mercoledì 9 dicembre 2020

La medicina del medioevo: una vasta gamma di rimedi (non tutti strampalati)

 

La medicina del medioevo: una vasta gamma di rimedi (non tutti strampalati)

Oggi si pensa che chiunque avesse la sfortuna di ammalarsi nel Medioevo andasse incontro a terapie peggiori del male, come medicine inutili e nauseabonde o interventi chirurgici crudeli. Invece, i nostri antenati avevano una comprensione della salute migliore di quel che pensiamo.


Ippocrate (a destra) e Galeno in un affresco della Cripta della Cattedrale di Anagni (Lazio), a circa 50 km a sud-est di Roma. (Secolo XIII)

La chiave per valutare la salute di un paziente è nel contenuto della sua vescica. O almeno così scriveva il medico Arcimatteo a beneficio dei suoi colleghi nel XII secolo: “Se un cambiamento nelle pulsazioni indica che il paziente è malato, la natura della malattia si può comunque stabilire con maggior certezza delle sue urine: è necessario esaminarle per lungo tempo, prestando particolare attenzione al colore, alla consistenza, alla qualità e al loro contenuto”. Quello che comunemente immaginiamo di un medico medievale al lavoro sono sanguisughe, pozioni inutili e buchi trapanati nel cranio, in pazienti inermi nelle mani di taumaturghi mossi dal gusto sdico della sperimentazione. Al contrario, le diagnosi e le cure si basavano su ragionamenti insensati e osservazioni potenzialmente utili come nel caso di Arcimatetto. Di fatto, la medicina del Medioevo raramente coincideva con i pregiudizi moderni su di essa.

È certamente vero che i nostri antenati non avevano accesso a molti dei farmaci e delle procedure oggi possibili a tutti, dai disinfettanti, agli analgesici, agli antibiotici, davanti all’arrivo della peste nera nell’Europa del XIV secolo i medici dell’epoca furono impotenti; inoltre, un buon 30% dei bambini nati in quei secoli moriva poco dopo la nascita. Un’osservazione più attenta delle pratiche mediche medievali, però, rivela un ricco formulario di farmaci e terapie in grado id alleviare davvero le sofferenze dei pazienti e a volte anche di guarirli.


Il frate domenicano assite il malato. Rare Book & Manuscript Library University of Pennsylvania LJS 24

Salire e scendere le scale. Uno dei fatti più sorprendenti della medicina del Medioevo è la diffusa percezione dell’importanza di uno stile di vita salutare come prima prevenzione delle malattie. Alcune delle idee medievali sulla vita salutare non sono per nulla diverse da quelle odierne, alimentazione moderata, sonno sufficiente, regolare esercizio fisico. Nel 1315 Pietro Fagarola, medico di Valencia, spiegava ai suoi figli, studenti a Tolosa, che “il sonno naturale e sufficiente è quello che occupa un quarto della durata di un giorno naturale … Se potete, camminate un po’ ogni giorno, al mattino e alla sera … Se non potete uscire dai vostri alloggi, almeno salite  e scendete le scale rapidamente tre o quattro volte”. Chi non aveva un padre medico poteva consultare i molti manuale di auto soccorso dell’epoca, che spiegavano come avere uno stile di vita adeguato. Erano testi popolarissimi, che circolavano in forma sia scritta sia orale. Il mantra della medicina medievale era quello tanto in voga anche oggi. “Meglio prevenire che curare”, da cui deriva la centralità della teoria degli umori nella percezione medievale del benessere. Secondo i nostri antenati, infatti, il segreto della salute era mantenere i quattro umori del corpo: sangue, bile gialla, bile nera e flemma, in equilibrio tra loro. Il modo migliore per favorire tale equilibrio era il salasso, che si riteneva purgasse il corpo dagli umori corrotti o in eccesso e diventò, di conseguenza, la più frequente fra tutte le pratiche mediche del Medioevo. Questo non significa però che venisse praticato senza criterio, nel 1150, tormentato da un brutto e insistente raffreddore, l’abate di Cluny, Pietro il Venerabile, decise di non procedere con i suoi abituali salassi, riflettendo che “sarebbe stato pericoloso se il sangue avesse preso il sopravvento nel mio corpo”.

