domenica 1 luglio 2018

La fuga dei diecimila.

La fuga dei diecimila.
Non era un generale, eppure Senofonte guidò 10.000 mercenari greci e lo raccontò in un librò cult.

Partì per l’Asia in cerca di avventura e si ritrovò a guidare un’armata allo sbando per migliaia di chilometri, raccontando tutto in un‘opera avvincente come un romanzo di guerra: l’Anabasi (marcia verso l’interno). Il suo nome fino a quel momento destinato a rimanere ai margini della Storia era Senofonte. Ed ecco come, 2400 anni fa, diventò un eroe e, allo stesso tempo, uno dei più antichi scrittori autobiografici. 

FRATELLI COLTELLI. Tutto era iniziato da un sanguinoso conflitto familiare. Alla morte del Gran re di Persia Dario II (404 a.C.) si era scatenata una lotta fra i suoi figli Artaserse, il primogenito, e Ciro il Giovane. Intenzionato a spodestare il fratello, quest’ultimo aveva reclutato in grande esercito il cui nerbo era costituito da oltre 10.000 soldati greci, considerati guerrieri formidabili. Li guidava Clearco, un veterano spartano. “Questi mercenari provenivano da ogni contrada del mondo ellenico. La maggior parte era originaria del Peloponneso, alcuni arrivavano dalla Grecia Centrale e Settentrionale, altri da Creta e Sicilia”, spiega lo storico Robin Waterfield.
Con loro c’era Senofonte, trentenne ateniese di buona famiglia pronto a registrare quanto accadeva come un reporter ante literam. A suo dire, si era unito all’armata “né come generale, né come comandante e nemmeno come soldato semplice, ma su invito di uno dei comandati, Prosseno, con la promessa di farlo entrare nelle grazie di Ciro”.


Moneta raffigurate Artaserse


la marcia dei diecimila.
Il percorso dei Diecimila dell’Anabasi diSenofonte
DataEstate del 401 a.C.
LuogoCunassa, 70km a nord di Babilonia, sulle rive dell'Eufrate a poca distanza dall'odierna BaghdadIraq
EsitoVittoria tattica dei ribelli,
vittoria strategica dell'Impero Persiano
https://storiestoria.wordpress.com/tag/clearco/
https://it.wikipedia.org/wiki/Anabasi_(Senofonte)
Clearco di Sparta, figlio di Ranfia (in greco anticoΚλέαρχοςKléarchosSparta, metà del V secolo a.C. – Assiriaautunno 401 a.C.[1]) è stato un militare emercenario spartano, comandante dei Diecimila durante la prima parte della spedizione.

Battaglia di Cunassa di Adrien Guignet.
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Cunassa
La battaglia di Cunassa fu combattuta nel 401 a.C. tra Ciro e il suo fratello maggiore Arsace,[1] che aveva assunto il trono di Persia, col nome di Artaserse II nel 404 a

TRADITI. Nessuno dei Greci, a parte Clearco, conosceva il vero scopo della spedizione: Ciro disse di averli arruolati per una banale azione punitiva contro le riottose tribù dell’Anatolia. Quando scoprirono di dover fronteggiare le armate di Artaserse erano ormai lontanissimi da 
casa, e dopo qualche resistenza, capirono che era tardi per i ripensamenti: non rimaneva che sfidare la sorte e sperare in un ricco bottino.
Le illusioni greche si spensero presto: nel 401 a.C., nei pressi di Cunassa, a 90 chilometri da Babilonia, (odierno Iraq) Ciro morì, mentre il contingente ellenico rimase pressoché intatto. Intimoriti dalla pericolosità dei Greci, che si erano rifiutati di consegnare le armi, nei giorni successivi Artaserse e i suoi si finsero disposti a scortare gli uomini di Clearco fuori dai territori imperiali. Ma i piani del Gran re erano altri. I Persiani attirarono lo stato maggiore greco trucidandolo e prendendo prigionieri molti comandanti, compreso Clearco, in seguito giustiziato.



busto di Senofonte

CAMBI AL VERTICE. Il momento era disperato. 10.000 mercenari si ritrovarono in balia del nemico a tremila chilometri da casa. “Anche i barbari che avevano partecipato alla marcia di Ciro verso l’interno, li avevano traditi: erano rimasti soli. In pochi la sera riuscirono a mangiare (…) ognuno andò a riposare dove capitava, senza riuscire a dormire per il dolore e la nostalgia della patria”, racconta Senofonte. Fu a quel punto che il giovane ateniese, sconosciuto ai più, prese in mano la situazione. Scosso, scriverà poi, da un sogno premonitore, tirò giù dal letto gli ufficiali rimasti, fece convocare un’assemblea e con un brillante discorso convinse i compagni a non darsi per vinti. Con un scatto d’orgoglio i soldati elessero nuovi capi tra i quali lo stesso Senofonte, che comandò la retroguardia insieme a un certo Timasione. Bisognava mettersi in marcia e sfuggire ai Persiani, abbandonando carri e pesi inutili


