mercoledì 7 ottobre 2020

L’eroica ed effimera repubblica di Kolky.

 

L’eroica ed effimera repubblica di Kolky.

Una pagina gloriosa e misconosciuta degli anni bui in cui l’intera Europa era sotto il tallone germanico l’ha scritta l’inerme Ucraina, che osò sfidare prima l’Armata Rossa e poi le spietate legioni con la svastica: riuscì a fondare una repubblica indipendente che fu poi annegata nel sangue.

 

Bandiera dell'UPA

Nella Seconda guerra mondiale una nazione osò ribellarsi orgogliosamente all’occupazione tedesca e, benché circondata da nemici potenti e implacabili come Russia e Germania, conquistò l’indipendenza dal Terzo Reich, sia pure temporaneamente, prima di ricadere sotto il suo giogo.

Fu la pacifica Ucraina, più volte invasa, che seppe reagire energicamente fino a costituire una Repubblica indipendente, libera a tal punto da svolgere elezioni e creare istituzioni autonome in grado di gestire ogni ambito della vita pubblica, dall’ordine pubblico alla scuola, alla sanità. Un caso straordinario di un’oasi di pace, ordine e democrazia in un’Europa sconvolta e oppressa dallo scontro di due potenze in preda al delirio di conquista. Una realtà che ricorda un’esperienza simile verificatasi nel Nord Italia: la repubblica partigiana d’Ossola. In Ucraina, come in Italia, il finale fu tutt’altro che lieto. Il neonato Stato, costretto a combattere su più fronti, resistette disperatamente finché fu sopraffatto. Il suo eroico coraggio fu punito con una terribile rappresaglia. Sarebbe dovuto passare molto altro tempo, prima che gli ucraini ottenessero la sospirata indipendenza.

La lotta Ucraina proviene da lontano. Dopo la Grande Guerra, le regioni più occidentali della nazione odierna, Volvinia e Galizia, erano state annesse al risorto Stato polacco. Da subito si diffusero movimenti nazionalisti ucraini, seppur divisi,  fra loro e osteggiati dalle autorità. Più tardi, nel 1939, in seguito all’invasione tedesca della Polonia, i capi dell’Organizzazione Nazionalista Ucraina (OUN) che erano stati imprigionati furono liberati: fra loro Stepan Bandera, che era fra i tanti che guardavano a Hitler come a un liberatore, dato che Stalin aveva governato le altre regioni ucraine con il terrore. Si calcola che negli anni Trenta le sue purghe siano costate la vita a milioni di ucraini. La Germania, quindi apparve a molti come il male minore.

Ma le due nazioni si spartirono il bottino e, in seguito al Trattato Molotov-Ribbentrop, Volvonia e Galizia diventarono di proprietà dell’URSS: così andarono incontro allo stesso destino del resto dell’Ucraina, soffocata dall’odiosa oppressione staliniana. Per l’eroico popolo ucraino non sembrava esserci scampo.

 

Dopo Stalin, Hitler. L’invasione tedesca della Russia, tuttavia, era parsa a molti ucraini, compreso Bandera, un’occasione di riscossa. Liberata dal giogo staliniano, il 30 giugno 1941 l’Ucraina proclamò l’atto di indipendenza. Si formarono persino alcuni battaglioni (Roland, Nachtigall, Galizia) di nazionalisti ucraini che combatterono sul fronte russo a fianco della Wehrnacht. Ma bastarono pochi giorni per far cadere ogni illusione e rendersi conto di essere passati dalla padella alla brace. Dopo le truppe russe arrivarono quelle tedesche: Hitler non intendeva accettare alcuna nazione indipendente nel suo nuovo ordine europeo. Come tutte le altre regioni orientali, l’Ucraina gli serviva per realizzare quello spazio vitale o Lebensraum dove il popolo tedesco avrebbe sottomesso gli abitanti e depredato ogni risorsa disponibile. Per la Germania nazista, l’Ucraina era una preda preziosa in quanto “granaio d’Europa” e serbatoio di manovalanza forzata.

