L’avventura delle
suffragiste.
VOTO ALLE DONNE.
Tra il XIX e il XX secolo, le
donne britanniche lottarono per il diritto di voto, che fu riconosciuto in
parità di condizioni con gli uomini solo nel 1928. La protesta sfociò con
sabotaggi e scioperi della fame, e molte suffragiste dovettero affrontare il
carcere.
Numero commemorativo del quotidiano the Suffragette dedicato a Emily Davison, edito da Christabel Pankhurst il 13 giugno 1913.
Venerdì 3 agosto 1832 il
parlamento britannico discusse la petizione di una certa Mary Smith di
Stanmore. Poiché pagava le tasse ed era soggetta alle stesse leggi degli
uomini, la donna riteneva di avere anche lo stesso diritto a eleggere i suoi
rappresentanti e ad avere voce in capitolo nella promulgazione delle leggi. Sir
Frederick Trench non poteva credere alle proprie orecchie. Il deputato fece
notare che le giurie miste avrebbero avuto delle conseguenze molto
sconvenienti, come costringere uomini e donne, a trascorrere la notte nella
stessa stanza a deliberare.
Finì così il primo dibattito sul
voto femminile nella storia della Gran Bretagna. Il movimento suffragista era
agli inizi e aveva ancora pochi sostenitori. Alle donne non erano riconosciuti
gli stessi diritti civili e politici di cui godevano gli uomini ed erano
soggette anche ad altre importanti restrizioni. Chi era sposata non poteva
possedere proprietà né dettare testamento o avere la custodia dei figli. Le
nubili e le vedove avevano qualche libertà in più, ma anche loro erano escluse
dalle professioni in ambito medico e legale, e dagli incarichi amministrativi.
E naturalmente non potevano votare. Per
la mentalità dell’epoca la subordinazione femminile era una parte fondamentale
dell’ordine sociale. Considerati più dotati dal punto di vista fisico e
intellettuale, gli uomini dovevano incaricarsi della sfera pubblica, mentre le
donne erano relegate all’ambito privato sotto la tutela maschile. Una buona
parte dell’universo femminile aveva orma fatto sua questa visione e la
trasmetteva di madre in figlia. Di proteste non c’era in pratica traccia. Nel
1825 gli attivisti William Thomposon e Anna Wheeler scrivevano: “Voi donne, che siete le più oppresse e
umiliate, quando vi renderete conto della vostra condizione? Quando vi
organizzerete per protestare e chiedere giustizia?”. Ma neanche chi
denunciava l’iniquità della situazione arrivava a rivendicare il diritto di
voto. Nei regimi parlamentari dell’inizio del XIX secolo questo diritto era
riconosciuto solo a una minoranza: in Gran Bretagna era limitato al 20% degli
uomini. Unicamente i circoli più radicali si battevano per il suffragio
universale maschile. La concezione dominante era che la responsabilità di
eleggere i propri governanti ricadeva esclusivamente su pochi uomini ben
istruiti e abituati ad amministrare le loro proprietà. Questa ridotta minoranza
avrebbe saputo prendere le decisioni migliori per il resto degli uomini e
ovviamente anche per le donne,considerate eterne minorenni.
Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).
Emmeline Pankhurst (née Goulden; 15 July 1858 – 14 June 1928) was a British political activist and leader of the Britishsuffragette movement who helped women win the right to vote. In 1999 Time named Pankhurst as one of the 100 Most Important People of the 20th Century, stating "she shaped an idea of women for our time; she shook society into a new pattern from which there could be no going back".[1] She was widely criticised for her militant tactics, and historians disagree about their effectiveness, but her work is recognised as a crucial element in achieving women's suffrage in the United Kingdom.[2][3]
INIZIA LA LOTTA.
Ma l’Inghilterra e il resto del mondo
stavano entrando in un’epoca di profondi mutamenti economici, politici e
sociali, che ben presto avrebbero avuto ripercussioni sulla condizione delle donne.
