giovedì 12 novembre 2020

I leggendari fucilieri Gurkha.

 

I leggendari fucilieri Gurkha.

A distanza di due secoli esatti dalla fondazione, la fama di questo corpo d’irriducibili soldati nepalesi, inquadrati nell’esercito britannico, non è mai venuta meno. Uomini dotati di incredibile determinazione e coraggio, capaci di conquistare con le loro imprese eccezionali un posto speciale nella storia militare.

 

“Se un uomo dice di no aver paura della morte, mente oppure è un gurkha”. Era solito ripetere sul finire degli anni Settanta Sam Manekshaw, l’ufficiale più alto in grado dell’esercito indiano. E siamo certi che la sua non fosse una semplice battuta, o una frase a effetto per stupire i suoi subordinati. Chi avrebbe potuto infatti testimoniare meglio di lui la fama di uno dei più celebri corpi militari della storia moderna, i leggendari fucilieri gurkha? Nessuno d’altronde si sarebbe mai sognato di contraddirlo: tutti conoscevano l’incredibile valore sul campo di questi soldati, soprattutto coloro che avevano avuto la sfortuna di trovarseli di fronte. Cosa di cui invece non avevano il minimo sentore gli sventurati inglesi arruolati nella Compagnia britannica delle Indie Orientali e spediti in fretta in Nepal nel biennio 1814-1816. È probabile che abbiano finito per maledire quell’avventata scelta dell’allora Governatore generale dell’India, Lord Moira, d’intromettersi in beghe di confine con il Regno Gorka: una guerra per puri fini espansionistici che non solo prosciugò le casse del Paese, l’India, ma finì con il trasformarsi in un calvario, che ebbe fine solo con il trattato di pace di Saguali nel 1816. E non ci sono dubbi che a rendere quella guerra un autentico inferno siano stati proprio i temibili guerrieri gorkali, o gurkha, che costituivano il nucleo dell’esercito nepalese: uomini dotati di coraggio e determinazione senza pari, abili nel combattimento ravvicinato e nelle imboscate e soprattutto letali. I resoconti dell’epoca sono piuttosto concordi nel definirli combattenti nati, abilissimi nell’uso delle armi e in particolare del oro terribile kukri, un pugnale a lama ricurva in grado di tagliare una testa di netto con un solo colpo. Ascoltare il loro terribile grido di guerra, “Gloria alla grande Kalì, arrivano i gorkhali”, faceva gelare il sangue.

 

Monumento al soldato Gurkha in Horse Guards Avenue, prospiciente il Ministero della Difesa, nella Città di Westminster a Londr

Il corpo dei gurkha nel corso della sua storia, sebbene la genesi sia del tutto indipendente e anomale, non fu avulso dal resto delle forze britanniche. In sostanza non c’è mai stata alcuna differenza sostanziale di gradi, perché i soldati gurkha seguivano lo stesso schema in uso presso il resto dell’esercito di sua Maestà in India. Comprendeva sostanzialmente tre livelli: soldati semplici, sottufficiali e ufficiali. Gli ufficiali nei reggimenti gurkha prestavano servizio con nomina del Viceré, una cosa ben distinta rispetto a quelli che invece erano stati nominati direttamente dal re o dalla regina. Nello specifico, a prescindere dal grado di un ufficiale gurkha, questi era tecnicamente subordinato a un qualsiasi ufficiale britannico, anche inferiore. Dopo il 1947 e la divisione dei reggimenti tra India e Gran Bretagna, gli ufficiali che divennero a tutti gli effetti di nomina reale, contraddistinti come King’s Queen’s Gurkha Officers (KGO/OGO, Ufficiali Gurkha del Re/della Regina), senza comunque avere alcuna autorità di comando su reggimenti regolari. Altrettanto particolare era il sistema di promozione: per un soldato gurkha in genere era necessario farsi le ossa tra i ranghi e provare la sua abilità, prima che il reggimento gli offrisse la possibilità di diventare ufficiale. Insomma una lunga gavetta che dimostra, una volta di più, che le reali capacità militari di questi uomini erano, e sono, davvero uniche.


