I leggendari fucilieri Gurkha.
A distanza di due secoli esatti dalla fondazione, la fama di
questo corpo d’irriducibili soldati nepalesi, inquadrati nell’esercito
britannico, non è mai venuta meno. Uomini dotati di incredibile determinazione
e coraggio, capaci di conquistare con le loro imprese eccezionali un posto
speciale nella storia militare.
“Se
un uomo dice di no aver paura della morte, mente oppure è un gurkha”. Era
solito ripetere sul finire degli anni Settanta Sam Manekshaw, l’ufficiale più
alto in grado dell’esercito indiano. E siamo certi che la sua non fosse una
semplice battuta, o una frase a effetto per stupire i suoi subordinati. Chi
avrebbe potuto infatti testimoniare meglio di lui la fama di uno dei più
celebri corpi militari della storia moderna, i leggendari fucilieri gurkha?
Nessuno d’altronde si sarebbe mai sognato di contraddirlo: tutti conoscevano
l’incredibile valore sul campo di questi soldati, soprattutto coloro che
avevano avuto la sfortuna di trovarseli di fronte. Cosa di cui invece non
avevano il minimo sentore gli sventurati inglesi arruolati nella Compagnia
britannica delle Indie Orientali e spediti in fretta in Nepal nel biennio
1814-1816. È probabile che abbiano finito per maledire quell’avventata scelta
dell’allora Governatore generale dell’India, Lord Moira, d’intromettersi in
beghe di confine con il Regno Gorka: una guerra per puri fini espansionistici
che non solo prosciugò le casse del Paese, l’India, ma finì con il trasformarsi
in un calvario, che ebbe fine solo con il trattato di pace di Saguali nel 1816.
E non ci sono dubbi che a rendere quella guerra un autentico inferno siano
stati proprio i temibili guerrieri gorkali, o gurkha, che costituivano il
nucleo dell’esercito nepalese: uomini dotati di coraggio e determinazione senza
pari, abili nel combattimento ravvicinato e nelle imboscate e soprattutto
letali. I resoconti dell’epoca sono piuttosto concordi nel definirli
combattenti nati, abilissimi nell’uso delle armi e in particolare del oro
terribile kukri, un pugnale a lama ricurva in grado di tagliare una testa di
netto con un solo colpo. Ascoltare il loro terribile grido di guerra, “Gloria
alla grande Kalì, arrivano i gorkhali”, faceva gelare il sangue.
Il corpo dei gurkha nel corso
della sua storia, sebbene la genesi sia del tutto indipendente e anomale, non
fu avulso dal resto delle forze britanniche. In sostanza non c’è mai stata
alcuna differenza sostanziale di gradi, perché i soldati gurkha seguivano lo
stesso schema in uso presso il resto dell’esercito di sua Maestà in India.
Comprendeva sostanzialmente tre livelli: soldati semplici, sottufficiali e
ufficiali. Gli ufficiali nei reggimenti gurkha prestavano servizio con nomina
del Viceré, una cosa ben distinta rispetto a quelli che invece erano stati
nominati direttamente dal re o dalla regina. Nello specifico, a prescindere
dal grado di un ufficiale gurkha, questi era tecnicamente subordinato a un
qualsiasi ufficiale britannico, anche inferiore. Dopo il 1947 e la divisione
dei reggimenti tra India e Gran Bretagna, gli ufficiali che divennero a tutti
gli effetti di nomina reale, contraddistinti come King’s Queen’s Gurkha
Officers (KGO/OGO, Ufficiali Gurkha del Re/della Regina), senza comunque
avere alcuna autorità di comando su reggimenti regolari. Altrettanto
particolare era il sistema di promozione: per un soldato gurkha in genere era
necessario farsi le ossa tra i ranghi e provare la sua abilità, prima che il
reggimento gli offrisse la possibilità di diventare ufficiale. Insomma una
lunga gavetta che dimostra, una volta di più, che le reali capacità militari
di questi uomini erano, e sono, davvero uniche. Soldati Gurkha in esercitazione |
Il kukri. Kukri con fodero Questo coltello a lama ricurva
divenne famoso in Occidente solo dopo il ritorno dei reduci inglesi dalla
Guerra Gurkha del 1816. E ci sono ottime ragioni per credere che la sua fama
fosse del tutto meritata, vista l’incredibile maestria con cui i soldati
