sabato 28 novembre 2020

Le più grandi battaglie di carri armati della storia.

 

Le più grandi battaglie di carri armati della storia.

Quasi un secolo fa, il 15 gennaio 1916, nel pieno della battaglia della Somme, le truppe tedesche si trovarono per la prima volta a tu per tu con dei carri armati: terrificanti mostri d’acciaio, insensibili alle pallottole, in grado di sbriciolare il filo spinato e devastare le trincee. Fu un vero shock e molti si arresero senza combattere. Il mezzo corazzato era nato da una precisa esigenza: avere la meglio sui dispositivi difensivi che avevano reso la Prima guerra mondiale un terribile conflitto di posizione. Un’arma innovativa che, se perfezionata, avrebbe potuto imprimere una svolta alla concezione strategica e tattica dei futuri conflitti. E se durante la Grande Guerra il carro armato fu un’iniziativa venuta dall’intraprendenza anglo-francese, nei decenni successivi furono i tedeschi a comprenderne il vero valore, arrivando a rivoluzionare il modo d’interpretare la guerra. Fu la Germania nazista a dare inizio a uno sviluppo vero e proprio delle forze corazzate, sotto la supervisione del generale Heinz Guderian, fu intrapresa la produzione di carri leggeri armati di mitragliatrici, e altri di un tipo medio come il Panzer III e il Panzer IV (con un cannone a canna corta da 75 millimetri), che univano buona mobilità e sufficiente corazzatura a un’efficace potenza di fuoco. Nel 1935 furono costituite tre divisioni corazzate (Panzer-Division) e due anni dopo cinque divisioni leggere con un buon equilibrio tra carri e fanteria. Questi reparti, impiegati con successo nel 1939 contro la Polonia e nel 1940 contro la Francia, furono alla base della guerra lampo che portò le truppe naziste alle rapide vittorie dei primi anni del conflitto. Inglesi e in special modo francesi, nonostante disponessero di buoni carri da combattimento, furono lettermente surclassati sul piano strategico e tattico. Anche i reparti corazzati che attaccarono la Russia nel giugno del 1941 erano composti per lo più da modelli del tipo sopramenzionato. Contrariamente a quanto si può pensare, alla vigilia del Secondo conflitto mondiale l’Unione Sovieta era dotata di alcuni dei migliori carri armati al mondo; le sanguinose epurazioni di Stalin, operate tra il corpo ufficiali, ne avevano minato però l’efficacia sul campo di battaglia. E infatti il loro impiego a supporto della fanteria, in qualità di artiglieria mobile, si dimostrò una tattica inefficace e sorpassata, portando alle drammatiche sconfitte dei primi mesi del conflitto. A Operazione Barbarossa inoltrata però, quando la Wehrmacht incontrò i T34 russi, tutti cari presenti sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale diventarono di colpo obsoleti. Ciò che rendeva rivoluzione questo mezzo era un buon equilibrio fra mobilità, protezione e armamento (un cannone da 76 millimetri), che gli permetteva di surclassare i carri armati avversari.

Caratteristiche così rivelanti erano state ottenute con l’utilizzo di sospensioni che garantivano un significativo rapporto fra larghezza dei cingoli e velocità, anche con motori relativamente poco potenti; la corazzatura era stata studiata (in particolare l’inclinazione) per limitare lo spessore e quindi il peso del mezzo. La comparsa di questo carro fu un brutto risveglio per l’Alto comando tedesco, che tuttavia rispose con un progetto estremamente valido, tanto da essere considerato uno dei migliori carri del conflitto: il Panzer V (Panther), dotato di un potente cannone da 75 millimetri a canna lunga. Questo modello si dimostrò però afflitto, almeno nelle prime serie, da problemi di affidabilità, corretti solo nelle versioni successive. Insieme al Panther furono prodotti anche i carri pesanti Tiger I e II, dotati di minore mobilità ma di un armamento più potente, grazie al cannone da 88 millimetri. Nessuno dei carri alleati poteva sulla carta competere con questi tank; solo i russi riuscirono a rivaleggiare con la Wehrmacht producendo la serie JS (JS2 e JS3) dotata di grande protezione e un pezzo da 122 millimetri. Gli Stati Uniti, invece, per tutta la Seconda guerra mondiale non riuscirono a disporre di un carro armato in grado di competere con le ultime versioni di quelli tedeschi, ma le loro divisioni corazzate raggiunsero un ottimo livello d’efficienza operativa: erano infatti organizzate in modo da coniugare buona potenza di fuoco e mobilità come supporto alla fanteria motorizzata. Il carro armato più significativo prodotto dagli americani fu l’M4 Sherman, dotato di un cannone da 75 millimetri, che fra l’altro fu il mezzo costruito nel maggior numero di esemplari nel corso del conflitto, trovando impiego anche nelle file della Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia.

I carri armati in pratica furono usati in tutti i teatri operativi, come forza d’urto, appoggio alla fanteria e artiglieria mobile; e proprio come il Secondo conflitto mondiale fu una guerra totale, anche quest’arma fu impiegata al massimo delle sue potenzialità. È nelle grandi steppe dell’Unione Sovietica, nei vasti deserti del Nordafrica e nelle pianure dell’Europa Occidentale che il loro utilizzo ha trovato la massima consacrazione. Qui sono avvenute le più grandi e spettacolari battaglie che la storia ricordi. Ecco le più significative.

 


Tattiche per l’impiego dei carri armati 

 

Un Mark I male appena sbarcato sul fronte della Somme
Descrizione



Sfondamento trincee (Prima Guerra Mondiale). I carri armati nacquero in Gran Bretagna tra il 1915 e il 1916, e il primo impiego avvenne sul finire della Prima guerra mondiale. Essi furono pensati come mezzo che doveva rompere lo stallo sul fronte occidentale: l’interminabile rete di trincee e reticolati che correva lungo il fronte aveva reso costosissimo e quasi inutile ogni assalto delle fanterie. Le maggiori potenze si concentrarono sul tentativo di trovare uno strumento che fosse in grado di creare una breccia. I carri armati nacquero per questo motivo: dovevano essere in grado di attraversare la terra di nessuno limitando i danni subiti normalmente dai fanti, travolgere il filo spinato e superare le trincee nemiche. Il loro impiego tattico era quello di arieti destinati a operare uno sfondamento che permettesse alle fanterie di seguirli per penetrare in profondità nelle linee nemiche attraverso i varchi aperti dai tank i carri riuscirono solo in parte in questo scopo: nella prima offensiva massiccia del novembre 1917 a Cambrai, gli inglesi schierarono 476 carri ma ne persero un terzo durante il primo giorno. Lo schema prevedeva di attaccare in gruppi di tre carri, portando materiale utile a superare le trincee. La fanteria seguiva eliminando i nemici, spesso sorpresi dal pauroso attacco dei tank. A fine guerra si ebbe il primo scontro tra mezzi corazzati, a Villers-Bretonnex il 24 aprile 1918: i carri inglesi e tedeschi operavano come al solito a protezione della fanteria, ma si trovarono faccia a faccia e cominciarono un duello a colpi di cannone, danneggiandosi a vicenda.

