domenica 25 ottobre 2020

Gerasa: la storia della Siria romana.

 

Gerasa: la storia della Siria romana.

Fondata nell’odierna Giordania dai successori di Alessandro Magno, Gerasa fu un centro di confluenza della cultura semitica e di quella ellenistica. Dopo la conquista romana divenne una delle principali città della Decapoli.

 

La Via Maris (viola), la Via Regia (rosso) e altre antiche vie di commercio del Vicino Oriente antico, ca. 1300 a.C.

In Giordania che ha una strada più di quattromila anni. Se ne parla nell’Antico testamento, ma la sua esistenza può essere fatta risalire all’età del bronzo. Si chiama via Regia non perché la sua realizzazione sia attribuita a qualche monarca specifico, ma per la sua età e importanza. Questo cammino collegava il golfo di Aqaba, nel mar Rosso, con Damasco in Siria, attraversando da sud a nord la regione della Transgiordania. Si trattava di un’area di limitato interesse: le terre a est della valle del Giordano e del Mar Morto non erano altro che una successione di altopiani boscosi seguiti da un immenso deserto. Nessun grande impero era ma i sorto in quella zona.

Con un’orografia accidentata e una limitata disponibilità d’acqua dolce, la Transgiordania non aveva molto da offrire all’agricoltura. Ma nonostante la povertà di risorse, la regione era molto ambita per la sua posizione , in quanto si trovava al centro di un crocevia straordinario. A oriente si estendeva la Mesopotamia, a sud-ovest la valle del Nilo e a sud la penisola araba, attraversata dalle carovane dei nabatei (i signori del deserto) cariche d’incenso dello Yemen, perle del mar Rosso e spezie dell’India. Uno dei modi migliori per percorrere questo asporto territorio era seguire l’antica via Regia.

Intorno al IX secolo a.C. la Transgiordania era abitata da alcune popolazioni tribali dedite all’allevamento, come gli ammoniti e i moabiti, spesso citati nella Bibbia. Ma l’intera regione era interessata da profonde trasformazioni. L’attività carovaniera si espanse grazie all’addomesticamento del cammello, e i nabatei cominciarono a spostarsi sempre più verso  nord. Una delle loro capitali, Petra, sorgeva lungo la via Regia, inoltre alla fine del IV secolo a.C. il Vicino Oriente entrò a far parte dell’impero del re macedone Alessandro Magno e dopo la sua morte, avvenuta nel 321 a.C., fu spartito tra i suoi generali.

 

il sito visto dall'alto. 

Cronologia: Greci, ebrei e romani.

334 a.C.

La tradizione attribuisce la fondazione di Gerasa a Percidda, generale di Alessandro.

102-78 a.C.

Il re di Giudea Alessandro Ianneo conquista Geresa sconfiggendo il tiranno Teodoro di Filadelfia.

63 a.C.

Pompeo assoggetta la regione e Gerasa viene inglobata nella provincia romana di Siria.

106 d.C.

Traiano annette il regno nabateo, la cui capitale era Petra, e avvia a Gerasa un grande programma edilizio.

129 d.C.

L’imperatore Adriano visita la città. Gerasa raggiunge il suo massimo splendore.

 

 
la Decapoli. 



