I fratelli Lumière: dal
movimento al colore.
cinematografica e dell’autocromia.
I fratelli Auguste Marie Louis Nicolas Lumière (Besançon, 19 ottobre 1862 – Lione, 10 aprile 1954) e Louis Jean Lumière (Besançon, 5 ottobre 1864 – Bandol, 6 giugno 1948) sono stati due imprenditori francesi, inventori del proiettore cinematografico e tra i primi cineasti della storia.
La cinematografia, nella sua storia, ha attraversato diverse fasi e periodi, che l'hanno portata dai primi rudimentali "esperimenti" dei fratelli Lumière ai moderni film digitali, ricchi di effetti speciali realizzati principalmente con la grafica computerizzata.
L’invenzione
che cambiò la storia.
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1870. La famiglia
Lumière giunge a Lione in fuga dai prussiani. Antoine, il padre, apre un
laboratorio di fotografia in città.
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1881. Louis Lumiére scopre la fotografia istantanea. I Lumière
fondano la più grande fabbrica di lastre fotografiche al mondo.
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1895. I fratelli Lumière inventano il cinematografo e realizzano la
prima proiezione pubblica al Grand Café di Parigi.
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1903. I Lumière brevettano la fotografia a colori, chiamata
“autocromia”. A partire dal 1907
commercializzano le
lastre.
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Cinematografo
inventato dai Lumiére
La famiglia Lumière aveva un
cognome premonitore. Infatti, la luce sotto ogni sua forma, fu protagonista di
tutte le loro invenzioni. Eppure la storia dei Lumière cominciò in una Francia
oscurata dall’invasione prussiana del 1870, all’umiliazione della sconfitta
si unì la sanguinosa rivoluzione della Comune di Parigi. Per sfuggire ai
pericoli, la coppia formata da Anoine Lumiére e Jeanne-Joséphine Costille
decise di trasferirsi. Abbandonò Parigi, per insediarsi nell’entroterra a
Lione. È qui che ebbe inizio la loro dinastia di imprenditori borghesi,
archetipo sociale di una élite la cui gioia di vivere sarebbe culminata nella
Belle Epoque.
Il padre, Antoine, era ritrattista con un grande senso
degli affari. Dopo essersi stabilito a Lione, aprì uno studio fotografico nel
centro della città, dove conquistò una clientela eterogenea. Attirò la
borghesia facoltosa di piazza Bellecour con l’esposizione dei suoi ritratti in
vetrina. E sedusse i cittadini del quartiere popolare della Guillotière
offrendo fotografie di piccolo taglio, formato tessera, che vendeva al prezzo
di un franco la dozzina. Al centro della vetrina spiccava un autoritratto in
cui era appoggiato alla macchine e all’attrezzatura fotografica.
I figli Auguste e Louis impararono a leggere con incomparabili
titoli della letteratura infantile e con i viaggi straordinari di Jules Verne.
Nel 1877 furono scritti alla scuola tecnica La Martinière dove,
mediante una ferrea disciplina, venivano educati i futuri imprenditori.
Mentre Auguste mostrava interesse per la medicina e la
biologia, Louis conciliava lo studio della fisica e della chimica con la
passione per il piano, prendendo lezione al conservatorio.
Tale formazione li dotò di
pacata saggezza e di rigore scientifico.
Giovani con vocazione scientifica.
Antoine Lumière volle
che i suoi figli studiassero al liceo tecnico
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CATTURARE L’ISTANTE. Nel 1881, ad appena diciassette anni, Louis aveva
già fatto qualche prova per fermare il movimento nelle foto: il fumo di un
fuoco di stoppie in giardino, il fratello che lanciava un cubo d’acqua, che
saltava su una sedia o che allontanava con un bastone il cane di famiglia.