Quando l’occupazione tedesca del Paese sostituì quella sovietica, i capi dell’autoproclamata nazione libera furono arrestati e deportati, i battaglioni ucraini soppressi e l’Organizzazione Nazionalista (OUN) dichiarata fuorilegge. Gli ucraini conobbero la ferocia che si celava sotto l’emblema della croce uncinata. Si sviluppò allora un movimento di resistenza clandestino, mentre gli abitanti delle regioni occidentali, per lo più contadini, formarono bande di partigiani autonome, non collegate all’OUN. Le truppe tedesche si comportarono in Ucraina come in tutti gli altri Paesi occupati coprifuoco, retate, arresti continue requisizioni di alimentari e invio di lavoratori in Germania. la sopportazione della pacifica popolazione ucraina durò fino all’inizio del 1943, quando esplose la ribellione con un aperto scontro armato tra la risorta OUN e le truppe di occupazione, l’organizzazione nazionalista riuscì a raccogliere sotto il comando di un suo uomo, il generale Roman Shukhevych, le altre bande partigiane, tranne quelle comuniste, e a inquadrale nell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Da quel momento, la tattica degli oppositori al Nazismo cambiò radicalmente, le azioni di guerriglia e sabotaggio lasciarono spazio alla guerra aperta, esercito contro esercito. I tedeschi risposero trasferendo dal fronte intere divisioni, come l’VIII di cavalleria delle SS, per intraprendere una serie di operazioni antipartigiani con l’impiego di aerei e mezzi corazzati. Nello stesso tempo, fecero leva sulla propaganda: con volantini e manifesti, bollarono gli insorti come alleati dei sovietici. Il vescovo ortodosso di Luc’k, aperto collaborazionista, arrivò ad affermare sfrontatamente che i ribelli difendevano gli interessi della “cricca ebreo-bolscevica”! Grazie al largo sostegno della popolazione, le centurie partigiane (brigate formate da 100 uomini) riuscirono a liberare buona parte del territorio. Particolare successo ebbero le bande guidate da Klym Savur (Dmytro Klyachkivsky), nel distretto di Kolky. A contrastarle, oltre ai tedeschi, era la minoranza polacca, che ricopriva la maggior parte dei posti nell’amministrazione pubblica, Polizia compresa, e che temendo ritorsioni si era posta sotto la protezione degli occupanti. Tra le due fazioni ci furono episodi di guerra civile sanguinosa, come l’eccidio in cui 40 polacchi morirono bruciati in una chiesa cattolica a cui i ribelli ucraini avevano dato fuoco.

 

Dmytro Klyachkivsky

 Rinascita di una nazione. Nel maggio 1943 Kolky si era resa di fatto indipendente, senza il contributo dei partigiani rossi, che non volevano allearsi all’Esercito insurrezionale ucraino (UPA), di cui non condividevano i piani strategici.

Gli stessi occupanti tedeschi riconobbero il valore dei combattenti dell’UPA “i nazionalisti ucraini ci causano maggiori difficoltà delle bande bolsceviche”, fu riferito in giugno ad Alfred Rosenberg, Ministro del Reich per i territori occupati. Per tentare di stroncare la ribellione, i tedeschi depredavano e radevano al suolo i villaggi che sostenevano l’UPA. Nel corso dell’estate la rivolta si estese alla Galizia. Nella regione di Lviv (Leopoli) alcune unità dell’UPA riuscirono a liberare i lavoratori forzati in una cava di pietra, annientando la sorveglianza tedesca.

La repubblica insurrezionale di Kolly, che prese nome del villaggio in cui era localizzato il quartier generale partigiano di Klym Savur, comprendeva la maggior parte della Volvonia, per un totale di 2500 km2. Al commissionario del Reich Erich Koch era rimasto il controllo di solo 2 delle 7 regioni di questa parte del Paese. la ribellione aveva tirato dalla propria parte molti ex collaboratori tedeschi inseriti nelle istituzioni e nella Polizia locale. Dopo aver prevalso sul piano militare, gli insorti presero a organizzare il neonato Stato con strutture autonome. Furono istituiti consigli elettivi a più livelli: dai villaggi, paesi e città ai rajon (provincie), distretti e regioni. Ciascun consiglio era formato da 12 a 60 membri, con a capo una starosta (sindaco), o un presidente. Per nominarli, furono indette elezioni in cui godevano di diritto di voto tutti gli abitanti maggiorenni, donne comprese. Un’apposita organizzazione si occupava di curare l’educazione politica dei giovani e di arruolarli nell’UPA. Non in tutti i rajon si potevano insediare le nuove amministrazioni, ma in quelli interamente liberati dall’invasione tedesca si procedette, nonostante le gravi difficoltà negli approvvigionamenti, a riorganizzare l’assistenza sanitaria, con tanto di corsi per infermieri, e l’istruzione pubblica dai 6 ai 17 anni di età. La repubblica ebbe un grande consenso popolare grazie a questi provvedimenti, anche perché prima sotto i tedeschi gli ospedali erano preclusi ai civili e la scuola si limitava ai primi 4 anni. Nella capitale, Kolky, erano attivi persino una Polizia locale e un tribunale.

 

Stepan BAndera, eroe a due volti.