I medici medievali erano anche consapevoli del rapporto tra salute e ambiente: riconoscendo l’importanza dell’aria e dell’acqua contaminata. Quando nel 1348 la peste nera colpì Pistoia, il governo cittadino dispose che i cadaveri venissero “sepolti a una profondità di almeno due braccia e mezza, per evitare il diffondersi del nocivo fetore”.

Nel XV secolo la medicina era in grado di aiutare i più giovani a superare le fasi più delicate dell’infanzia e dell’adolescenza e a raggiungere l’età adulta. Inoltre, non erano nemmeno in pochi a raggiungere la vecchiaia, un’altra fase della vita che si pensava andasse trattata con cura. Il medico Aldobrandino da Siena scrisse una serie di consigli sul regime da tenere in età avanzata (ossia passati i 65 anni), in cui suggeriva  di “evitare purghe e salassi se non in caso di grave necessità, mangiare buon cibo cotto, bere vino rosso invecchiato ed evitare quello giovane e quello bianco”.

 


L'astrologia giocò un ruolo importante nella medicina medioevale, ai medici più istruiti si insegnava ad usare almeno le basi dell'astrologia nella pratica clinica.

Pazienti di età avanzata. Ovviamente erano ben poche le persone dell’epoca che arrivavano sane alla tarda età: le maggior parte contraeva infezioni, si rompeva le ossa o sviluppava malattie croniche. Per occuparsi di questi casi, c’era una vasta gamma di praticanti della professione medica: medici, chirurghi, speziali e altri tipi di guaritori. A partire dal XII secolo gli aspiranti medici potevano studiare nelle sempre più numerose università: le più rinomate per l’insegnamento della medicina erano quelle di Bologna, Parigi e Montpellier, ma soprattutto la Scuola di Medicina Salernitana (ispirata  al sistema degli umori di Ippocrate e Galeno), dove la medicina veniva insegnata non solo a livello teorico, ma anche a livello pratico con la cura effettiva dei malati, i quali erano ricoverati in strutture paragonabili ai moderni ospedali.

Ma c’erano anche chi, senza avere studi universitari alle spalle, imparava ‘sul campo’, lavorando come assistente di un praticante già esperto. In genere i medici lasciavano ai chirurghi il compito era piuttosto quello di dare consigli basati sulla storia clinica del paziente e sull’esame di urina, sangue e pulsazioni.

A completare il quadro della professione medica c’erano gli speziali, che producevano e vendevano i farmaci prescritti ai pazienti. Le medicine medievali erano fatti con elementi animali, vegetali e minerali, alcuni facili a reperirsi, altri decisamente esotici. Una versione inglese del celebre testo medico “Secreta Secretorum”, indicava che i pazienti dovessero “assumere alcune volte un elettuario fatto con un legno chiamato aloe e con rabarbaro, una sostanza preziosa … un medicamento che farà loro gran bene”. Gli elettuari erano paste medicinali addolcite con zucchero o miele, perché fosse più facile mandarle giù. Quel che invece rimaneva certamente difficile da ingoiare era il costo di taluni ingredienti: i più rari, come la polvere d’oro, il legno a di sandalo o i bezoar (concrezioni che si formano naturalmente nell’intestino dei buoi e di altri animali) potevano far piangere qualunque borsellino.

Alcuni medici si specializzavano in procedure chirurgiche come l’estrazione dentaria o gli interventi alla cataratta. Nel XIII secolo il medico italiano Benvenuto Grasso descrisse in un celebre testo le sue procedure per la cataratta, in particolare quella che prevedeva l’impiego di uno strumento affilato per rimuovere le lenti opache dal fondo dell’occhio del paziente. Nel suo libro consigliava di usare aghi d’oro per “toccare la materia malata e rimuoverla dalla sua posizione davanti alla pupilla, poi spingerla con decisione e tenerla ferma il tempo necessario a recitare quattro Padre Nostro”.

