venerdì 2 ottobre 2020

Chi ha paura del lupo?

 Chi ha paura del lupo?

Tra superstizione e premeditazione, i delitti più efferati del passato venivano ricondotti alla licantropia.

 

“C’era una volta un orco brutto e cattivo che mangiava i bambini …”. Le cronache del Rinascimento abbondano di racconti di cadaveri mutilati e bambini sgozzati da misteriose creature, frutto di antiche superstizioni. Ma l’unica cosa certa dietro queste leggende era solo la morte orribile delle vittime innocenti. All’epoca non si parlava ancora di serial killer, che è un concetto moderno. Gli unici assassini che possiamo far rientrare  in questa categoria sono Gilles de Rais, ex eroe di guerra, divenuto poi seviziatori di bambini; e la contessa ‘vampira’ Erzébet Bathory, riconosciuti come i primi veri assassini seriali della Storia.

In realtà quelli che potremmo definire gli antenati dei serial killer venivano spesso etichettati dai contemporanei come licantropi, o lupi mannari, creature dannate metà umane e metà lupi. Ed è proprio a questi mostri che nel Rinascimento vennero attribuiti i delitti più efferati. Nel suo libro Legends, Monsters, or Serial Murderers? The Real Story Behind an Ancient Crime, Dirk Cameron Gibson, esperto di Storia del crimine e professori all’Università del Nuovo Messico, spiega: “In Europa, tra il 1520 e il 1630, si registrano circa 30mila casi di accuse riguardanti i lupi mannari. All’epoca , la licantropia era una delle superstizioni più diffuse”. L’idea era che questi assassini si trasformassero in lupi dopo aver stretto un patto con il diavolo. Edera proprio quello che dichiaravano gli accusati una volta catturati. Tutte confessioni però estorti con la tortura.

 

Killer da manuale.


Ritratto di fantasia di Gilles barone di Rais, opera di Éloi Firmin Féronolio su tela1835 (Reggia di VersaillesFrancia

Da cosa si riconosce un serial killer? Il termine coniato negli anni Settanta del Novecento dall’agente dell’FBI Robert Ressler, indicava un individuo che provava piacere nell’uccidere e i cui crimini, legati a traumi infantili, venivano commessi in maniera compulsiva, in tempi (e spesso anche in luoghi diversi). Oggi sappiamo che tra un delitto e l’altro l’assassino prova una sensazione di vuoto, che corrisponde allo scarico delle emozioni, prima che l’eccitazione per la caccia alla nuova preda prenda il sopravvento. Partendo a questi presupposti, il primo serial killer attestato nella Storia sarebbe Gilles de Rais (1404-1440). Talmente cattivo da finire in una fiaba proprio nel ruolo dell’orco: pare infatti che il racconto di Barbablù, scritto da Charles Perrault, sia proprio ispirato al barbuto assassino, che però non decapitò le sue donne, ma stuprò, torturò e uccise molti bambini.

DA EROE A CARNECIFE. Cresciuto alla corte del futuro Carlo VII di Francia, il nobile maresciallo combatté al fianco di Giovanna d’Arco contro gli inglesi. Una volta abbandonate armature e spade si ritirò nei suoi possedimenti per dedicarsi alla cartomanzia, alla magia nera, all’alchimia, ma soprattutto alla pedofilia. Stando agli atti del processo, che poi lo portò alla condanna a morte, infatti, cercava di trasformare il piombo in oro, utilizzando come catalizzatore il sangue delle sue giovani vittime che sgozzava dopo averne abusato.

La contessa vampira.



Nella lista nera dei serial killer del tardo Rinascimento c’è spazio anche per una donna: il caso della sanguinaria contessa ungherese Erzsébet Bàthory però è diverso. Innanzitutto era una nobildonna di altissimo lignaggio e i suoi crimini conducono più al vampirismo che alla licantropia. Sposata con un alto comandante dell’esercito ungherese, Erzsébet trascorreva la maggior parte del tempo da sola nel suo castello di Cachtice (oggi nella repubblica Ceca) dove però si annoiava terribilmente. Per passare il tempo, si divertiva a tormentare le su cameriere punzecchiandole con degli aghi e ustionandole con ferri roventi. Negli anni, i suoi passatempi divennero più violenti: staccare a morsi la pelle delle serve e vederle sanguinarie le piaceva.

BAGNO DI SANGUE. Dopo la morte del marito, nel 1604, la contessa iniziò a uccidere, per puro sadismo. La leggenda vuole che facesse lunghi bagni nel sangue delle domestiche assassinate per mantenere intatta la sua bellezza. Indubbiamente si tratta di una diceria, ma ciò non toglie che la contessa si macchiò di crimini orrendi. Nella sua follia omicida, Erzsébet commise però un passo falso: iniziò a uccidere giovani aristocratiche, che faceva venire da lontano come dame di compagnia. I nobili iniziarono ad alzare la voce e, nel 1610, un gruppo di uomini armati fece irruzione nei castelli della contessa, dove trovò le prove dei suoi crimini. Arresta e processata non si presentò mai in tribunale: il suo alto rango le permise di risparmiarsi una simile umiliazione. Tuttavia la contessa fu giudicata colpevole e condannata ad essere murata viva in una stanza del suo castello. Sopravvisse tre anni e morì nel 1614, senza mai chiedere perdono per gli omicidi commessi.

