mercoledì 2 dicembre 2020

Le legioni danubiane

 Le legioni danubiane

I guardiani di Roma.

Sulle rive del Danubio, si estendeva una lunga catena di basi legionarie, fortificazioni e torri formava una potente cinta militare che proteggeva l’impero romano dagli attacchi del mondo germanico.

 

il fiume Danubio lungo il quale correva la via militare romana
Regionelimes reticolimes del Noricolimes pannonicus e limes moesicus.


Il primo imperatore di Roma, Ottaviano Augusto portò a termine un piano di conquiste per riorganizzare le frontiere dello stato. fu allora che le legioni romane si stabilirono lungo il Danubio. Per più di quattro secoli il fiume divenne la principale frontiera settentrionale dell’impero. I popoli al di là delle sue sponde, che i romani chiamavano spregiativamente, e senza distinzioni di sorta, barbari, erano la principale ragione di una simile frontiera fortificata. Il territorio imperiale li attraeva infatti irresistibilmente, poiché conteneva quelle ricchezze favolose (oro, argento, beni di lusso…) di cui potevano ottenere solo una piccola parte servendo nelle unità ausiliare dell’esercito, commerciando, ricevendo dalla diplomazia di Roma, i regali destinati a capi e nobili, o emigrando all’interno dell’impero. Ma se ciò non avveniva, potevano rischiare la sorte e guadagnarsele con la forza. La frontiera fortificata serviva quindi a proteggere l’impero dalle incursioni e a controllare il flusso di persone e merci. In caso di attacco, le torri e i forti permettevano di scoprire per tempo la minaccia e di tenera a bada in attesa di rinforzi, affinché il nemico potesse essere affrontato e vinto nella modalità preferita dall’esercito romano: lo scontro in campo aperto. Eredi di una tradizione militare particolarmente aggressiva che risaliva al periodo repubblicano, durante le guerre i romani ricorrevano spesso a operazioni offensive contro i barbari. Erano operazioni nelle quali l’esercito dava sfoggio di una terribile violenza: i legionari uccidevano, stupravano e rendevano schiavi in maniera indiscriminata, e non con fine ultimo di eliminare i barbari, bensì quello di costringerli a firmare un trattato di pace.

Le province balcaniche sotto l'Impero romano


6 d.C.

Durante la guerra contro i marcomanni, Tiberio innalza a centro strategico Camuntum, che diventerà la principale roccaforte della frontiera danubiana.

86-89 d.C.

Domiziano attacca i daci che gli infliggono due gravi sconfitte. L’imperatore si vede costretto a comprare la pace a Decebalo, il re dei daci.

101-102 d.C.

Traiano invade la Dacia, nell’attuale Romania. Le legioni vincono i daci. Decebalo si arrende e firma un trattato di pace con Roma.

105-106 d.C.

Ignorando le condizioni del trattato, Decebalo attacca il territorio romano. Inizia una nuova guerra. Traiano occupa la Dacia e l’annette all’impero.

167-175 d.C.

Prima guerra marcomannica. Sotto Marco Aurelio, quadi, marcomanni e altri superano la frontiera danubiana saccheggiano la Pannonia e la Mesia e assediano Aquileia.

177-180 d.C.

Seconda guerra maromannica, contro marcomamni e sarmati. Nel 180 d.C., durante le operazioni al fronte, Marco Aurelio muore di peste a Vindobona (Vienna)

 

 