C’erano anche specialisti di pronto intervento, impiegati soprattutto sui campi di battaglia. il 18 aprile 1471, quattro giorni dopo la battaglia di Barnet, John Paston II di Norfolk poté informare sua madre che suo fratello era sopravvissuta a una ferita di freccia al braccio destro: la ferita era stata trattata e il paziente aveva detto a John di “confidare pienamente che sarebbe stato meglio in breve tempo”. Gli studi osteologici degli scheletri ritrovati sui campi di battaglia ci testimoniano la violenza degli scontri militari dell’epoca, ma anche il fatto che a volte i soldati si riprendevano da ferite gravi e in un certo numero di casi è verosimile che l’intervento medico avesse il suo merito. Bisogna sottolineare però il limite della scienza medica del Medioevo, che non poteva prescindere dal contesto in cui si trovava a operare una società prevalentemente cristiana, in cui la guarigione fisica era perlopiù legata alla devozione religiosa. Un concilio ecclesiastico del 1215 incoraggiava i fedeli malati a cercare l’aiuto di un sacerdote prima di quello di un medico, “poiché talvolta la malattia del corpo può essere una conseguenza del peccato … e quando cessa la causa, ,cessa anche l’effetto”.

Gli ospedali, spesso, seguivano una regola monastica e offrivano ai pazienti assistenza spirituale, oltre che fisica. Il benessere interiore ed emotivo dei mali era considerato particolarmente importante nei casi di malattie croniche come la lebbra.

 

Illustrazione del XIII secolo che mostra le vene

I rimedi più in uso del Medioevo.

UMORETEMPRAORGANONATURAELEMENTO
Bile neraMalinconicoMilzaFredda-AsciuttaTerra
FlegmaFlemmaticoPolmoniFredda-UmidaAcqua
SangueSanguignoTestaCalda-UmidaAria
Bile giallaCollericoCistifelleaCalda-AsciuttaFuoco

Salassi.

La flebotomia aveva lo scopo di conservare o ripristinare l’equilibrio tra gli umori del corpo tramite la rimozione di una certa quantità di sangue. Oggi sappiamo che una moderata perdita di sangue in genere non è pericolosa, ma non è nemmeno benefica. Anche nel Medioevo, comunque, si sapeva che fosse rischioso salassare gli anziani e le persone molto malate e che un’emorragia eccessiva, provocata da una ferita o un’altra causa, andasse fermata.

Uroscopia.

L’esame delle urine era uno dei pochi mezzi con cui un medico medievale potesse valutare le condizioni interne di un paziente. Le urine venivano raccolte in un’ampolla e si esaminavano il colore, l’odore e la consistenza. I manoscritti medici medievali contenevano spesso diagrammi dei diversi generi di urina e di come si collegavano ai vari stati di salute o malattia. i campioni di urina sono ancora oggi sottoposti ad importanti analisi diagnostiche.

 

Rimedi contraffatti.

I ciarlatani mettevano in commercio rimedi contraffatti, soprattutto nei periodi di particolare paura a causa delle epidemie. Tali trattamenti erano dannosi, se non altro perché potevano indurre i malati a non cercare cure mediche più appropriate.

 

Pianificazione familiare.

Alle donne che volevano abortire si somministravano di solito farmaci a base di salvia, ruta e menta romana, in genere in forma di bevanda. Oggi sappiamo che molte di queste pianto hanno proprietà stimolanti, che favoriscono la mestruazione e che una dose elevata di menta romana può realmente provocare un aborto.

 

Interventi alla cataratta.

I chirurghi medievali rimuovevano le lenti opache alla loro posizione davanti alla pupilla usando un ago. Erano altresì consapevoli che si trattasse di una procedura rischiosa che necessitava di una particolare abilità. Oggi, tuttavia, è ritenuta un metodo inefficace ed è noto che possa provocare la cecità.

 

Astrologia.