 

Artiglieria mobile (guerra di Spagna)

“I piccoli carri italiani erano tanto impotenti contro i blindati dei governativi quanto dei battelli guardacoste contro delle corazzate”, scrive Ernest Hemingay descrivendo quella che si può definire la prima vera battaglia tra unità di mezzi blindati. Essa si svolse nel marzo 1937 a Guadalajara, durante la Guerra civile spagnola. L’esercito italiano inviato da Mussolini a supporto di Franco aveva deciso di avanzare su Madrid. Elemento decisivo di questo attacco dovevano essere i circa 80 carri leggeri CV 33 e 35 Ansaldo, già impiegati con successo in Etiopia. Armati di mitragliatrici, il loro impiego tattico doveva essere quello tradizionale, un cuneo per attraversare le linee nemiche e aprire la strada alla fanteria. Compito inizialmente svolto con buon successo. Poi però a causa del cattivo tempo i carri iniziarono a impantanarsi nel fango e a perdere manovrabilità a causa dell’affollarsi delle truppe bloccate dal crollo dei ponti. Questo perse ai repubblicani spagnoli di riorganizzarsi, così da Madrid giunsero al fronte i carri T26B sovietici, armati di cannoni da 45 millimetri. La loro tattica di impiego fu semplice: come cannoni semoventi dovevano dare la caccia ai piccoli e fragili mezzi italiani e distruggerli. Ci riuscirono senza troppi problemi, una lezione molto importante per gli studiosi di tattica per l’impiego dei mezzi corazzati: si comprese quanto fosse importante la potenza di cannoni e corazze, che non lasciava margine di manovra ai mezzi meno possenti.

 

Panzerkeil (Seconda guerra mondiale)

La Blitzkrieg tedesca aveva il suo elemento centrale nell’uso dei mezzi meccanizzati. Questa tattica si basava su una grande interazione fra le forze in campo, coordinando soprattutto l’impiego dei mezzi a terra con l’artiglieria e gli attacchi aerei finalizzati a indebolire i punti di resistenza dei nemici. L’impiego delle Panzer Division fu basato su una tattica denominata Panzerkeil, un potente cuneo corazzato con il compito d’infrangere le difese in linea e penetrare in profondità in territorio nemico, per poi mettere in atto una manovra avvolgente con lo scopo di circondare le forze avversarie e neutralizzarle. Al vertice di un Panzerkeil erano disposti carri armati pesanti che si aprivano a freccia, proteggendo una seconda e terza linea composta da carri medi, leggeri e semoventi, seguiti da veicoli corazzati per il trasporto truppe. Dopo che i carri armati avevano concentrato i propri sforzi in un punto ben preciso aprendo una breccia, ai panzer più veloci spettava il compito di penetrare velocemente in profondità, e le unità di fanteria motorizzata potevano avanzare all’interno del varco per eliminare le ultime resistenze. Le colonne dei reparti corazzati, mossesi in profondità, davano vita a una rapida manovra avvolgente per attaccare alle spalle il resto delle unità nemiche ancora schierate sulla linea del fronte.

 

Protezione dei fanti (Seconda guerra mondiale).

L’impiego dei carri come ausiliari a protezione della fanteria è stato l’uso tipico fin dalle origini, espressamente previsto già dai primi manuali tattici e dalle dottrine militari britannica e francese. Mentre i tedeschi in Spagna misero a punto la guerra lampo e formarono divisioni corazzate, i francesi, studiando quella stessa esperienza, si rafforzarono nella convinzione che i tank potevano essere utili solo come appoggio dei soldati a piedi. L’uso estremo di questa tattica venne condotto dai sovietici. Essi infatti prevedevano che i carri armati fossero di sostegno ai fanti, addirittura precedendoli fisicamente per fare da schermo con il loro corpo corazzato, frapponendosi fra il fuoco nemico e i soldati. Nelle avanzate in campo aperto – comuni nelle distese dell’Europa orientale – i tank russi procedevano affiancati tra loro, seguiti da fanti incolonnati nella loro scia in cerca di protezione. Tanto è vero che i sovietici, a differenza dei tedeschi, non avevano divisioni corazzate, ma solo  reparti di carri armati all’interno delle divisioni di fanteria. Questa tattica di inizio guerra si dimostrò però poco efficace di fronte alla grande potenza di fuoco tedesca. In seguito i sovietici modificarono la strategia e cominciarono a schierare una grane massa di tank, con i quali combatterono le più grandi battaglie di corazzati della storia, come a Kursk.

 

Centrali di fuoco e controllo (Dalla Cecenia al Medio Oriente).

I carri armati sono diventati un mezzo comune in qualsiasi esercito, ma da molto tempo è raro che si combattano guerre in cui si possa verificare una vasta battaglia fra carri armati contrapposti. Le grandi potenze hanno sviluppato un nuovo impiego dei tank, diventati ormai delle grandi centrali di fuoco supportate da strumenti informatici avanzati. Tanto i russi in Cecenia quanto gli israeliani nei territori palestinesi e gli americani in Iraq sempre più spesso usano i tank come nucleo centrale di un blocco stradale posto a controllare un’area urbana. Da questa postazione il carro può fare fuoco anche a distanza e al contempo offre protezione e copertura ai fanti. In Cecenia i carri russi iniziarono la guerra precedendo le truppe, ma così finirono in molte imboscate; di conseguenza in seguito assunsero la nuova tattica, restando alle spalle dei soldati e dimostrandosi molto più efficaci.

 

