domenica 11 ottobre 2020

La scuola degli scribi: l’istruzione nell’antico Egitto.

 

La scuola degli scribi: l’istruzione nell’antico Egitto.

“Sii un’artista della parola, sicché tu sia potente. La lingua è la spada dell’uomo”, insegnamento per Merikara, X dinastia.


 
Geroglifici egizi con i cartigli col nome di Ramses II, dal Tempio di LuxorNuovo Regno.

“Ama gli scritti più di tua madre” recita un vecchio adagio dell’età dei faraoni. In una società così capillarmente burocratizzata come l’antico Egitto, con funzionari in ogni dove che controllavano l’operato dei sottoposti, l’alfabetizzazione doveva essere certamente molto diffusa. Il faraone in primis sapeva leggere e scrivere e questo, nel mondo antico, non era scontato. Allora come oggi i genitori cercavano di invogliare i figli ad andare a scuola facendogli capire che, studiando, avrebbero potuto ambire alle professioni migliori. In un testo letterario chiamato ‘la satira dei mestieri’ si legge di un padre che, accompagnando il figlio a scuola, passa in rassegna una serie di professioni. Di tutte trova sempre il lato tragicomico, e alla fine l’unica che elogia è quello dello scriba concludendo che non esiste al mondo professione migliore.

Secondo la mentalità egizia, studiando si poteva ambire ad arrivare fino ai piedi del faraone. Certo, per farlo ci volevano i mezzi e non tutti li possedevano ma, almeno in teoria, ciò era possibile. Le classi sociali egizie infatti non si fondavano sulla condizione di nascita, ma sul lavoro e sulla carriera intrapresi.

 


Un ostrakon con scrittura ieratica citante gli ufficiali coinvolti nell'ispezione delle tombe durante la XII dinastia, circa 1070–945 a.C

La scuola e la carriera. Le scuole si trovavano nelle vicinanze del palazzo del re presso i templi nelle cosiddette “Case della Vita”, istituzioni preposte all’istruzione dei giovani scrivi con tanto di grandi biblioteche. Il percorso scolastico iniziava tra i cinque e i sei anni, ne durava una decina e alla fine si otteneva l’ambitissimo titolo di ‘scriba’. Pur essendo il grado più basso dell’amministrazione era un titolo necessario per poter fare carriera in qualsiasi ramo dell’amministrazione statale. L’alternativa alla scuola era l’istruzione a casa con precettori privati, come è testimoniato da una stele della XII dinastia dove è menzionato, accanto ai nomi di tutta la famiglia, anche quello di un ‘maestro di scrittura’, forse un tutore privato. Nella maggioranza dei casi è probabile che le ragazze adottassero questo tipo di istruzione, anche se siamo a conoscenza di parecchie nobildonne e principesse che frequentarono la scuola presso il tempio o il palazzo del re. Conosciamo pure il nome di molte donne scriba, come la principessa Idut dell’Antico regno, la quale si fecce rappresentare nella sua tomba di Saqqara su una barca di papiro provvista di tutto il materiale del mestiere: paletta per l’inchiostro nero e rosso e sottili giunchi per scrivere. Frequentare la scuola del palazzo reale voleva dire entrare in contatto con l’élite del Paese e con i figli del faraone e questo dava la possibilità di fare carriera. Questa scuola era frequentata anche dai figli di sovrani stranieri vassalli dell’Egitto che, prelevati forzatamente dai loro Paesi d’origine, venivano istruiti e indottrinati in tali istituzioni. Si sperava che, una volta riportati in patria, questi giovani principi così egittizzati provassero un senso di fedeltà incondizionata verso il faraone.

 


Statua seduta di uno scriba egizio con un documento di papiro sul suo grembo, trovata nel cimitero occidentale a GizaV Dinastia, datata tra il XXV e il XXIV secolo a.C.

Un dono divino.

Thot, dio patrono degli scribi, donò la scrittura agli uomini. Gli antichi egizi, infatti, definivano i geroglifici medu neter, ovvero ‘parole di dio’. Rappresentato sotto forma di ibis oppure di babbuino, il dio Thot aveva una controparte femminile: la dea Seshat, ‘signare degli scritti’, che indossava un copricapo a forma di stella.



Una lingua, tante scritture.

Scrittura ieratica su un ostrakon di calcare; il testo è stato scritto come esercitazione da uno scolaro egizio. Egli copiò quattro lettere del visir Khay (che fu attivo durante il regno di Ramses II).

Con i suoi oltre quattro millenni di storia, l’egizio è una delle lingue storiche più antiche oggi conosciute. Nel corso del tempo si è evoluto usando di volta in volta il tipo di scrittura più adatto ai diversi ambiti e necessità della vita.

GEROGLICIFO. La caratteristica principale è che è figurativo, rappresenta quindi esseri o oggetti ben riconoscibili. IERATICO: il ‘corsivo’ dei geroglifico. A ogni segno geroglifico ne corrisponde uno in ieratico e la grammatica è la stessa. DEMOTICO: scrittura entrata in uso nel VII a.C. è una forma ancora più corsiva dello ieratico e ha perso completamente il carattere figurativo. COPTO: la scrittura utilizzata dei cristiani in Egitto. Utilizza le lettere dell’alfabeto greco integrare da alcuni segni demotici. A differenza delle fasi precedenti delle scritture egizie, include anche le vocali.