Lo spiegamento dell’esercito. L’esercito romano era composto dalle legioni, che potevano contare su circa cinquemila soldati, e dalle truppe ausiliarie, divise in diversi tipi di unità (coorti e ali) di fanteria, cavalleria e miste, ognuna delle quali riuniva tra i cinquecento e i mille uomini. Alle truppe si aggiungevano i distaccamenti di origine barbara, costituita da circa duecento uomini, che si armavano e combattevano secondo gli usi dei propri popoli e non nello stile romano. Le forze sul Danubio potevano inoltre avvalersi dell’appoggio di due flotte: una pattugliava il fiume dalla fonte sino alle cateratte delle Porte di Ferro (nell’attuale Serbia), e l’altra controllava il tratto finale sino al mare. Nei primi decenni della presenza romana a settentrione, ovvero fino alla metà del I secolo d.C. il punto caldo della frontiera si trovava lungo l’altro grande fiume, il Reno. Dal governo di Domiziano, però, i problemi si spostarono lungo il Danubio dove sarmati e daci mettevano in pericolo i confini. Domiziano firmò la pace con il regno dacico, ma pochi anni più tardi Traiano decise di distruggerlo per estirpare la minaccia alla radice. Dopo ben due guerre, nel 106 d.C. incluse parte del loro territorio all’impero, creando la prima e unica provincia romana a nord del Danubio: la Dacia. In seguito all’annessione, quindi, un tratto considerevole del fiume non svolse più il ruolo di frontiera e il confine fu spostato più a nord della nuova provincia. Si cominciò a rendere stabile il limes: allora e durante il governo di Traiano le fortezze, prima edificate in legno e fango, divennero di pietra. Cinquant’anni più tardi, agli inizi del governo di Marco Aurelio, i popoli germanici provenienti dal corso mediano del Danubio si a minacciare persino la parte settentrionale della penisola italica, e tra il 167 e il 180 d.C., l’imperatore intraprese una serie di campagne punitive passate ai posteri con il nome di Guerre germaniche.

Tutti questi conflitti resero necessario un ingente schieramento di truppe romane lungo la frontiera. augusto aveva posizionato sul Danubio solo cinque legioni e destinato non meno di otto al fronte del Reno, a quel tempo più problematico, Marco Aurelio, invece, si concentrò sul Danubio con nove legioni. Se a queste aggiungiamo le due dispiegate in Daci, oltre al gran numero di unità ausiliare della zona (che corrispondevano alla metà di quelle dell’esercito romano), possiamo farci un’idea di quanto fosse divenuta importante la frontiera danubiana. La guarnigione del Reno era ormai costituita solamente da cinque legioni, e il Danubio era divenuto l’epicentro delle battaglie.

 

Le difese. Le truppe occupavano un’ampia rete di fortificazioni, o castri, che servivano da alloggio per i soldati e da punti di difesa. La maggior parte presentava una pianta rettangolare, a volte quadrata, con gli angoli smussati. I centri più grandi erano le basi legionarie di Lauricum (in Austria), Aquincum (in Ungheria) e Novae (in Bulgaria), di circa 20 ettari di superficie. Al loro interno queste comprendevano anche il quartier generale, la casa del comandante, le baracche, i granai, le stalle, i magazzini, un ospedale, le terme e le latrine.

Le fortezze, invece, accoglievano una coorte – o due, in casi eccezionali – e riproducevano in piccolo la pianta delle basi legionarie. La superficie poteva variare tra uno e quattro ettari. Nelle fortezze erano presenti gli stessi edifici delle basi, anche se spesso mancavano l’ospedale e le terme. Vi erano poi i fortini, ancora più piccoli, probabilmente occupati dalle unità dei numeri e dai distaccamenti delle coorti.

Venivano infine, le torri, i cui occupanti non vi risiedevano in modo permanente e che avevano la sola funzione di vigilanza. A differenza delle barriere artificiale, come il vallo di Adriano in Britannia, nel quale le fortificazioni venivano erette a distanza fisse, sulle frontiere fluviali i castri risultavano disposti in modo irregolare, a seconda delle caratteristiche del terreno e, soprattutto, di quelle del fiume. Con i suoi 2800 e più chilometri di lunghezza, il Danubio presenta una gran varietà di paesaggi, tra cui ampie valli, zone di montagne, gole anguste e un’esteso delte. In generale, le basi legionarie erano collocate in luoghi strategici, così da controllare i principali punti di guado del fiume e le vie che mettevano in comunicazione l’impero con il mondo barbaro. Le basi e i forti venivano spesso costruiti la dove il Danubio incontrava i suoi affluenti, che divennero rtte di accesso al territorio romano perché le navi vi potevano attraccare con maggior facilità.

