La medicina del
medioevo: una vasta gamma di rimedi (non tutti strampalati)
Oggi si pensa che
chiunque avesse la sfortuna di ammalarsi nel Medioevo andasse incontro a
terapie peggiori del male, come medicine inutili e nauseabonde o interventi
chirurgici crudeli. Invece, i nostri antenati avevano una comprensione della
salute migliore di quel che pensiamo.
La
chiave per valutare la salute di un paziente è nel contenuto della sua vescica.
O almeno così scriveva il medico Arcimatteo a beneficio dei suoi colleghi nel
XII secolo: “Se un cambiamento nelle
pulsazioni indica che il paziente è malato, la natura della malattia si può
comunque stabilire con maggior certezza delle sue urine: è necessario
esaminarle per lungo tempo, prestando particolare attenzione al colore, alla
consistenza, alla qualità e al loro contenuto”. Quello che comunemente
immaginiamo di un medico medievale al lavoro sono sanguisughe, pozioni inutili
e buchi trapanati nel cranio, in pazienti inermi nelle mani di taumaturghi
mossi dal gusto sdico della sperimentazione. Al contrario, le diagnosi e le
cure si basavano su ragionamenti insensati e osservazioni potenzialmente utili
come nel caso di Arcimatetto. Di fatto, la medicina del Medioevo raramente
coincideva con i pregiudizi moderni su di essa.
È certamente vero che i
nostri antenati non avevano accesso a molti dei farmaci e delle procedure oggi
possibili a tutti, dai disinfettanti, agli analgesici, agli antibiotici,
davanti all’arrivo della peste nera nell’Europa del XIV secolo i medici
dell’epoca furono impotenti; inoltre, un buon 30% dei bambini nati in quei secoli
moriva poco dopo la nascita. Un’osservazione più attenta delle pratiche mediche
medievali, però, rivela un ricco formulario di farmaci e terapie in grado id
alleviare davvero le sofferenze dei pazienti e a volte anche di guarirli.
Salire e scendere le scale. Uno dei fatti più
sorprendenti della medicina del Medioevo è la diffusa percezione
dell’importanza di uno stile di vita salutare come prima prevenzione delle
malattie. Alcune delle idee medievali sulla vita salutare non sono per nulla
diverse da quelle odierne, alimentazione moderata, sonno sufficiente, regolare
esercizio fisico. Nel 1315 Pietro Fagarola, medico di Valencia, spiegava ai
suoi figli, studenti a Tolosa, che “il sonno naturale e sufficiente è quello
che occupa un quarto della durata di un giorno naturale … Se potete, camminate
un po’ ogni giorno, al mattino e alla sera … Se non potete uscire dai vostri
alloggi, almeno salite e scendete le
scale rapidamente tre o quattro volte”. Chi non aveva un padre medico poteva consultare
i molti manuale di auto soccorso dell’epoca, che spiegavano come avere uno
stile di vita adeguato. Erano testi popolarissimi, che circolavano in forma sia
scritta sia orale. Il mantra della medicina medievale era quello tanto in voga
anche oggi. “Meglio prevenire che curare”, da cui deriva la centralità della
teoria degli umori nella percezione medievale del benessere. Secondo i nostri
antenati, infatti, il segreto della salute era mantenere i quattro umori del
corpo: sangue, bile gialla, bile nera e flemma, in equilibrio tra loro. Il modo
migliore per favorire tale equilibrio era il salasso, che si riteneva purgasse
il corpo dagli umori corrotti o in eccesso e diventò, di conseguenza, la più
frequente fra tutte le pratiche mediche del Medioevo. Questo non significa però
che venisse praticato senza criterio, nel 1150, tormentato da un brutto e
insistente raffreddore, l’abate di Cluny, Pietro il Venerabile, decise di non
procedere con i suoi abituali salassi, riflettendo che “sarebbe stato
pericoloso se il sangue avesse preso il sopravvento nel mio corpo”.
