Chi ha paura del lupo?
Tra superstizione e premeditazione, i delitti più efferati del
passato venivano ricondotti alla licantropia.
“C’era
una volta un orco brutto e cattivo che mangiava i bambini …”. Le cronache del
Rinascimento abbondano di racconti di cadaveri mutilati e bambini sgozzati da
misteriose creature, frutto di antiche superstizioni. Ma l’unica cosa certa
dietro queste leggende era solo la morte orribile delle vittime innocenti.
All’epoca non si parlava ancora di serial killer, che è un concetto moderno. Gli
unici assassini che possiamo far rientrare
in questa categoria sono Gilles de Rais, ex eroe di guerra, divenuto poi
seviziatori di bambini; e la contessa ‘vampira’ Erzébet Bathory, riconosciuti
come i primi veri assassini seriali della Storia.
In realtà quelli che
potremmo definire gli antenati dei serial killer venivano spesso etichettati
dai contemporanei come licantropi, o lupi mannari, creature dannate metà umane
e metà lupi. Ed è proprio a questi mostri che nel Rinascimento vennero
attribuiti i delitti più efferati. Nel suo libro Legends, Monsters, or Serial
Murderers? The Real Story Behind an Ancient Crime, Dirk Cameron Gibson, esperto
di Storia del crimine e professori all’Università del Nuovo Messico, spiega: “In Europa, tra il 1520 e il 1630, si
registrano circa 30mila casi di accuse riguardanti i lupi mannari. All’epoca ,
la licantropia era una delle superstizioni più diffuse”. L’idea era che
questi assassini si trasformassero in lupi dopo aver stretto un patto con il
diavolo. Edera proprio quello che dichiaravano gli accusati una volta
catturati. Tutte confessioni però estorti con la tortura.
Killer da manuale. Ritratto di fantasia di Gilles barone di Rais, opera di Éloi Firmin Féron, olio su tela, 1835 (Reggia di Versailles, Francia Da cosa si riconosce un serial
killer? Il termine coniato negli anni Settanta del Novecento dall’agente dell’FBI
Robert Ressler, indicava un individuo che provava piacere nell’uccidere e i
cui crimini, legati a traumi infantili, venivano commessi in maniera compulsiva,
in tempi (e spesso anche in luoghi diversi). Oggi sappiamo che tra un delitto
e l’altro l’assassino prova una sensazione di vuoto, che corrisponde allo
scarico delle emozioni, prima che l’eccitazione per la caccia alla nuova
preda prenda il sopravvento. Partendo a questi presupposti, il primo serial
killer attestato nella Storia sarebbe Gilles de Rais (1404-1440). Talmente cattivo
da finire in una fiaba proprio nel ruolo dell’orco: pare infatti che il
racconto di Barbablù, scritto da Charles Perrault, sia proprio ispirato al
barbuto assassino, che però non decapitò le sue donne, ma stuprò, torturò e
uccise molti bambini. DA EROE A CARNECIFE. Cresciuto alla
corte del futuro Carlo VII di Francia, il nobile maresciallo combatté al fianco
di Giovanna d’Arco contro gli inglesi. Una volta abbandonate armature e spade
si ritirò nei suoi possedimenti per dedicarsi alla cartomanzia, alla magia
nera, all’alchimia, ma soprattutto alla pedofilia. Stando agli atti del
processo, che poi lo portò alla condanna a morte, infatti, cercava di
trasformare il piombo in oro, utilizzando come catalizzatore il sangue delle
sue giovani vittime che sgozzava dopo averne abusato. |
La contessa vampira. Nella lista nera dei serial killer
del tardo Rinascimento c’è spazio anche per una donna: il caso della
sanguinaria contessa ungherese Erzsébet Bàthory però è diverso. Innanzitutto era
una nobildonna di altissimo lignaggio e i suoi crimini conducono più al
vampirismo che alla licantropia. Sposata con un alto comandante dell’esercito
ungherese, Erzsébet trascorreva la maggior parte del tempo da sola nel suo
castello di Cachtice (oggi nella repubblica Ceca) dove però si annoiava
terribilmente. Per passare il tempo, si divertiva a tormentare le su cameriere
punzecchiandole con degli aghi e ustionandole con ferri roventi. Negli anni,
i suoi passatempi divennero più violenti: staccare a morsi la pelle delle
serve e vederle sanguinarie le piaceva. BAGNO DI SANGUE. Dopo la morte del
marito, nel 1604, la contessa iniziò a uccidere, per puro sadismo. La leggenda
vuole che facesse lunghi bagni nel sangue delle domestiche assassinate per
mantenere intatta la sua bellezza. Indubbiamente si tratta di una diceria, ma
ciò non toglie che la contessa si macchiò di crimini orrendi. Nella sua
follia omicida, Erzsébet commise però un passo falso: iniziò a uccidere
giovani aristocratiche, che faceva venire da lontano come dame di compagnia. I
nobili iniziarono ad alzare la voce e, nel 1610, un gruppo di uomini armati
fece irruzione nei castelli della contessa, dove trovò le prove dei suoi