Se nel 1830 le femministe erano poche e mal coordinate, trent’anni dopo il
movimento aveva acquisito forza e si era dato un obiettivo centrale: il
riconoscimento del diritto di voto. Solo quando le donne avessero partecipato
alle elezioni dei propri rappresentanti, e quindi alle elaborazioni delle
leggi, avrebbero potuto derogare alle norme che ne facevano delle cittadine di
seconda classe. L’aumento dell’iscrizione accrebbe il pubblico degli elettori e
la diffusione dei libri e giornali. Gli ideali femministi iniziarono a
circolare maggiormente e a trovare sempre più sostenitori. Negli anni sessanta
dell’ottocento si moltiplicarono le associazioni a favore del voto femminile.
Come si chiedeva il filosofo John Stuart Mill: perché in un paese governato dalla
regina Vittoria, che aveva dimostrato le sue grandi doti di governante, non si
riconoscevano alle donne gli stessi diritti degli uomini?
Le prime organizzazioni videro
un’opportunità unica di raggiungere i propri obiettivi nella nuova legge
elettorale del 1867, che
estendeva il diritto di voto a un terzo degli uomini adulti. Dato che il testo
della normativa utilizzava il termine men (uomini) anziché males (maschi), si
poteva interpretare che la legge si riferisse a entrambi i sessi. Le
suffragiste incoraggiarono quindi le donne a partecipare alle elezioni: una
certa Lix Maxwell fu inserita grazie a un errore nel censo del suo collegio
elettorale e andò a votare per un candidato favorevole al suffragio femminile.
Per evitare pericolosi precedenti, qualche mese dopo fu chiarito che la legge
non si riferiva in nessun caso alle donne.
La famiglia reale e il voto femminile.
“Lasciate che le donne siano ciò che Dio ha voluto: una
buona compagnia per l’uomo, ma con doveri e vocazioni totalmente diversi”, scriveva la regina Vittoria
d’Inghilterra nel 1870.
La donna che guidò
|
Le suffragiste persero la
battaglia, ma la loro causa guadagnò visibilità. I sostenitori del fronte
contrario argomentavano preoccupati che le donne erano già rappresentante a
sufficienza dai mariti: concedere il suffragio femminile era come dare un
doppio voto agli uomini sposati, che avevano grande influenza sulle rispettive
mogli. Se poi i coniugi non condividevano le stesse idee politiche, il voto
femminile avrebbe seminato discordia nelle famiglie, aggiungevano. Ma la vera
preoccupazione era che questo cambiamento fosse solo l’inizio: se le donne
avessero potuto votare, poi avrebbero voluto anche entrare in parlamento e
partecipare al governo. E questo, assicuravano, avrebbe pregiudicato non solo
gli interessi della nazione ma anche la loro stessa salute, inadatta a
sopportare i ritmi intensi della politica.
I
suffragisti, compagni di lotta.
Tra i sostenitori del suffragio femminile ci furono vari uomini che
parteciparono ai raduni e alle manifestazioni del movimento, e in alcuni casi
anche alle campagne più radicali della WSUP. Molti membri dei partiti
liberale e laburista si presentarono alle elezioni con un programma a favore
del suffragio. Alcuni di loro, come George Lansbury, si dimisero dal
parlamento in appoggio alla causa. Tutti furono ridicolizzati e bollati come
isterici. Coloro che si unirono agli scioperi della fame furono vessati con
alimentazione forzata. Il sostegno maschile servì a dimostrare che il
suffragio femminile non era solo la causa di una minoranza attiva, bensì una
questione che riguardava la società nel suo insieme.
|
Gli antisuffragisti erano la
maggioranza, ma la causa del voto delle donne continuava ad attirare
sostenitori. Nel 1869 ci fu una svolta importante negli Stati Uniti: il Wyoming
approvò il suffragio femminile. Nel frattempo la Gran Bretagna concesse alle
donne di partecipare alle elezioni delle giunte distrettuali per l’istruzione.
Nel 1894 il suffragio femminile si estese ai consigli locali e divenne sempre
più comune vedere le donne in coda davanti alle urne. Nel 1881 si registrò un nuovo
passo avanti: l’isola di Man (che è un dominio britannico), concesse il voto alle
nubili e vedove. Molte personalità di spicco guardavano con sempre maggior
simpatia alle organizzazioni suffragiste, ma non tutti erano disposti a
compromettere i propri obiettivi politici per difendere la causa delle donne.