Nell’ansa del Danubio, a nord dell’attuale Budapest, davanti cioè al territorio dei sarmati, gli accampamenti erano ancor più ravvicinati, a soli otto o nove chilometri l’uno dall’altro. Altri tratti del fiume, invece, erano sorvegliati in modo sommario, come nella zona delle Porte di Ferro, dove per 130 chilometri il fiume scorre tra montagne scoscese. Essendo inaccessibile, i castri erano pochi, e per lo più situati alle due estremità della gola. Lo spazio tra le basi legionarie e i forti ausiliari era disseminato di torri e fortini.

Ciononostante lungo il Danubio e il Reno sono documentate meno costruzioni di quante ve ne fossero in altre frontiere fortificate, come ad esempio il vallo di Adriano. Sebbene una parte sia ormai andata perduta, si ritiene che i punti di sorveglianza fossero comunque ridotti perché  i punti di sorveglianza fossero comunque ridotti perché la larghezza del fiume – mezzo chilometro in buona parte del suo percorso – costituiva di per sé un ostacolo per qualsiasi nemico.

La storia del limes.


Il Limes della Dacia romana dopo la conquista di Traiano.

Dopo le guerre portate avanti da Marco Aurelio, il limes danubiano rimase la frontiera dell’impero e i vari governanti lo rafforzarono con nuove fortificazioni. Tuttavia la situazione cambiò drasticamente con la sconfitta di Adrianopoli (378 d.C.), in cui buona parte dell’esercito dislocato nella metà orientale dell’impero fu annientata dai visigoti. Da quel momento le orde barbariche sarebbero penetrate nel territorio, obbedendo ai romani o attaccandoli. Per riorganizzare le legioni decimate, le truppe abbandonarono man mano il limes e vennero sostituite dai mercenari barbari, i foederati. A partire dal secondo decennio del V secolo d.C., il consolidarsi del potente regno unno sottrasse al controllo imperiale un vasto settore della frontiera. I romani non riuscirono a riprenderselo nemmeno dopo la morte di Attila nel 453 d.C. Dalla metà del secolo il Danubio non fu più la frontiera settentrionale di Roma. Sulla colonna Antonina conservata nei Musei vaticani possiamo ammirare le immagini che riproducono il limes danubiano.

Le pattuglie del Danubio.

Le due flotte romane del Danubio svolgevano lungo il fiume le stesse funzioni delle legioni di terra: pattugliavano le sponde per controllare i movimenti di persone e beni e assicuravano la riscossione di tributi; inoltre trasportavano truppe e parte delle forniture di cui avevano bisogno. Potevano contare su diversi tipi di navi. Tra quelle da guerra vi era la liburna, una galera leggera che i romani avevano copiato dai pirati illirici. Aveva una lunghezza tra i 25 e i 30 m e circa 60 remi; si usava pure in una versione ridotta, di 20 m di lunghezza e 50 remi, adatta all’uso fluviale. Le grandi triremi, di 40 m di lunghezza e 120 remi, non erano frequenti e venivano forse impiegate solo come navi ammiraglie. Per i trasporti comuni si usavano l’oneraria e l’acturia. Sulle imbarcazioni lavoravano sia i marinai (noutae) sia i rematore (remiges) e l’equivalente romano della fanteria di marinai: i militari classiarii.


I grandi fiumi era spesso attraversati da grandi "ponti di barche" degli eserciti romani in marcia (colonna Traiana, VII).

Ballomar contro l’impero.


L'invasione del 170 nel corso delle guerre marcomanniche.

Nel 168 d.C. un esercito di quadi e marcomanni guidati dal re Ballomar, invase l’Italia settentrionale. Un’ondata di terrore scosse la penisola italica, dove da due secoli non entrava un’armata barbara. Gli invasori saccheggiarono la piccola cittadina di Opitergium e lì vicino annientarono le truppe appena sopraggiunte. Quindi marciarono contro Aquileia, che resistette grazie alle mura. L’imperatore Marco Aurelio accorse in suo aiuto con un esercito riunito in tutta fretta, composto pure da gladiatori, mentre le legioni della Mesia scesero da nord per bloccare il passaggio ai barbari, che fuggirono ma furono intercettati e sconfitti sulle Alpi. I sopravissuti guadarono il Danubio in ordine sparso: la crisi era passata.

Sarmizegetusa.


