In difesa dei
cavalieri.
Se la spada
rappresenta l’audacia del guerriero, lo scudo ne simboleggia la nobiltà e la
fortezza. Nato per proteggere il corpo, con il tempo divenne il volto del
cavaliere, lo spazio dove egli dipingeva le sue armi, le sue imprese, le sue
aspirazioni.
Lo
scudo è stato il primo equipaggiamento difensivo inventato dall’uomo. Ha
accompagnato i guerrieri di tutte le latitudini per millenni, e questo per un
solo motivo, semplice e razionale: perché funziona. E quando ci si gioca la
vita, la razionalità è sempre la prima guida delle proprie decisioni. Per gli
antichi Greci, lo scudo era così importante che in molti casi la tipologia
delle truppe era definitiva proprio in base allo scudo di cui erano dotate:
opliti deriva da hoplon, il grande scudo rotondo e accentuatamente concavo
delle fanterie pesanti; peltasti erano i fanti leggeri armati con la piccola
pelte; thurephoroi (portatori di thureos) i soldati che scendevano in battaglia
con uno scudo ovale, ampio ma maneggevole.
La forma dello scudo,
il suo peso, il modo in cui veniva impugnato e altri dettagli rivelavano lo
stile di combattimento di chi lo possedeva. Ne possiamo distinguere due grandi
categorie. Da una parte ci sono gli scudi di grandezza media o piccola, spesso
di forma rotonda e con impugnatura centrale o all’avambraccio, che venivano
usati soprattutto per deflettere i proiettili, e solo occasionalmente nei corpo
a corpo. L’altro gruppo è rappresentato dagli scudi più grandi e pesanti, di
forma ovale, rettangolare o rotonda, spesso provvisti di umbone (una semisfera
metallica posta al centro dello scudo che faceva tutt’uno con l’impugnatura) e
di forma avvolgente, più o meno accentuata: erano tipici delle truppe da
mischia, perché proteggevano dai tiri da lontano, ma dovevano anche essere
sufficientemente maneggevoli per essere brandeggiati in modo efficace nei
combattimenti corpo a corpo. La resistenza dello scudo era proporzionale al suo
peso, ma in battaglia un requisito altrettanto importante era la
maneggevolezza: le cronache riferiscono di scudi spezzati da un colpo ben
assestato di lancia, d’ascia o di spada.
ROTONDO BARBARICO. All’alba del Medioevo,
lo scudo era l’armamento difensivo più diffuso, anche perché era il più
economico: costava un terzo di un elmo e un sesto di una cotta di maglia di
ferro, tanto che questi ultimi elementi erano prerogativa dei soli capi. Tutti
i guerrieri franchi, oltre a essere armati almeno con la lancia, dovevano
possedere uno scudo: rotondo, composto di strati di legno sovrapposti e
conformati in modo da conferirgli una forma concava che contenesse il colpo,
ricordando in questo l’hoplon greco. Alcuni erano ricoperti di cuoio, forse su
entrambi i lati, e il bordo lungo la circonferenza poteva essere rafforzato da
una striscia di metallo ripiegata. Talvolta, una struttura metallica fissata
posteriormente gli conferiva maggiore solidità.
La caratteristica
principale, ai fini del combattimento, era la presenza dell’umbone, al quale
era collegata posteriormente la maniglia con cui veniva impugnato lo scudo.
Questo non solo proteggeva efficacemente la mano del soldato, ma consentiva
anche di brandeggiare lo scudo con facilità. Un secondo tipo di impugnatura consisteva
in due cinghie di cuoio: una per infilarvi l’avambraccio e una per tenere lo
scudo stretto nella mano. Durante le marce lo scudo veniva tenuto sulla schiena
o appoggiato alla spalla con un’ulteriore cinghia di cuoio, che poteva tornare
utile anche in combattimento, nei frangenti in cui era meglio avere le mani
libere. Lo scudo carolingio era mediamente più grande degli altri scudi
altomedievali, con un diametro tra i 50 e gli 80 cm. Proteggeva una più ampia
porzione del corpo del guerriero, dal collo al basso ventre, la superficie
frontale era spesso decorata con motivi geometrici o astratti, senza alcun
significato particolare un’abitudine antica, perché anche l’Iliade descive
decorazioni simili, sia per i Greci che per i Troiani.
