sabato 7 novembre 2020

Assiri alle origini del capitalismo.

 Assiri alle origini del capitalismo.

Quattromila anni fa, nella Mezzaluna fertile nacque il commercio come lo conosciamo oggi, con dazi, contratti e qualche speculazione.

 



Come si diceva business is business nella lingua degli antichi Assiri? Il capitalismo non è appannaggio dei banchieri europeo e delle multinazionali americane, ma è stato inventato quasi 4mila anni fa in Medio Oriente. Profitto, rotte commerciali, fondaci, investimenti, lettere di credito, società di mercanti, camere di commercio, contratti imprenditoriali e anche una proto-moneta con cui accumulare capitale: tutto questo compare in modo chiaro all’inizio del II millennio a.C., tra l’Assiria e l’Anatolia, nei territori che oggi si estendono tra l’Iraq settentrionale e la Turchia centro-orientale. E i protagonisti di questa realtà economica così avanzata sono gli Assiri, che forse siamo abituati a immaginare più nelle vesti di feroci guerrieri, ma che all’inizio della loro storia assomigliavano più che altro a mercanti veneziani del Basso Medioevo.

 

Il karum di Kaneš

Come una ragnatela. Grazie all’eccezionale documentazione fornita da 23mila tavolette d’argilla iscritte ritrovate nel sito di Kulteple (l’antica Kanesh, in Cappadocia), conosciamo bene la rete commerciale assira. Il suo centro era la capitale Assur, ma si estendeva fin nel cuore dell’Anatolia, ramificandosi da Kanesh ad altri insediamenti della  regione, allora divisa in piccoli regni locali. Le tavolette coprono soprattutto i periodi 1970-1830 a.C. e 1800-1740 a.C., che corrispondono all’epoca paleo assira e sembrano aver rappresentato il momento più prospero per questo tipo di commercio.

L’apparato commerciale descritto a Kanesh rappresentava un ingranaggio di un sistema che con altre reti collegate raggiungeva Babilonia a sud e l’altopiano iranico e l’Asia Centrale a oriente. Il meccanismo era rodato: i mercanti assiri si procuravano stagno a est e tessuti di qualità a Babilonia (oltre a tessuti meno pregiati prodotti in Assiria), e li trasportavano in Anatolia per rivenderli attraverso le loro basi o colonie commerciali, dette karum. “Invece di vendere tutto lo stagno e i prodotti tessi nei grandi centri per ottenere subito e direttamente l’oro e l’argento da spedire nella capitale, di frequente si procuravano, in cambio delle loro merci, altri beni, soprattutto rame e lana”, spiega Luca Peyronel, docente di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico all’Università di Milano, “Questi diventavano protagonisti di una ulteriore rete commerciale interne all’Asia Minore che li riconvertiva in oro e argento: il meccanismo serviva evidentemente a ottenere un margine di guadagno ancora maggiore”.

 


Rhyton a forma di barca ritrovato nel karum di Kanesh

Altri profitti. Da Kanesh, che non era l’unico karum in Anatolia, si diramava un traffico che passava da stazioni commerciali minori, chiamate mabartum. Alla fine i metalli preziosi raccolti con tutta l’operazione venivano riportati ad Assur ed erano reinvestiti per continuare il ciclo commerciale. L’intero meccanismo si reggeva sul guadagno procurato dalla differenza dei prezzi delle merci nelle varie destinazioni: il rame veniva acquistato e rivenduto in Anatolia, e non prendeva ma il rotta per l’Assiria, ma era solo uno strumento per ottenere più argento. Nono stante i grossi rischi e i costi elevati di tutta l’impresa, in caso di successo i profitti erano alti e alcuni commercianti arrivavano a triplicare i loro investimenti. Da notare che in questo schema rientra anche l’invenzione della lettera di credito, antenata degli assegni e delle cambiali, dalla maggior parte degli storici considerata un’innovazione medievale. La vendita dei prodotti poteva infatti avvenire mediante scambio dilazionato nel tempo, come ampiamente attestato dalle noti di debito, che corrispondevano a somme di denaro.