Il genio di Zukov Khalkhin Gol


 
Carri sovietici BT-7 durante gli scontri a Khalkhin Gol

Il 16 settembre 1838 la battaglia di Khalhin Gol aveva emesso un verdetto molto interessante: per la prima volta l’impiego tattico di forze corazzate era stato in grado di mutare rapidamente il corso degli eventi bellici. Inquadrata nel contesto del Conflitto russo-giapponese (1937-1945), fu combattuto lungo il confine mongolo-siberiano tra l’Armata Rossa e l’esercito imperiale del Sol Levante per dispute di confine. Lo scontro ebbe inizio nel maggio 1939 dopo l’occupazione mongolo-sovietica del territorio conteso, a cui i giapponesi reagirono con fermezza. Se il mese di maggio fu caratterizzato da scaramucce localizzate, tra giugno e luglio l’esercito nipponico scatenò un pesante attacco su tutto il fronte, potendo disporre di una significativa superiorità numerica, quantificabile in 75mila uomini, 200 carri armati e una forte componente aerea (almeno 450 velivoli). Furono fermati dopo una serie di limitati successi territoriali dall’arrivo di rinforzi sovietici alla guida del generale Georgij Zukov, a cui fu data carta bianca. Al comando del 1° Gruppo d’Armate, forte di 57mila uomini, 500 carri armati e 450 autoblindo, mise in atto una strategia innovativa, impiegando tutte le forze corazzate a sua disposizione. Dopo aver stabilizzato il fronte e simulato una strategia improntata sul totale difensivismo, il 20 agosto, con condizioni climatiche proibitive (la temperatura superava i 40° C), decise di passare all’offensiva su tutta la linea con un attacco frontale, tenendo però due brigate corazzate in posizione arretrata.  Nelle sue intenzioni avrebbero dovuto muoversi sui fianchi dello schieramento nemico, penetrare in profondità e compiere una manovra avvolgente per metterlo in trappola. In pochi giorni l’armata imperiale giapponese che disponeva di carri piuttosto antiquati (tank medi Type 89 Yi-Go e leggeri Type 95 Ha-Go) si trovò in grosse difficoltà, incapace di reggere alla pressione nemica, finendo con l’essere circondata. Nello specifico lo scontro dimostrò una netta superiorità tecnologica dei carri russi, come il BT5 e in particolare il T26, precursore del temibile T 34 che sarebbe diventato nel corso del conflitto la punta di diamante delle divisioni corazzate dell’Armata Rossa, in grado di perforare con facilità la limitata corazzatura dei carri nipponici. E infatti, a tale riprova, va ricordato lo scontro avvenuto il 2 luglio quando le forze corazzate del Sol Levante attaccarono  la 9a Brigata motocorazzata sovietica, perdendo 42 dei 73 carri a disposizione, messi fuori uso uno dopo l’altro dai potenti cannoni anti-carro da 45 millimetri. Nonostante indubbi atti d’eroismo, come assalti all’arma bianca contro i reparti corazzati, per le forze del generale Komatsubara lo scontro terminò in pochi giorni con una resa incondizionata, condannando il Giappone a un umiliante trattato di pace. Le indubbie capacità strategiche e tattiche messe in luce da Zukov avrebbero potuto essere l’inizio di un’efficace dottrina d’impiego delle forze corazzate in grado di evitare le clamorose sconfitte patite dai sovietici nella fase iniziale dell’Operazione Barbarossa (giugno 1941) contro le armate naziste. Ma le pesanti epurazioni volute da Stalin nel corpo ufficiali privarono l’Armata Rossa, non fu in grado di evitarle. Solo a partire dal 1943, quando ebbe carta bianca, seppe trasformare le forze corazzate in un corpo efficiente in grado di cambiare il corso del conflitto.

 

Mezzi a confronto: Armata Rossa

Esercito imperiale giapponese

BT 5

Categoria: carro leggero

Equipaggio: tre uomini

Peso: 11,5 t

Velocità massima: 72 km/h

Armamento: 1 cannone da 45 mm Mod. 32 e una mitragliatrice BT

Corazzatura: 6-13 mm

 
 




Type 95 Ha-Go

Categoria: carro leggero

Equipaggio: 3 uomini

Peso: 7,41 t

Velocità massima: 45 km/h

Armamento: 1 cannone Type 97 da 31 mm e due mitragliatrici Type 97 da 7,7 mm

Corazzatura: frontale 9-12 mm. laterale 12 mm

 

 
 




T 26

Categoria: carro leggero

Equipaggio: tre uomini

Peso: 10,5 t

Velocità massima: 30 km/h

Armamento: un cannone da 45 mm 20K mod 1932-34 e due mitragliatrici Degtyaryov da 7,62 mm

Corazzatura: massima 25 mm, minima 15 mm





Type 90 Yi-Go

Categoria: carro medio

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 14 t

Velocità massima: 27 km/h

Armamento: un cannone Type 90 da 57 mm e due mitragliatrici Type 91 da 6,5 mm

Corazzatura: frontale 17 mm. laterale 17 mm

 

 


 

La beffa della Marginot: Hannut (Belgio, 12-14 maggio 1940)

 

Carta con le direttrici dell'avanzata tedesca durante il Fall Gelb


Il 10 maggio 1940 l’esigenza di evitare le difese della linea Marginot, e con esse lo spettro di una logorante guerra di posizione, portò l’esercito tedesco a elaborare il piano Fall Gelb, ovvero l’invasione dei Paesi Bassi con l’obiettivo di aggirare le difese francesi. E proprio nella località belga di Hannut, tra il 12 e il 14 maggio, si materializzò il primo grande scontro tra carri armati della Seconda guerra mondiale con oltre un migliaio di mezzi corazzati da ambo le parti. Dopo tre giorni d’intensi combattimenti le Panzer-Division del generale Erich Hoepner riuscirono, a costo di grandi sforzi, ad avere la meglio su due divisioni meccanizzate francesi (Division Légère Mécanique), dimostrando nel complesso una superiorità tattica in virtù di una maggiore coordinazione e capacitò di manovra. Dopo aver aperto un varco nel sistema difensivo alleato presso Gembloux, le truppe corazzate tedesche vi si riversarono, bloccando le forze mobili francesi più efficienti in un settore secondario del fronte. Il comando alleato rimase ingannato da questa mossa, pensando che fosse la vera direttrice d’attacco, quando invece lo sforzo principale fu effettuato più a sud verso la Mosa, tra Dinant e Sedan. Si può dire che dopo Hannut il destino della Francia era ormai deciso. Eppure, se lo scontro dal punto di vista tattico fu un chiaro successo tedesco, strategicamente parlando l’esercito francese riuscì nell’intento di rallentare l’avanzata nemica quanto bastava per permettere ai reparti di fanteria di attestarsi su posizioni più salde. Le perdite da ambo le parti furono gravi, i tedeschi però, rimanendo padroni del campo di battaglia, riuscirono a rimettere in sesto parte dei mezzi danneggiati grazie all’efficienza dei loro reparti di manutenzione. Nel complesso le due Division Légère Mécanique persero un centinaio di mezzi 75 leggeri H35/39 e 30 medi Somma S 35, mentre la Wehrmacht dovette fare il conto di 49 totalmente distrutti, altrettanti furono recuperati. Le divisioni francesi combatterono con coraggio, nonostante la cronica mancanza di coordinamento, mettendo in difficoltà le forze tedesche, che palesarono alcuni punti deboli: limitata corazzatura per i carri leggeri Panzer I e II e armamento inadeguato per il Panzer III (il cannone da 37 millimetri non era in grado di perforare la corazza dell’S 35, il cui pezzo da 47 mm invece si rivelò eccellente). Per ovviare a queste limitazioni i carristi tedeschi dovettero pertanto manovrare sui fianchi o ricorrere a combattimenti ravvicinati. Dal canto loro invece i tank francesi erano privi di apparati radio, cosa che ne riduceva drasticamente la mobilità e li rendeva facilmente aggirabili, mentre la capacità di fuoco era ridotto o rallentata dalla presenza di solo tre uomini d’equipaggio. Hannut fu l’unico vero scontro della Campagna di Francia in cui le forze corazzate francesi furono impiegate in maniera massiccia; nelle settimane successive infatti sarebbero state disperse in piccoli gruppi, a supporto della fanteria, non riuscendo più a incidere in alcun modo sul generale andamento della guerra.

