Gerasa: la storia
della Siria romana.
Fondata nell’odierna
Giordania dai successori di Alessandro Magno, Gerasa fu un centro di confluenza
della cultura semitica e di quella ellenistica. Dopo la conquista romana
divenne una delle principali città della Decapoli.
In
Giordania che ha una strada più di quattromila anni. Se ne parla nell’Antico
testamento, ma la sua esistenza può essere fatta risalire all’età del bronzo. Si
chiama via Regia non perché la sua realizzazione sia attribuita a qualche
monarca specifico, ma per la sua età e importanza. Questo cammino collegava il
golfo di Aqaba, nel mar Rosso, con Damasco in Siria, attraversando da sud a
nord la regione della Transgiordania. Si trattava di un’area di limitato
interesse: le terre a est della valle del Giordano e del Mar Morto non erano
altro che una successione di altopiani boscosi seguiti da un immenso deserto.
Nessun grande impero era ma i sorto in quella zona.
Con un’orografia
accidentata e una limitata disponibilità d’acqua dolce, la Transgiordania non
aveva molto da offrire all’agricoltura. Ma nonostante la povertà di risorse, la
regione era molto ambita per la sua posizione , in quanto si trovava al centro
di un crocevia straordinario. A oriente si estendeva la Mesopotamia, a
sud-ovest la valle del Nilo e a sud la penisola araba, attraversata dalle
carovane dei nabatei (i signori del deserto) cariche d’incenso dello Yemen,
perle del mar Rosso e spezie dell’India. Uno dei modi migliori per percorrere
questo asporto territorio era seguire l’antica via Regia.
Intorno al IX secolo
a.C. la Transgiordania era abitata da alcune popolazioni tribali dedite
all’allevamento, come gli ammoniti e i moabiti, spesso citati nella Bibbia. Ma
l’intera regione era interessata da profonde trasformazioni. L’attività
carovaniera si espanse grazie all’addomesticamento del cammello, e i nabatei
cominciarono a spostarsi sempre più verso
nord. Una delle loro capitali, Petra, sorgeva lungo la via Regia,
inoltre alla fine del IV secolo a.C. il Vicino Oriente entrò a far parte
dell’impero del re macedone Alessandro Magno e dopo la sua morte, avvenuta nel
321 a.C., fu spartito tra i suoi generali.
Cronologia: Greci, ebrei e romani.
|
334 a.C. La tradizione attribuisce la
fondazione di Gerasa a Percidda, generale di Alessandro. |
102-78 a.C. Il re di Giudea Alessandro Ianneo
conquista Geresa sconfiggendo il tiranno Teodoro di Filadelfia. |
63 a.C. Pompeo assoggetta la regione e
Gerasa viene inglobata nella provincia romana di Siria. |
106 d.C. Traiano annette il regno nabateo,
la cui capitale era Petra, e avvia a Gerasa un grande programma edilizio. |
129 d.C. L’imperatore Adriano visita la
città. Gerasa raggiunge il suo massimo splendore. |
L’origine mitica di Gerasa. La Transgiordania
divenne un territorio conteso tra l’Egitto tolemaico e l’impero seleucide,
entrambi governati da discendenti dell’aristocrazia macedone per duecento anni
la cultura greca si diffuse nella regione, mescolandosi con le tradizioni
semitiche e la lingua aramaica e favorendo così lo sviluppo di un’epoca di
splendore: l’ellenismo. Gli antichi regni ammoniti e moabiti cedettero il posto
a un gruppo di prospere città-stato a carattere commerciale e di cultura
ellenistica, una formula che meglio si adattava all’aspra geografia della zona
e al crescente flusso di carovane. Una di queste città era Gerasa. I suoi
abitanti amavano raccontare una storia curiosa sull’origine del nome.
Affermavano con orgoglio che il toponimo Gerasa era dovuto al fatto che la
città era stata fondata dai veterani (gerenontes) delle campagne di Alessandro.
Dopo aver combattuto contro i persiani questi soldati coraggiosi sarebbero
stati ricompensati con degli appezzamenti di terra sulle colline che separano
la valle del Giordano dal deserto. Questa storia è sicuramente un falso, che
come tanti miti fondativi mirava ad accrescere il prestigio della località.