 

Sadici e pedofili. Uno dei primi casi di omicidi avvenuti in serie è documentato a Besançon, in Francia. Intorno al 1520 la gente del posto iniziò a trovare nei boschi vicino alla città corpi di bambini orribilmente mutilati. I sospetti caddero su due pastori, Pierre Burgot e Michel Verdung. I due assassini, che probabilmente uccidevano per puro piacere, si avventavano su persone indifese: i ragazzini che si allontanavano dal centro abitato per raccogliere frutta e verdura o pascolare gli animali erano prede perfette. Messi sotto tortura nel 1521, i due raccontarono di aver venduto l’anima al demonio per tramutarsi in lupi e uccidere senza destare sospetti, metamorfosi resa possibile, dissero, grazie a un unguento speciale. Come si legge in un trattato sui demoni pubblicato nel 1580 dal giurista Jean Bodin, i due uomini, assunte le sembianze del lupo, “Si accoppiavano con le lupe con lo stesso piacere che avevano quando si univano alle donne”. Sempre sotto forma di animali, avrebbero mangiato i corpi delle vittime. Condannati a morte per stregoneria, omicidio e cannibalismo, furono bruciati vivi.

 

Al macello. L’assassino più prolifico del tempo fu invece un rapinatore, il vagabondo Peter Niers. Vissuto in Germania a metà Cinquecento, faceva parte di una gang criminale che uccideva e derubava i passanti nei boschi e sulle strade poco frequentate. Sadico e violento, fu accusato dell’omicidio di ben 544 persone – probabilmente una cifra esagerata – tra cui una ventina di donne incinte. Peter venne arrestato una prima volta nel 1577 per aver ucciso una ragazza di vent’anni, ma riuscì a evadere. Catturato di nuovo, sotto tortura confessa di aver praticato la magia nera, ucciso e commesso atti di cannibalismo. Fu giustiziato nel 1581. Il suo supplizio fu atroce: prima fu scorticato, poi gli venne gettato dell’olio bollente sulle piaghe; i suoi piedi furono arrostiti sulla brace, quindi subì l’orribile tortura della ruota e, infine, fu condannato a essere squarciato.

 

la tortura di Peter Niers

Morti di fame. Un altro caso noto fu quello dell’eremita francese Gilles Garnier. Originario di Lione, anche lui fu accusato di essere un lupo mannaro. Schivo e introverso, Gilles aveva abbandonato la comunità per ritirarsi nella sperduta cappella di Saint-Bonnet, nella Francia centrale. Sposò una giovane donna di nome Apolline, che andò a vivere con lui in quasi totale isolamento. La coppia ebbe però un gran numero di figli e presto cominciarono i problemi. Più il nucleo familiare si allargava, più le condizioni di vita diventavano difficili.

Fu il vicario Daniel d’Ange, vissuto nel Cinquecento, a raccontare il seguito: “Dopo aver preso moglie, non avendo alcun mezzo per sostenere la sua famiglia … iniziò a vagare nei boschi. È qui che, un giorno, incontrò un fantasma sotto forma umana, che gli disse di avere il potere di fare miracoli. Dichiarò che poteva insegnarli l’arte di trasformarsi a piacimento in lupo, leone o leopardo, e poiché il lupo era l’animale più comune in questi luoghi, scelse il lupo”. Lo spettro gli avrebbe allora consegnato un unguento, grazie al quale Gilles poteva diventare un lupo. Le sue vittime erano i bambini. Li uccideva, faceva a pezzi i loro corpo e li portava a casa. Poi si occupava di cucinare i macabri resti, in modo da sfamare la famiglia. Come scrive il professor Gibson “le motivazioni dei crimini di Garnier erano scioccanti quanto i crimini stessi. Si sarebbe trattato di un semplice problemòa di povertà. Garnier non si faceva problemi a dividere le sue prede con i familiari. Inoltre era convito di essere stato investito del potere di lupo mannaro”. Gilles fu catturato per puro caso. Una sera vide un ragazzino riposarsi sotto un albero e senza pensarci due volte lo uccise. Alcuni passanti accorsero per salvare la vittima, ma arrivarono troppo tardi. L’assassino si diede alla fuga, venne però acciuffato qualche giorno dopo. Accusato di stregoneria e omicidio, ebbe l’ardire di confessare di aver mangiato carne umana di venerdì: crimine ancora più grave agli occhi della Chiesa cattolica, così fu mandato al rogo senza indugi nel 1574.

 

Articolo di Simone Zambardi pubblicato su Focus Storia n. 144 – altri testi e immagini da Wikipedia

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