nepalesi erano in grado di maneggiarlo. Se sommiamo questo alla loro
proverbiale capacità di muoversi furtivamente ale spalle del nemico, non sarà
difficile immaginare l’effetto che aveva sulla gola delle sfortunate
sentinelle britanniche. Oggi, come duecento anni fa, questa singolare arma
rimane l’emblema dei reparti gurkha, per loro è un simbolo di coraggio e
valore, due elementi essenziali che sono la ragione d’essere d’ogni guerriero
nepalese. Si è scritto molto sulle origini di quest’arma e sulla sua
singolare forma: alcuni studiosi hanno sostenuto che sia stata ereditata
dalle armate macedoni di Alessandro Magno arrivate in India, ma per altri si
tratta di semplice speculazione, perché questo tipo di coltello sembra sia
diffuso in tutta l’Asia fin dall’Età del Bronzo. Qualunque sia la verità, il
suo non è un design esclusivo; molto l’hanno accostato alla ‘falcata’
iberica, alla ‘sica’ illirica o alla ‘falx’ dacica, assai in voga in Europa
nei secoli della dominazione romana. Ma per chiunque abbia avuto modo di
visitare il Nepal, oggi come due secoli fa, è chiara anche un’altra cosa: il
kukri fa praticamente parte della vita quotidiana di ogni suo abitante per
fare la legna, coltivare la terra, costruire una casa e perfino per cucinare.
È quindi un oggetto di uso comune. Ma è la foggia del tutto particolare a
colpire: la lama è ricurva rispetto al codolo ed è affilata solo sul lato
concavo, per poi allagarsi verso l’estremità della punta. Realizzata in
acciaio, è un’arma il cui peso può variare dai 450 ai 900 grammi e la
lunghezza è compresa tra i 30 e i 40 centimetri. Il codolo attraversa l’intera
impugnatura e dopo essere fuoriuscito viene ribattuto per garantire maggiore
solidità; fattore che permette di vibrare colpi molto potenti. L’impugnatura
invece può essere di legno, corno o avorio, mentre il fodero è di legno
rivestito in pelle. L’incredibile successo che ottenne in Occidente ha
portato successivamente allo sviluppo di due varianti: kukri orientali,
chiamati Sirupate, con una linea più snella, e quelli occidentali, detti
Baspate, dotati di lama più grossa. |
I fucilieri gurkha. Balbhadra Kunwar, comandante dei Gurkha nella Battaglia di Nalapani (1814), armato di kukri e sciabola L’incredibile fama di guerrieri
indomabili, sprezzanti della morte e terribilmente efficienti, li ha seguiti
per due secoli, trasformandoli in uno dei corpi d’élite più famosi al mondo.
Nacquero come battaglioni di fanteria leggera, venendo poi incorporati
nell’esercito regolare britannico, dove sono rimasti fino ai giorni nostri. A
parte il kukri, il coltello a lama ricurva che ancora oggi è il loro simbolo
per eccellenza, per l’equipaggiamento non si differenziavano dal resto delle
truppe britanniche, adottando divise e armi standard senza particolari
eccezioni, se non a causa delle condizioni climatiche e del teatro operativo
imposto dagli eventi. Di certo dimostrarono una capacità di adattamento a
tutti i climi, dai più vasti deserti alle montagne innevate. Anche il loro
impiego in battaglia poteva variare a seconda delle necessità. A non cambiare mai invece era il
loro incredibile rendimento. Per questi soldati un ordine era un ordine e non
doveva mai essere discusso, sia che si trattasse d’attaccare una trincea
nemica facendosi massacrare fino all’ultimo, come il caso dell’8° Gurkhas
durante la battaglia di Loos nel 1915 ha dimostrato sia che agissero dietro
le linee come commando. Soldati addestrati alla perfezione e motivati, spesso
venivano impiegati proprio quando i loro compagni fallivano come nel caso
della battaglia di Montecassino nel 1944. E la stima nei loro confronti, sia
tra fila amiche sia avversarie, finì inevitabilmente per assumere contorni
leggendari. Nonostante siano stati impiegati in gran numero nella Prima e
nella Seconda guerra mondiale, oggi i Royal Gurkha Rifles, arruolati
dall’esercito britannico, sono da considerare un ristretto corpo d’élite. |
Gurkha negli altri eserciti. Nel 1947 alcuni reggimenti gurkha