Aveva appena inventato l’istantanea, che, come aveva fatto i pittori
impressionisti più di un decennio prima, catturava l’istante e la sua luce
fugace. Questa scoperta fu divulgata sulla rivista della Società francese di
fotografia e suscitò profonda ammirazione tra i colleghi di mezzo mondo.
Poco
dopo il patriarca della famiglia comprò un terreno nel quartiere di Monplaisir,
situato in periferia: ciò avrebbe potuto consentire la manipolazione dei
prodotti chimici senza corre il rischio di causare danni alle persone.
In soli dieci anni i fratelli Lumière costruirono il più
grande laboratorio di fotografia d’Europa e crearono una propria marca di
lastre fotografiche, che ricevette il nome di”Etichetta azzurra” per il colore
della scatola. La vendita massiva dei prodotti li rese rapidamente ricchi e
permise ai fratelli di dedicarsi alla ricerca. Nel 1883, mentre ampliavano gli
affari, i Lumière bandirono un concorso pubblico per assumere ricercatori nei
loro laboratori. Nonostante si fossero presentati universitari e laureati, i
Lumière preferirono dare lavoro ai tecnici formatisi nel liceo La Martinière. La
creazione della società “Antoine Lumière & figli” portò cambi sostanziali
nelle loro vite. Dal vecchio studio sulle sponde del Rodano si trasferirono in
una villa modernista soprannominata Château Lumière. Grazie al patrimonio
acquisito, la famiglia si affermò nell’alta società locale. Ma non tutti i
Lumière reagirono allo stesso modo alla nuova ricchezza: mentre il padre patì
la febbre del mattone, ovvero si fece costruire molte case, i figli si
mantennero fedeli ai valori della filantropia e alla fede del progresso. Con la
proliferazione degli espedienti ottici, gli spettacoli audiovisivi divennero
moda e furono registrati brevetti di ricercatori come Louis Le Prince e Thomas
Edison, con l’evidente accelerazione degli studi sul cinema. E ancora una volta
Louis Lumière scoprì la soluzione: il cinematografo. L’apparecchio consisteva
in una scatola di legno con un obiettivo a pellicola perforata di 35 mm . Quest’ultimo ruotava
grazie a unna manovella e scattava le fotografie istantanee che componevano la
sequenza (che non durava più di un minuto), per poi proiettare il film sullo
schermo. Dall’inizio del 1894 i fratelli Lumière cominciarono a sperimentare le
riprese con una nuova macchina che, installata davanti l’ingresso principale
della fabbrica, cercava di ritrarre suon di manovella la fine della giornata
lavorativa. Realizzarono tre versioni del film l’uscita dalle officine Lumière
prima di proiettarlo finalmente, insieme ad altri film, nella seduta pubblica
che si celebrò il 28 dicembre 1895 nel famoso Salon Indien del Gran Café di
Parigi.
Spettacoli per tutti tipi di pubblico.
Nella Parigi della Belle Epoque, il manifesto era il
vicolo pubblicitario per eccellenza. Il cartellone, attaccato ai muri o nei
chioschi, promuoveva le qualità di un prodotto commerciale. I Lumière
incaricarono il litografo Henri Brispot di creare un’immagine che
rappresentasse il cinematografo. Il suo manifesto fu tutt’altro che
innocente. Alla porta di una sala si accalcano cittadini di diverse classi
sociali ed età; c’è anche un prete, e la fila è protetta dalla polizia. Si trasmettevano
così tre messaggi: il cinema si rivolgeva ad un pubblico eterogeneo, non
nuoceva al buon costume e il biglietto costava poco.
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ALLA RICERCA DEL COLORE. Dopo il successo di pubblico, i Lumière incaricarono
l’ingegnere Jules Carpentier di costruire un gran numero di macchine da presa,
individuarono degli agenti nelle principali capitali europee e americane, e
formarono giovani operatori disposti a viaggiare nei cinque continenti per
girare scene di vita locale. La selezione del personale fu semplice ed
economica: fecero colloqui ai neolaureati delle facoltà e scuole tecniche di
Lione e gli impartirono un corso accelerato di ripresa e proiezione. Al
contempo gli fornirono un’attrezzatura tecnica e le credenziali necessarie per
realizzare il lavoro in tutto il mondo.