Soldati Gurkha in esercitazione

Il kukri.


Kukri con fodero

Questo coltello a lama ricurva divenne famoso in Occidente solo dopo il ritorno dei reduci inglesi dalla Guerra Gurkha del 1816. E ci sono ottime ragioni per credere che la sua fama fosse del tutto meritata, vista l’incredibile maestria con cui i soldati nepalesi erano in grado di maneggiarlo. Se sommiamo questo alla loro proverbiale capacità di muoversi furtivamente ale spalle del nemico, non sarà difficile immaginare l’effetto che aveva sulla gola delle sfortunate sentinelle britanniche. Oggi, come duecento anni fa, questa singolare arma rimane l’emblema dei reparti gurkha, per loro è un simbolo di coraggio e valore, due elementi essenziali che sono la ragione d’essere d’ogni guerriero nepalese. Si è scritto molto sulle origini di quest’arma e sulla sua singolare forma: alcuni studiosi hanno sostenuto che sia stata ereditata dalle armate macedoni di Alessandro Magno arrivate in India, ma per altri si tratta di semplice speculazione, perché questo tipo di coltello sembra sia diffuso in tutta l’Asia fin dall’Età del Bronzo. Qualunque sia la verità, il suo non è un design esclusivo; molto l’hanno accostato alla ‘falcata’ iberica, alla ‘sica’ illirica o alla ‘falx’ dacica, assai in voga in Europa nei secoli della dominazione romana. Ma per chiunque abbia avuto modo di visitare il Nepal, oggi come due secoli fa, è chiara anche un’altra cosa: il kukri fa praticamente parte della vita quotidiana di ogni suo abitante per fare la legna, coltivare la terra, costruire una casa e perfino per cucinare. È quindi un oggetto di uso comune. Ma è la foggia del tutto particolare a colpire: la lama è ricurva rispetto al codolo ed è affilata solo sul lato concavo, per poi allagarsi verso l’estremità della punta. Realizzata in acciaio, è un’arma il cui peso può variare dai 450 ai 900 grammi e la lunghezza è compresa tra i 30 e i 40 centimetri. Il codolo attraversa l’intera impugnatura e dopo essere fuoriuscito viene ribattuto per garantire maggiore solidità; fattore che permette di vibrare colpi molto potenti. L’impugnatura invece può essere di legno, corno o avorio, mentre il fodero è di legno rivestito in pelle. L’incredibile successo che ottenne in Occidente ha portato successivamente allo sviluppo di due varianti: kukri orientali, chiamati Sirupate, con una linea più snella, e quelli occidentali, detti Baspate, dotati di lama più grossa.

I fucilieri gurkha.


Balbhadra Kunwar, comandante dei Gurkha nella Battaglia di Nalapani (1814), armato di kukri e sciabola

L’incredibile fama di guerrieri indomabili, sprezzanti della morte e terribilmente efficienti, li ha seguiti per due secoli, trasformandoli in uno dei corpi d’élite più famosi al mondo. Nacquero come battaglioni di fanteria leggera, venendo poi incorporati nell’esercito regolare britannico, dove sono rimasti fino ai giorni nostri. A parte il kukri, il coltello a lama ricurva che ancora oggi è il loro simbolo per eccellenza, per l’equipaggiamento non si differenziavano dal resto delle truppe britanniche, adottando divise e armi standard senza particolari eccezioni, se non a causa delle condizioni climatiche e del teatro operativo imposto dagli eventi. Di certo dimostrarono una capacità di adattamento a tutti i climi, dai più vasti deserti alle montagne innevate. Anche il loro impiego in battaglia poteva variare a seconda delle necessità.

A non cambiare mai invece era il loro incredibile rendimento. Per questi soldati un ordine era un ordine e non doveva mai essere discusso, sia che si trattasse d’attaccare una trincea nemica facendosi massacrare fino all’ultimo, come il caso dell’8° Gurkhas durante la battaglia di Loos nel 1915 ha dimostrato sia che agissero dietro le linee come commando. Soldati addestrati alla perfezione e motivati, spesso venivano impiegati proprio quando i loro compagni fallivano come nel caso della battaglia di Montecassino nel 1944. E la stima nei loro confronti, sia tra fila amiche sia avversarie, finì inevitabilmente per assumere contorni leggendari. Nonostante siano stati impiegati in gran numero nella Prima e nella Seconda guerra mondiale, oggi i Royal Gurkha Rifles, arruolati dall’esercito britannico, sono da considerare un ristretto corpo d’élite.