(1° King George V’s Own Gurkha Rifles, 3° Queen Alexandra’s Own Gurkha
Rifles, 4° Prince of Wales Own Gurkha Rifles, 5° Royal Gurkha Rifles, 8°
Gurkha Rifles e 9° Gurkha Rifles) passarono all’Indian Army del neonato Stato
indiano, che tre anni dopo sarebbe diventato una repubblica, costituendone
fin da subito l’ossatura. Mentre l’esercito britannico riduceva
progressivamente i suoi effettivi, quello indiano ha continuato a impiegarli
in maniera massiccia. Nel 1009 il loro numero ha infatti raggiunto le 42mila
unità per quarantasei battaglioni, suddivisi in sette reggimenti. Nel corso
della sua storia l’Indian Army li ha usati in quasi tutti i conflitti
sostenuti, dalle guerre con il Pakistan (1947, ’65, ’71) a quella contro la
Cina del 1962, e perfino nello Sri Lanka contro le temibili formazioni delle
Tigri Tamil. Anche al giorno d’oggi sono sempre in prima linea in tutte le
missioni di pace in giro per il mondo. L’India non è il solo paese a farne
uso come truppe da combattimento. Lo stesso esercito nepalese dispone infatti
di due battaglioni di fanteria leggera, la cui storia risale addirittura al
XVIII secolo: il “Shree Purano Gorakh Battalion”, costruito nel 1783. Fino al
2008, data di abolizone del governo monarchico, erano anche usati come
guardie di palazzo. Un contingente gurkha è impiegato perfino dalla forza di
polizia di Singapore fin dal 1949, quando furono arruolati per questo scopo
ex-soldati britannici. E per finire lo stesso Sultano del Brunei ne impiega
cinquecento come guardie speciali e truppe d’élite. |
Arruoliamo i nemici. Sebbene la Guerra
Gurkha per l’impero britannico fosse conclusa con un nulla di fatto, ebbe
almeno un risvolto positivo. Nel trattato di pace che ne seguì fu raggiunto un
accordo, foriero di grandi conseguenze, che garantiva all’esercito della
Compagnia di poter reclutare tra le sue file questi temibili guerrieri. era già
accaduto nel corso del conflitto che alcuni disertori dell’esercito nepalese
fossero impiegati come soldati irregolari tra le file britanniche, mettendo in
luce sorprendenti doti militari ed entusiasmando gli ufficiali al comando. Uno
di questi, in particolare, il generale David Ochterlony, nell’aprile del 1815
aveva proposto e ottenuto che venisse costituito un reggimento, chiamato
inizialmente ‘Nasiri Regiment’, che più tardi sarebe diventato il 1° King
George’s Own Gurkha Rifles. Di stanza presso il forte di Malaun, impressionò
fin da subito il suo comandante tanto che egli scrisse in un rapporto di
servizio: “Ho le più grandi ragioni per essere soddisfatto dei loro sforzi”.
Era il primo passo che avrebbe condotto nel giro di pochi mesi all’arruolamento
di oltre cinquemila gurkha, i quali in brevissimo tempo sarebbero divenuti
l’ossatura dell’intero British Indian Army. Furono creati in particolare il
“Sirmoor Battalion” e il “Kumaon Battalion”, trasformatosi negli anni successi
nel 2° King Edward VII’s Own Gurkha Rifles e nel 3° Queens Alezandra’s Own
Gurkha Rifles. Perfettamente addestrati e motivati, sebbene fossero a tutti gli
effetti soldati mercenari al soldo della Corona si dimostrarono fedeli all’impero,
partecipando a tutti i conflitti che videro impegnata la Compagnia delle Indie
Orientali, in particolar modo la sanguinosa guerra contro i Sikh (1846-48) e la
Ribellione indiana del 1857. In quest’ultima l’8° (Sirmoor) Local Battalion si
distinse nel terribile assedio di Delhi, atto decisivo della rivolta che aveva
scosso alle fondamenta il potere britannico neo subcontinente indiano,
combattendo brillantemente a fianco del 60° Rifles, unità regolare
dell’esercito inglese, tanto da guadagnarsi grande stima e numerose
onorificenze. Ma non fu una passeggiata, se si considera che al termine dei
combattimenti 327 uomini su 490 erano caduti. Eppure fu tale l’impressione
lasciata da far sì che il Sirmoor Battalion fosse il primo reparto gurkha a
ricevere l’onore di essere trasformato in un reggimento fucilieri regolare nel
1858.
