mercoledì 15 agosto 2018

I califfi Omayyadi

I califfi Omayyadi
La creazione dell’impero mussulmano
Dal 661 d.C. l’impero mussulmano fu governato da una dinastia imparentata con la famiglia di Maometto. Gli religiosa e di ambizioni assolutiste e dovettero affrontare continue rivolte prima di essere sconfitti nel 750 d.C.

La facciata della moschea, prospiciente la muṣallā
La Grande Moschea degli Omayyadi (in araboجامع بني أمية الكبير‎, Ğāmi' Banī 'Umayya al-Kabīr), è il principale edificio di culto di Damasco, in Siria. Rappresenta un notevole esempio dell'architettura islamica.
https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Moschea_degli_Omayyadi

La Cupola del Tesoro, del 786.

Nel 657 d.C., nella località siriana di Siffin, due grandi eserciti mussulmani si studiarono con grande pazienza. Erano guidati rispettivamente da Alì, il quarto califfo dell’Islam dopo la morte di Maometto, e dal governatore della Sira Mu’awiya, che  si era ribellato in seguito all’omicidio del precedente califfo e aveva così dato inizio alla Prima fitna (guerra civile) dell’Islam. Dopo 77 giorni di attesa, vari tentativi di negoziazione e qualche scaramuccia, a luglio Alì decise di attaccare. Vedendosi in difficoltà gli uomini di Mu’awiya appesero alcune pagine del Corano alle punte delle loro lance: un gesto cui chiedevano di porre fine a quella battaglia fra musulmani e proponevano di sottoporsi ad un arbitrato. L’interruzione del conflitto si sarebbe rivelata fatale per Alì, che da quel momento in poi perse gran parte dei suoi alleati e quattro anni più tardi fu assassinato. Dopo essersi assicurato l’Egitto, il suo rivale fu proclamato Califfo a Gerusalemme nel luglio del 660.
Mu’awiya proveniva da una famiglia di mercanti, gli Ommaydi, che apparteneva alla tribù dei Quraysh, la stessa di Maometto. Suo padre era stato un acerrimo nemico del profeta, e solo di fronte all’imminenza della sconfitta aveva accettato di negoziare con lui e di convertirsi insieme al figlio alla nuova religione. Chi aveva appoggiato Maometto fin dall’inizio dubitava della sincerità di quella conversione e temeva un ritorno al potere delle vecchie forze precedenti alla nascita dell’Islam.
Nonostante il sospetto con cui era visto, Mu’awiya sarebbe passato alla storia come un modello esemplare di capotribù arabo. In un’occasione dichiarò: “Non uso mai la voce se posso usare i soldi, né la frusta se posso usare la voce, né la spada se posso usare la frusta, ma se devo usare la spada, non esito a farlo”. Riteneva insomma che convincere i propri avversari con il denaro fosse più conveniente che fare la guerra, ma in caso di necessità era pronto a combattere.

First Fitna map.png

In verde l'area sotto il controllo del Califfato dei Rāshidūn (ʿAlī b. Abī Tālib), in rosso quella sotto il controllo di Muʿāwiya b. Abī Sufyān e in azzurro quella sotto il controllo di ʿAmr b. al-ʿĀṣconflitto ʿAlī-Muʿāwiya (656-661), altrimenti definibile Fitna dell'assassinio di ʿUthmān (in araboفتنة مقتل عثمان‎, Fitnat maqtal ʿUthmān), o Prima Fitna, costituì la prima guerra civile della storia islamica. Essa esplose quando il governatore della Siria, Muʿāwiya b. Abī Sufyān si ribellò all'autorità del califfo ʿAlī b. Abī Tālib rivendicando il suo diritto alla vendetta nei confronti degli uccisori del precedente califfo e suo parente, ʿUthmān b. ʿAffān, che ʿAlī aveva perseguito con poco vigore. Dietro tutto ciò si stagliava però la questione irrisolta di chi potesse legittimamente rivendicare la suprema carica di califfo della Umma islamica.[1] La disputa frantumò l'unità della Umma e creò una profonda spaccatura che resterà permanente e che sarà alla base della differente concezione dell'Islam degli Sciiti e dei Sunniti, oltre che dei Kharigiti.