Così approdò nell’azienda uno studente di farmacia di nome Gabriel Veyre,
che presto salpò per l’America Latina. Invece il militare veterano Felix
Mesguich fu incaricato di aprire una succursale negli Stati Uniti: il capo
meccanico Charles Moisson seguì in Russia l’incoronazione dello zar, mentre un
vecchio allievo della Martinière Alexandre Promio, fu autorizzato dalla
reggente di Spagna, donna Maria Cristina, a filmare alcune scende della guardia
e dell’armata reale. Un’intera squadra che, nella diaspora pianificata dagli
uffici della fabbrica Lumière, avrebbe contribuito a un’inedita globalizzazione
delle immagini.
Nel
frattempo, oltre ad amministrare gli affari aziendali, i fratelli Lumière
proseguivano con le ricerche per ottenere la fotografica a colori con una sola
lastra, un solo clichè . tali studi andavano dalla tecnica del colore a mano
utilizzata dai giapponesi nelle stampe, come quelle che collezionava Claude
Monet, alle lastre in vetro traslucido che si potevano proiettare sullo
schermo. In effetti, nelle fabbriche di Monplaisir scoprirono un procedimento
battezzato tricromia che i cameraman dell’azienda presentavano come prova
fotografica a colori dopo le sessioni di cinema. La pittura, la fotografia e il
cinema condividevano lo stesso linguaggio: tutti riflettevano i cambiamenti
della natura, inquadravano l’attimo catturato e coglievano la fugace luce del
paesaggio. Mancava soltanto che condividessero uno sguardo a colori. La lastra
autocroma dei Lumière, brevettata nel 1903 e commercializzata nel 1907 stupì gli specialisti per a sua estrema sensibilità e
fu l’unicostrumento a colori fino al 1935. L’autocroma entusiasmò i critichi
per le stesse ragioni per cui l’istantenea e la celluloide avevano ammaliato i
predecessori: riproduceva la realtà e vinceva sulla morte. Ne è una prova il
fatto che politici e milionari iniziarono a farsi ritrarre a colori con la
speranza di passare alla posterità . Ciononostante presto sarebbe arrivata la Grande guerra, e con essa,
la realtà sarebbe tornata al bianco e nero.
Il prodotto caratteristico del cinematografo
Lumière sono le cosiddette "vedute animate", ovvero scenette
realistiche prese dal vero della durata di circa cinquanta secondi (la durata
di un caricatore di pellicola). L'interesse dello spettatore era tutto nel
guardare il movimento in sé e nello scoprire luoghi lontani, non tanto nel
veder rappresentate vere e proprie vicende.
Le inquadrature sono fisse e
non esiste, se non in casi eccezionali, il montaggio;
sono caratterizzate da un'estrema profondità di campo (si pensi all'Arrivo di un treno alla
stazione di La Ciotat, dove il treno è a fuoco sia quando si
trova lontano sullo sfondo sia quando arriva in primo piano) e da personaggi
che entrano ed escono all'inquadratura, in una molteplicità di centri di attenzione
(si pensi all'Uscita dalle officine Lumière). La
centratura dell'immagine era infatti valutata approssimativamente, perché la
macchina da ripresa Lumière non era dotata di mirino.
Targa
commemorativa del film apposta nel 1942 nella stazione ferroviaria di La Ciotat
L'operatore non è invisibile, anzi spesso
dialoga con i personaggi (L'arrivo
dei fotografi al congresso di Lione), e le persone ritratte
erano invitate a riguardarsi alla proiezione pubblica
("auto-rappresentazione"). Questa caratteristica venne poi
considerata come un difetto della registrazione nel cinema successivo, venendo
poi rivalutata solo in epoca contemporanea.