Soldati dell’impero. Con il 1858, venuto
meno il ruolo della Compagnia delle Indie Orientali nel governo del Paese,
l’India diventava a tutti gli effetti possedimento della Corona e come tale
parte dell’Impero britannico. Così i reggimenti gurkha entrarono in servizio
nel British Indian Arm, condizione che si sarebbe protratta fino al 1947, anno
dell’Indipendenza indiana. In quasi un secolo furono protagonisti in tutti i
teatri di guerra: Birmania, Afghanistan, frontiere nordoccidentali e
nordorientali dell’India, Malta (Guerra russo-turca del 1877-78), Cipro, Cina
(rivolta dei Boxer del 1900) e Tibet. Si guadagnarono così quell’incredibile
fama sul campo che non si sarebbe mai eclissata. Tra il 1901 e il 1906 i
reggimenti gurkha furono numerati dall’1 al 10 e inquadrati come fucilieri,
facenti parte di quella che era denominata Brigata gurkha, per un totale di
venti battaglioni attivi. Durante la Grande Guerra circa 200mila soldati gurkha
servirono sotto la bandiera britannica, soffrendo quasi 20mila caduti e
ricevuto quasi duemila onorificenze. Nel corso del conflitto, e in particolare
nel periodo di maggiore sforzo bellico, i battaglioni furono incrementati fino
a trentatré, grazie anche all’intercessione del governo nepalese. E il loro
contributo si rivelò prezioso fin da subito, ricevendo non poche dimostrazioni
di stima. Al di là dei riconoscimenti ufficiali, non possono non colpire le
parole di Ralph Turner, che servì come ufficiale nelle file del 3° Queen
Alezandra’s Own Gurkha Rifles: “Nel
momento in cui scrivo queste ultime parole, i miei pensieri tornano a voi che
eravate miei compagni, gli ostinati e indomiti contadini del contadini del
Nepal. Una volta di più sento la risata con cui salutavate ogni avversità. Una
volta ancora vi vedo nei bivacchi o intorno al fuoco, nelle marce forzate o
nelle trincee, ora rabbrividendo per l’umido e il freddo. ora bruciati da un
sole spietato e arroventato … i più coraggiosi tra i coraggiosi, i più generosi
dei generosi, mai un Paese ha avuto amici più fedeli di voi”. Un tributo
che va oltre la retorica e dimostra quanto, e come, questi incredibili soldati
abbiamo saputo conquistarsi un rispetto che ancora oggi sembra non tramontare. Francia,
Anatolia, Palestina e Mesopotamia: non ci fu un fronte in cui non furono
presenti. Su quello occidentale parteciparono alle sanguinose battaglie di
Givenchy e Neuve Chapelle e al massacro di Ypres. A Loos nel 1915, per fare un
esempio, l’8° Gurgkhas dopo aver ricevuto un ordine che sapeva di suicido, si
scagliò contro le profonde difese tedesche facendosi massacrare fino all’ultimo
uomo e colpendo a tal punto il loro comandante, il generale James Willcocks, da
farlo affermare “hanno trovato il loro Valhalla”. Sappiamo dai documenti dell’epoca
che un distaccamento gurkha servì perfino sotto il comando di Lawrence d’Arabia
contro l’Impero ottomano durante le concitate fasi della guerra proprio in
Arabia, dimostrandosi all’altezza della situazione anche nelle desolate lande
desertiche. Stesso copione durante il Secondo conflitto mondiale, a cui
inizialmente presero parte dieci reggimenti. Solo dopo il disastro alleato a
Dunkerque, nel giugno del 1940, il governo nepalese garantì al governo
britannico nuove preziose reclute che portarono alla formazione di ben
trentacinque battaglioni, poi lievitati a quarantadue sul finire della guerra:
un numero impressionante che richiese la formazione di dieci centri d’addestramento
in territorio indiano. E i reggimenti di fucilieri gurkha non si tirarono