Pianta della città di Sarmizegetusa Regia, capitale dei Daci.

Durante la campagna del 105-106 d.C. contro i daci, le legioni di Traiano ne presero la capitale, Sarmizegetusa. Al suo posto venne fondata la colonia Ulpia Tariaian Sarnuzegetusa, i cui primi abitanti erano veterani delle guerre daciche. Tale sito, potentemente fortificato, divenne il centro della Dacia, l’unica provincia romana oltre il Danubio.

 

In pace e in guerra. La frontiera si trovava continuamente in pericolo, e lo possiamo intuire pure dalle opere degli storici romani, i quali davano molta più enfasi agli scontri che alla vita quotidiana nei castri. Tuttavia, la realtà fu ben più complessa, e i periodi di pace si alternarono a quelli di guerra. Una recluta che avesse cominciato i suoi ventiquattro anni di servizio nel 10 d.C. avrebbe probabilmente dovuto affrontare le minacce dei briganti e qualche isolata incursione dei barbari; colui che, invece, li avesse cominciati nell’85 d.C. avrebbe potuto partecipare alle guerre di Domiziano e far fronte ai numerosi attacchi provenienti dal territorio germanico.

A ogni modo, il Danubio non fu mai una frontiera chiusa. Ai barbari non era certo impedito l’accesso al territorio imperiale, ma piuttosto regolato e ridotto, poiché non potevano entrarvi a loro piacimento, armati o in gruppi numerosi. E l’esercito svolgeva proprio una di queste funzioni: controllare gli spostamenti. Le unità romane pattugliavano le due sponde del Danubio, anche se è probabile che nella parte settentrionale del fiume si limitassero a sorvegliare un piccolo lembo di terra tra i dieci e i venti chilometri di lunghezza. I romani, in ogni caso, non ignoravano il barbaricum, ovvero il cosiddetto mondo barbaro: la prima strategia di difesa era sempre costituita dalla diplomazia, e i romani s’immischiavano non poco nella politica interna dei gruppi germanici, all’interno dei quali spesso si formavano fazioni favorevoli o contrari a Roma.

                                    

Lavori di ogni sorta. Al di là delle attività volte a controllare e a difendere, i soldati erano assillati da problemi ben più banali, e i loro sforzi andavano a soddisfare per lo più tali necessità. Difatti, malgrado una parte degli approvvigionamenti arrivasse da altre province, le varie unità dovevano provvedere da sole al sostentamento, coltivando i cereali e facendo pascolare le bestie. Alcuni soldati viaggiavano, a volte in zone molto lontano dalla base per procacciarsi prodotti come vesti o cavalli. I legionari dovevano svolgere compiti non necessariamente legati alle questioni militari.

Poiché l’impero non disponeva di forze di polizia, il mantenimento dell’ordine pubblico e la scorta ricadevano sui soldati stessi, che si occupavano pure di crimini, omicidi inclusi. Aiutavano inoltre nelle miniere o lavoravano a progetti civili come ponti, strade o acquedotti.

 

Il papiro egizio. È per merito di un papiro rinvenuto in Egitto che conosciamo oggi l’ampio ventaglio di attività cui si dedicavano i soldati di un’unità ausiliare distaccata sul Danubio agli inizi del II secolo d.C. Oltre a prestare servizio nella base, sorvegliavano altri due forti e scortavano funzionari imperiali. Tre gruppi si trovavano a nord del Danubio (uno sovrintendeva al raccolto, un altro esplorava e un terzo risultava ‘in spedizione’), due erano in viaggio nelle lontane Gallie per procurarsi vesti e cereali, un altro ancora si trovava sui monti Haemus alla ricerca di bestiame, infine un ultimo gruppo era distaccato nelle miniere della Dardania.

Il papiro egizio fornisce anche notizie delle perdite subite: il fatto che in quei tempi di pace fossero morti due soldati, uno in uno scontro con i banditi e un altro in combattimento, probabilmente contro i barbari, dimostra come la violenza fosse sempre presente lungo il Danubio.

 

Articolo di Boria Pelegero storico e archeologo pubblicato su Storica National Geographic n 120 del mese di febbraio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia

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