Le legioni danubiane
I guardiani di Roma.
Sulle rive del
Danubio, si estendeva una lunga catena di basi legionarie, fortificazioni e
torri formava una potente cinta militare che proteggeva l’impero romano dagli
attacchi del mondo germanico.
il fiume Danubio lungo il quale correva la via militare romana | |
Regione | limes retico, limes del Norico, limes pannonicus e limes moesicus. |
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Il
primo imperatore di Roma, Ottaviano Augusto portò a termine un piano di
conquiste per riorganizzare le frontiere dello stato. fu allora che le legioni
romane si stabilirono lungo il Danubio. Per più di quattro secoli il fiume
divenne la principale frontiera settentrionale dell’impero. I popoli al di là
delle sue sponde, che i romani chiamavano spregiativamente, e senza distinzioni
di sorta, barbari, erano la principale ragione di una simile frontiera
fortificata. Il territorio imperiale li attraeva infatti irresistibilmente,
poiché conteneva quelle ricchezze favolose (oro, argento, beni di lusso…) di
cui potevano ottenere solo una piccola parte servendo nelle unità ausiliare
dell’esercito, commerciando, ricevendo dalla diplomazia di Roma, i regali
destinati a capi e nobili, o emigrando all’interno dell’impero. Ma se ciò non
avveniva, potevano rischiare la sorte e guadagnarsele con la forza. La
frontiera fortificata serviva quindi a proteggere l’impero dalle incursioni e a
controllare il flusso di persone e merci. In caso di attacco, le torri e i
forti permettevano di scoprire per tempo la minaccia e di tenera a bada in
attesa di rinforzi, affinché il nemico potesse essere affrontato e vinto nella
modalità preferita dall’esercito romano: lo scontro in campo aperto. Eredi di
una tradizione militare particolarmente aggressiva che risaliva al periodo
repubblicano, durante le guerre i romani ricorrevano spesso a operazioni
offensive contro i barbari. Erano operazioni nelle quali l’esercito dava
sfoggio di una terribile violenza: i legionari uccidevano, stupravano e
rendevano schiavi in maniera indiscriminata, e non con fine ultimo di eliminare
i barbari, bensì quello di costringerli a firmare un trattato di pace.
6 d.C. Durante la guerra contro i
marcomanni, Tiberio innalza a centro strategico Camuntum, che diventerà la
principale roccaforte della frontiera danubiana. |
86-89 d.C. Domiziano attacca i daci che gli
infliggono due gravi sconfitte. L’imperatore si vede costretto a comprare la
pace a Decebalo, il re dei daci. |
101-102 d.C. Traiano invade la Dacia,
nell’attuale Romania. Le legioni vincono i daci. Decebalo si arrende e firma
un trattato di pace con Roma. |
105-106 d.C. Ignorando le condizioni del
trattato, Decebalo attacca il territorio romano. Inizia una nuova guerra.
Traiano occupa la Dacia e l’annette all’impero. |
167-175 d.C. Prima guerra marcomannica. Sotto
Marco Aurelio, quadi, marcomanni e altri superano la frontiera danubiana
saccheggiano la Pannonia e la Mesia e assediano Aquileia. |
177-180 d.C. Seconda guerra maromannica, contro
marcomamni e sarmati. Nel 180 d.C., durante le operazioni al fronte, Marco
Aurelio muore di peste a Vindobona (Vienna) |
Lo spiegamento dell’esercito. L’esercito
romano era composto dalle legioni, che potevano contare su circa cinquemila
soldati, e dalle truppe ausiliarie, divise in diversi tipi di unità (coorti e
ali) di fanteria, cavalleria e miste, ognuna delle quali riuniva tra i
cinquecento e i mille uomini. Alle truppe si aggiungevano i distaccamenti di
origine barbara, costituita da circa duecento uomini, che si armavano e
combattevano secondo gli usi dei propri popoli e non nello stile romano. Le
forze sul Danubio potevano inoltre avvalersi dell’appoggio di due flotte: una
pattugliava il fiume dalla fonte sino alle cateratte delle Porte di Ferro
(nell’attuale Serbia), e l’altra controllava il tratto finale sino al mare. Nei
primi decenni della presenza romana a settentrione, ovvero fino alla metà del I
secolo d.C. il punto caldo della frontiera si trovava lungo l’altro grande
fiume, il Reno. Dal governo di Domiziano, però, i problemi si spostarono lungo
il Danubio dove sarmati e daci mettevano in pericolo i confini. Domiziano firmò
la pace con il regno dacico, ma pochi anni più tardi Traiano decise di
distruggerlo per estirpare la minaccia alla radice. Dopo ben due guerre, nel
106 d.C. incluse parte del loro territorio all’impero, creando la prima e unica
provincia romana a nord del Danubio: la Dacia. In seguito all’annessione, quindi,
un tratto considerevole del fiume non svolse più il ruolo di frontiera e il
confine fu spostato più a nord della nuova provincia. Si cominciò a rendere
stabile il limes: allora e durante il governo di Traiano le fortezze, prima
edificate in legno e fango, divennero di pietra. Cinquant’anni più tardi, agli
inizi del governo di Marco Aurelio, i popoli germanici provenienti dal corso
mediano del Danubio si a minacciare persino la parte settentrionale della
penisola italica, e tra il 167 e il 180 d.C., l’imperatore intraprese una serie
di campagne punitive passate ai posteri con il nome di Guerre germaniche.