indietro neppure in questa sanguinosa guerra, prendendo parte ai combattimenti
in Siria, Nord Africa, Italia, Grecia, Birmania e Singapore, subendo quasi
32mila morti. Si dimostrarono sempre ottimi soldati, qualunque fosse il compito
loro affidato. Sul fronte nordafricano, per esempio, seppero distinguersi in
operazioni dietro le linee nemiche con notevoli successi. Basti a tale
proposito ricordare un singolare rapporto fatto da un’unità al rientro da un’operazione
di sabotaggio: “Perdite nemiche dieci, nostre: nessuna. Nessuna munizione
consumata”. La loro capacità di colpire in silenzio con il terribile kukri era
una caratteristiche che non avevano mai abbandonato, così come quella di
terrorizzare gli avversari. Ogni volta che il nemico scopriva di avere davanti
reparti nepalesi sapeva in cuor suo di dover combattere fino all’ultimo o
fuggire miseramente.
E un
Le
loro più grandi battaglie. Delhi
(1858) Atto conclusivo della rivolta indiana, chiamata anche Indian Mutiny,
iniziata l’anno precedente contro il potere della Compagnia britannica delle
Indie orientali, vide in un primo tempo la conquista della città da parte
delle locali milizie sepoy e un tentativo di restaurazione della dinastia
Moghul. Gli inglesi riuscirono a riprendere la città solo dopo un terribile
assedio a cui partecipò anche l’8° (Sirmoor) Local Battalion, distinguendosi
per l’incredibile determinazione sul campo. Suez
(1915) Nell’ambito del sanguinoso scontro che oppose i britannici agli
ottomani in Medio Oriente, il secondo battaglione del 10° Princess Mary’s Own
Gurkha Rifles prese parte alla difesa del canale di Suez proprio durante l’attacco
turco che, dopo furibondi scontri a fuoco, fu respinto con gravi perdite. Proprio
per il ruolo essenziale svolto in quel frangente, il reggimento ricevette la
medaglia al valore sulla sua bandiera. Coriano
(1944) Il primo battaglione del reggimento 10° Princess Mary’s Own Gurkha
Rifles prese parte alla lunga campagna d’Italia e nel 1944 si distinse nei
furiosi scontri di Coriano e Santarcangelo in maniera così determinata da
ricevere diverse medaglie al valore. parte della Campagna d'italia sulla Linea Gotica El
Alamein (1942) Nella battaglia decisiva che fermò l’avanzata dell’Asse in
Nordafrica si distinse anche il 2° King Edard VII’s Own Gurkha Rifles,
prendendo parte agli socntri come unità inquadrata nella 7° Indian Division e
dimostrando ottime capacità di adattamento al deserto in operazioni dietro le
linee nemiche. Isole
Falkland (1982) L’occupazione delle isole Falkland da parte argentina, come
mossa disperata attuata dalla giunta militare per consolidare il potere che
stava perdendo in patria, trovò una determinata reazione inglese. una
spedizione navale sotto il comando delle Royal Navy riuscì, tra il 2 aprile e
il 14 giugno, a riconquistare l’arcipelago anche se a costo di pesanti
perdite. All’assalto parteciparono anche i Royal Gurkha Rifles, distinguendosi
per la loro efficacia. Prigionieri argentini sfilano a Port Stanley dopo la capitolazione |
Un piccolo tradimento. Con l’indipendenza
indiana del 1947, anche per i dieci reggimenti gurkha regolari costituiti prima
delle due guerre mondiali (in tutto quindi venti battaglioni) fu necessario
ricorrere a un ridistribuzione tra il British Army e il neonato esercito
indiano: sei reggimenti (dodici battaglioni in tutto) furono appannaggio di
quest’ultimo, i restanti quattro di quelli di Sua Maestà. Con il disappunto di
molti ufficiali inglesi gran parte dei soldati scelse di rimanere fedele all’India;
una scelta pragmatica e logica, dettata dall’attaccamento al territorio,