Brocchiere.
Lo scudo rotondo metallico da
pugno, il brocchiere, ebbe larga diffusione in ambito civile a partire dal Duecento.
Comodo e relativamente piccolo (tra i 20 e i 50 cm. di diametro per un kg.
circa di peso), era concavo e poteva essere appeso alla cintura e utilizzato in caso di
necessità come strumento di difesa e offesa. La sua straordinaria mobilità,
unita alla resistenza, consentiva di deflettere i colpi dell’avversario e di
ferirlo usandolo come pugno di ferro. In alcuni casi era fornito di una punta,
che ne aumentava il potenziale offensivo. Nel Rinascimento, il combattimento
con spada e brocchiere fu codificato e insegnato nelle scuole di scherma,
diventando una vera e propria disciplina.
Lo scudo tondo era il più
utilizzato dai popoli che, nel primo Medioevo, invasero l’Impero
Romano, decretandone la fine. Usato, per esempio, dagli Huscarli anglosassoni, dai Vichinghi e dai Saraceni, fu spesso accostato alla barbarie, assumendo una connotazione negativa che rimase nell’iconografia tradizionale. |
Combattimento con spada e brocchiero, illustrazione dal tacuina sanitatis illustrato in Lombardia, circa 1390
LA GOCCIA DEI NORMANNI. Verso il X secolo
comparve un nuovo tipo di scudo, derivato direttamente da quello rotondo: è
definito “a goccia”, “a lacrima” o “a mandorla”. La sua diffusione era molto
estesa, ma si ritiene che i suoi inventori siano stati i Normanni. La
cavalleria si era ormai affermata come la principale forza militare del periodo
e riconosceva la necessità di una migliore protezione delle gambe del
cavaliere, oltre a quella del busto. Viene usato sia a piedi che a cavallo, e
in entrambi i casi fornisce una buona protezione del corpo. Purtroppo non è
giunto fino a noi nessun esemplare di scudo a mandorla e le sue caratteristiche possono essere desunte
solo dalle rappresentazioni artistiche, lasciando spazio a dubbi e
interpretazioni, dovuti alle imprecisioni e alle semplificazioni degli autori.
Nelle illustrazioni più
antiche, si osserva che questo scudo poteva essere sia concavo che piatto, e
che era ancora dotato, almeno in alcuni esemplari, di un rinforzo metallico sul
bordo. Possedeva anche un umbone, benché, probabilmente, non venisse più utilizzato
per colpire il nemico. L’impugnatura, infatti, era cambiata: non più a
maniglia, come nel caso dello scudo tondo, ma ad avambraccio. La più nota
rappresentazione di questo tipo di scudo è quella dell’arazzo di Bayeux, che
celebra le gesta del normanno Guglielmo il Conquistatore e la sua vittoria
sugli anglosassoni nella celebre battaglia di Hastings del 1066. Gli scudi
illustrati in quest’opera sono impugnati in modi diversi: sul retro hanno una
serie di cinghie di cuoio, le enormes, rivettate all’interno dello scudo, che
probabilmente ogni guerriero faceva sistemare dall’artigiano nel modo che
riteneva più comodo. Sia i fanti che i cavalieri impugnano lo scudo con la mano
sinistra.
Lo specchio dell’anima.
Il significato simbolico dello
scudo è legato alla trasposizione della sua funzione difensiva al piano
spirituale. Il fatto che gli stemmi araldici fossero generalmente inquadrati
in uno scudo, dà un’enfasi tutta particolare di al suo valore complessivo. Il
cavaliere annuncia pubblicamente la propria identità e i propri ascendenti,
rivendicandoli e contemporaneamente affidandosi a essi nell’ora del pericolo.