I medici medievali
erano anche consapevoli del rapporto tra salute e ambiente: riconoscendo
l’importanza dell’aria e dell’acqua contaminata. Quando nel 1348 la peste nera
colpì Pistoia, il governo cittadino dispose che i cadaveri venissero “sepolti a
una profondità di almeno due braccia e mezza, per evitare il diffondersi del
nocivo fetore”.
Nel XV secolo la
medicina era in grado di aiutare i più giovani a superare le fasi più delicate
dell’infanzia e dell’adolescenza e a raggiungere l’età adulta. Inoltre, non
erano nemmeno in pochi a raggiungere la vecchiaia, un’altra fase della vita che
si pensava andasse trattata con cura. Il medico Aldobrandino da Siena scrisse
una serie di consigli sul regime da tenere in età avanzata (ossia passati i 65
anni), in cui suggeriva di “evitare
purghe e salassi se non in caso di grave necessità, mangiare buon cibo cotto,
bere vino rosso invecchiato ed evitare quello giovane e quello bianco”.
Pazienti di età avanzata. Ovviamente erano ben
poche le persone dell’epoca che arrivavano sane alla tarda età: le maggior
parte contraeva infezioni, si rompeva le ossa o sviluppava malattie croniche.
Per occuparsi di questi casi, c’era una vasta gamma di praticanti della
professione medica: medici, chirurghi, speziali e altri tipi di guaritori. A
partire dal XII secolo gli aspiranti medici potevano studiare nelle sempre più
numerose università: le più rinomate per l’insegnamento della medicina erano
quelle di Bologna, Parigi e Montpellier, ma soprattutto la Scuola di Medicina
Salernitana (ispirata al sistema degli
umori di Ippocrate e Galeno), dove la medicina veniva insegnata non solo a
livello teorico, ma anche a livello pratico con la cura effettiva dei malati, i
quali erano ricoverati in strutture paragonabili ai moderni ospedali.
Ma c’erano anche chi,
senza avere studi universitari alle spalle, imparava ‘sul campo’, lavorando
come assistente di un praticante già esperto. In genere i medici lasciavano ai
chirurghi il compito era piuttosto quello di dare consigli basati sulla storia
clinica del paziente e sull’esame di urina, sangue e pulsazioni.
A completare il quadro
della professione medica c’erano gli speziali, che producevano e vendevano i
farmaci prescritti ai pazienti. Le medicine medievali erano fatti con elementi
animali, vegetali e minerali, alcuni facili a reperirsi, altri decisamente
esotici. Una versione inglese del celebre testo medico “Secreta Secretorum”,
indicava che i pazienti dovessero “assumere alcune volte un elettuario fatto
con un legno chiamato aloe e con rabarbaro, una sostanza preziosa … un
medicamento che farà loro gran bene”. Gli elettuari erano paste medicinali
addolcite con zucchero o miele, perché fosse più facile mandarle giù. Quel che
invece rimaneva certamente difficile da ingoiare era il costo di taluni
ingredienti: i più rari, come la polvere d’oro, il legno a di sandalo o i
bezoar (concrezioni che si formano naturalmente nell’intestino dei buoi e di
altri animali) potevano far piangere qualunque borsellino.
Alcuni medici si
specializzavano in procedure chirurgiche come l’estrazione dentaria o gli
interventi alla cataratta. Nel XIII secolo il medico italiano Benvenuto Grasso
descrisse in un celebre testo le sue procedure per la cataratta, in particolare
quella che prevedeva l’impiego di uno strumento affilato per rimuovere le lenti
opache dal fondo dell’occhio del paziente. Nel suo libro consigliava di usare
aghi d’oro per “toccare la materia malata e rimuoverla dalla sua posizione
davanti alla pupilla, poi spingerla con decisione e tenerla ferma il tempo
necessario a recitare quattro Padre Nostro”.