 

L’ultimo contrattacco: Arras (21 maggio 1940)

L’inizio della Campagna di Francia era stato un vero e proprio trauma per l’Alto comando alleato: la rapidità con cui le divisioni corazzate tedesche avevano sfondato il fronte a Sedan (13 maggio 1940), spingendosi rapidamente verso nord, non aveva precedenti. Il 21 maggio, a ulteriore dimostrazione della gravità della situazione, alcuni reparti avanzati della Pansergruppe Kleist avevano raggiunto la foce della Somme, portando a termine l’accerchiamento del grosso della 1a Armata francese e del Corpo di spedizione britannico (BEF), operanti ai confini con il Belgio. Il rischio che questo contingente venisse annientato completamente dalla travolgente avanzata dai reparti della Wehrmacht era pertanto una realtà sempre più concreta. Se il governo inglese inizialmente valutò la possibilità di un ripiegamento verso Dunkerque qualora le circostanze l’avessero imposto, in un secondo tempo propense, in base a un piano elaborato dal generale Maxime Weygand, per un attacco verso sud con le avanguardie corazzate tedesche, nella speranza d’aprirsi un varco verso il resto delle linee francesi. Furono pertanto ammassati rifornimento presso la cittadina di Arras per organizzare, quanto prima, un contrattacco. Le forze disponibili, affidate al generale Harold Franklyn, erano costituite da un gruppo d’assalto, chiamato Frankforce, costituito da due brigate corazzate (la Brigata corazzata inglese e 3a Division Légère Mécanique) e due divisioni di fanteria. Nel pomeriggio del 21 maggio poco più di settanta carri armati, supportati da due battaglioni di fanteria, si lanciarono all’attacco nel settore di Cambrai con l’obiettivo di spezzare le linee della 7° Panzer Division. Sebbene l’attacco fosse stato condotto da forze tutto sommato esigue ebbe inizialmente un certo successo, in particolare grazie ai carri inglesi che riuscirono a fare breccia nelle linee nemiche: nello specifico nel settore del reggimento motorizzato SS Totenkopf, i cui cannoni anticarro da 37 millimetri non poterono nulla contro la pesante corazzatura dei carri britannici Matilda. Per tale ragione il generale Rommel, a capo della 7a Panzer Division, per scongiurare la rottura del fronte fu costretto a riposizionare i reparti d’artiglieria su linee di difesa più arretrate, per arrestare la carica dei tank avversari. Dopo un lungo cannoneggiamento la contromossa tedesca ebbe successo, fermando l’impeto dell’attacco britannico. La stesa Luftwaffe dovette intervenire per dare manforte alle truppe corazzate tedesche a quel punto cercarono d’inseguire le forze nemiche in ritirata, finché l’intervento delle seconde linee francesi riuscii a riequilibrare lo scontro sulle posizioni di partenza.

Sebbene la battaglia sia terminata con un nulla di fatto, è possibile che il grosso pericolo corso abbia fatto ravvedere l’Alto comando tedesco sull’opportunità di non rischiare troppo facendo avanzare i reparti corazzati senza supporto. Ed infatti il generale Gerd von Rundstedt, comandante del Gruppo d’armate A, ebbe modo di affermare in seguito: “Per qualche tempo si temette che le nostre forze corazzate restassero isolate prima che a dar loro manforte sopraggiungessero le divisioni di fanteria”. Questo potrebbe essere la spiegazione più plausibile alla momentanea interruzione dell’avanzata verso i porti della Manica, avvenuta il 24 maggio, che permise l’evacuazione del contingente inglese dal porto di Dunkerque.

 

Mezzi a confronto nelle battaglie di Hannut e Arras

 

Wehrmacht

Panzer I

Categoria: carro leggero

Equipaggio: due uomini

Peso: 6 t

Velocità massima: 31 km/h

Armamento: due mitragliatrici MG 13 coassiali da 7,92 mm

Corazzatura: 13 mm (frontale, laterale e posteriore)

 


Panzer II

Categoria: carro leggero

Equipaggio: tre uomini

Peso: 9,5 t

Velocità massima: 39.5 km/h

Armamento: un cannone Kwk 39 da 29 mm e una mitragliatrice MM 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 50 mm. laterale 30 mm. posteriore 50 mm

 


Panzer III Aust, D

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 21,5 t

Velocità massima: 40 t

Armamento: un cannone Kwk 36 da 37 mm e tre mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 50 mm, laterale 30 mm posteriore 50 mm

  



Inglesi

MK H Matilda

Categoria: carro da fanteria

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 27 t

Velocità massima: 24 km/h

Armamento: un cannone Ordnance QF 2 th da 40/50 mm, una mitragliatrice Besa 7,92 mm e una Vren da 7,7 mm

Corazzatura: frontale 65 mm. laterale 65 mm, torretta 55 mm.



France

Hotchkiss H35

Categoria: carro leggero

Equipaggio: due uomini

Peso: 11 t

Velocità massima: 28 km/h

Armamento: un cannone da 31 mm Sa 18 e una mitragliatrice MAG 1931C mm Relbel

Corazzatura: 33 mm nello scafo, 40 in torretta.

 


Somua S 35

Categoria: carro medio

Equipaggio: tre uomini

Peso: 19,5 t

Velocità massima: 40 km/h

Armamento: un cannone da 47 mm SA 35 e una mitragliatrice coassiale MAC 1931 da 7,5 mm

Corazzatura: da un massimo di 55 mm a un minimo di 20 mm



 

Le illusorie vittorie di Hitler: Brody-Dubno e Kiev.

 

Le Panzer-Divisionen del Gruppo d'armate Sud, avanzano nella steppa ucraina durante l'estate 1941.

Il 22 giugno 1941 iniziava l’Operazione Barbarossa, che nelle intenzioni dell’Alto comando tedesco avrebbe dovuto spezzare sul nascere la resistenza dell’Armata Rossa, costringendo alla resa prima del terribile inverno russo. Per ottenere un simile successo la Wehrmacht contava sull’efficienza delle sue rapide divisioni corazzate. Così, fin da subito, le vaste distese dell’Ucraina occidentale divenne teatro di furiosi combattimenti di proporzioni mai viste prima. Già il 23 giugno, nell’area compresa tra le città di Brody, Dubno, Rovno e Luc’k, si materializzò quello che fino all’estate del 1943 sarebbe rimasto il più grande scontro di carri della storia, con quasi duemilatrecento mezzi (1500 da parte sovietica e oltre 800 da parte tedesca) messi in campo complessivamente. La Wehrmacht poteva schierare quattro esperte divisioni corazzate (Panzergruppe 1), inquadrate nel Gruppo d’armate sud, con un forte appoggio della Luftwaffe, mentre i sovietici sette corpi meccanizzati (in realtà poi solo cinque avrebbero preso parte allo scontro) dotati di numerosi tank leggeri e medi, ma afflitti da inesperienza e poco organizzati. Fino ad allora la rapida avanzata tedesca, favorita dalla debole resistenza dei reparti di fanteria della 6a Armata russa, non aveva trovato ostacolo, tanto da creare un pericoloso cuneo all’interno dello schieramento sovietico; eventualità che allarmò non poco il comandante in capo dell’Armata Rossa, quel Georgij Zukov che si era già distinto durante la Guerra russo-giapponese. per tale ragione, partire dal 24, fece il possibile per riorganizzare le sue forze e sferrare un contrattacco ai fianchi del cuneo corazzato tedesco. Azione che nonostante enormi difficoltà di coordinamento, ebbe inizio il 26 e si protrasse per quattro lunghi giorni, assumendo proporzioni colossali. Sebbene i carristi russi abbiamo dimostrato determinazione e coraggio, alla fine ogni tentativo di bloccare l’avanzata su Zitomir e Kiev fallì miseramente. I reparti di Zukov, dopo aver subito pesanti perdite, furono costretti a ripiegare verso est, praticamente decimati. Il coraggio sovietico non mascherò comunque forti lacune dal punto di vista tattico, mettendo in luce l’inesperienza degli ufficiali di fronte alle nuove sfide della guerra lampo, da imputare in primis alle terribili purghe staliniane che avevano eliminati i quadri di comandi più validi. Le esperte Panzer-Division rivendicarono centinaia di mezzi corazzati distrutti, almeno 800 secondo le stime più prudenti, ma nei rapporti stilati dagli ufficiali tedeschi si può leggere, per esempio, che la sola 16a Panzer Division – impegnata tra il 27 e il 28 giugno – abbia distrutto ben 293 unità nemiche. Dal punto di vista operativo i carri russi furono surclassati da quelli nemici per capacità di manovra, disciplina e abilità di tiro, senza contare i gravi problemi causati dai furibondi attacchi della Luftwaffe, che agì pressoché indisturbata. I tedeschi si dimostrarono superiori, ma furono messi in difficoltà in più di un’occasione, in particolare dall’apparizione dei primi temibili T 34, mezzi d’avanguardia dotati di un’ottima corazzatura, mobilitò e armamento.