Sembra che il nome originale della città non fosse Gerasa, toponimo semitico,
ma Antiochia ad Chrysorrhoma (Antiochia sul fiume d’oro), che rimanderebbe la
sia fondazione a qualche re seleucide, forse Antioco IV (che regnò dal 175 al
164 a.C.). La nascita della città si inserì probabilmente in un contesto di
dispute territoriali con l’Egitto, e vide la fusione tra i coloni greci e la
popolazione di un insediamento locale abitato fin dal Neolitico. Questa prima
Gerasa, cinta di mura e situata su una collina vicino a un corso d’acqua,
cominciò rapidamente a svilupparsi. Come il resto delle nuove città-stato della
Transgiordania, Gerasa era un’entità politica indipendente, gelosa della sua
autonomia. Probabilmente aveva stretti rapporti con altre località della
regione, come Filadefia (l’attuale Amman, così chiamata dal nome del re egizio
Tolomeo Filadelfo), che affidò al tempio di Zeus di Gerasa la custodia del
proprio tesoro comunale. Era anche un importante centro commerciale e aveva una
popolazione multietnica: coloni greci, autoctoni aramei e mercanti nabatei si
mescolavano a commercianti di origine più esotica – persiani, parti e indiani. Queste
aree di provenienza appartenevano alla sfera ellenistica: molte erano state
fondate da Alessandro (o per lo meno si vantavano di ciò) o da uno dei suoi
successori; il greco e l’aramaico erano usati come lingue comuni, e i monumenti
erano costruiti secondo canoni greci. La benestante gioventù locale frequentava
probabilmente il ginnasio e l’efebion, due istituzioni destinante
all’educazione fisica e morale dei ragazzi, mentre i genitori facevano sfoggio
della loro ricchezza nelle prime file del teatro. Ma un esame più attento
rivela la sopravvivenza di costumi più arcaici. Nelle iscrizioni i nomi greci
si alternano a quelli semitici. Per l’orrore dei più ellenizzate la
circoncisone rimase una pratica comune, e sotto i pomposi riti dedicate alle
divinità ellenistiche sopravviveva il culto degli antichi dèi semitici.
Nasce la Decapoli. L’impero seleucide
scomparve nel I secolo a.C. e i territori della Transgiordania finirono nelle
mani della repubblica romana. A portare a termine la conquista fu Pompeo, che
riorganizzò politicamente l’intera regione e nel 63 a.C. raggruppò le città
dell’area più settentrionale della via Regia in una lega dipendente dalla
provincia di Siria e amministrata da un prefetto romano. La coalizione fu
denominata Decapoli (dieci città). curiosamente, Plinio il Vecchio riferisce
nel suo Naturalis Historia che, a dispetto del nome, c’erano opinioni
discordanti in merito a quali e quante città facessero effettivamente parte
della lega. Plinio stabilì che la Decapoli iniziava a Damasco e terminava a
Filadelfia, e ne facevano parte località come Scitopli (a ovest del Giordano).
Gadara, Ippo, Dio, Pella, Canata. Rafana e, naturalmente, Gerasa.
Una città cosmopolita. La porta meridionale L’incorporazione nei domini romani
inaugurò il periodo di maggior splendore di Gerasa. La città visibile oggi fu
in gran parte costruita in Età alto imperiale (fine del I secolo a.C.-II
secolo d.C.). l’enclave era molto prospera: aveva miniere di ferro ed enormi
potenziale agricolo. Si estendeva su due colline, tra le quali scorreva un
fiume (oggi poco più che un ruscello), ed era circondata da un territorio
fertile, ricoperto di ulivi, alberi da frutto e colture di ogni tipo. Gerosa
era situata in un punto chiave della via Regia, lungo il tratto che collegava
Petra con Damasco. Questo carattere carovaniero si ritrova nell’assetto
urbano dell’insediamento: l’ingresso principale era costituito dalla porta
meridionale, che conduceva direttamente a una grande piazza e al cardo maximus.
Questo impressionante viale, lungo 800 metri e fiancheggiato da 500 colonne,
attraversava l’intera città da nord a sud e fu modificato in varie occasioni.