Tutti questi conflitti
resero necessario un ingente schieramento di truppe romane lungo la frontiera.
augusto aveva posizionato sul Danubio solo cinque legioni e destinato non meno
di otto al fronte del Reno, a quel tempo più problematico, Marco Aurelio,
invece, si concentrò sul Danubio con nove legioni. Se a queste aggiungiamo le
due dispiegate in Daci, oltre al gran numero di unità ausiliare della zona (che
corrispondevano alla metà di quelle dell’esercito romano), possiamo farci
un’idea di quanto fosse divenuta importante la frontiera danubiana. La
guarnigione del Reno era ormai costituita solamente da cinque legioni, e il
Danubio era divenuto l’epicentro delle battaglie.
Le difese. Le truppe occupavano un’ampia rete
di fortificazioni, o castri, che servivano da alloggio per i soldati e da punti
di difesa. La maggior parte presentava una pianta rettangolare, a volte
quadrata, con gli angoli smussati. I centri più grandi erano le basi legionarie
di Lauricum (in Austria), Aquincum (in Ungheria) e Novae (in Bulgaria), di
circa 20 ettari di superficie. Al loro interno queste comprendevano anche il
quartier generale, la casa del comandante, le baracche, i granai, le stalle, i
magazzini, un ospedale, le terme e le latrine.
Le fortezze, invece,
accoglievano una coorte – o due, in casi eccezionali – e riproducevano in
piccolo la pianta delle basi legionarie. La superficie poteva variare tra uno e
quattro ettari. Nelle fortezze erano presenti gli stessi edifici delle basi,
anche se spesso mancavano l’ospedale e le terme. Vi erano poi i fortini, ancora
più piccoli, probabilmente occupati dalle unità dei numeri e dai distaccamenti
delle coorti.
Venivano infine, le
torri, i cui occupanti non vi risiedevano in modo permanente e che avevano la
sola funzione di vigilanza. A differenza delle barriere artificiale, come il
vallo di Adriano in Britannia, nel quale le fortificazioni venivano erette a
distanza fisse, sulle frontiere fluviali i castri risultavano disposti in modo
irregolare, a seconda delle caratteristiche del terreno e, soprattutto, di
quelle del fiume. Con i suoi 2800 e più chilometri di lunghezza, il Danubio
presenta una gran varietà di paesaggi, tra cui ampie valli, zone di montagne,
gole anguste e un’esteso delte. In generale, le basi legionarie erano collocate
in luoghi strategici, così da controllare i principali punti di guado del fiume
e le vie che mettevano in comunicazione l’impero con il mondo barbaro. Le basi
e i forti venivano spesso costruiti la dove il Danubio incontrava i suoi
affluenti, che divennero rtte di accesso al territorio romano perché le navi vi
potevano attraccare con maggior facilità.