C’erano anche
specialisti di pronto intervento, impiegati soprattutto sui campi di battaglia.
il 18 aprile 1471, quattro giorni dopo la battaglia di Barnet, John Paston II
di Norfolk poté informare sua madre che suo fratello era sopravvissuta a una
ferita di freccia al braccio destro: la ferita era stata trattata e il paziente
aveva detto a John di “confidare pienamente che sarebbe stato meglio in breve
tempo”. Gli studi osteologici degli scheletri ritrovati sui campi di battaglia
ci testimoniano la violenza degli scontri militari dell’epoca, ma anche il
fatto che a volte i soldati si riprendevano da ferite gravi e in un certo
numero di casi è verosimile che l’intervento medico avesse il suo merito. Bisogna
sottolineare però il limite della scienza medica del Medioevo, che non poteva
prescindere dal contesto in cui si trovava a operare una società prevalentemente
cristiana, in cui la guarigione fisica era perlopiù legata alla devozione
religiosa. Un concilio ecclesiastico del 1215 incoraggiava i fedeli malati a
cercare l’aiuto di un sacerdote prima di quello di un medico, “poiché talvolta
la malattia del corpo può essere una conseguenza del peccato … e quando cessa
la causa, ,cessa anche l’effetto”.
Gli ospedali, spesso,
seguivano una regola monastica e offrivano ai pazienti assistenza spirituale,
oltre che fisica. Il benessere interiore ed emotivo dei mali era considerato
particolarmente importante nei casi di malattie croniche come la lebbra.
I
rimedi più in uso del Medioevo.
Salassi. La
flebotomia aveva lo scopo di conservare o ripristinare l’equilibrio tra gli
umori del corpo tramite la rimozione di una certa quantità di sangue. Oggi sappiamo
che una moderata perdita di sangue in genere non è pericolosa, ma non è
nemmeno benefica. Anche nel Medioevo, comunque, si sapeva che fosse rischioso
salassare gli anziani e le persone molto malate e che un’emorragia eccessiva,
provocata da una ferita o un’altra causa, andasse fermata. Uroscopia.
L’esame
delle urine era uno dei pochi mezzi con cui un medico medievale potesse valutare
le condizioni interne di un paziente. Le urine venivano raccolte in un’ampolla
e si esaminavano il colore, l’odore e la consistenza. I manoscritti medici
medievali contenevano spesso diagrammi dei diversi generi di urina e di come
si collegavano ai vari stati di salute o malattia. i campioni di urina sono
ancora oggi sottoposti ad importanti analisi diagnostiche. Rimedi
contraffatti. I
ciarlatani mettevano in commercio rimedi contraffatti, soprattutto nei
periodi di particolare paura a causa delle epidemie. Tali trattamenti erano
dannosi, se non altro perché potevano indurre i malati a non cercare cure
mediche più appropriate. Pianificazione
familiare. Alle
donne che volevano abortire si somministravano di solito farmaci a base di
salvia, ruta e menta romana, in genere in forma di bevanda. Oggi sappiamo che
molte di queste pianto hanno proprietà stimolanti, che favoriscono la
mestruazione e che una dose elevata di menta romana può realmente provocare
un aborto. Interventi
alla cataratta. I
chirurghi medievali rimuovevano le lenti opache alla loro posizione davanti
alla pupilla usando un ago. Erano altresì consapevoli che si trattasse di una
procedura rischiosa che necessitava di una particolare abilità. Oggi,
tuttavia, è ritenuta un metodo inefficace ed è noto che possa provocare la
cecità. Astrologia.