 


Rhyton a forma di Leone ritrovato nel karum di Kanesh

Quadro parziale. “La scoperta degli archivi privati delle famiglie dei mercanti assiri ha modificato l’idea di una Mesopotamia nella quale le grandi istituzioni pubbliche, il tempio e il palazzo, regolavano gli scambi, accentrando risorse e redistribuendo servizi, e dove il mercante era soprattutto un funzionario. Ciò che invece si legge nei testi assiri di Kanesh è un’intensa attività di ricche famiglie di mercanti e finanzieri che vendevano prodotti per ottenere un profitto, prestavano argento e reinvestivano il capitale in nuove imprese commerciali.

Siamo di fronte ad un’economia di mercato arcaico: il sistema si regge sulla differenza di valore tra i beni scambiati nelle due regioni sul ruolo di hub commerciale di Assur”, sottolinea Peyronel. Un ruolo che fu il risultato di una lenta evoluzione. “Questo sistema si presenta già maturo, assolutamente strutturato e perfettamente funzionante, per cui possiamo pensare che qualche forma di iniziativa privata fosse sorta già in precedenza. D’altro canto per l’epoca paleo assira non abbiamo documentazione pubblica dal karum (che sappiamo aver avuto un archivio) né dalle istituzioni di Assur, e quindi la visione dell’intero quadro è parziale. Certo è che gli operati commerciali di Kanesh restano comunque soggetti indipendenti dalle autorità istituzionali”, precisa Peyronel.

 

le rotte commerciali dei mercanti di Assur

Azienda familiare. Non più, dunque, come nel millennio precedente, un commercio gestito dalle istituzioni per approvvigionarsi di beni, ma realtà private che sui loro business volevano lucrare. Le imprese erano su base familiare: spesso il capo famiglia stava nella capitale Assur, mentre il figlio maggiore risiedeva a Kanesh e i fratelli minori si distribuivano in altri centri interessanti. Anche le donne partecipavano nell’impresa, con le matrone che dirigevano stabilimenti di tessitura. Per portare le merci da Assur a Kanesh lungo mille chilometri di percorso si organizzavano carovane di asini che impiegavano circa 50 giorni, attraversando grandi fiumi e valichi di montagna. Ciascun asino trasportava fino a 90 kg di carico, vale a dire 3 sacchi di minerali (due borse laterali e una sul dorso) o una trentina di rotoli di stoffa anche se ogni mercante tre o quattro asini e difficilmente più di una decina, normalmente essi si associavano tra loro andando a costruire carovane composte anche da ben 300 asini. Si è calcolato che questo commercio dovesse procurare ad Assur almeno una tonnellata d’argento all’anno. I convogli – che partivano lungo tratte intermedie dove pagavano i pedaggi di transito per assicurarsi protezione. Giunti infine a Kanesh, vi trovavano una struttura ben accogliente e ben organizzata. Il karum era una sorta di colonia commerciale, dove i mercanti assiri godevano di extraterritorialità nei confronti delle autorità locali, e beneficiano di autonomia e di un particolare regime fiscale che assicurava al sovrano una tassa del 5% sui tessili e del 3% sullo stagno, nonché una prelazione sul 10% delle mercanzie. Il karum era governato da un’istituzione assira, il bet karim, che funzionava un po’ come ambasciata e un po’ come camera di commercio, riscuoteva una tassa di 1/60 del carico, ospitava i magazzini per lo stoccaggio delle merci e garantiva i pacifici e proficui rapporti con le autorità locali e tra gli stessi mercanti, regolando i contenziosi commerciali, che quindi seguivano il diritto assiro e non la giustizia locale.

 

Tavolette incise di terracotta ritrovate nel karum di Kaneŝ

Il peso dell’argento.

Ad avere un ruolo centrale nel sistema economico assiro era l’argento: il suo accumulo era l’obiettivo primario, cosa che dimostra che il commercio paleo assiro non era finalizzato al procacciamento di beni non disponibili in Assiria, ma principalmente al profitto. L’argento veniva usato come mezzo di pagamento (spese, tasse, debiti, interessi); ciò che restava (il capitale) poteva essere reinvestito per nuove spedizioni commerciali o indirettamente per emettere un prestito a un commerciante, ma anche per acquisire beni da tesaurizzare.

QUASI UNA MONETA. L’argento non era quindi una merce da acquisire né si limitava a essere un’astratta misura equivalente utilizzata per valutare i beni oggetto di baratto. Era usato e spostato fisicamente, e quindi assumeva in tutto e per tutto il valore di una specie di forma premonetaria basata sul peso e non ancora sul valore nominale.