Lo scudo evoca la buona fede del suo possessore e la sua natura pacifica,
seppure sempre determinata a sostenere la giustizia. A volte, nelle immagini
religiose, lo scudo è impugnato da angeli e riporta gli strumenti della
passione (arma Christi in latino): la croce, la corona di spine, i chiodi e
gli altri oggetti utilizzati per la crocefissione del Cristo, unico vero
difensore della fede.
|
IL TRIANGOLO PERFETTO. L’impugnatura più
comune consisteva in una cinghia più larga che il guerriero teneva attorno al
collo, e in una seconda cinghia, posta nella parte alta dello scudo, pensata
per essere stretta dalla mano. L’estremità inferiore appuntita permetteva ai
fanti di piantare lo scudo nel terreno a formare un muro rudimentale,
consentendo loro d’impugnare con entrambe le mani la grande ascia danese.
Questo steccato di scudi non doveva offrire molta resistenza, ma bastava a far
desistere la cavalleria nemica dalle carica, per paura di sbatterci contro.
Tutti gli scudi, sia quelli Normanni che quelli Anglosassoni, erano decorati:
si notano uccelli e draghi, linee geometriche croci di Sant’Andrea, onde. Per
quanto si può capire non si trattava ancora di simboli araldici, ma, come in
precedenza per gli scudi rotondi, di semplici personalizzazioni. L’umbone,
quand’era presente, era integrato nella decorazione e dipinto di conseguenza.
Le rappresentazioni del secolo successivo ci testimoniano come lo scudo a
mandorla si fosse diffuso un breve tempo dalla Polonia alla Spagna, dalla
Scandinavia all’Italia. Utilizzato durante le prime tre Crociate, almeno fino
al Duecento continuò ad essere il modello più popolare, senza mai cambiare
dimensione, forma e materiali di costruzione. Scudi rotondi, come quelli che
avevano caratterizzato i primi Carolingi, non scomparvero però dalla fanteria
inglese. In seguito, per convenzione, gli illustratori attribuiranno queste forme
ai cattivi: contemporanei come i Saraceni, o storici come i Romani che
martirizzavano in cristiani.
Intorno agli ultimi
decenni del XII secolo, lo scudo subì una trasformazione significativa: perse o
ridusse la parte arrotondata superiore, assumendo una forma triangolare e una
superficie meno avvolgente. Fanteria e cavalleria non condividevano più lo
stesso scudo: i cavalieri ne utilizzarono una versione ridotta, mentre le
fanterie utilizzavano più a lungo la forma a mandorla: quando adottarono quello
triangolare, essa continuò a mantenere dimensioni più grandi, adatte a coprire
gran parte del corpo. Il motivo di
questo cambiamento è stato associato all’adozione da parte della cavalleria del
grande elmo chiuso e al miglioramento delle corazzature delle gambe. Con la
testa ben protetta e le estremità inferiori più riparate, lo scudo poteva farsi
più piccolo, leggero e maneggevole. Ancora una volta dobbiamo affidarci alle
rappresentazioni artistiche per cercare una regola generale: il grande elmo non
sembra aver conosciuto una diffusione immediata e uniforme a causa del suo
costo elevato. Invece vediamo lo scudo triangolare utilizzato anche da
guerrieri forniti del tradizione elmo conico o una semplice cuffia di maglia,
che lasciavano scoperto il volto. È dunque possibile che la maneggevolezza e la
leggerezza fossero diventati i requisiti più importanti e richiesti, in
particolare dalla cavalleria. Sempre alla fine del XII secolo, alcune famiglie
nobili iniziarono a utilizzare una varietà di simboli per sottolineare il
proprio status, e nell’arco di un secolo non c’era stirpe con almeno una goccia di sangue blu che non
ostentasse il proprio simbolo araldico. Il posto migliore e anche il più
tradizionale, per ospitare un’illustrazione era lo scudo, vista la sua ampia
superficie, ben visibile e regolare: così, esso divenne il luogo principale per
rappresentarla, anche se non l’unico. L’uso di ospitare i simboli araldici
sullo scudo è vivo ancora oggi. Noglnostante l’esaltazione del suo ruolo, lo
scudo era avviato verso l’estinzione. Quello triangolare rimase fino al
Quattrocento, ma il generale progresso delle armi e delle armature non potè che
determinarne l’inesorabile declino. L’evoluzione verso forme sempre più
complesse di armature. Infatti, rappresentava una doppia minaccia all’uso dello
scudo: se da un lato, la corazza a piastre proteggeva già a sufficienza il
corpo del cavaliere, dall’altro, le armi più adatte per sfidare con successo
l’armatura erano quelle contundenti, come mazze e martelli da guerra, contro i
quali lo scudo non offriva la necessaria protezione.