 

Ordine del Fuhrer. Hitler la definì la più grande battaglia della storia. Senza dubbio gli eventi di Kiev, tra il 25 agosto e il 26 settembre 1941, rappresentarono la più imponente operazione d’accerchiamento della storia militare moderna. Contro l’opinione dell’Alto Comando tedesco, deciso a dare una svolta all’Operazione Barbarossa con la strategica presa di Mosca, il Fuhrer diede ordine tassativo di puntare su Kiev per potersi garantirsi il controllo delle aree minerarie e le immense riserve agricole dell’Ucraina. L’inarrestabile avanzata dei primi mesi di guerra, culminata nelle sconfitte sovietiche di Minsk e Smonlensk, aveva dimostrato debolezza delle difese russe, ma alla vigilia dello scontro le armate sovietiche si erano decisamente rinforzate. L’area interessata dalle operazioni, circa 135 chilometri quadrati, era un profondo saliente che si spingeva nelle linee tedesche, le cui estremità erano costituite dai fiumi Desna a nord e Dnepr a sud. I tedeschi avrebbero dovuto superarli per puntare su Kiev e per questo si affidarono alle loro divisioni corazzate seguite a breve distanza dalle truppe motorizzate, operazione che non poteva prescindere dalla superiorità aerea garantita dalla Luftwaffe. L’obiettivo era attaccare le due estremità del fronte per chiudere in una micidiale sacca quattro armate russe i cui effettivi ammontavano ad almeno 760mila uomini e centinaia di carri. Tra il 25 e 26 agosto la 3a Divisione panzer del generale Model, schierata sul fronte nord, riuscì a superare il fiume Desna con un attacco a sorpresa e a dilagare verso sud, nonostante l’accanita resistenza dalla 13a Armata sovietica. nei giorni successivi le difese nemiche sbandarono; i panzer tedeschi, guidati da ufficiali determinati e con equipaggi perfettamente addestrati, dimostrarono, se ce ne fosse stato ancora bisogno, un’incredibile mobilità e molti reparti nemici rimasero isolati. Il 12 settembre anche i mezzi corazzati del generale von Kleist, fino ad allora non operativi, sferrarono un poderoso attacco dal settore sud del saliente e le prime linee russe cedettero di schianto. I mezzi corazzati tedeschi, nonostante l’accanita resistenza, avanzarono per decine di chilometri in territorio nemico. L’incubo di un aggiramento era ormai una drammatica realtà; eppure Stalin, nonostante i resoconti sempre più allarmanti, emanò l’ordine tassativo di non arretrare. E puntualmente il 15 settembre le due morse della tenaglia si chiusero presso il ponte di Sstencia, oltre cento chilometri a est di Kiev. L’accerchiamento era stato completato e solo a quel punto, messo di fronte alla drammaticità dei fatti, Stalin fu costretto a dare ordine di ripiegare. Troppo tardi però e l’esito fu disastroso. Le perdite si rivelarono catastrofiche: circa 700mila uomini, tra morti e prigionieri. 28mila pezzi d’artiglieria e centinaia di mezzi corazzati (411 secondo i sovietici, almeno 900 se si dà credito alla versione tedesca).

 

Mezzi a confronto.

 

Wehrmacht

Panzer III Aust, F e H

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 21,5 t

Velocità massima: 40 km/h

Armamento: un cannone Kwk 38 da 50 mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92mm

Corazzatura: frontale 50 mm. laterale 30 mm. posteriore 50 mm

 


Panzer IV Aust. B

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 22,3 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 37 cannna corta da 75 mm e 2 mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 30 mm. 20 mm nelle altre zone

 


Strurmgeschiitz III

Categoria: carro d’assalto

Peso: 19,6 t

Velocità massima: 30 km/h

Armamento: un cannone Stuk L/24 da 75 mm e una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 80 mm


 


Armata Rossa

BT 7

Categoria: carro leggero

Equipaggio: tre uomini

Peso: 13,9 t

Velocità massima: 72 km/h

Armamento: un cannone da 45 mm l/46 e due mitragliatrici da 7,62 mm DT

Corazzatura: scafo 6-40 mm. torretta 10-15 mm

 


T 34/76B

Categoria: carro medio

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 28 t

Velocità massima: 55 km/h

Armamento: un cannone 76,2 mm F-34 e due mitragliatrici DT da 7,62 mm

Corazzature: 75 mm frontale, laterale e posteriore

 


KW 1

Categoria: carro pesante

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 43 t

Velocità massima: 28 km/h

Armamento: un cannone da 76,2 mm F-32 L/31.5 e 4 mitragliatrici DT 7,62 mm

Corazzatura: 75 mm frontale e laterale, 70 mm posteriore

 


KV 2

Categoria: carro pesante

Equipaggio: sei uomini

Peso: 52,16 t

Velocità massima: 25,6 km/h

Armamento: un obice M-10 da 152 mm e 3 mitragliatrici DT da 7,62 mm

Corazzatura: 75 mm frontale, laterale e posteriore



 

L’inizio della fine: El Alamein.