Coscienti della necessità di coordinarsi al meglio per aumentare la pressione e
ottenere nuovi appoggi, nel 1897
varie organizzazioni suffragiste diedero vita all’Unione nazionale delle
società per il suffragio femminile (NUWSS, dalle iniziali in inglese), grazie
agli sforzi di colei che ne fu a lungo presidente, Millicent Garrett Fawcett.
Le affiliate svolgevano principalmente un lavoro di lobby sui rappresentanti politici
e organizzavano manifestazioni. Per quanto oggi possa sembrare strano, per le
donne dell’epoca parlare in pubblico era ancora un tabù. Margaret Nevinson,
suffragista convinta, considerava i comizi come qualcosa di volgare e violento.
Le donne erano state educate alla discrezione e trovarsi in primo piano le
metteva a disagio. Anche una parte del pubblico disapprovava certi
comportamenti: non di rado le oratrici erano accolte con una pioggia di
insulti, lanci di oggetti e tentativi di percosse. La suffragista Charlotte Despard continuò il
suo intervento in un comizio nonostante fosse stata colpita in pieno volto da
un uovo. Molte suffragiste erano oggetto di commenti volgari, perché erano
equiparate a delle prostitute, e spesso la polizia doveva proteggerle dalla
furia della folla. Per le donne non era facile partecipare agli incontri
pubblici nemmeno come spettatrici. Quando il padre di Esther Knowles venne a
sapere che la figlia era andata a un raduno suffragista, si arrabbiò e picchiò
la moglie, colpevole di averle dato il permesso. Tuttavia le rivendicazioni
femministe si diffusero proprio grazie a manifestazioni di questo tipo, che
all’inizio del XX secolo non attraevano più solo pochi curiosi ed erano
diventate degli eventi di massa. Nel novecento le donne cominciarono a
prendersi sempre più spazio: iniziarono a essere ammesse nelle aule della
facoltà di medicina e partecipavano ormai in migliaia alle giunte distrettuali
per l’istruzione, che nel 1870 accoglievano solo poche decine di donne.
Lo
spettacolo deve continuare.
Consapevoli di quanto fosse importante l’attenzione dell’opinione
pubblica, le suffragettes utilizzarono tattiche sempre più spettacolari.
Muriel Matters lanciò su Londra migliaia di proclami suffragisti da un
dirigibile. Due suffragiste si fecero inviare per posta a Downing Street per
presentare una petizione al primo ministro. Marion Wallace Dunlop
s’introdusse nel parlamento e scrisse sulle mura di un corridoio un passo
della Carta dei diritti. Leonora Cohen distrusse la teca che conteneva i
gioielli della corona nella torre di Londra. Una di queste azioni si chiuse
tragicamente: nel 1913 Emily Wilding Davison morì durante il derby di Epsom,
travolta dal cavallo del re mentre cercava di attaccarvi una bandiera
suffragista.
|
Ritratto distintivo di Emmeline Pankhurst, c.1909 - Venduto in gran numero dal WSPU per raccogliere fondi - Museo di Londra
La Women's Social and Political Union (WSPU) è stata un'organizzazione militante per il suffragio alle donne nel Regno Unito, attiva dal 1903 al 1917. Le sue aderenti e le sue politiche erano controllate da Emmeline Pankhurst e dalle sue figlie Christabel Pankhurst e Sylvia Pankhurst. Fu nota per gli scioperi della fame, che introdussero la pratica dell'alimentazione forzata da parte della polizia carceraria, e per l'adozione di un metodo di lotta che prevedeva la violenza.
RIBELLI IN CARCERE. Nonostante i
passi in avanti, a molte suffragiste il voto continuava a sembrare lontano. Era
ciò che pensava Emmeline Pankhurst, la fondatrice dell’Unione Sociale e
politica delle donne (WSPU), nata nel 1903 da una scissione con il NUWSS per un
disaccordo sulle strategie di lotta. Emmeline, che aveva partecipato alla sua
prima assemblea per il diritto di voto a soli 14 anni, riteneva che per
raggiungere il suo scopo il movimento dovesse dotarsi di un’organizzazione di
tipo militare. Per questo motivo respinse regolarmente tutte le richieste di
democrazia interna ed espulse chiunque contestasse le sue decisioni. Persino la
figlia Sylvia dovette abbandonare la
WSPU a causa della collaborazione con il Partito laburista.