Gurkha negli altri eserciti.

Nel 1947 alcuni reggimenti gurkha (1° King George V’s Own Gurkha Rifles, 3° Queen Alexandra’s Own Gurkha Rifles, 4° Prince of Wales Own Gurkha Rifles, 5° Royal Gurkha Rifles, 8° Gurkha Rifles e 9° Gurkha Rifles) passarono all’Indian Army del neonato Stato indiano, che tre anni dopo sarebbe diventato una repubblica, costituendone fin da subito l’ossatura. Mentre l’esercito britannico riduceva progressivamente i suoi effettivi, quello indiano ha continuato a impiegarli in maniera massiccia. Nel 1009 il loro numero ha infatti raggiunto le 42mila unità per quarantasei battaglioni, suddivisi in sette reggimenti. Nel corso della sua storia l’Indian Army li ha usati in quasi tutti i conflitti sostenuti, dalle guerre con il Pakistan (1947, ’65, ’71) a quella contro la Cina del 1962, e perfino nello Sri Lanka contro le temibili formazioni delle Tigri Tamil. Anche al giorno d’oggi sono sempre in prima linea in tutte le missioni di pace in giro per il mondo. L’India non è il solo paese a farne uso come truppe da combattimento. Lo stesso esercito nepalese dispone infatti di due battaglioni di fanteria leggera, la cui storia risale addirittura al XVIII secolo: il “Shree Purano Gorakh Battalion”, costruito nel 1783. Fino al 2008, data di abolizone del governo monarchico, erano anche usati come guardie di palazzo. Un contingente gurkha è impiegato perfino dalla forza di polizia di Singapore fin dal 1949, quando furono arruolati per questo scopo ex-soldati britannici. E per finire lo stesso Sultano del Brunei ne impiega cinquecento come guardie speciali e truppe d’élite.

 

Arruoliamo i nemici. Sebbene la Guerra Gurkha per l’impero britannico fosse conclusa con un nulla di fatto, ebbe almeno un risvolto positivo. Nel trattato di pace che ne seguì fu raggiunto un accordo, foriero di grandi conseguenze, che garantiva all’esercito della Compagnia di poter reclutare tra le sue file questi temibili guerrieri. era già accaduto nel corso del conflitto che alcuni disertori dell’esercito nepalese fossero impiegati come soldati irregolari tra le file britanniche, mettendo in luce sorprendenti doti militari ed entusiasmando gli ufficiali al comando. Uno di questi, in particolare, il generale David Ochterlony, nell’aprile del 1815 aveva proposto e ottenuto che venisse costituito un reggimento, chiamato inizialmente ‘Nasiri Regiment’, che più tardi sarebe diventato il 1° King George’s Own Gurkha Rifles. Di stanza presso il forte di Malaun, impressionò fin da subito il suo comandante tanto che egli scrisse in un rapporto di servizio: “Ho le più grandi ragioni per essere soddisfatto dei loro sforzi”. Era il primo passo che avrebbe condotto nel giro di pochi mesi all’arruolamento di oltre cinquemila gurkha, i quali in brevissimo tempo sarebbero divenuti l’ossatura dell’intero British Indian Army. Furono creati in particolare il “Sirmoor Battalion” e il “Kumaon Battalion”, trasformatosi negli anni successi nel 2° King Edward VII’s Own Gurkha Rifles e nel 3° Queens Alezandra’s Own Gurkha Rifles. Perfettamente addestrati e motivati, sebbene fossero a tutti gli effetti soldati mercenari al soldo della Corona si dimostrarono fedeli all’impero, partecipando a tutti i conflitti che videro impegnata la Compagnia delle Indie Orientali, in particolar modo la sanguinosa guerra contro i Sikh (1846-48) e la Ribellione indiana del 1857. In quest’ultima l’8° (Sirmoor) Local Battalion si distinse nel terribile assedio di Delhi, atto decisivo della rivolta che aveva scosso alle fondamenta il potere britannico neo subcontinente indiano, combattendo brillantemente a fianco del 60° Rifles, unità regolare dell’esercito inglese, tanto da guadagnarsi grande stima e numerose onorificenze. Ma non fu una passeggiata, se si considera che al termine dei combattimenti 327 uomini su 490 erano caduti. Eppure fu tale l’impressione lasciata da far sì che il Sirmoor Battalion fosse il primo reparto gurkha a ricevere l’onore di essere trasformato in un reggimento fucilieri regolare nel 1858.