Molti medici studiavano i movimenti dei pianeti e dei segni dello zodiaco per decidere il momento migliore per trattare determinate malattie. Nell’immagine dell’Uomo Astrologico che si incontra di frequente nei manoscritti medievali, si vedono i segni dello zodiaco associati a specifiche parti del corpo. L’idea che i corpi celesti possano influire sulla salute umana (in particolare che la luna abbia influenza sulle mestruazioni) persiste ancora oggi, benché priva di qualunque fondamento.

 

Ricovero ospedaliero.

Sebbene in un ospedale medievale i pazienti fossero seguiti di rado da un medico o da un chirurgo, potevano comunque beneficiare dell’assistenza di personale infermieristico esperto, in genere donne. Gli ospedali provvedevano ai bisogni basilari dei malati – cibo, acqua, riparo – e, pur non prevedendo trattamenti specialistici, permettevano ai ricoverati di rimettersi in forze e dunque riprendersi più facilmente dalle malattie.

 

Teriaca.

Si riteneva che questo rimedio, composto di estratti vegetali, carne di vipera e altre sostanze, fosse un potente antidoto contro i veleni e avesse molte altre virtù curative.

 

Farmaci composti.

Gli ipotecari preparavano le loro medicine con una vasta gamma di sostanze. Alcune erano probabilmente inefficaci o persino dannose, ma altre, come lo zenzero o la senna, sono usate anche oggi per le loro proprietà medicinali.

 

Incantesimi.

I rimedi magici non erano del tutto privi di efficacia: a volte includevano erbe medicinali o altre sostanze con reali effetti terapeutici, oltre a rassicurare psicologicamente il paziente.

 


Mappa delle Università medioevali

I prodigi. Molti dei nostri antenati riponevano volentieri la loro fiducia in medici qualificati e in esperti esponenti del clero, alcuni però preferivano cercare soluzioni più radicali: sfogliando i testi medici medievali si incontrano anche incantesimi, presunti rimedi che dovevano la loro efficacia alla potenza delle parole. A legittimarli era spesso la loro attribuzione a santi o a figure della Bibbia. Un incantesimo quattrocentesco contro la febbre attribuito all’alchimista fiorentino Lorenzo da Bisticci diceva di scrivere alcune parole sacre su tre foglie di salvia e poi “mangiarle nel corso di tre giorni, una la giorno, stando precedentemente a digiuno”.  In tal modo, il paziente avrebbe letteralmente digerito il potere benefico delle parole sacre. Sull’efficacia di queste terapie non possiamo scommettere, ma non si può nemmeno escludere che in qualche caso abbia funzionato l’effetto placebo: se hai fede in un rimedio, il rimedio funziona. Altre forme di medicamento prescrivevano di impiegare sangue umano o tessuti corporei, ma si tratta chiaramente di pratiche che la Chiesa e le istituzioni governative non vedevano per nulla di buon occhio: ai primi del XV secolo l’ostetrica francese Perette de Ronen fu incarcerata a Parigi per essersi procurata il corpo di un bambino nato morto, con l’intenzione di usare le sue carni per curare la lebbra. I medici di professione inorridirono, non meno delle autorità, davanti a rimedi fasulli propinati dai ciarlatani. Negli anni Ottanta del Quattrocento Thomas Le Forestier, importantissimo medico francese residente a Londra, inserì, nella dedica del suo trattato sulla malattia del sudore donata a re Enrico VII, un attacco diretto contro quegli “uomini privi di esperienza, che ingannano il mondo intero con la loro falsità”. Ma nemmeno tutti quei ciarlatani e i loro inganni hanno potuto cambiare il fatto che i nostri antenati medievali possedevano una notevole conoscenza del corpo umano e non poche possibilità di intervenire su di esso. Il loro sapere, trasmesso ai posteri, ha permesso di maturare le conoscenze e le scoperte che sono conquista e orgoglio della medicina moderna.

                

Articolo di Elma Brenner Esperto di Medioevo e primo Rinascimento della Wellcome Collection pubblicata su BBC HISTORY n. 92 – altri testi e immagini da Wikipedia.

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