Lo stallo generatosi con la Prima battaglia di El Alamein nel luglio del 1942 aveva trasformato l’avanzata dell’Asse in Nordafrica in una guerra di posizione. Dopo la brillante vittoria di Gazala a giugno e la successiva caduta di Tobruch, l’Africa Korpos italo-tedesca agli ordini di Rommel era penetrata in Egitto con l’obiettivo di occupare il canale di Suez e i pozzi petroliferi mediorientali. Gli scontri di luglio però erano stati una doccia fredda per l’Alto comando. Trincerati dietro due linee minate, a poco più di cento chilometri da Alessandria d’Egitto, le truppe dell’Asse si trovavano in balia di un nemico superiore in uomini e mezzi e con cronici problemi di rifornimenti a causa della lontananza dei centri di approvvigionamento. Inoltre, panzer tedeschi a parte (pur sempre inferiori di numero a quelli inglesi), gli italiani erano limitati negli spostamenti dalla mancanza di mezzi e in particolar modo denunciavano la scarsità di carri armati. La tanto attesa offensiva promessa da Rommel tardava ad arrivare e di questo ne approfittarono le truppe del generale Bernard Montgomery. Le sorti della Seconda battaglia di El Alamein, iniziata il 23 ottobre, presenta subito una brutta piega per l’Asse quando le truppe corazzate inglesi, che potevano contare anche su 250 carri medi di produzione americana M 4 Sherman, attaccarono il saliente settentrionale del fronte, aprendo una breccia nella prima linea. Rommel sfruttò tutte le carte a sua disposizione, ma lo strapotere inglese in termini di forze corazzate era incolmabile. Il 2 novembre centinaia di tank inglesi si riversarono nelle linee nemiche dopo un pesante fuoco di artiglieria. Rommel gettò nella mischia tutti i suoi carri ma, sebbene riuscisse a ritardare l’avanzata nemica, si rese conto di non poter resistere a lungo. I destini dell’Asse erano segnati; per le truppe italiane in particolare, nonostante alcuni casi di grande eroismo e coraggio (come il sacrificio della 132a Divisione corazzata Ariete e la strenua difesa dei reparti della Folgore), il ripiegamento fu la parentesi più tragica: senza mezzi di trasporto molti reparti furono costretti ad arrendersi. Solo alcuni, dopo lunghe marce nel deserto, riuscirono a rientrare tra le linee. Il bilancio per l’Asse era drammatico: 10mila morti, 15mila feriti e circa 450 carri armati perduti. Il successo britannico segnò il punto di svolta nella campagna del Nordafrica, che si concluderà nel maggio 1943 con la resa delle forze italo-tedesche in Tunisia.

 

Mezzi a confronto

 

Asse

Esercito britannico

Panzer IV Ausf B

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 22.3 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 37 canna corta da 75 mm  e 2 mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 30 mm; 20 mm nelle altre zone

 


M14/41

Categoria: carro medio

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 14,5 t

Velocità massima: 35 km/h

Armamento: un cannone da 47/32 mod. 39 e tre mitragliatrici Breda cat. 8 mm.

Corazzatura: da 14 a 42 mm

 


75/18

Categoria: carro medio

Equipaggio: tre uomini

Peso: 13,1 t

Velocità massima: 33.3 km/h

Armamento: un obice da 75/18 e una mitragliatrice Breda mod. 30 da 6,5 mm

Corazzatura: frontale 50 mm. laterale 25 mm



Mk II Matilda

Categoria: carro da fanteria

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 27 t

Velocità massima: 24 km/h

Armento: un cannone Ordance Of 2 lh da 40/50 mm, una mitragliatrice Besa 7,92 mm, una mitragliatrice Bren da 7,7 mm

Corazzatura: frontale da 65 mm, laterale 65 mm, posteriore 55 mm, torretta 55 mm

 


Mk III Valentine

Categoria: carro da fanteria

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 17 t

Velocità massima: 24 km/h

Armamento: un cannone QF 2-pounder da 40 mm e una mitragliatrice Besa da 7,02 mm

Corazzatura: da 8 a 65 mm

 


M4 Sherman

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso; 30,3 t

Velocità massima: 50 km/h

Armamento: un cannone da 75 mm M3 L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici Browning M1910A4 calibro 30

Corazzatura: da 50 a 80 mm a seconda delle versioni



L’azzardo di Rommel: Kasserine.

Nel dicembre del 1943 la situazione dell’Asse in Nordafrica sembrava segnata. La cocente sconfitta di El Alamein nel novembre del 1942e l’Operazione Torch culminata con lo sbarco delle truppe americane in Marocco e Algeria, garantivano poche possibilità di manovra. Lo spettro di una disfatta totale aveva messo in allarme Hitler, che ordinò di combattere fino all’ultimo per ribaltare la situazione. Fu deciso quindi di far affluire in Tunisia la 5a Armata corazzata del generale Jurgen per coordinarsi con Rommel in ritirata dalla Libia e cercare di bloccare l’avanzata alleata. L’Asse, agli inizi di febbraio, occupava buona parte della Tunisia, a est l’Afrika Korps, completata la ritirata dalla Libia, si era attestata sulla linea difensiva Mareth e teneva testa agli inglesi, mentre il grosso delle truppe coordinate da Rommel fronteggiavano a ovest gli americani che in quel momento occupavano la dorsale dell’Atlante. L’obiettivo era di ricacciarli all’indietro utilizzando le truppe corazzate a disposizione e contando sulla loro inesperienza nel combattimento. La battaglia di Kasserine, iniziata il 14 febbraio, si giocò in due momenti distinti: uno tra il 14 e il 15 febbraio e l’altro il 18 e il 25. La prima fase vide una clamorosa vittoria sulle truppe americane del generale Fredendall, che subirono una terribile disfatta a Sidi Bon Zid, subendo l’impatto degli esperti carristi tedeschi; la drammaticità degli eventi costrinse a ripiegare verso i passi dell’Atlante occidentale praticamente senza combattere. Il 18 iniziava invece la seconda fase. I carri di Rommel, supportati dalla fanteria meccanizzata, attaccarono su tre direttrici le truppe nemiche schierate a difesa dei passi montati che, se forzati avrebbero aperto la strada verso Tebessa e ributtato gli Alleati in Algeria. Inizialmente l’offensiva non ottenne grandi successi: le truppe alleate, a costo di forte perdite, riuscirono ad arginare il nemico. Solo il 20, dopo aspri combattimenti, i tedeschi riuscirono a sfondare al passo di Kasserine per poi dilagare. Nel comando alleato si verificarono mementi di forte nervosismo e panico che culminarono nella pressante richiesta di rinforzi dal Marrocco. Rommel ordinò ai suoi reparti corazzati di avanzare il più rapidamente possibile su due direttrici: Thala e Tebessa. Il 21 alcuni di essi penetrarono a Thala, portando scompiglio tra le truppe nemiche, e furono respinti dagli inglesi solo a costo di forte perdite. Era questione di tempo però e alla fine lo strapotere in termini numerici degli Alleati si fece sentire. Sparito l’effetto sorpresa, le truppe corazzate dell’Asse furono bloccate. Rommel aveva capito che era inutile insistere e diede ordine di ripiegare su posizioni difendibili. La battaglia di Kasserine fu l’ultimo successo tattico delle forze italo-tedesche in Africa e una delle più pesante sconfitte subite dall’sercito americano nella Seconda guerra mondiale.

 

Mezzi a confronto.

 

Asse

Esercito americano

Panzer IV Ausf. F2

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 22,3 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 40 da 75 mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 80 mm., laterale 30 mm, posteriore 20 mm

 


Tiger I (Panzer VI)

Categoria: carro pesante

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 57 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 36 L/56 da 88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm e una nello scafo.