L’origine mitica di Gerasa. La Transgiordania divenne un territorio conteso tra l’Egitto tolemaico e l’impero seleucide, entrambi governati da discendenti dell’aristocrazia macedone per duecento anni la cultura greca si diffuse nella regione, mescolandosi con le tradizioni semitiche e la lingua aramaica e favorendo così lo sviluppo di un’epoca di splendore: l’ellenismo. Gli antichi regni ammoniti e moabiti cedettero il posto a un gruppo di prospere città-stato a carattere commerciale e di cultura ellenistica, una formula che meglio si adattava all’aspra geografia della zona e al crescente flusso di carovane. Una di queste città era Gerasa. I suoi abitanti amavano raccontare una storia curiosa sull’origine del nome. Affermavano con orgoglio che il toponimo Gerasa era dovuto al fatto che la città era stata fondata dai veterani (gerenontes) delle campagne di Alessandro. Dopo aver combattuto contro i persiani questi soldati coraggiosi sarebbero stati ricompensati con degli appezzamenti di terra sulle colline che separano la valle del Giordano dal deserto. Questa storia è sicuramente un falso, che come tanti miti fondativi mirava ad accrescere il prestigio della località. Sembra che il nome originale della città non fosse Gerasa, toponimo semitico, ma Antiochia ad Chrysorrhoma (Antiochia sul fiume d’oro), che rimanderebbe la sia fondazione a qualche re seleucide, forse Antioco IV (che regnò dal 175 al 164 a.C.). La nascita della città si inserì probabilmente in un contesto di dispute territoriali con l’Egitto, e vide la fusione tra i coloni greci e la popolazione di un insediamento locale abitato fin dal Neolitico. Questa prima Gerasa, cinta di mura e situata su una collina vicino a un corso d’acqua, cominciò rapidamente a svilupparsi. Come il resto delle nuove città-stato della Transgiordania, Gerasa era un’entità politica indipendente, gelosa della sua autonomia. Probabilmente aveva stretti rapporti con altre località della regione, come Filadefia (l’attuale Amman, così chiamata dal nome del re egizio Tolomeo Filadelfo), che affidò al tempio di Zeus di Gerasa la custodia del proprio tesoro comunale. Era anche un importante centro commerciale e aveva una popolazione multietnica: coloni greci, autoctoni aramei e mercanti nabatei si mescolavano a commercianti di origine più esotica – persiani, parti e indiani. Queste aree di provenienza appartenevano alla sfera ellenistica: molte erano state fondate da Alessandro (o per lo meno si vantavano di ciò) o da uno dei suoi successori; il greco e l’aramaico erano usati come lingue comuni, e i monumenti erano costruiti secondo canoni greci. La benestante gioventù locale frequentava probabilmente il ginnasio e l’efebion, due istituzioni destinante all’educazione fisica e morale dei ragazzi, mentre i genitori facevano sfoggio della loro ricchezza nelle prime file del teatro. Ma un esame più attento rivela la sopravvivenza di costumi più arcaici. Nelle iscrizioni i nomi greci si alternano a quelli semitici. Per l’orrore dei più ellenizzate la circoncisone rimase una pratica comune, e sotto i pomposi riti dedicate alle divinità ellenistiche sopravviveva il culto degli antichi dèi semitici.

 

Nasce la Decapoli. L’impero seleucide scomparve nel I secolo a.C. e i territori della Transgiordania finirono nelle mani della repubblica romana. A portare a termine la conquista fu Pompeo, che riorganizzò politicamente l’intera regione e nel 63 a.C. raggruppò le città dell’area più settentrionale della via Regia in una lega dipendente dalla provincia di Siria e amministrata da un prefetto romano. La coalizione fu denominata Decapoli (dieci città). curiosamente, Plinio il Vecchio riferisce nel suo Naturalis Historia che, a dispetto del nome, c’erano opinioni discordanti in merito a quali e quante città facessero effettivamente parte della lega. Plinio stabilì che la Decapoli iniziava a Damasco e terminava a Filadelfia, e ne facevano parte località come Scitopli (a ovest del Giordano). Gadara, Ippo, Dio, Pella, Canata. Rafana e, naturalmente, Gerasa.

 

Una città cosmopolita.


La porta meridionale

L’incorporazione nei domini romani inaugurò il periodo di maggior splendore di Gerasa. La città visibile oggi fu in gran parte costruita in Età alto imperiale (fine del I secolo a.C.-II secolo d.C.). l’enclave era molto prospera: aveva miniere di ferro ed enormi potenziale agricolo. Si estendeva su due colline, tra le quali scorreva un fiume (oggi poco più che un ruscello), ed era circondata da un territorio fertile, ricoperto di ulivi, alberi da frutto e colture di ogni tipo. Gerosa era situata in un punto chiave della via Regia, lungo il tratto che collegava Petra con Damasco. Questo carattere carovaniero si ritrova nell’assetto urbano dell’insediamento: l’ingresso principale era costituito dalla porta meridionale, che conduceva direttamente a una grande piazza e al cardo maximus. Questo impressionante viale, lungo 800 metri e fiancheggiato da 500 colonne, attraversava l’intera città da nord a sud e fu modificato in varie occasioni. La sua costruzione risale al I secolo d.C., la stessa epoca in cui fu creato il foro ovale. Vi transitavano presumibilmente veicoli di ogni tipo, che potevano invertire la direzione all’altezza dei due tetrapili, delle specie di rotatorie monumentali che connettevano il cado con i decumani (le strade che attraversano la città a est a ovest).

L’arco di Adriano.



Le città della decapoli si trovavano in una pericolosa zona di confine tra il regno nabateo a sud e il gigantesco impero parto a est. La città di Gerasa era protetta da una cinta muraria di quasi 3,5 chilometri di lunghezza con 101 torri e cinque porte, e ospitava un importante presidio militare. Nel 106 d.C. l’imperatore Traiano conquistò il regno nabateo e un decennio più tardi inflisse una sonora sconfitta all’impero parto. Al termine delle operazioni militari Traiano riorganizzò il territorio, riunendo il regno nabateo e la Decapoli nella provincia romana d’Arabia. La via Regia, che costituiva la spina dorsale della nuova provincia, venne selciata e assunse il nome di via Traiana Nova. Parallelamente fu intraprese la costruzione di una rete stradale che collegava le città della Decapoli. I lavori si protrassero a lungo, ed erano ancora in corso quando l’imperatore Adriano visitò la città e vi trascorse parte del’’inverno 129-130, facendo di Gersasa il centro dell’impero per alcuni mesi. Adriano volle commemorare il suo soggiorno erigendo un enorme arco trionfale davanti all’accesso meridionale della città. Il monumento fu costruito fuori dalle mura, vicino all’ippodromo, e probabilmente segnava il limite di un progetto di espansione esterna della località.