crimini. Arresta e processata non si presentò mai in tribunale: il suo alto
rango le permise di risparmiarsi una simile umiliazione. Tuttavia la contessa
fu giudicata colpevole e condannata ad essere murata viva in una stanza del
suo castello. Sopravvisse tre anni e morì nel 1614, senza mai chiedere
perdono per gli omicidi commessi. |
Sadici e pedofili. Uno dei primi casi di
omicidi avvenuti in serie è documentato a Besançon, in Francia. Intorno al 1520
la gente del posto iniziò a trovare nei boschi vicino alla città corpi di
bambini orribilmente mutilati. I sospetti caddero su due pastori, Pierre Burgot
e Michel Verdung. I due assassini, che probabilmente uccidevano per puro
piacere, si avventavano su persone indifese: i ragazzini che si allontanavano
dal centro abitato per raccogliere frutta e verdura o pascolare gli animali
erano prede perfette. Messi sotto tortura nel 1521, i due raccontarono di aver
venduto l’anima al demonio per tramutarsi in lupi e uccidere senza destare
sospetti, metamorfosi resa possibile, dissero, grazie a un unguento speciale. Come
si legge in un trattato sui demoni pubblicato nel 1580 dal giurista Jean Bodin,
i due uomini, assunte le sembianze del lupo, “Si accoppiavano con le lupe con lo stesso piacere che avevano quando
si univano alle donne”. Sempre sotto forma di animali, avrebbero mangiato i
corpi delle vittime. Condannati a morte per stregoneria, omicidio e
cannibalismo, furono bruciati vivi.
Al macello. L’assassino più prolifico del tempo
fu invece un rapinatore, il vagabondo Peter Niers. Vissuto in Germania a metà
Cinquecento, faceva parte di una gang criminale che uccideva e derubava i
passanti nei boschi e sulle strade poco frequentate. Sadico e violento, fu
accusato dell’omicidio di ben 544 persone – probabilmente una cifra esagerata –
tra cui una ventina di donne incinte. Peter venne arrestato una prima volta nel
1577 per aver ucciso una ragazza di vent’anni, ma riuscì a evadere. Catturato di
nuovo, sotto tortura confessa di aver praticato la magia nera, ucciso e
commesso atti di cannibalismo. Fu giustiziato nel 1581. Il suo supplizio fu
atroce: prima fu scorticato, poi gli venne gettato dell’olio bollente sulle
piaghe; i suoi piedi furono arrostiti sulla brace, quindi subì l’orribile
tortura della ruota e, infine, fu condannato a essere squarciato.
Morti di fame. Un altro caso noto fu quello dell’eremita
francese Gilles Garnier. Originario di Lione, anche lui fu accusato di essere
un lupo mannaro. Schivo e introverso, Gilles aveva abbandonato la comunità per
ritirarsi nella sperduta cappella di Saint-Bonnet, nella Francia centrale. Sposò
una giovane donna di nome Apolline, che andò a vivere con lui in quasi totale
isolamento. La coppia ebbe però un gran numero di figli e presto cominciarono i
problemi. Più il nucleo familiare si allargava, più le condizioni di vita
diventavano difficili.
Fu il vicario Daniel d’Ange,
vissuto nel Cinquecento, a raccontare il seguito: “Dopo aver preso moglie, non avendo alcun mezzo per sostenere la sua
famiglia … iniziò a vagare nei boschi. È qui che, un giorno, incontrò un
fantasma sotto forma umana, che gli disse di avere il potere di fare miracoli. Dichiarò
che poteva insegnarli l’arte di trasformarsi a piacimento in lupo, leone o
leopardo, e poiché il lupo era l’animale più comune in questi luoghi, scelse il
lupo”. Lo spettro gli avrebbe allora consegnato un unguento, grazie al
quale Gilles poteva diventare un lupo. Le sue vittime erano i bambini. Li uccideva,
faceva a pezzi i loro corpo e li portava a casa. Poi si occupava di cucinare i
macabri resti, in modo da sfamare la famiglia. Come scrive il professor Gibson “le motivazioni dei crimini di Garnier erano
scioccanti quanto i crimini stessi. Si sarebbe trattato di un semplice problemòa
di povertà. Garnier non si faceva problemi a dividere le sue prede con i
familiari. Inoltre era convito di essere stato investito del potere di lupo
mannaro”. Gilles fu catturato per puro caso. Una sera vide un ragazzino
riposarsi sotto un albero e senza pensarci due volte lo uccise. Alcuni passanti
accorsero per salvare la vittima, ma arrivarono troppo tardi. L’assassino si
diede alla fuga, venne però acciuffato qualche giorno dopo. Accusato di
stregoneria e omicidio, ebbe l’ardire di confessare di aver mangiato carne
umana di venerdì: crimine ancora più grave agli occhi della Chiesa cattolica,
così fu mandato al rogo senza indugi nel 1574.
Articolo di Simone Zambardi pubblicato su Focus Storia n. 144 – altri testi e immagini da Wikipedia
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