vista della Mars sul fondale del Baltico.
A metà del XVI secolo il sovrano svedese Erik XIV era alle prese con la Guerra del nord dei sette anni. Il conflitto vedeva il suo Paese contrapposto a una coalizione formata dalla Danimarca e dalla città-stato Lubecca. Le tre potenze si contendevano il controllo delle rotte mercantili del mar Baltico dopo il declino della Lega anseatica, la federazione di città che durante il Medioevo aveva dominato la regione. Per affrontare la sfida da Erik XIV aveva fatto costruire quella che avrebbe dovuto esser l’arma risolutiva del conflitto: la Mars. Dedicata a Marte, il dio della guerra romano, era la nave usata a scopi belli più grande e moderna dell’epoca: quasi 60 metri di lunghezza – “dieci piedi in più della cattedrale di Lubecca” come scrisse un impressionato contemporaneo -. 1800 tonnellate di dislocamento e più di cento cannoni distribuiti su cinque piani rinforzati con legno di quercia svedese di primissima qualità. Non sorprende che fosse denominata Makalos “L’ineguagliabile”. Il suo equipaggio era composto da 350 marinai e da 450 soldati. Nel 1564, quando ne fu ultimata la costruzione, quest’imponente fortezza marina dotata di cannoni in bronzo di – dimensioni mai viste prima su un’imbarcazione – sembrava destinata a cambiare l’asseto delle future armate navali europee.
Erik XIV Vasa (Stoccolma, 13 dicembre 1533 – Örbyhus, 26 febbraio 1577) fu re di Svezia dal 1560 al 1568.
Erik era il figlio primogenito di Gustavo I di Svezia e della di lui prima moglie Caterina di Sassonia-Lauenburg (1513 – 1535). Egli fu anche regnante dell'Estonia dopo la sua conquista ad opera della Svezia nel 1561.
1564. il fiore all’occhiello della marina reale svedese affonda contutto l’equipaggio durante la batta di Oland.
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DECENNIO 1900. i fratelli Lundgren, sommozzatori professionisti, iniziano le ricerche della Mars nelle acque del Baltico.
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2011. Il 26 maggio i fratelli Lundgren localizzano i resti di un imponente relitto che risulta la mitica nave.
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2014. National Geographi realizza un documentario sul ritrovamento e lo studio del relitto della Mars.
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Nel 1564 vi fu una nuova battaglia navale fra le isole Öland e Gotland. La flotta dell'alleata danese Lubecca, al comando dell'ammiraglio Friedrich Knebel (†1574), arrembò la nave ammiraglia svedese Makelös ("Marte"), catturando l'ammiraglio Jakob Bagge ed il suo vice Arved Trolle. La Makelös affondò poco dopo l'arrembaggio a causa di un'esplosione dovuta al sovraccarico di armi a bordo.[1] Questo successo intermedio facilitò l'ottenimento di finanziamenti e l'armamento delle due parti in conflitto
UN INCENDIO FATALE. Il 30 maggio 1564, poco tempo dopo il varo della Mars, la flotta svedese e quella della coalizione tedesco-danese si scontrava nei pressi dell’isola di Oland. Durante il primo combattimentola Mars ebbe la meglio. Mantenendosi sopravento la nave riusciva a respingere facilmente qualsiasi tentativo di attacco degli avversari. Ma incomprensibilmente, dopo il tramonto la flotta svedese si disperse: all’alba del 31 maggio solo sei navi erano ancora schierate in formazione. Duramente provata dalle perdite del giorno prima, l’armata navale nemica decise di tentare il tutto per tutto assaltando la Mars. Per prima cosa fece fuoco sul timone, che mise fuori uso, poi bombardò la coperta con proiettili incendiari. Quindi trecento uomini si lanciarono all’arrembaggio dell’imbarcazione svedese. Mentre il ponte ardeva e i soldati si battevano in un sanguinoso corpo a corpo, un barile di polvere da sparo fu centrato da un colpo di cannone. L’esplosione conseguente scatenò una reazione a catena che distrusse completamente la prua della Mars. Al crepuscolo il fiore all’occhiello della marina svedese giaceva sui freddi e oscuri fondali del Baltico. Con essa venivano inghiottiti dal mare seicento membri dell’equipaggio e centinaia di soldati nemici. Riuscirono a salvarsi solo alcune decine di naufraghi, tra cui l’ammiraglio Jakob Bagge. In Svezia non tutti si stupirono della tragica fine della Mars: era una nave maledetta. Per costruire i suoi imponenti cannoni di bronzo il volubile e arrogante re Erik aveva fatto fondere le campane delle chiese locali. Agli occhi del popolo, questo era senza dubbio un grave sacrilegio. 450 anni più tardi la Mars sembrava vittima di un’altra maledizione, che ne impediva il ritrovamento. Nel 1998 i fratelli Richard e Ingemar Lundgren, sommozzatori professionisti e appassionati di archeologia marittima, hanno creato la Global Underwater Explorers, un’organizzazione che è riuscita a rinvenire vari relitti nel Baltico. Ma per lungo tempo la leggendaria Mars si è sotratta a ogni tentativo di ritrovamento.
UN INCENDIO FATALE. Il 30 maggio 1564, poco tempo dopo il varo della Mars, la flotta svedese e quella della coalizione tedesco-danese si scontrava nei pressi dell’isola di Oland. Durante il primo combattimento
L’orgoglio della Svezia.
Secondo l’archeologo subacqueo Johan Ronnby ai suoi tempi
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INIZIANO LE RICEERCHE. La svolta è arrivata la notte del 26 maggio 2011, quando i Lundgren erano a bordo della nave da ricerca Princess Alice, a 18 miglia (quasi 30 km ) dall’isola di Oland. Il sonar dell’imbarcazione ha iniziato a segnalare la presenza sul fondale marino, a 75 metri di profondità. Seguendo le indicazioni degli strumenti di bordo, alle 23,45 i due fratelli hanno individuato quello che sembrava lo scafo in legno di un grande vascello, adagiato sul lato di dritta e circondato da residui di travi. Sul ponte di comando della Princess Alice è esplosa l’euforia. Ma bisognava verificare che si trattasse proprio della storica nave svedese, visto che il fondale del Baltico è letteralmente cosparso di relitti. I fratelli Lundgren e Frederik Sszkogh si sono preparati a calarsi lungo i 75 metri che li separavano dalla nave. Erano attrezzati con costosi rebeather a circuito chiuso, delle apparecchiature per la respirazione che consentono immersioni estreme, anche se richiedono lunghe decompressioni a quattro gradi di temperatura. La visibilità era solo di due metri, ma lo stato di conservazione del relitto era ottimale: le caratteristiche dell’acqua del Baltico, infatti, possono preservare le navi per secoli. L’esplorazione ha permesso ai sommozzatori di verificare che la prua era andata distrutta e le assi di legno dello scafo presentavano segni dell’incendio divampato a bordo. Tra i resti della nave sono state ritrovate armi, stoviglie, oggetti personali e persino ossa umane. Sul fondale sabbioso era adagiato un cannone di bronzo. Avvicinatosi i sub hanno notato lo stemma del re Erik XIV. Era la conferma definitiva del fatto che si trattasse della Mars. Richard Lundgren ha lanciato un grido attraverso la maschera: “siamo atterrati su Marte!”.
Articolo in gran parte di Xabier Armendàriz pubblicato su Storica National Geografic di Aprile 2018, immagini da Wikipedia.
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