domenica 20 dicembre 2020

Timgad, la grande città romana del Nord Africa.

 

Timgad, la grande città romana del Nord Africa.

Nel 1765 James Bruce scoprì nel deserto algerino le rovine di Timgad, una delle città romane più importanti della regione.

 


Rovine di Timgad, si riconosce l'arco di Traiano e colonnato corinzio che fiancheggia il cardo


Fino alla seconda metà del XVIII secolo le conoscenze sul passato romano dell’Algeria erano quasi inesistenti. Solo grazie all’Illuminismo e alla moda dei viaggi culturali da parte degli intellettuali europei venne portata alla luce la ricchezza della civiltà classica nel Maghreb.

Uno dei protagonisti di tale riscoperta fu James Bruce, nativo di Kinnaird, viaggiatore e scopritore scozzese che giunse in Algeria come console britannico nel marzo 1763, dopo aver trascorso sei mesi a studiare il mondo classi in Italia. Tra i suoi nuovi compiti figurava quello di esaminare le antiche rovine romane in Algeria, di cui avevano già dato notizie esploratori quali Thomas Shaw, e che erano incontaminate. James Bruce si rese conto di non possedere gli strumenti necessari per il tipo di spedizione che sperava di portare a termine; scrisse quindi in Italia affinché gli mandassero una camera oscura e dei giovani esperti di architettura e disegno. Alla spedizione si un’ perciò un apprendista disegnatore, il fiorentino Luigi Balugani, e nell’agosto 1765 i due partirono da Algeri alla volta di un territorio sconosciuto: la costa berbera, un insieme di regioni tradizionalmente popolate dagli amazigh (noti come berberi, termine che devia da barbari). I viaggiatori ignoravano che lungo il percorso avrebbero scoperto alcuni dei gioielli archeologici più impressionanti dell’Africa settentrionale.



L'arco di Traiano in una cartolina della fine del XIX secolo

Un giorno a Timgad.



Nel suo Travels in the footsteps o Bruce in Algeria and Tunis (Viaggi sulle orme di Bruce in Algeria e a Tunisi), Playfair dedica un capitolo alla visita di Timgad. Era accompagnato da un capo tribale amazigh, Si Bou-Dhiaf, che gli offrì un’ospitalità degna del suo nome (padre degli invitati). Originario di una stirpe di alto lignaggio, Bou-Dhiaf si vantava di discendere dai romani. A Timgad Playfair e la sua guida si accamparono proprio in mezzo alle rovine, “il che ci permise di approfittare di ogni minuto per esaminare il sito”.

 


James Bruce

Una città misteriosa. “Una piccola città piena di edifici eleganti”. Con tali parole James Bruce descrive se quanto osservò al suo arrivo a Timgad nella mattina del 12 dicembre 1765, Bruce e Balugani furono i primi europei a visitare quel luogo misterioso, situato ai confini settentrionali del massiccio montuoso dell’Aurés. Ma Bruce non sapeva che sotto i suoi piedi, sepolta da tempo, giaceva una delle città romani più importanti del nord dell’Africa: l’antica Thamugadi, un magnifico esempio di urbanistica romana. L’aveva fondata l’imperatore Traiano nel 100 d.C. per accogliere i veterani della Legio III Augusta, i quali avrebbero così potuto controllare la frontiera con gli amazigli e il territorio della Numidia. Per prima cosa Bruce e Balugani disegnarono i resti di un arco trionfale e passarono poi la notte nei dintorni del luogo. L’arco era una porta monumentale, dedicata a  Traiano, che permetteva l’accesso alla città dalla sia parte occidentale.