Corazzatura: frontale 100 mm, laterale 80 mm, posteriore 80 mm



M3 Lee/Grant

Categoria: carro medio

Equipaggio: sei uomini

Peso: 27,24 t

Velocità massima: 40-42 km/h

Armamento: un cannone fisso da 75 mm, cannone da 37 mm. e quattro mitraglieri da 7,62 mm

Corazzatura: frontale 50 mm, laterale 38 mm

 


M4 Sherman

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 30,3 t

Velocità massima: 50 km/h

Armamento: un cannone da 75 mm M3 L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici Browning M1919A4 calibro 30

Corazzatura: da 50 a 80 mm a seconda delle versioni



 

Apocalisse nella steppa: Kursk

Nel luglio 1943 le drammatiche sconfitte tedesche dell’inverno precedente, culminate con l’annientamento della 6a Armata a Stalingrado, sembravano riassorbite. La Wehrmacht, al comando del feldmaresciallo von Manstein, era riuscita a fermare l’avanzata dell’Armata Rossa e nella terza battaglia di Char’kov, combattuta tra il 19 febbraio e il 23 marzo, a sbarrare ai sovietici le porte dell’Ucraina. Furono proprio queste premesse, e la particolare disposizione del fronte che ne era seguita, a gettare le basi per un’altra offensiva estiva, sferrata dai tedeschi il 5 luglio 1943, in prossimità del silente di Kursk, che sarebbe passata alla storia come la più battaglia di mezzi corazzati mai combattuta. La possibilità di tale operazione traeva origine dalla conformazione del fronte, venutasi a creare al termine della controffensiva di marzo. Le truppe sovietiche, infatti, avevano mantenute il controllo di un ampio saliente, esteso per circa 180 chilometri e profondo 100, nella zona circostante Kursk. Una testa di ponte che i tedeschi avevano tutte le intenzioni di eliminare. Memori dei successi di Kiev, era possibile immaginare una manovra a tenaglia in modo da chiudere i sovietici all’interno di una colossale sacca. L’esercito tedesco nei mesi precedenti era stato potenziato e rimesso in sesto: nuovi reparti proveniente dall’Europa, coadiuvati da divisione delle Waffen-SS, erano affluiti al fronte con mezzi corazzati di nuova concezione come i Panther e i Tiger. Ma le cose erano cambiate dal settembre 1941 e ora la superiorità in termini di uomini e mezzi messi in campo da Stalin era schiacciante. Il maresciallo Zukov, comandante in campo delle forze sovietiche, inoltre, informato nei minimi dettagli dai servizi segreti del piano nemico, aveva potuto organizzare un potente sistema difensivo su più linee sulle direttrici d’attacco tedesco. Quando il 5 luglio l’offensiva prese il via, l’esito non sembrava affatto scontato. Si stima che nei giorni successivi più di duemila carri tedeschi e cinquemila sovietici si siano dati battaglia. l’avanzata da nord della 9a armata tedesca si rivelò subito difficile: lo sbarramento dell’artiglieria sovietica fu intensissimo e le linee di difesa difficili da superare. Il 6 luglio, considerati gli scarsi successi ottenuti, il generale tedesco Walter Model decise di impiegare altre tre divisioni corazzate, ma fu del tutto inutile. Ora il successo dell’operazione dipendeva dal saliente sud. qui la situazione sembrava più promettente. Dal 5 al 13 luglio i panzer riuscirono a fare arretrare il fronte sovietico e attaccarono il nodo strategico di Prochorovka, dove si accese una furibonda battaglia. dopo ore di scontri, con perdite pesanti da ambo le parti, l’attacco fu fermato. E proprio in quel frangente Hitler diede ordine di sospendere le operazioni: la necessità di spostare truppe nei Balcani ed in Italia era prioritaria. La battaglia di Kursk era terminata con un nulla di fatto e per i tedeschi si era trattato di una terribile sconfitta strategica, costata 50mila morti e quasi trecento carri armati completamente distrutti, altri duecento furono recuperati e rimessi in servizio. I sovietici patirono almeno 177mila tra morti, feriti e prigionieri e quasi 1500 carri fuori uso. Per la Werhrmacht il fallimento dell’operazione e le pesanti perdite subite, in particolare tra i reparti corazzati da poco riorganizzati,  resero quasi impossibile la difesa del fronte orientale.

 

Mezzi a confronto

 

Wehrmacht

Armata Rossa

Panzer IV F2

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 22,3 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 40 da 75 mm e due mitragliatrici MG34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 80 mm, laterale 30 mm, posteriore 20 mm

 


Panzer V

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 45,4 t

Velocità massima: 55 km/h

Armamento: un cannone Kwk 42 da 75 mm, una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone una nello scafo

Corazzatura: frontale 100 mm torretta, 60 mm scafo, posteriore 45 mm torretta, 40 mm scafo.

 


 

TIGER I (Panzer VI)

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso 57 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 36 L/56 da 88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm, posteriore 80 mm




T 70

Categoria:Carro leggero

Equipaggio: due uomini

Peso: 9,31 t

Velocità massima: 45 km/h

Armamento: un cannone da 45 mm e una mitragliatrice da 7,62 mm

Corazzatura: variabile da un minimo di 10 a un massimo di 60 mm

 


T34/76B

Categoria: carro medio

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 28 t

Velocità massima: 55 km/h

Armamento: un cannone 76,2 mm F34 e due mitragliatrici DT da 76,2 mm

Corazzatura: 75 mm frontale, laterale e posteriore.

 


T 34/85

Categoria: carro medio

Equipaggio: 5 uomini

Peso: 32 t

Velocità massima: 55 km/h

Armamento: un cannone 85 mm. Zis-s-54 L54,6 e due mitragliatrici DT da 7,62 mm

Corazzatura: scafo 90 mm frontale, 45 mm laterale, 45 mm posteriore.

 


 

La zampata di Patton: Arracourt.

 