La leader era, infatti, impegnata a non cooperare con nessun partito politico
fino a che le donne non avessero ottenuto il diritto di voto. Inoltre gli
uomini erano esclusi dall’organizzazione. Le scelte di Pankhurst fecero sì che
l’Unione restasse di dimensioni ridotte: nel 1914 aveva solo cinquemila
affiliate, contro le cinquantamila della NUWSS guidata da Fawcett. La WSPU sviluppò delle forme di
attivismo che ebbero grande risonanza sulla stampa, come per esempio
interrompere i raduni dei partiti, cercare di entrare in parlamento,
presentarsi a casa dei membri del governo e incatenarsi davanti alle case dei
deputati. Queste azioni si concludevano spesso con l’arresto delle
protagoniste, che si rifiutarono di pagare la multa corrispondente e di
conseguenza finivano in carcere. All’uscita erano accolte come eroine e
ottenevano molta pubblicità. I loro sostenitori si moltiplicarono: nel 1908 una
grande manifestazione a Hyde Park radunò 250mila partecipanti. Persino il
giornale conservatore The Times dovette ammettere che era l’evento più
imponente degli ultimi 25 anni.
Le azioni delle suffragettes
divennero sempre più spettacolari e in qualche occasione sfociarono in
aggressioni: in segno di protesta contro il divieto di presentare petizioni al
re, un diritto invece riconosciuto ai sudditi maschi, alcune affiliate della
WSPU lanciarono pietre contro i vetri delle case di alcuni deputati. Per la NUWSS fu la goccia che fece
traboccare il vaso. Fawcett decise di rompere definitivamente con Pankurst,
ritenendo che le possibilità di successo non si basavano sul ricorso alla
violenza, ma “sulla crescente
consapevolezza che le nostre richieste
sono giuste e sensate”.
Millicent Fawcett
The National Union of Women's Suffrage Societies (NUWSS), also known as the suffragists (not to be confused with the suffragettes) was an organisation ofwomen's suffrage societies in the United Kingdom.
Holloway,
la macchia del governo Britannico.
La prima suffragista a intraprendere uno sciopero della fame fu
Marion Wallace Dunlop, una militante delle WSPU detenuta nel carcere di
Holloway che chiedeva le fosse riconosciuto lo status di prigioniera
politica. Era stata condannata a un mese di carcere aver affisso manifesti
propagandistici. A partire dal 5 luglio del 1909 digiunò per 91 ore, poi fu rilasciata perché in pericolo di vita. Molte militanti
seguirono l’esempio di Marion, che aveva preso questa decisione di sua
iniziativa. Per tutta risposta, nel settembre dello stesso anno il governo
introdusse l’alimentazione forzata sotto supervisione medica. Emmeline
Pankhurst, leader della WSPU detenuta nella stessa prigione, scrisse: “Holloway era diventata un luogo di orrore
e tormento; c’erano scene ripugnanti di violenza a ogni ora del giorno. I
medici andavano di cella in cella a svolgere il loro terribile compito. Non
dimenticherò mai quelle grida angoscianti, che mi risuonavano nelle
orecchie”.
|
Ci furono scissioni anche
all’interno della stessa WSPU: suffragiste storiche come Charlotte Despard
lasciarono l’organizzazione in aperto disaccordo sia con questo tipo di azioni
sia con il rifiuto di collaborare con altri partiti. I dissidi ebbero perfino
ripercussioni terminologiche: in Gran Bretagna le sostenitrici dell’area
radicale erano chiamate suffragettes, e quelle dell’ala moderata suffragists.