Nell’ansa del Danubio,
a nord dell’attuale Budapest, davanti cioè al territorio dei sarmati, gli
accampamenti erano ancor più ravvicinati, a soli otto o nove chilometri l’uno
dall’altro. Altri tratti del fiume, invece, erano sorvegliati in modo sommario,
come nella zona delle Porte di Ferro, dove per 130 chilometri il fiume scorre
tra montagne scoscese. Essendo inaccessibile, i castri erano pochi, e per lo
più situati alle due estremità della gola. Lo spazio tra le basi legionarie e i
forti ausiliari era disseminato di torri e fortini.
Ciononostante lungo il
Danubio e il Reno sono documentate meno costruzioni di quante ve ne fossero in
altre frontiere fortificate, come ad esempio il vallo di Adriano. Sebbene una
parte sia ormai andata perduta, si ritiene che i punti di sorveglianza fossero
comunque ridotti perché i punti di
sorveglianza fossero comunque ridotti perché la larghezza del fiume – mezzo
chilometro in buona parte del suo percorso – costituiva di per sé un ostacolo
per qualsiasi nemico.
La storia del limes. Il Limes della Dacia romana dopo la conquista di Traiano. Dopo le guerre portate avanti da
Marco Aurelio, il limes danubiano rimase la frontiera dell’impero e i vari
governanti lo rafforzarono con nuove fortificazioni. Tuttavia la situazione
cambiò drasticamente con la sconfitta di Adrianopoli (378 d.C.), in cui buona
parte dell’esercito dislocato nella metà orientale dell’impero fu annientata
dai visigoti. Da quel momento le orde barbariche sarebbero penetrate nel
territorio, obbedendo ai romani o attaccandoli. Per riorganizzare le legioni
decimate, le truppe abbandonarono man mano il limes e vennero sostituite dai
mercenari barbari, i foederati. A partire dal secondo decennio del V secolo
d.C., il consolidarsi del potente regno unno sottrasse al controllo imperiale
un vasto settore della frontiera. I romani non riuscirono a riprenderselo
nemmeno dopo la morte di Attila nel 453 d.C. Dalla metà del secolo il Danubio
non fu più la frontiera settentrionale di Roma. Sulla colonna Antonina
conservata nei Musei vaticani possiamo ammirare le immagini che riproducono
il limes danubiano. |
Le pattuglie del Danubio. Le due flotte romane del Danubio
svolgevano lungo il fiume le stesse funzioni delle legioni di terra:
pattugliavano le sponde per controllare i movimenti di persone e beni e
assicuravano la riscossione di tributi; inoltre trasportavano truppe e parte
delle forniture di cui avevano bisogno. Potevano contare su diversi tipi di
navi. Tra quelle da guerra vi era la liburna, una galera leggera che i romani
avevano copiato dai pirati illirici. Aveva una lunghezza tra i 25 e i 30 m e
circa 60 remi; si usava pure in una versione ridotta, di 20 m di lunghezza e
50 remi, adatta all’uso fluviale. Le grandi triremi, di 40 m di lunghezza e
120 remi, non erano frequenti e venivano forse impiegate solo come navi
ammiraglie. Per i trasporti comuni si usavano l’oneraria e l’acturia. Sulle
imbarcazioni lavoravano sia i marinai (noutae) sia i rematore (remiges) e
l’equivalente romano della fanteria di marinai: i militari classiarii. I grandi fiumi era spesso attraversati da grandi "ponti di barche" degli eserciti romani in marcia (colonna Traiana, VII). |
Ballomar contro l’impero. L'invasione del 170 nel corso delle guerre marcomanniche. Nel 168 d.C. un esercito di quadi
e marcomanni guidati dal re Ballomar, invase l’Italia settentrionale.