Strumenti per scrivere.

Sottili canne di fiume, che potevano avere la punta morbida e sfilacciata oppure dura e appuntita, venivano intrise nel colore: il rosso (ocra rossa) utilizzato per le parti  importanti del testo e il nero (ricavato dal carbone di legna) per il resto. Il geroglifico che indica lo scriba “sesh”, rappresenta una paletta di legno rettangolare con due cavità per i colori e, legato a questa, un porta-pennini e un contenitore per i pigmenti. I colori, mischiati, assumevano una forma solida e per poterli utilizzare si bagnava il pennino nell’acqua per poi passarlo sul colore, come si fa con gli acquarelli.


Il pozzo delle meraviglie.


Planimetria schematica dell'area di Deir el-Medina con l'indicazione delle Tombe dei Nobili presenti[1]

Nella città di Deir el Medina, dove nel Nuovo regno abitavano gli artisti che decorarono le tombe della Valla dei Re e delle Regine, si trova un enorme pozzo, profondo oltre 50 metri e largo più di 35. Scavato nel tentativo, non riuscito, di raggiungere la falda freatica, fu poi colmato con materiali di scarto del villaggio. Tra questi migliaia di ostraka, anche scolastici, importantissimi per gli studiosi.

Esercizi scolastici. Gli studenti andavano a scuola tutte le mattine da soli o accompagnati dai genitori e si portavano la merende da casa, un po’ di pane e una brocca di birra (ovviamente a bassa gradazione alcolica). Una volta arrivati si sedevano a terra in una stanza o in cortile colonnato e aspettavano il maestro. “Sii uno scriba ‘presente’ dirai ogni volta che ti chiamano. Guardati dal dire ‘Uffa’, si legge in un papiro. Che facessero anche l’appello? Sembrerebbe proprio di sì. I giovani allievi dovevano imparare due grafie: il geroglifico e lo ieratico (geroglifico corsivo), una miriade di segni e di regole da imprimere nella mente. Per prima cosa iniziavano a scrivere parole intere, non simboli isolati come si fa ora per imparare i geroglifici. Dopodiché passavano a scrivere frasi compiute sotto dettatura o ricopiandole direttamente da papiri. I testi letterari utilizzati dal maestro erano scelti con cura e venivano riuniti in antologie chiamate dagli studiosi “Miscellanee scolastiche”. Queste raccolte contengono brani di vario genere: esempi di lettere, insegnamenti morali, storie edificanti, inni al faraone e agli dèi. Pezzi selezionati con cura che svolgevano ima duplice funzione: oltre a essere un utile esercizio per imparare a scrivere, inculcavano nella mente dei giovani scribi i principi fondamentali su cui si basava la loro società. Nel Nuovo regno, una volta acquisita la padronanza della lingua madre, i giovani venivano introdotti all’alfabeto cuneiforme dell’arcaico, lingua franca per la diplomazia di allora. Anche la geografia, la cartografia, le mappe catastali, la matematica e la geometria erano considerate fondamentali per la formazione dei futuri funzionari. Per scrivere i ragazzi non usavano il papiro, troppo caro, ma gli ostraka (singolare ostrakon) parola greca che vuol dire “coccio”: i sottili frammenti calcarei o pezzi di vasi sulla cui superficie si poteva scrivere. Questi ostraka scolastici, redatti dagli studenti con grafie talora precise, altre volte incerte, sono pieni di correzioni o integrazioni fatte dai maestri. Tali ‘quaderni’ scolastici sono una miniera inesauribile di informazioni sull’antica letteratura egizia che, di solito, era scritta su papiro, supporto ben più fragile. Grazie a questi,gli studiosi sono riusciti a recuperare testi antichi sconosciuti, a volte unendo insieme come in un puzzle vari ostraka; altre volte se ne sono serviti per integrare lacune in testi letterari già conosciuti. L’egittologo Sergio Donadoni scrisse: “La letteratura egizia è un deserto su cui si ergono rovine”; grazie a questi scolari e ai loro ‘quaderni’ il deserto è certamente meno arido.

 


Geroglifici in un tempio fondato per Thutmose III.

Una dura disciplina. Nella scuola degli scribi la disciplina era rigida poiché doveva preparare gli alunni all’austerità del servizio nell’amministrazione statale. Le qualità richieste erano carattere, ambizione e sottomissione al superiore. L’educazione dello scolaro veniva paragonata all’ammaestramento delle scimmie, dei cavalli, dei tori e dei cani che, alla fine, volenti o nolenti, si piegavano al giogo. Ma la gioventù è ribelle per natura e i maestri erano più volte costretti a rimproverare duramente gli studenti: “Mi è stato detto che ha abbandonato la scrittura e vai a spasso tra i piaceri, che hai voltato la schiena ai geroglifici! Non concedere il tuo cuore ai piaceri, altrimenti sarai un fallimento”. Sembra di sentire le romanzine di oggi: il tempo è passato ma aa quanto pare i rimproveri non sono cambiati poi tanto.

 

Articolo di Barbara Faenza pubblicato su Storica National Geographic del mese di febbraio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.  

Nessun commento:

Posta un commento

I vichinghi, gli eroi delle sagre.

  I   vichinghi gli eroi delle saghe. I popoli nordici vantano un tripudio di saghe che narrano le avventure di eroi reali o di fantasia. ...