La sua costruzione risale al I secolo d.C., la stessa epoca in cui fu creato
il foro ovale. Vi transitavano presumibilmente veicoli di ogni tipo, che
potevano invertire la direzione all’altezza dei due tetrapili, delle specie
di rotatorie monumentali che connettevano il cado con i decumani (le strade
che attraversano la città a est a ovest). |
L’arco di Adriano. Le città della decapoli si
trovavano in una pericolosa zona di confine tra il regno nabateo a sud e il
gigantesco impero parto a est. La città di Gerasa era protetta da una cinta
muraria di quasi 3,5 chilometri di lunghezza con 101 torri e cinque porte, e
ospitava un importante presidio militare. Nel 106 d.C. l’imperatore Traiano
conquistò il regno nabateo e un decennio più tardi inflisse una sonora
sconfitta all’impero parto. Al termine delle operazioni militari Traiano
riorganizzò il territorio, riunendo il regno nabateo e la Decapoli nella
provincia romana d’Arabia. La via Regia, che costituiva la spina dorsale
della nuova provincia, venne selciata e assunse il nome di via Traiana Nova. Parallelamente
fu intraprese la costruzione di una rete stradale che collegava le città
della Decapoli. I lavori si protrassero a lungo, ed erano ancora in corso
quando l’imperatore Adriano visitò la città e vi trascorse parte del’’inverno
129-130, facendo di Gersasa il centro dell’impero per alcuni mesi. Adriano volle
commemorare il suo soggiorno erigendo un enorme arco trionfale davanti all’accesso
meridionale della città. Il monumento fu costruito fuori dalle mura, vicino
all’ippodromo, e probabilmente segnava il limite di un progetto di espansione
esterna della località. |
Il teatro meridionale. La scena del teatro meridionale A Gerasa c’erano due teatri. Quello
meridionale è forse il più bello di tutta la Siria. Entrambi gli edifici
erano molto frequentati dai visitatori in occasione delle feste religiose ed
erano un simbolo dello splendore della città. Il teatro era uno dei
principali svaghi del mondo ellenistico, non solamente per gli spettacoli che
offriva, ma anche perché rappresentava un’occasione per mettersi in mostra. Il teatro meridionale sorgeva nei
pressi del tempio di Zeus. L’altro, di dimensioni inferiori, era situato
nella parte settentrionale della città. Con una capacità di cinquemila
spettatori, il teatro meridionale fu costruito alla fine del I secolo d.C., durante
il regno dell’imperatore Domiziano, e fu poi decorato e ristrutturato dai
suoi successori, Traiano e Adriano. La tribuna, dove gli spettatori sedevano
in base al loro status sociale, era uno dei luoghi prediletti dai cittadini
per sfoggiare potere e ricchezza. Non sorprende che una parte importante del
costo del teatro di Gerasa fosse stata sostenuta da privati, che si
assicuravano così i posti migliori e un ingresso esclusivo attraverso le porte
(vomitoria) che si apriva accanto al palcoscenico. La plebe dal canto suo
doveva accedere al complesso salendo sulla terrazza del tempio di Zeus e
percorrendo il passaggio che collegava il teatro alla cinta muraria. |
Il foro ovale. L’ingresso di Gerasa era un complesso
spettacolare formato dal foro ovale dal tempio di Zeus e dal teatro
meridionale. Questo gruppo di edifici accuratamente collegati tra loro ben
esemplifica un’arte in cui le città ellenistiche eccellevano: costruire
prospettive monumentali. Ai piedi della collina si trovava l’enorme foro
ovale costruito nel I secolo d.C., probabilmente il centro della vita
economica e civica di Gerasa. Aveva una disposizione accuratamente studiata. La
sua forma ellittica non solo sfruttava al meglio l’avvallamento tra due
collinette, ma collegava visivamente l’asse del tempio di Zeus con quello del
Cardo maximus. Le sue dimensioni imponenti e la
magnifica pavimentazione realizzata con pietre disposte in forma concentrica
gli conferivano un aspetto solenne, per quanto vi si svolgessero anche le
normali attività quotidiane. Il foro era dominato dal grande tempio di Zeus, che
era stato fatto erigere da Marco Aurelio (161-180). La sua struttura a due
terrazze lo rendeva visibile da ogni punto della città e rievocava l’aspetto
degli antichi templi semitici. |
Il tempio di Artemide. Le undici colonne del tempio di Artemide La costruzione del tempio di Artemide iniziò nel 150 d.C., sotto il regno di Antoniono Pio. La dea della caccia era la patrona di Gerasa e gli abitanti della città vollero onorarla dedicandole uno dei santuari più imponenti del Vicino Oriente. L’ingresso principale del complesso si trovava sul cardo maximus, un portico sorretto da quattro enormi colonne corinzie fiancheggiava l’accesso alla scalinata che conduceva in cima alla collina. La prima terrazza ospitava un altare per i sacrifici: la seconda, il tempio e il suo recinto sacro, il temenos. Chi lasciava il trambusto della strada per affrontare la fatica della salita era ricompensato dalla silenziosa contemplazione di un edificio delicato ed elegante, circondato da colonne corinzie e rivestito di marmo. Il santuario è anche una testimonianza
dell’inizio della decadenza di Gerasa, che andò di pari passo con quella dell’impero
romano. Il progetto era così ambizioso che non poté essere portato a termine.
Accanto al tempio si possono ancora vedere i dispositivi idraulici utilizzati
per tagliare le pietre durante la fase di costruzione. In epoca bizantina
sorse nell’aerea un laboratorio di ceramica: con l’arrivo dei musulmani le
mura di una fortezza. Quando all’inizio del XII secolo il re crociato
Baldovino II di Gerusalemme conquistò Gerasa, questa era ormai ridotta a una
cittadella in rovina. |
Articolo di Eva
Tobalina Oraà dell’Università internazionale della Rioja pubblicato su Storica
National Geographic n. 120 – altri testi e immagini da Wikipedia.
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