Un’ondata di terrore scosse la penisola italica, dove da due secoli non
entrava un’armata barbara. Gli invasori saccheggiarono la piccola cittadina
di Opitergium e lì vicino annientarono le truppe appena sopraggiunte. Quindi
marciarono contro Aquileia, che resistette grazie alle mura. L’imperatore
Marco Aurelio accorse in suo aiuto con un esercito riunito in tutta fretta,
composto pure da gladiatori, mentre le legioni della Mesia scesero da nord
per bloccare il passaggio ai barbari, che fuggirono ma furono intercettati e
sconfitti sulle Alpi. I sopravissuti guadarono il Danubio in ordine sparso:
la crisi era passata. |
Sarmizegetusa. Pianta della città di Sarmizegetusa Regia, capitale dei Daci. Durante la campagna del 105-106
d.C. contro i daci, le legioni di Traiano ne presero la capitale,
Sarmizegetusa. Al suo posto venne fondata la colonia Ulpia Tariaian
Sarnuzegetusa, i cui primi abitanti erano veterani delle guerre daciche. Tale
sito, potentemente fortificato, divenne il centro della Dacia, l’unica
provincia romana oltre il Danubio. |
In pace e in guerra. La frontiera si trovava
continuamente in pericolo, e lo possiamo intuire pure dalle opere degli storici
romani, i quali davano molta più enfasi agli scontri che alla vita quotidiana
nei castri. Tuttavia, la realtà fu ben più complessa, e i periodi di pace si
alternarono a quelli di guerra. Una recluta che avesse cominciato i suoi
ventiquattro anni di servizio nel 10 d.C. avrebbe probabilmente dovuto
affrontare le minacce dei briganti e qualche isolata incursione dei barbari;
colui che, invece, li avesse cominciati nell’85 d.C. avrebbe potuto partecipare
alle guerre di Domiziano e far fronte ai numerosi attacchi provenienti dal territorio
germanico.
A ogni modo, il Danubio
non fu mai una frontiera chiusa. Ai barbari non era certo impedito l’accesso al
territorio imperiale, ma piuttosto regolato e ridotto, poiché non potevano
entrarvi a loro piacimento, armati o in gruppi numerosi. E l’esercito svolgeva
proprio una di queste funzioni: controllare gli spostamenti. Le unità romane
pattugliavano le due sponde del Danubio, anche se è probabile che nella parte
settentrionale del fiume si limitassero a sorvegliare un piccolo lembo di terra
tra i dieci e i venti chilometri di lunghezza. I romani, in ogni caso, non
ignoravano il barbaricum, ovvero il cosiddetto mondo barbaro: la prima
strategia di difesa era sempre costituita dalla diplomazia, e i romani
s’immischiavano non poco nella politica interna dei gruppi germanici,
all’interno dei quali spesso si formavano fazioni favorevoli o contrari a Roma.
Lavori di ogni sorta. Al di là delle attività
volte a controllare e a difendere, i soldati erano assillati da problemi ben
più banali, e i loro sforzi andavano a soddisfare per lo più tali necessità.
Difatti, malgrado una parte degli approvvigionamenti arrivasse da altre
province, le varie unità dovevano provvedere da sole al sostentamento,
coltivando i cereali e facendo pascolare le bestie. Alcuni soldati viaggiavano,
a volte in zone molto lontano dalla base per procacciarsi prodotti come vesti o
cavalli. I legionari dovevano svolgere compiti non necessariamente legati alle
questioni militari.
Poiché l’impero non
disponeva di forze di polizia, il mantenimento dell’ordine pubblico e la scorta
ricadevano sui soldati stessi, che si occupavano pure di crimini, omicidi
inclusi. Aiutavano inoltre nelle miniere o lavoravano a progetti civili come
ponti, strade o acquedotti.
Il papiro egizio. È per merito di un
papiro rinvenuto in Egitto che conosciamo oggi l’ampio ventaglio di attività
cui si dedicavano i soldati di un’unità ausiliare distaccata sul Danubio agli
inizi del II secolo d.C. Oltre a prestare servizio nella base, sorvegliavano
altri due forti e scortavano funzionari imperiali. Tre gruppi si trovavano a
nord del Danubio (uno sovrintendeva al raccolto, un altro esplorava e un terzo
risultava ‘in spedizione’), due erano in viaggio nelle lontane Gallie per
procurarsi vesti e cereali, un altro ancora si trovava sui monti Haemus alla
ricerca di bestiame, infine un ultimo gruppo era distaccato nelle miniere della
Dardania.
Il papiro egizio
fornisce anche notizie delle perdite subite: il fatto che in quei tempi di pace
fossero morti due soldati, uno in uno scontro con i banditi e un altro in
combattimento, probabilmente contro i barbari, dimostra come la violenza fosse
sempre presente lungo il Danubio.
Articolo di Boria Pelegero storico e archeologo pubblicato su Storica National Geographic n 120 del mese di febbraio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia
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