Nelle case dei mercanti.

A Kanesh i mercanti assiri risedevano fisicamente nel karum che, al contrario di quanto si credeva fino a poco tempo fa (quando lo si immaginava isolato e recintato), era un luogo relativamente aperto, dove abitavano anche famiglie locali. Le case erano raggruppate in isolati, misuravano 50-70 metri quadrati e avevano uno spazio centrale diviso in tre ambienti: i magazzini (che conservavano anche gli archivi), un ufficio e l’abitazione. Alcune avevano un piano superiore.

ALLA RICERCA. Il bet karim, la sede dell’istituzione assira centrale all’interno del karum, non è stato ancora trovato, mentre gli edifici pubblici anatolici di Kanesh (il palazzo e i templi) si trovavano sull’acropoli, distinta dalla città bassa dove risiedevano i mercanti.


Lettere commerciali dall'Assyria al karum Kanesh sul commercio di metalli preziosi. 1850–1700 aC. Walters Museum

 

Legge del mercato. I grandi mercanti detenevano il capitale, avvalendosi per l’organizzazione del business di agenti, appaltatori, trasportatori. Diversi attori svolgevano ruoli precisi, e ogni fase era regolata da contratti: tra il mercante e lo spedizioniere, tra lo spedizioniere e il trasportatore, tra più mercanti che si associavano in una impresa comune, tra finanziatore e debitore. Lettere inviate da Assur a Kanesh, e viceversa, tra i rappresentanti della ‘ditta’ servivano a controllare che il trasportatore fosse ben accolto ma anche che tutto il carico giungesse a destinazione. Scrive l’antico mercante Enlil-Bani: ”Dì ai miei rappresentanti ad Assur: il mio inviato vi porta 30 mine di argento con l’aggiunta delle tasse. Qui nell’ufficio dei mercanti sono stato registrato come garante. Fate in modo che compri stoffe per metà dell’argento, e stagno per l’altra metà, in modo vantaggioso secondo il suo giudizio. Poi sigillate la merce e affidatela al mio inviato. Voi siete miei fratelli: io qui ho posto la mia mano sull’argento; lì alla porta della città voi ponete la vostra mano sulla merce, e l’inviato la porti qui da me”. In queste missive si trovano rendiconti sui prezzi delle mercanzie, sull’incidenza delle spese di imballaggio e di trasporto, ma anche della tassazione. Negli scambi epistolari tra i mercanti compaiono raccomandazioni su come ci si deve comportare per massimizzare il profitto, se vendere solo per contanti oppure a credito, se  comprare a qualunque prezzo oppure solo a certe condizioni, se evitare certe merci o certe destinazioni e puntare su altre. Vere valutazioni di mercato, insomma, non diverse da quelle che si fanno oggi con i fornitori o persino con i broker.

 

In prestito. Tra i documenti gli archeologi hanno trovato molti libri contabili, ma anche contratti d’acquisto, con tanto di clausola di recesso. Quella degli Assiri era una vera mentalità finanziaria: a dimostrarlo anche tavolette dove sono registrati profitti derivati dalla semplice gestione del capitale, con interessi mensili che venivano calcolati e con incroci di posizioni debitrici e creditizie. Molti testi infatti documentano l’attività creditizia con prestiti di oro, argento e rame con gli involucri sigillati dai contraenti e dai testimoni: i formulari permettono di distinguere tra prestiti semplici, prestiti a interesse e prestiti a interesse di mora, che sembrano essere stati i più numerosi. E non solo.

Ci sono contratti per la costituzione di associazioni tra mercanti, come quelli di costituzione di società (contratti-naruqqum, che prendevano il nome dalla borsa di pelle in cui veniva fisicamente depositato l’oro), con l’elenco degli investitori e il capitale in oro affidato al mercante, e la definizione delle quote di profitto e di eventuali perdite che spettavano ai vari soci, ai finanziatori, agli agenti. E infine ci sono i verbali giudiziari del bet karim per risolvere i contrasti d’affari che inevitabilmente sorgevano. Come sempre accadde in ogni società ‘capitalista’, anche se di 4mila anni fa.

 

Articolo di Aldo Bacci pubblicato su Focus Storia n.151 altri testi e immagini da wikipedia

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