Ufficiale del Gurkha Contingent della Singapore Police Force di pattuglia a Raffles City durante la 117ª riunione del Comitato Olimpico Internazionale (2005). Indossa il tipico cappello e porta il kukri appeso al retro del cinturone.


Soldati dell’impero. Con il 1858, venuto meno il ruolo della Compagnia delle Indie Orientali nel governo del Paese, l’India diventava a tutti gli effetti possedimento della Corona e come tale parte dell’Impero britannico. Così i reggimenti gurkha entrarono in servizio nel British Indian Arm, condizione che si sarebbe protratta fino al 1947, anno dell’Indipendenza indiana. In quasi un secolo furono protagonisti in tutti i teatri di guerra: Birmania, Afghanistan, frontiere nordoccidentali e nordorientali dell’India, Malta (Guerra russo-turca del 1877-78), Cipro, Cina (rivolta dei Boxer del 1900) e Tibet. Si guadagnarono così quell’incredibile fama sul campo che non si sarebbe mai eclissata. Tra il 1901 e il 1906 i reggimenti gurkha furono numerati dall’1 al 10 e inquadrati come fucilieri, facenti parte di quella che era denominata Brigata gurkha, per un totale di venti battaglioni attivi. Durante la Grande Guerra circa 200mila soldati gurkha servirono sotto la bandiera britannica, soffrendo quasi 20mila caduti e ricevuto quasi duemila onorificenze. Nel corso del conflitto, e in particolare nel periodo di maggiore sforzo bellico, i battaglioni furono incrementati fino a trentatré, grazie anche all’intercessione del governo nepalese. E il loro contributo si rivelò prezioso fin da subito, ricevendo non poche dimostrazioni di stima. Al di là dei riconoscimenti ufficiali, non possono non colpire le parole di Ralph Turner, che servì come ufficiale nelle file del 3° Queen Alezandra’s Own Gurkha Rifles: “Nel momento in cui scrivo queste ultime parole, i miei pensieri tornano a voi che eravate miei compagni, gli ostinati e indomiti contadini del contadini del Nepal. Una volta di più sento la risata con cui salutavate ogni avversità. Una volta ancora vi vedo nei bivacchi o intorno al fuoco, nelle marce forzate o nelle trincee, ora rabbrividendo per l’umido e il freddo. ora bruciati da un sole spietato e arroventato … i più coraggiosi tra i coraggiosi, i più generosi dei generosi, mai un Paese ha avuto amici più fedeli di voi”. Un tributo che va oltre la retorica e dimostra quanto, e come, questi incredibili soldati abbiamo saputo conquistarsi un rispetto che ancora oggi sembra non tramontare. Francia, Anatolia, Palestina e Mesopotamia: non ci fu un fronte in cui non furono presenti. Su quello occidentale parteciparono alle sanguinose battaglie di Givenchy e Neuve Chapelle e al massacro di Ypres. A Loos nel 1915, per fare un esempio, l’8° Gurgkhas dopo aver ricevuto un ordine che sapeva di suicido, si scagliò contro le profonde difese tedesche facendosi massacrare fino all’ultimo uomo e colpendo a tal punto il loro comandante, il generale James Willcocks, da farlo affermare “hanno trovato il loro Valhalla”. Sappiamo dai documenti dell’epoca che un distaccamento gurkha servì perfino sotto il comando di Lawrence d’Arabia contro l’Impero ottomano durante le concitate fasi della guerra proprio in Arabia, dimostrandosi all’altezza della situazione anche nelle desolate lande desertiche. Stesso copione durante il Secondo conflitto mondiale, a cui inizialmente presero parte dieci reggimenti. Solo dopo il disastro alleato a Dunkerque, nel giugno del 1940, il governo nepalese garantì al governo britannico nuove preziose reclute che portarono alla formazione di ben trentacinque battaglioni, poi lievitati a quarantadue sul finire della guerra: un numero impressionante che richiese la formazione di dieci centri d’addestramento in territorio indiano. E i reggimenti di fucilieri gurkha non si tirarono indietro neppure in questa sanguinosa guerra, prendendo parte ai combattimenti in Siria, Nord Africa, Italia, Grecia, Birmania e Singapore, subendo quasi 32mila morti. Si dimostrarono sempre ottimi soldati, qualunque fosse il compito loro affidato. Sul fronte nordafricano, per esempio, seppero distinguersi in operazioni dietro le linee nemiche con notevoli successi. Basti a tale proposito ricordare un singolare rapporto fatto da un’unità al rientro da un’operazione di sabotaggio: “Perdite nemiche dieci, nostre: nessuna. Nessuna munizione consumata”. La loro capacità di colpire in silenzio con il terribile kukri era una caratteristiche che non avevano mai abbandonato, così come quella di terrorizzare gli avversari. Ogni volta che il nemico scopriva di avere davanti reparti nepalesi sapeva in cuor suo di dover combattere fino all’ultimo o fuggire miseramente.

