L’eroica ed effimera
repubblica di Kolky.
Una pagina gloriosa e
misconosciuta degli anni bui in cui l’intera Europa era sotto il tallone
germanico l’ha scritta l’inerme Ucraina, che osò sfidare prima l’Armata Rossa e
poi le spietate legioni con la svastica: riuscì a fondare una repubblica indipendente
che fu poi annegata nel sangue.
Nella
Seconda guerra mondiale una nazione osò ribellarsi orgogliosamente all’occupazione
tedesca e, benché circondata da nemici potenti e implacabili come Russia e
Germania, conquistò l’indipendenza dal Terzo Reich, sia pure temporaneamente,
prima di ricadere sotto il suo giogo.
Fu la pacifica Ucraina,
più volte invasa, che seppe reagire energicamente fino a costituire una
Repubblica indipendente, libera a tal punto da svolgere elezioni e creare
istituzioni autonome in grado di gestire ogni ambito della vita pubblica,
dall’ordine pubblico alla scuola, alla sanità. Un caso straordinario di un’oasi
di pace, ordine e democrazia in un’Europa sconvolta e oppressa dallo scontro di
due potenze in preda al delirio di conquista. Una realtà che ricorda
un’esperienza simile verificatasi nel Nord Italia: la repubblica partigiana
d’Ossola. In Ucraina, come in Italia, il finale fu tutt’altro che lieto. Il
neonato Stato, costretto a combattere su più fronti, resistette disperatamente finché
fu sopraffatto. Il suo eroico coraggio fu punito con una terribile
rappresaglia. Sarebbe dovuto passare molto altro tempo, prima che gli ucraini
ottenessero la sospirata indipendenza.
La lotta Ucraina
proviene da lontano. Dopo la Grande Guerra, le regioni più occidentali della
nazione odierna, Volvinia e Galizia, erano state annesse al risorto Stato
polacco. Da subito si diffusero movimenti nazionalisti ucraini, seppur
divisi, fra loro e osteggiati dalle autorità.
Più tardi, nel 1939, in seguito all’invasione tedesca della Polonia, i capi
dell’Organizzazione Nazionalista Ucraina (OUN) che erano stati imprigionati
furono liberati: fra loro Stepan Bandera, che era fra i tanti che guardavano a
Hitler come a un liberatore, dato che Stalin aveva governato le altre regioni
ucraine con il terrore. Si calcola che negli anni Trenta le sue purghe siano
costate la vita a milioni di ucraini. La Germania, quindi apparve a molti come
il male minore.
Ma le due nazioni si
spartirono il bottino e, in seguito al Trattato Molotov-Ribbentrop, Volvonia e
Galizia diventarono di proprietà dell’URSS: così andarono incontro allo stesso
destino del resto dell’Ucraina, soffocata dall’odiosa oppressione staliniana.
Per l’eroico popolo ucraino non sembrava esserci scampo.
Dopo Stalin, Hitler. L’invasione tedesca
della Russia, tuttavia, era parsa a molti ucraini, compreso Bandera, un’occasione
di riscossa. Liberata dal giogo staliniano, il 30 giugno 1941 l’Ucraina
proclamò l’atto di indipendenza. Si formarono persino alcuni battaglioni
(Roland, Nachtigall, Galizia) di nazionalisti ucraini che combatterono sul
fronte russo a fianco della Wehrnacht. Ma bastarono pochi giorni per far cadere
ogni illusione e rendersi conto di essere passati dalla padella alla brace.
Dopo le truppe russe arrivarono quelle tedesche: Hitler non intendeva accettare
alcuna nazione indipendente nel suo nuovo ordine europeo. Come tutte le altre
regioni orientali, l’Ucraina gli serviva per realizzare quello spazio vitale o
Lebensraum dove il popolo tedesco avrebbe sottomesso gli abitanti e depredato
ogni risorsa disponibile. Per la Germania nazista, l’Ucraina era una preda
preziosa in quanto “granaio d’Europa” e serbatoio di manovalanza forzata.