La reazione del governo non si fece attendere. Centinaia di suffragiste furono
incarcerate e sottoposto a un duro regime penitenziario. Molte cominciarono lo
sciopero della fame per chiedere lo status di prigioniere politiche e il
miglioramento delle condizioni carcerarie. Le autorità volevano evitare a ogni
costo che le detenute diventassero delle martiri della causa e si ritrovarono
così di fronte a un grande dilemma. La soluzione cui ricorsero fu
l’alimentazione forzata, (vedi riquadro sopra), un’operazione dolorosa e
pericolosa che non fece che accrescere le simpatie della popolazione verso le
suffragiste. La repressione delle proteste nelle strade s’inasprì. Nel novembre
del 1910 fu convocata una manifestazione per chiedere al parlamento di
riprendere il dibattito sulla concessione del voto alle nubili e alle vedove. A
dissolvere la protesta furono inviate squadre di poliziotti provenienti dai quartieri
bassi di Londra, che ricorsero a percosse aggressioni sessuali, con l’appoggio
di numerosi spettatori. Due manifestanti morirono a causa delle ferite
riportate, e la foto di una donna a terra in procinto di essere picchiata
suscitò grande clamore. La risposta ufficiale dell’autorità a quello che è
passato nella storia come il venerdì nero fu incolpare dell’accaduto le
suffragiste, che a loro volta reagirono invitando la gente a unirsi alla
protesta. Furono incendiati edifici e vagoni ferroviari, distrutte vetrine. Le
donne arrestate (in totale un centinaio) iniziarono lo sciopero della sete,
della fame e del sonno e il governo si vide costretto a liberarle. Tuttavia,
furono arrestate di nuovo alla prima occasione. Alla fine riuscirono a ottenere
una riforma legale che prevedeva un leggero miglioramento delle condizioni
penitenziarie delle attiviste.
SOLUZIONI RADICALI. Nel frattempo il
progetto di legge era arrivato al dibattito parlamentare. Vari ministri del
governo liberale vi si opposero, ritenendo che le categorie di donne cui era
indirizzato (nubili e vedove proprietari di beni) avrebbero votato in
maggioranza per i conservatori. E così la proposta che tante speranze aveva
suscitato fu bocciata nel 1912. Per Pankhurst era il segno che bisognava
passare alle maniere forti. Una minoranza riprese con maggior decisione la
campagna contro le proprietà. In qualche caso si arrivò a gettare bombe nelle
case vuote o a incendiarle. Il governo reagì continuando a incarcerare le
suffragettes. Per non dover ricorre alla pratica poco popolare
dell’alimentazione forzata, nel 1913 il parlamento approvò la cosiddetta legge
del gatto e del topo. La normativa prevedeva
di rilasciare le recluse troppo debilitate dal digiuno per poi
incarcerarle nuovamente una volta che si fossero riprese. Questa strategia fu
ben accolta da un’opinione pubblica che
disapprovava le bombe e i vetri rotti. Tali azioni avevano danneggiato
l’immagine del movimento e dato nuovi argomenti a chi sosteneva che le donne
fossero troppo emotive per votare. Sebbene gli attentati non fossero mai stati
diretti contro altre persone, il minimo errore avrebbe potuto avere conseguenze
fatali.
Difficile dire cosa sarebbe
successo se le cose fossero continuate così, perché lo scoppio della Grande
guerra interruppe l’attività della WSPU. Pankhurst abbracciò la causa
patriottica e si mise a disposizione del governo. La NUWSS continuò invece la sua
campagna. L’attività politica del gruppo e soprattutto il contributo delle
donne nelle retrovie durante la
Grande guerra convinsero il parlamento e la società che era
giunto il momento di concedere il suffragio femminile. Nel febbraio del 1918 fu
approvata la legge che riconosceva il voto alle donne di più do 30 anni e lo
estendeva a tutti gli uomini maggiori di 21. per le donne fu una vittoria
sicuramente importante, ma non completa. Le campagne proseguirono fino al
luglio del 1928, quando fu uguagliata l’età minima per votare: 21 anni sia per
gli uomini sia per le donne. Alla sessione decisiva del parlamento assistettero
anche le protagoniste, ormai anziani della lotta per il suffragio: Fawcett e
Despard avevano rispettivamente 81 e 84 anni. Pankhurst, invece, era morta solo
un mese prima. Fu proprio Charlotte Despard a dire in quell’occasione: “Non ho mai pensato che avrei visto
riconosciuto il voto alle donne. Ma quando un sogno si avvera, è il momento di
passare all’obiettivo seguente”.