E un

Le loro più grandi battaglie.

Delhi (1858) Atto conclusivo della rivolta indiana, chiamata anche Indian Mutiny, iniziata l’anno precedente contro il potere della Compagnia britannica delle Indie orientali, vide in un primo tempo la conquista della città da parte delle locali milizie sepoy e un tentativo di restaurazione della dinastia Moghul. Gli inglesi riuscirono a riprendere la città solo dopo un terribile assedio a cui partecipò anche l’8° (Sirmoor) Local Battalion, distinguendosi per l’incredibile determinazione sul campo.

 

Suez (1915) Nell’ambito del sanguinoso scontro che oppose i britannici agli ottomani in Medio Oriente, il secondo battaglione del 10° Princess Mary’s Own Gurkha Rifles prese parte alla difesa del canale di Suez proprio durante l’attacco turco che, dopo furibondi scontri a fuoco, fu respinto con gravi perdite. Proprio per il ruolo essenziale svolto in quel frangente, il reggimento ricevette la medaglia al valore sulla sua bandiera.

 

Coriano (1944) Il primo battaglione del reggimento 10° Princess Mary’s Own Gurkha Rifles prese parte alla lunga campagna d’Italia e nel 1944 si distinse nei furiosi scontri di Coriano e Santarcangelo in maniera così determinata da ricevere diverse medaglie al valore.


 


Battaglia di Monte Pulito
parte della Campagna d'italia sulla Linea Gotica

El Alamein (1942) Nella battaglia decisiva che fermò l’avanzata dell’Asse in Nordafrica si distinse anche il 2° King Edard VII’s Own Gurkha Rifles, prendendo parte agli socntri come unità inquadrata nella 7° Indian Division e dimostrando ottime capacità di adattamento al deserto in operazioni dietro le linee nemiche.

 

Isole Falkland (1982) L’occupazione delle isole Falkland da parte argentina, come mossa disperata attuata dalla giunta militare per consolidare il potere che stava perdendo in patria, trovò una determinata reazione inglese. una spedizione navale sotto il comando delle Royal Navy riuscì, tra il 2 aprile e il 14 giugno, a riconquistare l’arcipelago anche se a costo di pesanti perdite. All’assalto parteciparono anche i Royal Gurkha Rifles, distinguendosi per la loro efficacia.