certamente più familiare della lontana e fredda Inghilterra, e dalla vicinanza
dei familiari. Per loro l’unico vero cambiamento fu quello di passare sotto il
comando di ufficiali indiani e non più britannici. Diverso il discorso per chi
decise di giurare fedeltà alla Corona britannica. Il primo gennaio del 1948 i
reggimenti 2° King Edward VII’s Own Gurkha Rifles, 6° Queen Elizabeth’s Gurkha
Rifles e il 10° Princess Mary’s On Gurkha Rifles divennero a tutti gli effetti
parte del British Army, assumendo il nome di Brigade of Gurkha. Anche in questa
fase, che avrebbe potuto essere destabilizzante, si dimostrarono all’altezza
della loro fama, prendendo parte a numerose operazioni belliche in ogni parte
del mondo: la crisi malese alla fine degli anni Quaranta, la Birmana e la
rivolta in Brunei nel 1962. Al termine del conflitto, furono trasferiti nel
protettorato britannico di Hong Kong per compiti, tutto sommato semplici, di
polizia e sicurezza interna. Ma fu solo una fase di transizione perché, durante
l’invasione turca di Cipro nel 1974, furono nuovamente impiegati per la difesa
della locale base inglese di Dhekelia. I gurkha furono anche uno dei corpi
scelti che prese parte alla breve ma intesa Guerra delle Malvinas nel 1982 che
portò alla riconquista britannica dell’arcipelago delle Falkland occupato con
un colpo di mano dall’esercito argentino all’epoca della giunta militare. Il 1994
fu un’altra data storica per il corpo,
perché i quattro reggimenti di fucilieri, ereditati dalla spartizione del 1947,
furono accorpati in un’unica unità, i Royal Gurkha Rifles, sempre delle
dimensioni di un reggimento, ma costituito da tre battaglio (1°, 2° e 3° Battalion).
Un’operazione necessaria, se si considera che la Gran Bretagna dovette ridimensionare
completamente le sue forze armate in virtù di un sempre minore impegno bellico.
Tre anni dopo, nel 1997, una seconda rivoluzione: con la cessione di Honk Kong alla Repubblica
popolare Cinese il quartier generale dei fucilieri fu trasferito definitivamente
sul territorio inglese. cambiamenti strutturali di notevole portata che nel
complesso però non stravolsero lo spirito e la determinazione dei gurkha, che
avrebbero continuato a servire senza pause e interruzioni in tutte le crisi
internazioni cui la Gran Bretagna fu chiamata a rispondere: Kosovo nel 1999,
Timor Est nel 2000, Sierra Leone nell’anno successivo, fino all’odierno
Afghanistan, dove è stanziato l’Afghanistan Roulement Infrantry Battalion,
costituto da elementi del 2° Battalion. Dal punto di vista organizzativo, oggi
i due battaglioni disponibili, (il terzo è confluito nel secondo) sono
impiegati nel ruolo di fanteria leggera: uno in base a Shorncliffe nel Kent, a
cui sono affidate missioni internazionali in Africa ed Europa, l’altro, invece
in Brunei come contributo britannico al mantenimento di una presenza militare
nel sud est asiatico. Per duecento anni, festeggiati proprio lo scorso anno con
tutti gli onori e la presenza della Regina, i soldati gurkha hanno
rappresentato uno dei più efficienti e rispettati corpi d’élite del mondo.
Una tradizione che non
è mai venuta meno, neppure in momenti di difficoltà o cambiamenti epocali. Sono
stati in grado di mantenere una loro identità senza stravolgersi; accettando
tutti i cambiamenti che le continue sfide tecnologiche, economiche e
geopolitiche richiedevano. E ora appartengono alla leggenda.
Articolo di Antonio Ratti pubblicato su Storie
di guerre e guerrieri n. 6. Altri testi e immagini da Wikipedia.
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