 settembre
misero fuori gioco ben 43 carri nemici, perdendo solo tre caccia carri M18 e
cinque Sherman. A partire dal giorno successivo inoltre l’intervento dell’aviazione
rese il bilancio per i tedeschi ancora più drammatico, provocando ulteriori
perdite e disturbando il coordinamento tattico. Il 22 settembre la Wehrmact
contava quasi un centinaio di mezzi distrutti e reparti corazzati decimati. Patton
avrebbe potuto approfittare della situazione per un’ulteriore spallata, ma le
direttive del comando, per mancanza di rifornimenti, furono di rimanere su
posizioni difensive. Ciò fu interpretato da Manteuffel, così come da molti
ufficiali tedeschi, come un segnale incoraggiante. A partire dal 27 settembre
pertanto furono nuovamente mandate all’attacco tutte le forze corazzate
disponibili per due giorni interi. E anche in questo caso il bilancio fu
tragico: dei 262 carri armati a disposizione 86 furono distrutti e 114
danneggiati.
L’ultima offensiva del
Fuhrer: Ardenne, Belgio 15 dicembre 1944 – 28 gennaio 1945
Il 16 settembre 1944 le
forze corazzate tedesche, dopo un pesante sbarramento d’artiglieria,
attaccarono attraverso la foresta innevata delle Ardenne le postazioni della 1a
Armata statunitense, cogliendola di sorpresa. Iniziava quella che nella
letteratura anglosassone è nota come “Battle of the Bulge”, l’ultima grande
offensiva strategica del Terzo Reich sul Fronte occidentale Hitler, con questa
mossa sperava di ributtare gli Alleati sulla costa fino al porto di Anversa. Alla
vigilia dell’attacco le unità della Wehrmacht, affiancate da due reparti di
Waffen SS, erano state rafforzate, anche se le truppe alleate mantenevano una
netta superiorità di uomini e mezzi. I tedeschi tuttavia, concentrando le forze
corazzate in quel settore, speravano di cogliere di sorpresa le difese locali
per poi avanzare in profondità senza dare al nemico il tempo di reagire. I primi
giorni dell’offensiva fornirono dati contrastanti. Una furibonda resistenza a
nord del fronte, in prossimità dei villaggi di Rocherat e Krinkelt, impedì l’avanzata
delle Waffen SS, mentre più a sud la conquista del varco di Losheim garantì
favorevoli prospettive per l’avanzata verso ovest. I maggiori successi si
registrarono sul fiume Our: lo sfondamento nel settore della 28a Divisione aprì
la strada per Bastogne e la Mosa. Il generale Model però, a differenza di
Hitler, non esultò, conscio che passata la sorpresa le forze alleate sarebbero
passate al contrattacco, nel settore nord poi le SS erano state bloccate. Mentre
le truppe corazzate del generale Manteuffel proseguivano verso la Mosa e
Bastogne stava per essere accerchiata, si consumò la disfatta di due reggimenti
della 106a Divisione fanteria statunitense, rimasti circondanti nello Schnee
Eifel. Il pomeriggio del 19 settembre, dopo un tentativo di rompere l’assedio s’arresero
e furono catturati ottomila uomini. Ma alla vigilia di Natale la principale
linea d’attacco fu fermata. era chiaro che l’esercito tedesco non era più in
grado di resistere alla pressione nemica. Sin dal 25 dicembre si registrarono
le prime controffensive verso Bastogne, poi dal 3 aveva avuto inizio sul Fronte
orientale l’offensiva sovietica sulla Vistola e in Prussia Orientale, che in
pochi giorni avrebbe sbaragliato le difese tedesche arrivando a soli 80
chilometri da Berlino. La battaglia delle Ardenne era fallita, così come ogni
speranza d’evitare l’invasione della Germania.
Mezzi a confronto per battaglie di
Arracourt e Ardenne |
|
|
Wehrmacht |
Alleati |
|
Panzer IV F2 Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 22,3 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 40 da 75
mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm Corazzatura: frontale 80 mm,
laterale 30 mm, posteriore 20 mm Panzer V Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 45,4 t Velocità massima: 44 km/h Armamento: un cannone Kwk 42 da 75
mm. una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone e una nello
scafo Corazzatura: frontale 100 mm
torretta, 80 mm scafo, laterale 45 mm torretta, 50 mm scafo, posteriore 45 mm
torretta, 40 mm scafo. Tiger I Panzer VI Categoria: carro pesante Equipaggio: cinque uomini Peso: 57 t Velocità massima: 42 km/h Armamento: un cannone Kwk 36 L/56
da 88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm e una nello scafo Corazzatura: frontale 100 mm,
laterale 80 mm, posteriore 80 mm Tiger II Panzer VI Categoria: carro pesante Equipaggio: cinque uomini Peso: 68,7 t Velocità massima: 35 km/h Armamento: un cannone 88 mm Kwk 43
L71,2 e due mitragliatrici MG34 da 7,92 mm Corazzatura: variabile da un
massimo di 185 mm a un minimo di 40 mm |
M4 Sherman Categoria: carro medio Equipaggio: cinque uomini Peso: 30,3 t Velocità massima: 50 km/h Armamento: un cannone da 75 mm M3
L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici
Browning M1919A4 calibro 30 Corazzatura: da 50 a 80 mm a
seconda delle versioni Sherman Firefly Categoria: carro medio Equipaggio: quattro uomini Peso: 35 t Velocità massima: 40 km/h Armamento: un cannone QF 18
pounder da 76,2 mm. una mitragliatrice browning M2HB calibro 50 e due
mitragliatrici Browning M1919A4 calibro 30 Corazzatura: massima 89 nella
torretta M18 Helicat Categoria: caccia-carri Equipaggio: cinque uomini Peso: 17 t Velocità massima: 88,5 km/h Armamento: un cannone da 76 mm M7,
una mitragliatrice da 12,7 mm M 2 Corazzatura: da 9 a 25 mm M10 Wolverine Categoria: caccia-carri Equipaggio: cinque uomini Peso: 29 t Velocità massima: 51 km/h Armamento: un cannone da 76 mm M7,
una mitragliatrice da 12,7 mm M2 Corazzatura: massima 37 mm |
|
Articolo di Antonio
Ratti pubblicato su Storie di guerre e guerrieri n. 6 – altri testi e immagini
da wikipedia.
Nessun commento:
Posta un commento