Prigionieri argentini sfilano a Port Stanley dopo la capitolazione

 

Un piccolo tradimento. Con l’indipendenza indiana del 1947, anche per i dieci reggimenti gurkha regolari costituiti prima delle due guerre mondiali (in tutto quindi venti battaglioni) fu necessario ricorrere a un ridistribuzione tra il British Army e il neonato esercito indiano: sei reggimenti (dodici battaglioni in tutto) furono appannaggio di quest’ultimo, i restanti quattro di quelli di Sua Maestà. Con il disappunto di molti ufficiali inglesi gran parte dei soldati scelse di rimanere fedele all’India; una scelta pragmatica e logica, dettata dall’attaccamento al territorio, certamente più familiare della lontana e fredda Inghilterra, e dalla vicinanza dei familiari. Per loro l’unico vero cambiamento fu quello di passare sotto il comando di ufficiali indiani e non più britannici. Diverso il discorso per chi decise di giurare fedeltà alla Corona britannica. Il primo gennaio del 1948 i reggimenti 2° King Edward VII’s Own Gurkha Rifles, 6° Queen Elizabeth’s Gurkha Rifles e il 10° Princess Mary’s On Gurkha Rifles divennero a tutti gli effetti parte del British Army, assumendo il nome di Brigade of Gurkha. Anche in questa fase, che avrebbe potuto essere destabilizzante, si dimostrarono all’altezza della loro fama, prendendo parte a numerose operazioni belliche in ogni parte del mondo: la crisi malese alla fine degli anni Quaranta, la Birmana e la rivolta in Brunei nel 1962. Al termine del conflitto, furono trasferiti nel protettorato britannico di Hong Kong per compiti, tutto sommato semplici, di polizia e sicurezza interna. Ma fu solo una fase di transizione perché, durante l’invasione turca di Cipro nel 1974, furono nuovamente impiegati per la difesa della locale base inglese di Dhekelia. I gurkha furono anche uno dei corpi scelti che prese parte alla breve ma intesa Guerra delle Malvinas nel 1982 che portò alla riconquista britannica dell’arcipelago delle Falkland occupato con un colpo di mano dall’esercito argentino all’epoca della giunta militare. Il 1994 fu un’altra  data storica per il corpo, perché i quattro reggimenti di fucilieri, ereditati dalla spartizione del 1947, furono accorpati in un’unica unità, i Royal Gurkha Rifles, sempre delle dimensioni di un reggimento, ma costituito da tre battaglio (1°, 2° e 3° Battalion). Un’operazione necessaria, se si considera che la Gran Bretagna dovette ridimensionare completamente le sue forze armate in virtù di un sempre minore impegno bellico. Tre anni dopo, nel 1997, una seconda rivoluzione:  con la cessione di Honk Kong alla Repubblica popolare Cinese il quartier generale dei fucilieri fu trasferito definitivamente sul territorio inglese. cambiamenti strutturali di notevole portata che nel complesso però non stravolsero lo spirito e la determinazione dei gurkha, che avrebbero continuato a servire senza pause e interruzioni in tutte le crisi internazioni cui la Gran Bretagna fu chiamata a rispondere: Kosovo nel 1999, Timor Est nel 2000, Sierra Leone nell’anno successivo, fino all’odierno Afghanistan, dove è stanziato l’Afghanistan Roulement Infrantry Battalion, costituto da elementi del 2° Battalion. Dal punto di vista organizzativo, oggi i due battaglioni disponibili, (il terzo è confluito nel secondo) sono impiegati nel ruolo di fanteria leggera: uno in base a Shorncliffe nel Kent, a cui sono affidate missioni internazionali in Africa ed Europa, l’altro, invece in Brunei come contributo britannico al mantenimento di una presenza militare nel sud est asiatico. Per duecento anni, festeggiati proprio lo scorso anno con tutti gli onori e la presenza della Regina, i soldati gurkha hanno rappresentato uno dei più efficienti e rispettati corpi d’élite del mondo.

Una tradizione che non è mai venuta meno, neppure in momenti di difficoltà o cambiamenti epocali. Sono stati in grado di mantenere una loro identità senza stravolgersi; accettando tutti i cambiamenti che le continue sfide tecnologiche, economiche e geopolitiche richiedevano. E ora appartengono alla leggenda.

 

 Articolo di Antonio Ratti pubblicato su Storie di guerre e guerrieri n. 6. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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