Quando l’occupazione
tedesca del Paese sostituì quella sovietica, i capi dell’autoproclamata nazione
libera furono arrestati e deportati, i battaglioni ucraini soppressi e
l’Organizzazione Nazionalista (OUN) dichiarata fuorilegge. Gli ucraini
conobbero la ferocia che si celava sotto l’emblema della croce uncinata. Si
sviluppò allora un movimento di resistenza clandestino, mentre gli abitanti
delle regioni occidentali, per lo più contadini, formarono bande di partigiani
autonome, non collegate all’OUN. Le truppe tedesche si comportarono in Ucraina
come in tutti gli altri Paesi occupati coprifuoco, retate, arresti continue
requisizioni di alimentari e invio di lavoratori in Germania. la sopportazione
della pacifica popolazione ucraina durò fino all’inizio del 1943, quando
esplose la ribellione con un aperto scontro armato tra la risorta OUN e le
truppe di occupazione, l’organizzazione nazionalista riuscì a raccogliere sotto
il comando di un suo uomo, il generale Roman Shukhevych, le altre bande
partigiane, tranne quelle comuniste, e a inquadrale nell’Esercito
Insurrezionale Ucraino (UPA). Da quel momento, la tattica degli oppositori al
Nazismo cambiò radicalmente, le azioni di guerriglia e sabotaggio lasciarono
spazio alla guerra aperta, esercito contro esercito. I tedeschi risposero
trasferendo dal fronte intere divisioni, come l’VIII di cavalleria delle SS,
per intraprendere una serie di operazioni antipartigiani con l’impiego di aerei
e mezzi corazzati. Nello stesso tempo, fecero leva sulla propaganda: con
volantini e manifesti, bollarono gli insorti come alleati dei sovietici. Il
vescovo ortodosso di Luc’k, aperto collaborazionista, arrivò ad affermare
sfrontatamente che i ribelli difendevano gli interessi della “cricca
ebreo-bolscevica”! Grazie al largo sostegno della popolazione, le centurie
partigiane (brigate formate da 100 uomini) riuscirono a liberare buona parte
del territorio. Particolare successo ebbero le bande guidate da Klym Savur
(Dmytro Klyachkivsky), nel distretto di Kolky. A contrastarle, oltre ai
tedeschi, era la minoranza polacca, che ricopriva la maggior parte dei posti
nell’amministrazione pubblica, Polizia compresa, e che temendo ritorsioni si
era posta sotto la protezione degli occupanti. Tra le due fazioni ci furono
episodi di guerra civile sanguinosa, come l’eccidio in cui 40 polacchi morirono
bruciati in una chiesa cattolica a cui i ribelli ucraini avevano dato fuoco.
Rinascita
di una nazione. Nel maggio 1943 Kolky si era resa di
fatto indipendente, senza il contributo dei partigiani rossi, che non volevano
allearsi all’Esercito insurrezionale ucraino (UPA), di cui non condividevano i
piani strategici.
Gli stessi occupanti
tedeschi riconobbero il valore dei combattenti dell’UPA “i nazionalisti ucraini
ci causano maggiori difficoltà delle bande bolsceviche”, fu riferito in giugno
ad Alfred Rosenberg, Ministro del Reich per i territori occupati. Per tentare
di stroncare la ribellione, i tedeschi depredavano e radevano al suolo i
villaggi che sostenevano l’UPA. Nel corso dell’estate la rivolta si estese alla
Galizia. Nella regione di Lviv (Leopoli) alcune unità dell’UPA riuscirono a
liberare i lavoratori forzati in una cava di pietra, annientando la
sorveglianza tedesca.
La repubblica
insurrezionale di Kolly, che prese nome del villaggio in cui era localizzato il
quartier generale partigiano di Klym Savur, comprendeva la maggior parte della
Volvonia, per un totale di 2500 km2. Al commissionario del Reich Erich Koch era
rimasto il controllo di solo 2 delle 7 regioni di questa parte del Paese. la
ribellione aveva tirato dalla propria parte molti ex collaboratori tedeschi
inseriti nelle istituzioni e nella Polizia locale. Dopo aver prevalso sul piano
militare, gli insorti presero a organizzare il neonato Stato con strutture
autonome. Furono istituiti consigli elettivi a più livelli: dai villaggi, paesi
e città ai rajon (provincie), distretti e regioni. Ciascun consiglio era formato
da 12 a 60 membri, con a capo una starosta (sindaco), o un presidente. Per nominarli,
furono indette elezioni in cui godevano di diritto di voto tutti gli abitanti
maggiorenni, donne comprese. Un’apposita organizzazione si occupava di curare l’educazione
politica dei giovani e di arruolarli nell’UPA. Non in tutti i rajon si potevano
insediare le nuove amministrazioni, ma in quelli interamente liberati dall’invasione
tedesca si procedette, nonostante le gravi difficoltà negli approvvigionamenti,
a riorganizzare l’assistenza sanitaria, con tanto di corsi per infermieri, e l’istruzione
pubblica dai 6 ai 17 anni di età. La repubblica ebbe un grande consenso
popolare grazie a questi provvedimenti, anche perché prima sotto i tedeschi gli
ospedali erano preclusi ai civili e la scuola si limitava ai primi 4 anni. Nella
capitale, Kolky, erano attivi persino una Polizia locale e un tribunale.