Molti
medici studiavano i movimenti dei pianeti e dei segni dello zodiaco per
decidere il momento migliore per trattare determinate malattie. Nell’immagine
dell’Uomo Astrologico che si incontra di frequente nei manoscritti medievali,
si vedono i segni dello zodiaco associati a specifiche parti del corpo. L’idea
che i corpi celesti possano influire sulla salute umana (in particolare che
la luna abbia influenza sulle mestruazioni) persiste ancora oggi, benché priva
di qualunque fondamento. Ricovero
ospedaliero. Sebbene
in un ospedale medievale i pazienti fossero seguiti di rado da un medico o da
un chirurgo, potevano comunque beneficiare dell’assistenza di personale
infermieristico esperto, in genere donne. Gli ospedali provvedevano ai
bisogni basilari dei malati – cibo, acqua, riparo – e, pur non prevedendo trattamenti
specialistici, permettevano ai ricoverati di rimettersi in forze e dunque
riprendersi più facilmente dalle malattie. Teriaca.
Si
riteneva che questo rimedio, composto di estratti vegetali, carne di vipera e
altre sostanze, fosse un potente antidoto contro i veleni e avesse molte altre
virtù curative. Farmaci
composti. Gli
ipotecari preparavano le loro medicine con una vasta gamma di sostanze. Alcune
erano probabilmente inefficaci o persino dannose, ma altre, come lo zenzero o
la senna, sono usate anche oggi per le loro proprietà medicinali. Incantesimi.
I
rimedi magici non erano del tutto privi di efficacia: a volte includevano
erbe medicinali o altre sostanze con reali effetti terapeutici, oltre a
rassicurare psicologicamente il paziente. |
I prodigi. Molti dei nostri antenati
riponevano volentieri la loro fiducia in medici qualificati e in esperti
esponenti del clero, alcuni però preferivano cercare soluzioni più radicali:
sfogliando i testi medici medievali si incontrano anche incantesimi, presunti
rimedi che dovevano la loro efficacia alla potenza delle parole. A legittimarli
era spesso la loro attribuzione a santi o a figure della Bibbia. Un incantesimo
quattrocentesco contro la febbre attribuito all’alchimista fiorentino Lorenzo
da Bisticci diceva di scrivere alcune parole sacre su tre foglie di salvia e
poi “mangiarle nel corso di tre giorni, una la giorno, stando precedentemente a
digiuno”. In tal modo, il paziente
avrebbe letteralmente digerito il potere benefico delle parole sacre. Sull’efficacia
di queste terapie non possiamo scommettere, ma non si può nemmeno escludere che
in qualche caso abbia funzionato l’effetto placebo: se hai fede in un rimedio,
il rimedio funziona. Altre forme di medicamento prescrivevano di impiegare
sangue umano o tessuti corporei, ma si tratta chiaramente di pratiche che la
Chiesa e le istituzioni governative non vedevano per nulla di buon occhio: ai
primi del XV secolo l’ostetrica francese Perette de Ronen fu incarcerata a
Parigi per essersi procurata il corpo di un bambino nato morto, con l’intenzione
di usare le sue carni per curare la lebbra. I medici di professione
inorridirono, non meno delle autorità, davanti a rimedi fasulli propinati dai
ciarlatani. Negli anni Ottanta del Quattrocento Thomas Le Forestier,
importantissimo medico francese residente a Londra, inserì, nella dedica del
suo trattato sulla malattia del sudore donata a re Enrico VII, un attacco
diretto contro quegli “uomini privi di esperienza, che ingannano il mondo
intero con la loro falsità”. Ma nemmeno tutti quei ciarlatani e i loro inganni
hanno potuto cambiare il fatto che i nostri antenati medievali possedevano una
notevole conoscenza del corpo umano e non poche possibilità di intervenire su
di esso. Il loro sapere, trasmesso ai posteri, ha permesso di maturare le
conoscenze e le scoperte che sono conquista e orgoglio della medicina moderna.
Articolo di Elma
Brenner Esperto di Medioevo e primo Rinascimento della Wellcome Collection
pubblicata su BBC HISTORY n. 92 – altri testi e immagini da Wikipedia.
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