La lunga
strada verso il voto.
Quasi 125 anni fa
Le elezioni in Gran Bretagna si
tennero il 14 dicembre, a un mese dalla firma dell’armistizio da parte della
Germania e dalla fine dei combattimenti in Europa. Per la prima volta
poterono votare le donne, anche se solo quelle maggiori di 30 anni, mentre il
voto maschile fu esteso ai maggiori di 21 anni.
|
1893: Il 19 settembre
|
1902: Le donne australiane ottengono il diritto di voto.
Australia e Nuova Zelanda erano domini britannici, ma avevano un’ampia
autonomia politica che favorì l’adozione di questa misura.
|
1906: Il primo giugno
|
1991: In Italia nasce il Comitato socialista per il suffragio
femminile intorno alla figura di Anna Kuliscioff. Russa naturalizzata
italiana, nel 1912 fonda la rivista La difesa delle lavoratrici. Altre prima
di lei si erano battute per il diritto di voto. Nel 1877 Anna Maria Mozzoni aveva presentato una
petizione al governo per il voto politico alle donne, la prima di una lunga
serie a essere bocciata.
|
1917: Dopo
|
1918: Per la prima volta le donne del Regno Unito possono votare.
Il suffragio è limitato alle maggiori di 30 anni con determinati requisiti di
proprietà- nel 1928 il suffragio femminile è esteso a tutte le donne maggiori
di 21 anni, alla stregua di quello maschile.
|
1919: Tra la fine dell’Impero Russo (1918) e la conquista
bolscevica del territorio, l’Azerbaigian diventa il primo Paese islamico a
divenire una repubblica parlamentare e a concedere il diritto di voto alle
donne.
|
1920: È ratificato il XIX emendamento alla costituzione degli
Stati Uniti, che sancisce il suffragio femminile. Fino a quel momento le
donne potevano votare solo negli stati che lo permettevano: il primo ad
autorizzare il voto femminile era stato il Wyoming nel 1869.
|
1929: L’Ecuador diventa il primo Paese dell’America Latina a
ratificare il suffragio femminile. In Argentina il diritto di voto alle donne
era stato riconosciuto dalla provincia di San Juan nel 1927 ma al livello nazionale fu
adottato solo nel 1947.
|
1931: In Spagna le corti approvano la nuova costrizione della
repubblica, che riconosce il diritto di voto delle donne. Le prime elezioni
politiche in cui le spagnole possono esercitare il diritto di voto sono
quelle del 19 novembre 1933; le ultime, fino alle elezioni post-franchiste
del 1977, saranno quelle del
1936.
|
1934: Nell’ambito della progressiva trasformazione e
occidentalizzazione del Paese,
|
1944: Alla fine dell’occupazione tedesca
|
1946: Le donne votano per la prima volta in Italia: a marzo sarà
la volta delle amministrative (mese nel quale si legalizza anche l’eleggibilità
delle donne) mentre il 2 giugno delle politiche (che coincidono con il
referendum monarchia-repubblica).
|
1947: Non appena ottenuta l’indipendenza
dalla Gran Bretagna, l’India riconosce nella sua costituzione il suffragio
femminile. Nel ventennio successivo molti Paesi asiatici e africani che
diventano indipendenti riconoscono il diritto di voto dalle donne.
|
1971: Le donne svizzere ottengono il
diritto di voto alle elezioni federali: tra il 1959 e il 1991 è riconosciuto
il suffragio femminile nelle elezioni locali dei vari cantoni.
|
1984: Il principato del Liechtenstein diventa l’ultimo Paese
europeo a ratificare il suffragio femminile, che sarà esercitato a partire
dalle elezioni politiche del 1986.
|
2015: Per la prima volta
dalla fondazione del regno (1932) le donne dell’Arabia Saudita possono votare
ed essere elette alle elezioni municipali.
|
Articolo in gran parte di Ainhoa
Campos Posada, storica pubblicato su Storica National Geografic del giugno
2019.
Nessun commento:
Posta un commento