Ancora oggi il capo dell’OUN e fondatore dell’UPA (le due forze di liberazione non sempre alleate), Stepan Bandera (1909-1959), è oggetto di giudizi contrastanti. La sua azione politica, del resto, fu sempre sul filo dell’alleanza o della lotta alla Germania nazista, a seconda delle circostane. Nato in Galizia e proveniente da una da una famiglia di sacerdoti, Bandera fu educato ai valori del patriottismo e del nazionalismo ucraino. Dopo aver collaborato con le autorità tedesche in chiave antisovietica, fu tra i promotori della resistenza contro i nazisti. Internato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, in seguito alla proclamazione dell’indipendenza ucraine nel 1941, tre anni dopo fu rilasciato affinché guidasse da Berlino, sotto la stretta sorveglianza della Gestapo, la resistenza contro i nuovi invasori, ovvero l’Armata Rossa. A questo scopo ricevette dal Reich armi e agenti addestrati per azioni di sabotaggio.

È certo che Bandera non ebbe alcun ruolo nelle azioni dell’Esercito insurrezionale Ucraino a danno di ebrei e polacchi. Tuttavia, la sua famiglia finì per subire ritorsioni sia dati tedeschi sia dai sovietici e sia dai polacchi, durante e dopo la guerra. Il padre fu condannato a morte da un tribunale sovietico e fucilato; le tre sorelle finirono nei gulag e una di esse vi morì, due dei tre fratelli furono invece uccisi nei lager di Auschwitz da prigionieri polacchi, mentre l’altro cadde in combattimento per mano tedesca. Dopo la guerra Stepan riparò in Germania Ovest, sotto la protezione degli angloamericani. Ciò non impedì al KGB di assassinarlo, dopo ripetuti tentativi, a Monaco di Baviera, dove abitava con la moglie e il figlio.

Nel 2010 il presidente ucraino Yushenko assegnò a Stepan Bandera l’onorificenza di eroe dell’Ucraina, “per aver difeso le idee nazionali e combattuto per uno Stato ucraino indipendente”. Il gesto, fortemente simbolico, suscitò le proteste del governo di Mosca e della comunità ebraica. L’anno seguente l’onorificenza fu annullata dalla corte suprema ucraina, ma nel 2014 l’attuale presidente Poroshenko la reintrodusse. Nel Paese, diventato indipendente nel 1991 dopo essere uscito dal blocco degli stati comunisti, sono numerose le vie e le piazze intitolate a Bandera e non mancano statue che ne esaltano la figura.

  

                                                                  

                                                                    Hans-Adolf Prützmann

La fine del sogno. Un simile organismo statale avrebbe certamente avuto il suo peso in una conferenza di pace post bellica. Al di là dei buoni propositi, però, la situazione restava quanto mai precaria. Coloro che sostenevano l’OUN non erano automaticamente disposti a combattere per essa in prima linea, mentre alle ridotte forze dell’UPA sarebbe spettato l’improbo compito di contrastare sia l’esercito tedesco sia quello sovietico se la Germania, come ormai era prevedibile, avesse perso la guerra. I repubblicani temevano un ritorno al regime stalinista più che una controffensiva dei tedeschi, che apparivano sempre più in difficoltà, specie dopo l’armistizio italiano che lasciava sola la Germania con un fronte in più in cui combattere. Gli Ucraini erano divisi tra i due mali: c’era chi preferiva quello rosso e chi quello tedesco, che stava soccombendo. Ma il mostro con la svastica n<on era ancora morto e in ottobre, inaspettatamente, i tedeschi avviarono una vasta operazione antipartigiana sotto la guida del comandante delle SS e della Polizia in Ucraina, Hans-Adolf Pritzmann. Come se non bastasse, l’Upa fece l’errore di concentrare le scarse truppe a sua disposizione intorno a Kolky, esponendole così ai bombardamenti aerei tedeschi, che causarono centinaia di vittime anche fra i civili. Il 4 novembre i tedeschi riconquistarono l’intera città a colpi di cannone. In Galizia la lotta durò fino alla fine dell’estate del 1944. Come in altre circostanze simili (si pensi a Varsavia) i tedeschi si abbandonarono a una vendetta spietata, che non risparmiò neppure i feriti negli ospedali. La coraggiosa Repubblica di Kolky, dopo 8 mesi di eroica sopravvivenza, fu annegata nel sangue. In totale, si stima che i caduti fra gli insorti furono tra i 10.000 e i 12.000, altrettanti quelli nelle file dei tedeschi e dei loro alleati, come gli ungheresi che facevano parte delle truppe di invasione.

I nazionalisti ucraini ripresero la guerriglia in clandestinità sino alla fine della guerra, e anche dopo. Nel 1945 Stalin avrebbe voluto processare i loro capi, ma gli Alleati (Usa, Francia, Inghilterra e persino la Polonia) si opposero, dal momento che essi avevano combattuto contro Hitler. Dopo tedeschi e polacchi, la lotta degli ucraini proseguì contro il regime sovietico: per quel popolo fiero e indomabile la guerra durò fino agli anni Cinquanta.

 

Articolo di Andrea Accorso, giornalista e ricercatore storico pubblicato su BBC History n, 97 – altri testi e immagini da Wikipedia.

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