Stepan
BAndera, eroe a due volti. Ancora
oggi il capo dell’OUN e fondatore dell’UPA (le due forze di liberazione non
sempre alleate), Stepan Bandera (1909-1959), è oggetto di giudizi
contrastanti. La sua azione politica, del resto, fu sempre sul filo dell’alleanza
o della lotta alla Germania nazista, a seconda delle circostane. Nato in
Galizia e proveniente da una da una famiglia di sacerdoti, Bandera fu educato
ai valori del patriottismo e del nazionalismo ucraino. Dopo aver collaborato
con le autorità tedesche in chiave antisovietica, fu tra i promotori della
resistenza contro i nazisti. Internato nel campo di concentramento di
Sachsenhausen, in seguito alla proclamazione dell’indipendenza ucraine nel
1941, tre anni dopo fu rilasciato affinché guidasse da Berlino, sotto la
stretta sorveglianza della Gestapo, la resistenza contro i nuovi invasori,
ovvero l’Armata Rossa. A questo scopo ricevette dal Reich armi e agenti
addestrati per azioni di sabotaggio. È
certo che Bandera non ebbe alcun ruolo nelle azioni dell’Esercito
insurrezionale Ucraino a danno di ebrei e polacchi. Tuttavia, la sua famiglia
finì per subire ritorsioni sia dati tedeschi sia dai sovietici e sia dai
polacchi, durante e dopo la guerra. Il padre fu condannato a morte da un
tribunale sovietico e fucilato; le tre sorelle finirono nei gulag e una di
esse vi morì, due dei tre fratelli furono invece uccisi nei lager di
Auschwitz da prigionieri polacchi, mentre l’altro cadde in combattimento per
mano tedesca. Dopo la guerra Stepan riparò in Germania Ovest, sotto la
protezione degli angloamericani. Ciò non impedì al KGB di assassinarlo, dopo
ripetuti tentativi, a Monaco di Baviera, dove abitava con la moglie e il
figlio. Nel
2010 il presidente ucraino Yushenko assegnò a Stepan Bandera l’onorificenza
di eroe dell’Ucraina, “per aver difeso le idee nazionali e combattuto per uno
Stato ucraino indipendente”. Il gesto, fortemente simbolico, suscitò le
proteste del governo di Mosca e della comunità ebraica. L’anno seguente l’onorificenza
fu annullata dalla corte suprema ucraina, ma nel 2014 l’attuale presidente
Poroshenko la reintrodusse. Nel Paese, diventato indipendente nel 1991 dopo
essere uscito dal blocco degli stati comunisti, sono numerose le vie e le
piazze intitolate a Bandera e non mancano statue che ne esaltano la figura. |
Hans-Adolf Prützmann
La fine del sogno. Un simile organismo
statale avrebbe certamente avuto il suo peso in una conferenza di pace post
bellica. Al di là dei buoni propositi, però, la situazione restava quanto mai
precaria. Coloro che sostenevano l’OUN non erano automaticamente disposti a
combattere per essa in prima linea, mentre alle ridotte forze dell’UPA sarebbe
spettato l’improbo compito di contrastare sia l’esercito tedesco sia quello
sovietico se la Germania, come ormai era prevedibile, avesse perso la guerra. I repubblicani
temevano un ritorno al regime stalinista più che una controffensiva dei
tedeschi, che apparivano sempre più in difficoltà, specie dopo l’armistizio
italiano che lasciava sola la Germania con un fronte in più in cui combattere. Gli
Ucraini erano divisi tra i due mali: c’era chi preferiva quello rosso e chi quello
tedesco, che stava soccombendo. Ma il mostro con la svastica n<on era ancora
morto e in ottobre, inaspettatamente, i tedeschi avviarono una vasta operazione
antipartigiana sotto la guida del comandante delle SS e della Polizia in
Ucraina, Hans-Adolf Pritzmann. Come se non bastasse, l’Upa fece l’errore di
concentrare le scarse truppe a sua disposizione intorno a Kolky, esponendole
così ai bombardamenti aerei tedeschi, che causarono centinaia di vittime anche
fra i civili. Il 4 novembre i tedeschi riconquistarono l’intera città a colpi
di cannone. In Galizia la lotta durò fino alla fine dell’estate del 1944. Come in
altre circostanze simili (si pensi a Varsavia) i tedeschi si abbandonarono a
una vendetta spietata, che non risparmiò neppure i feriti negli ospedali. La coraggiosa
Repubblica di Kolky, dopo 8 mesi di eroica sopravvivenza, fu annegata nel
sangue. In totale, si stima che i caduti fra gli insorti furono tra i 10.000 e
i 12.000, altrettanti quelli nelle file dei tedeschi e dei loro alleati, come
gli ungheresi che facevano parte delle truppe di invasione.
I nazionalisti ucraini
ripresero la guerriglia in clandestinità sino alla fine della guerra, e anche
dopo. Nel 1945 Stalin avrebbe voluto processare i loro capi, ma gli Alleati
(Usa, Francia, Inghilterra e persino la Polonia) si opposero, dal momento che
essi avevano combattuto contro Hitler. Dopo tedeschi e polacchi, la lotta degli
ucraini proseguì contro il regime sovietico: per quel popolo fiero e indomabile
la guerra durò fino agli anni Cinquanta.
Articolo di Andrea
Accorso, giornalista e ricercatore storico pubblicato su BBC History n, 97 –
altri testi e immagini da Wikipedia.
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