Solo in secondo momento nacquero le riprese in
movimento (effettuate da treni in partenza o imbarcazioni) e, circa un decennio
dopo i primi esperimenti, i Lumière iniziarono a produrre film veri e propri
composti da più "quadri" messi in serie, però proiettati
separatamente, come le Passioni
di Cristo. Figura fondamentale nelle rappresentazioni restava l'imbonitore
che, come i tempi della lanterna magica, istruiva, spiegava e
intratteneva il pubblico commentando le immagini, che ancora non erano
intelligibili autonomamente.
Riassumendo in breve, le caratteristiche delle
vedute Lumière erano:
·
Inquadratura unica (assenza di montaggio; anche le storie più
articolate, come le Passioni
di Cristo, erano proiettate in spezzoni separati)
·
Profondità di campo (la messa a fuoco contemporanea di
figure vicine e lontane)
·
Molteplici centri di attenzione in ciascuna inquadratura e
movimento "centrifugo" dei personaggi (che entrano ed escono
dall'inquadratura)
·
Tracce dell'operatore nei film (non si nasconde che si sta
facendo una ripresa: le persone sono consapevoli di essere riprese, guardano in
macchina, si mettono in posa, salutano)
·
Presenza dell'imbonitore alle proiezioni che spiegava le scene e
narrava la storia (spesso era lo stesso addetto alla proiezione), quindi
spettacolo incomprensibile da solo.
Filmografia parziale[modifica | modifica
wikitesto]
·
28 dicembre 1895,
prima proiezione cinematografica pubblica al Grand Café del Boulevard des
Capucines di Parigi[2]
·
1895 - La corsa nei sacchi (Le cours en sacs)[3]
·
1895 - Trasformazioni
con cappelli (Chapeaux
à transformations)
·
1895 - Una partita a carte (La partie de cartes)
·
1896 - Demolizione di un
muro (Demolition
d'un mur)
·
1896 - L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (L'Arrivée d'un train en gare de La Ciotat )
·
1896 - Passeggiata degli struzzi ai
giardini botanici di Parigi (Promenade
des autruches aux jardins botanique de Paris)
·
1896 - Battaglia
con le palle di neve (Battaile
aux boules de neige)
·
1897 - Débarquement
d'une mouche regia
di Georges Hatot
·
1897 - Le ultime cartucce (Les derniers cartuches)
·
1897 - Bambini (Enfantes)
·
1897 - Mort de Marat
·
1897 - Le
rémouleur et l'assiette au noir co-regia di Georges Hatot
·
1897 - Pierrot et le fantôme regia di Georges Hatot
·
1897 - La nourrice et le soldat amoureux regia di Georges Hatot
·
1897 - La mort de
Robespierre regia
di Georges Hatot
·
1897 - L'Assassinat
du duc de Guise regia
di Georges Hatot
·
1897 - Jean qui
pleure et Jean qui rit co-regia
di Georges Hatot
·
1897 - Assassinat de Kleber regia di Georges Hatot
·
1898 - La Vie et la Passion de Jésus-Christ conosciuto anche come (La passion), co-regia di Georges Hatot[4]
·
1898 - Exécution de
Jeanne d'Arc regia
di Georges Hatot
·
1900 - Corrida Spagnola (Spanish Bullfight)
·
1900 - La Tour Eiffel (Le Tour Eiffel)
·
1900 - Danza spagnola (Danses espagnoles)
·
1902 - La famiglia Dam e il loro cane (Famille Dam et leur chien)
·
1905 - La breve corsa del poliziotto (La petit course du policier)
Di numerosi cortometraggi esistono più
versioni.
Articolo
in gran parte di Pedro Garcia Martin pubblicato su Storica National Geografic del maggio 2018 altri
testi e immagini da Wikipedia.
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