Questione di
forma.
Nel corso dei
secoli, la foggia dello scudo cambiò più volte, in relazione all’uso e alle
armi con cui veniva utilizzato. Dai primi, prevalentemente tondi o ovali, si
passò a quelli a goccia, più lunghi, atti a proteggere quasi tutto il corpo.
Gli scudi triangolari erano i preferiti dai cavalieri e quelli grandi,
rettangolari, erano usati per riparare balestrieri e arcieri. Gli ultimi a
nascere erano gli scudi da torneo, decorativi e scenografici, esibiti nelle
giostre dei nobili.
|
Gli ultimi esemplari.
Lo scudo si fece sempre più raro a
partire dal basso Medioevo, per scomparire del tutto dai campi di battaglia
durante il Rinascimento. Rimase però in uso nella periferia d’Europa e in
Oriente. Lo usarono, per esempio, gli Highlander scozzesi durante la sollevazione
giacobita del 1745, e un artigiano di Perth, William Lindsay, ne produsse
centinaia in due modelli: quello da ufficiale, che costava 10 scellini, e
quello del soldato semplice, che ne valeva solamente 5. Chiamato targe,
poteva essere dotato anche di una punta, lunga fino a 30 cm. Le ultime truppe
a scontrarsi con guerrieri dotati di scudi, in Europa, furono quelle di
Napoleone, durante l’invasione della Russia del 1812: sia i cosacchi, sia la
cavalleria nomade asiatica arruolata nell’esercito dello zar, erano infatti,
fornite spesso di scudi. Anche se ormai, con le nuove armi, erano solo una
presenza simbolica.
|
VERSO IL TRAMONTO. Durante le cariche con
la lancia, invece, lo scudo continuava ad assolvere un ruolo utile, soprattutto
per gli scudi da torneo: l’angolo in alto a destra venne tagliato per formare
un incavo nel quale appoggiare la lancia, garantendo così una maggiore
stabilità. Fra il Tre e il Quattrocento le fanterie iniziarono ad imporre il
proprio predominio sul campo di battaglia, ricorrendo in misura sempre maggiore
ad armi che richiedevano l’utilizzo di entrambi le mani: le cosiddette armi in
asta. Come picche, alabarde e ronconi. Nel contempo, i cavalieri appiedati
combattevano utilizzando armi dello stesso tipo, che impedivano loro l’uso
degli scudi. Verso la metà del Quattrocento lo scudo scomparve dall’uso della
cavalleria, ormai protetta da ottime corazze, mentre conobbe una stagione di
risorta popolarità tra le fanterie. Si trattava di due tipi di scudi: uno molto
simile a quello in uso presso i Franchi, e uno più piccolo, interamente in
metallo, tenuto nel pugno sinistro, chiamato rondella oppure brocchiere. Con
questi scudi, specialisti di fanteria armati di spada chiudevano il contatto
con i picchieri durante le mischie, scivolando sotto la fitta selva di picche
che si formavano in quei casi. L’espediente non ebbe una grande diffusione, sia
perché richiedeva un buon numero di specialisti, sia perché i picchieri
impararono a difendersi accorciando la difesa con l’arma. Un secondo tipo,
grande e pesante, il palvelse, era una specie di parapetto mobile, usato dalle
truppe da tiro, dai balestrieri e dai primi tiratori con le armi da fuoco.
E fu proprio
l’introduzione delle armi da fuoco a segnare la fine dello scudo, facendolo scomparire
dai campi di battaglia. Rimase in uso solo in Oriente e in alcune nazioni
arretrate d’Europa, retaggio di un passato che sarebbe tornato in auge solo
grazie agli scudi balistici, alla fine dell’
Ottocento e con gli scudi antisommossa a partire dal secolo scorso.
Ottocento e con gli scudi antisommossa a partire dal secolo scorso.
Articolo in gran parte
di Nicola Zotti, esperto in arte militare pubblicato su Medioevo misterioso
extra n. 7 altri testi e foto da wikipedia.
Nessun commento:
Posta un commento