Il teatro meridionale.

La scena del teatro meridionale


A Gerasa c’erano due teatri. Quello meridionale è forse il più bello di tutta la Siria. Entrambi gli edifici erano molto frequentati dai visitatori in occasione delle feste religiose ed erano un simbolo dello splendore della città. Il teatro era uno dei principali svaghi del mondo ellenistico, non solamente per gli spettacoli che offriva, ma anche perché rappresentava un’occasione per mettersi in mostra.

Il teatro meridionale sorgeva nei pressi del tempio di Zeus. L’altro, di dimensioni inferiori, era situato nella parte settentrionale della città. Con una capacità di cinquemila spettatori, il teatro meridionale fu costruito alla fine del I secolo d.C., durante il regno dell’imperatore Domiziano, e fu poi decorato e ristrutturato dai suoi successori, Traiano e Adriano. La tribuna, dove gli spettatori sedevano in base al loro status sociale, era uno dei luoghi prediletti dai cittadini per sfoggiare potere e ricchezza. Non sorprende che una parte importante del costo del teatro di Gerasa fosse stata sostenuta da privati, che si assicuravano così i posti migliori e un ingresso esclusivo attraverso le porte (vomitoria) che si apriva accanto al palcoscenico. La plebe dal canto suo doveva accedere al complesso salendo sulla terrazza del tempio di Zeus e percorrendo il passaggio che collegava il teatro alla cinta muraria.

Il foro ovale.



L’ingresso di Gerasa era un complesso spettacolare formato dal foro ovale dal tempio di Zeus e dal teatro meridionale. Questo gruppo di edifici accuratamente collegati tra loro ben esemplifica un’arte in cui le città ellenistiche eccellevano: costruire prospettive monumentali. Ai piedi della collina si trovava l’enorme foro ovale costruito nel I secolo d.C., probabilmente il centro della vita economica e civica di Gerasa. Aveva una disposizione accuratamente studiata. La sua forma ellittica non solo sfruttava al meglio l’avvallamento tra due collinette, ma collegava visivamente l’asse del tempio di Zeus con quello del Cardo maximus.

Le sue dimensioni imponenti e la magnifica pavimentazione realizzata con pietre disposte in forma concentrica gli conferivano un aspetto solenne, per quanto vi si svolgessero anche le normali attività quotidiane. Il foro era dominato dal grande tempio di Zeus, che era stato fatto erigere da Marco Aurelio (161-180). La sua struttura a due terrazze lo rendeva visibile da ogni punto della città e rievocava l’aspetto degli antichi templi semitici.  

Il tempio di Artemide.


Le undici colonne del tempio di Artemide


La costruzione del tempio di Artemide iniziò nel 150 d.C., sotto il regno di Antoniono Pio. La dea della caccia era la patrona di Gerasa e gli abitanti della città vollero onorarla dedicandole uno dei santuari più imponenti del Vicino Oriente. L’ingresso principale del complesso si trovava sul cardo maximus, un portico sorretto da quattro enormi colonne corinzie fiancheggiava l’accesso alla scalinata che conduceva in cima alla collina. La prima terrazza ospitava un altare per i sacrifici: la seconda, il tempio e il suo recinto sacro, il temenos. Chi lasciava il trambusto della strada per affrontare la fatica della salita era ricompensato dalla silenziosa contemplazione di un edificio delicato ed elegante, circondato da colonne corinzie e rivestito di marmo.

Il santuario è anche una testimonianza dell’inizio della decadenza di Gerasa, che andò di pari passo con quella dell’impero romano. Il progetto era così ambizioso che non poté essere portato a termine. Accanto al tempio si possono ancora vedere i dispositivi idraulici utilizzati per tagliare le pietre durante la fase di costruzione. In epoca bizantina sorse nell’aerea un laboratorio di ceramica: con l’arrivo dei musulmani le mura di una fortezza. Quando all’inizio del XII secolo il re crociato Baldovino II di Gerusalemme conquistò Gerasa, questa era ormai ridotta a una cittadella in rovina.

 

Articolo di Eva Tobalina Oraà dell’Università internazionale della Rioja pubblicato su Storica National Geographic n. 120 – altri testi e immagini da Wikipedia.

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