Lo sbarco alleato in Normandia nel giugno del 1944 e la rapida avanzata in Francia dei mesi successivi avevano costretto le unità della Wehrmacht a difesa del settore meridionale, a un rapido ripiegamento verso nord, conclusosi a settembre con la stabilizzazione del fronte lungo la Mosella, nell’intento di mantenere il controllo di Alsazia e Lorena. Nonostante gli sforzi, però, la 3a Armata americana del generale Patton, era riuscita a conquistare un’estesa testa di ponte oltre il fiume, liberando la città di Nancy il 15 settembre. Per ricacciare indietro il nemico il Comando supremo tedesco approvò un contrattacco con l’obiettivo di riconquistare il nodo strategico di Luneville, anche se nelle ambizioni di Hitler s’ipotizzava una rapida sconfitta dell’avversario con inseguimento oltre la Mosella. Un piano ambizioso che si basava sulle indubbie capacità delle forze corazzate tedesche nelle operazioni manovrate e su un’ipoteca mancanza d’esperienza di quelle nemiche. Un quadro idilliaco che bene presto però sarebbe stato ridimensionato. Le forze del generale von Manteuffel, costituite da circa 350 panzer IV e V, si lanciarono all’attacco il 18 settembre nel settore di Arracourt, agevolate dalle pessime condizioni climatiche che privavano le forze americane del supporto aereo. Eppure, fin dal primo giorno, nonostante l’indiscussa superiorità numerica, le Panzer Brigade, che disponevano di mezzi moderni, si trovarono in forte difficoltà di fronte agli esperti e determinati equipaggi della 4a Divisione corazzata americana, subendo forti perdite. Le cause principali erano imputabili a incomprensibili errori tattici nel dispiegamento delle unità da parte del comando. In molti casi i tank americani riuscirono a manovrare senza essere visti, ingaggiando combattimenti ravvicinati che annullavano la superiorità dei panzer tedeschi e gli uomini di Patton tennero le posizioni piuttosto agevolmente. Nel complesso, tra il 18 e il 19 settembre misero fuori gioco ben 43 carri nemici, perdendo solo tre caccia carri M18 e cinque Sherman. A partire dal giorno successivo inoltre l’intervento dell’aviazione rese il bilancio per i tedeschi ancora più drammatico, provocando ulteriori perdite e disturbando il coordinamento tattico. Il 22 settembre la Wehrmact contava quasi un centinaio di mezzi distrutti e reparti corazzati decimati. Patton avrebbe potuto approfittare della situazione per un’ulteriore spallata, ma le direttive del comando, per mancanza di rifornimenti, furono di rimanere su posizioni difensive. Ciò fu interpretato da Manteuffel, così come da molti ufficiali tedeschi, come un segnale incoraggiante. A partire dal 27 settembre pertanto furono nuovamente mandate all’attacco tutte le forze corazzate disponibili per due giorni interi. E anche in questo caso il bilancio fu tragico: dei 262 carri armati a disposizione 86 furono distrutti e 114 danneggiati.

 

L’ultima offensiva del Fuhrer: Ardenne, Belgio 15 dicembre 1944 – 28 gennaio 1945

Il 16 settembre 1944 le forze corazzate tedesche, dopo un pesante sbarramento d’artiglieria, attaccarono attraverso la foresta innevata delle Ardenne le postazioni della 1a Armata statunitense, cogliendola di sorpresa. Iniziava quella che nella letteratura anglosassone è nota come “Battle of the Bulge”, l’ultima grande offensiva strategica del Terzo Reich sul Fronte occidentale Hitler, con questa mossa sperava di ributtare gli Alleati sulla costa fino al porto di Anversa. Alla vigilia dell’attacco le unità della Wehrmacht, affiancate da due reparti di Waffen SS, erano state rafforzate, anche se le truppe alleate mantenevano una netta superiorità di uomini e mezzi. I tedeschi tuttavia, concentrando le forze corazzate in quel settore, speravano di cogliere di sorpresa le difese locali per poi avanzare in profondità senza dare al nemico il tempo di reagire. I primi giorni dell’offensiva fornirono dati contrastanti. Una furibonda resistenza a nord del fronte, in prossimità dei villaggi di Rocherat e Krinkelt, impedì l’avanzata delle Waffen SS, mentre più a sud la conquista del varco di Losheim garantì favorevoli prospettive per l’avanzata verso ovest. I maggiori successi si registrarono sul fiume Our: lo sfondamento nel settore della 28a Divisione aprì la strada per Bastogne e la Mosa. Il generale Model però, a differenza di Hitler, non esultò, conscio che passata la sorpresa le forze alleate sarebbero passate al contrattacco, nel settore nord poi le SS erano state bloccate. Mentre le truppe corazzate del generale Manteuffel proseguivano verso la Mosa e Bastogne stava per essere accerchiata, si consumò la disfatta di due reggimenti della 106a Divisione fanteria statunitense, rimasti circondanti nello Schnee Eifel. Il pomeriggio del 19 settembre, dopo un tentativo di rompere l’assedio s’arresero e furono catturati ottomila uomini. Ma alla vigilia di Natale la principale linea d’attacco fu fermata. era chiaro che l’esercito tedesco non era più in grado di resistere alla pressione nemica. Sin dal 25 dicembre si registrarono le prime controffensive verso Bastogne, poi dal 3 aveva avuto inizio sul Fronte orientale l’offensiva sovietica sulla Vistola e in Prussia Orientale, che in pochi giorni avrebbe sbaragliato le difese tedesche arrivando a soli 80 chilometri da Berlino. La battaglia delle Ardenne era fallita, così come ogni speranza d’evitare l’invasione della Germania.

 

Mezzi a confronto per battaglie di Arracourt e Ardenne

 

                    Wehrmacht

Alleati

Panzer IV F2

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 22,3 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 40 da 75 mm e due mitragliatrici MG 34 da 7,92 mm

Corazzatura: frontale 80 mm, laterale 30 mm, posteriore 20 mm

 


Panzer V

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 45,4 t

Velocità massima: 44 km/h

Armamento: un cannone Kwk 42 da 75 mm. una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone e una nello scafo

Corazzatura: frontale 100 mm torretta, 80 mm scafo, laterale 45 mm torretta, 50 mm scafo, posteriore 45 mm torretta, 40 mm scafo.

 


Tiger I Panzer VI

Categoria: carro pesante

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 57 t

Velocità massima: 42 km/h

Armamento: un cannone Kwk 36 L/56 da 88 mm, una mitragliatrice MG 34 coassiale da 7,92 mm e una nello scafo

Corazzatura: frontale 100 mm, laterale 80 mm, posteriore 80 mm

 


Tiger II Panzer VI

Categoria: carro pesante

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 68,7 t

Velocità massima: 35 km/h

Armamento: un cannone 88 mm Kwk 43 L71,2 e due mitragliatrici MG34 da 7,92 mm

Corazzatura: variabile da un massimo di 185 mm a un minimo di 40 mm



M4 Sherman

Categoria: carro medio

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 30,3 t

Velocità massima: 50 km/h

Armamento: un cannone da 75 mm M3 L/40, una mitragliatrice Browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici Browning M1919A4 calibro 30

Corazzatura: da 50 a 80 mm a seconda delle versioni

 


Sherman Firefly

Categoria: carro medio

Equipaggio: quattro uomini

Peso: 35 t

Velocità massima: 40 km/h

Armamento: un cannone QF 18 pounder da 76,2 mm. una mitragliatrice browning M2HB calibro 50 e due mitragliatrici Browning M1919A4 calibro 30

Corazzatura: massima 89 nella torretta

 

M18 Helicat

Categoria: caccia-carri

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 17 t

Velocità massima: 88,5 km/h

Armamento: un cannone da 76 mm M7, una mitragliatrice da 12,7 mm M 2

Corazzatura: da 9 a 25 mm

 

 


M10 Wolverine

Categoria: caccia-carri

Equipaggio: cinque uomini

Peso: 29 t

Velocità massima: 51 km/h

Armamento: un cannone da 76 mm M7, una mitragliatrice da 12,7 mm M2

Corazzatura: massima 37 mm

 


 

Articolo di Antonio Ratti pubblicato su Storie di guerre e guerrieri n. 6 – altri testi e immagini da wikipedia.

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