moneta di Tassaferme. 
Tissaferne (in persiano antico Čiθrafarnah; in greco anticoΤισσαφέρνηςTissaphérnēs445 a.C. – Colossi395 a.C.) è stato un militare e politico persianosatrapo di Lidia e Caria dal 413 a.C. alla sua morte.
MARCIA INDIETRO. La partenza non fu delle migliori e i nemici incalzavano. Provocata dalle truppe del satrapo Tissaferme, la retroguardia si fece trovare impreparata; Senofonte rimediò formando reparti di cavalieri e frombolieri tenendo a bada gli avversari. Le sue astuzie, come quella di occupare alcune colline, si rivelarono decisive per sorprendere i Persiani, che li braccavano evitando lo scontro aperto. Ma il peggio doveva ancora venire. Giunti a Gazarta, al confine tra Siria, Turchia e Iraq, i diecimila avevano una sola possibilità per raggiungere il mar Nero: avanzare verso il Nord tra montagne impervie, “Nel frattempo Tissaferne aveva smesso di inseguirli, certo che i rigori dell’inverno e le aggressività delle tribù li avrebbero fatti a pezzi” aggiunge Waterfiel. All’armata toccò avanzare lungo il Tigri attraverso le terre dei Carduchi, un popolo che nemmeno il Gran Re aveva mai piegato. Bersagliati da frecce sassi i mercenari prevalsero, anche se non mancarono tensioni tra lo spartano Chirisofo, che comandava la retroguardia, e lo stesso Senofonte. Per sopravvivere i Greci razziarono villaggi, abbandonarono alle intemperie i prigionieri più deboli e sgozzarono uno degli uomini catturati per ottenere informazioni sull’itinerario. Percorrendo un sentiero alternativo aggirarono quindi i Carduchi arrivando sulle rive del fiume Centrife, pronti a entrare in Armenia. Si accorsero però di averli ancora alle calcagna, mentre altri sbarravano la strada sull’altra sponda. Solo con una manovra diversiva architettata dallo stesso Senofonte riuscirono a guadare il fiume e a sfuggire alla morsa nemica.

IL MARE! Le peripezie non erano finite: in Armenia i 10.000 sventrarono il tradimento del satrapo della regione, Tiribazo, e il freddo glaciale fece cadere gli uomini come mosche. Nel suo racconto Senofonte non risparmiò dettagli crudi, come il suicidio collettivo del popolo dei Taochi che, al passaggio dell’orda greca “scagliarono i loro bambini dalla rocca gettandosi essi stessi subito dopo”. Arrivati ai piedi della cittadella di Gimnia, (ora Bayburt nel nord est della Turchia). Lì la reazione dei soldati fu incontenibile, tanto che all’inizio la retroguardia di Senofonte pensò a un ennesimo attacco, poi le grida si fecero più chiare: “Il mare, il mare! La voce rimbalzava di bocca in bocca. Allora anche tutta la retroguardia si mise a correre (…). Quando furono tutti sulla cima cominciarono ad abbracciarsi, anche i generali e i comandanti piangendo”, scrive il nuovo eroe. Era passato più di un anno dalla partenza al seguito di Ciro, e contro ogni pronostico l’armata era salva. Dalle rive del Mar Nero, avrebbe potuto raggiungere Trapezunte (Trebisonda, in Turchia) e gli insediamenti ellenici sulla costa. Quando si contarono, i mercenari rimasti erano in 8.600. Passato il peggio, l’esercito si sfaldò, dilaniato dalle rivalità. “ormai la coesione interna non era più indispensabile”, racconta Waterfield. Lo stesso Senofonte dovette rispondere a violente accuse mossegli da altri comandanti. Accarezzò l’idea di fondare una colonia e stabilirsi in Asia, ma si rassegnò a tornare in Grecia, dove fu coinvolto nelle lotte tra potere, schierandosi con Sparta contro la sua città natale. Prima di spegnersi in tarda età si dedicò alla scrittura, consegnando ai posteri l’incredibile avventura, forse un po’ romanzata, di un giovane ateniese che aveva condotto 10mila uomini verso la salvezza.

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Fidippide, l’eroe di Maratona




statua di Filippide a Maratona.
Nel settembre del 1490 a.C. l’esercito ateniese sconfisse sulla piana di Maratona l’armata persiana di Dario I, e subito inviò in città un messaggero di nome Fidippide per dare la notizia. Il giovane, si narra, coprì di corsa la distanza tra Maratona e Atene (circa 42 km), ma appena annunciata la vittoria stramazzò al suolo e morì di fatica, divenendo un eroe. Non è detto però che sia andata davvero così.
Mito o realta? il primo a fare il nome di Fidippide fu lo stesso Erodoto (V secolo a.C.). il quale parla però di un messaggero inviato da Atene a Sparta prima dello scontro, percorrendo in un giorno 225 k al fine di chiudere aiuto agli stessi Spartani. A suo dire, dopo Maratona, fu l’intero esercito greco a raggiungere Atene (sventando un tentativo persiano di prendere di sorpresa la città). Forse confondendo i due fatti, gli storici successivi elaborarono la variante a noi nota dell’episodio, chiamando il personaggio in questione dapprima Eucle o Tersippo e poi, dal II secolo a.C. Fidippide (in alcune fonti Filippide). Per molti studiosi non è nemmeno esistito ma il suo nome è ancora oggi sinonimo di eroismo. 

Testo di Massimo Manzo pubblicato su Focus Storia n. 138 immagini e altri testi scaricate da Wikipedia. 


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