Il giorno dopo i due viaggiatori tornarono a Timgad per disegnare un tempio corinzio, e Bruce annotò sul suo diario: “L’arco si trova a nord-est (del tempio). Le rovine dell’anfiteatro, a nord-ovest. Tra le rovine dell’arco e quelle dell’anfiteatro abbiamo trovato un tempio di cui rimane un solo lato. Ne ho copiato due iscrizioni”. Deciso a preservare il passato, Bruce riprodusse un busto di Fasitna, la moglie dell’imperatore Antonino Pio, e seppellì il disegno nel luogo dove vaveva trovato un’iscrizione e i resti di un elegante pavimento in marmo. Le sue annotazioni e i suoi disegni dimostrano come a quei tempi la città fosse quasi sepolta. Dopo aver vistato le rovine, i due proseguirono il proprio cammino attraverso le terre algerine. Al ritorno in Inghilterra nel 1774, Bruce presentò a re Giorgio III due dei tre volumi (uno lo tenne per sé perché incompleto) con i disegni di Timgad e delle altre rovine scoperte durante il viaggio. Tuttavia, i resti dell’abitato sarebbero presto caduti di nuovo nell’oblio. Fu necessario attendere più di un secolo perché nuove spedizioni ravvivassero l’interesse scientifico per la città di Timgad.

 

teatro

La riscoperta. Nel 1875 il console generale britannico d’Algeria, Robert Labert Playfar, decise di seguire le orme di James Bruce. All’arrivo a Timgad si rese conto dell’importanza della città, di cui scoprì nuove vestigia. E così descrisse con dovizia di particolari come l’anfiteatro scoperto da Bruce fosse in realtà un teatro, e il vicino tempio, il foro. Nell’ultimo quarto del XIX secolo, vennero rinvenute a Timgad numerose iscrizioni e sculture, e diversi europei si spinsero nelle terre algerine con l’obiettivo di raggiungere l’antica città. sebbene la Gran Bretagna potesse vantarsi di aver scoperto l’antica Thamugadi, la storia del sito archeologico ebbe una svolta inattesa per merito della Francia. Difatti,, in seguito alla meticolosa e accurata descrizione delle rovine da parte del professore Emile Masqueray, il Service des Monuments Historiques parigini iniziò a interessarsi alle rovine di Timgad e decise di finanziare gli scavi di quanto ancora giaceva sotto le sabbie del deserto. Le operazioni iniziarono in modo sistematico nel 1881, e fino al 1960 hanno permesso di portare definitivamente alla luce quei segreti  sepolti per secoli: la città era talmente ben conservata che ha ricevuto il nome di ‘Pompei dell’Africa’.

 


Mura della fortezza bizantina

Un’oasi strategica. Nell’antichità Timgad divenne una sorta di oasi urbana nel bel mezzo di una zona arida, attraendo ben presto le comunità vicine. Il suo periodo di splendore risale agli anni compresi tra il 125 e il 225 d.C., quando ospitava una popolazione di più di 15mila abitanti. Ai primi del novecento è stata persino scoperta una biblioteca monumentale che probabilmente accoglieva fino a tremila manoscritti. Verso la fine del III secolo e durante il IV, la città continuò a svolgere un ruolo essenziale nella zona della frontiera meridionale dell’impero. L’archeologia ha confermato l’eterogeneità religiosa delle sue genti: sono state trovate testimonianze sia del tradizionale paganesimo romano sia della presenza di nuove sette cristiane, tra cui il donatismo. E in effetti a Timgad risiedeva il vescovo donatista Ottato, con cui si scontrò sant’Agostino a causa delle note divergenze teologiche.

La crisi generale delle frontiere romane, sopraggiunta alla fine del IV secolo, colse in pieno Timgad. Dopo il suo saccheggio a opera dei vandali nel V secolo, la città andò in rovina e in tale stato la trovarono i bizantini quando si addentrarono nella regione. Timgad tornò a popolarsi come centro cristiano, e tra il 539 e il 540 venne costruito un bastione difensivo fuori dalla città, ma un successivo saccheggio da parte degli amazigh finì per annientare per sempre a perla romana, poi ricoperta dalle sabbie del Sahara. Prima di tale eclissi, Timgad era stata ricca, gaudente e vivace. Ne dà testimonianza l’iscrizione che un suo abitante aveva inciso su una delle lastre del foro per i futuri visitatori: “Cacciare, andare alle terme, giocare, ridere. Questa sì che è vita!”.

 

Articolo di Rubén Montova pubblicato su Storica National Geograpnic n. 120 – altri testi e articoli da Wikipedia.

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