Il potere degli Omayyadi.
660: L’omayyade Mu’awiya è nominato califfo dell’Islam dopo una guerra civile contro il quarto califfo Alì, che sarà assassinato nel 661.
680: Alla morte di Mu’awiya sale al trono il figlio Yazid. Scoppiano gli scontri fra gli omayyidi e i loro avversari.
711: Gli omayydi iniziano la conquista dell’Europa in al-Andalus. Saranno fermati solo nella battaglia di Poiters (732).
715-743: l’impero omayyade, con la sua amministrazione arabizzata e islamizzata, si estende dall’India alla penisola iberica.
744: si succedono tre califfi, generando un periodo di instabilità. Marwan II sale al trono ma scoppia una nuova guerra civile.
750: Marwan II muore in battaglia in Egitto. Diventa califfo al-Saffah, della nuova dinastia abbaside che regnerà fino al 1258.



LA COSTRUZIONE DI UN IMPERO. Quando Mu’awiya salì al potere, il califfato comprendeva l’Egitto e la Libia a ovest, e la Siria, la Mesopotamia e l’Iran a est. il nuovo sovrano e i suoi discendenti proseguirono l’opera di espansione, raggiungendo la penisola iberica e i confini dell’India. Ma, soprattutto, si dedicarono al compito di organizzare questo immenso territorio avvalendosi dell’esperienza degli imperi precedenti. Mu’awiya stabilì la sua corte a Damasco, che gli arabi avevano strappato all’impero bizantino nel 634, e sfruttò le strutture amministrative preesistenti, senza praticamente apportare innovazioni. I funzionari, l’organizzazione e la moneta rimasero quelli bizantini o dell’impero sassanide (che era stato abbattuto dalle forze mussulmane nel 651). Solo la Siria e la Mesopotamia rimasero sotto l’amministrazione diretta del califfo, mentre negli altri territori furono nominati dei governatori: gli emiri.
La gestione delle relazioni con le tribù era affidata ad appositi funzionari. Alle comunità non musulmane, che rappresentavano la maggioranza della popolazione del giovane impero islamico, fu concesso di conservare le proprie strutture. Queste svolgevano una funzione intermediaria con il potere omayyade, come nel caso dei rabbini e dei vescovi. Grazie alla notevole capacità nel gestire le tribù e le sue grandi abilità nel campo della politica tribale, Mu’awiya riuscì a garantire a suo figlio la successione al trono. si trattava di un fatto inedito: la tradizione in vigore fino ad allore prevedeva che il califfo fosse letto da un’assemblea di notabili. Con l’ascesa al potere di Yazid I nel 680, gli omayadi diedero vita alla prima dinastia della storia dell’Islam.

Il minareto di ʿĪsā, edificato da al-Walid I sui resti della prima moschea di Damasco, costruita da Muʿāwiya b. Abī Sufyān.
Muʿawiya ibn Abi Sufyan, in araboمعاوية بن أبي سفيان‎, Muʿāwiya ibn Abī Sufyān (La Mecca603 – Damasco18 aprile680), fu il primo califfo omayyade. Dopo la morte del califfo Ali ibn Abi Talib, regnò dalla capitale Damasco sul nascente impero arabo dal 661 al 680.


La donna che irrise il califfo.
A differenza dei suoi contemporanei il califfo Mu’awiya non aveva un grande harem. Preferiva i piaceri della tavola a quelli sessuali, al punto che molti ironizzarono sulla sua grassezza.  Tra loro ci fu anche una delle sue mogli, Maysun, una cristiana dell’importante tribù dei Kalb. Nota per la sua intelligenza e per la sua eloquenza, la madre del futuro califfo Yazid I compose un poema sulla virtù della vita beduina nel deserto, che diceva di preferire al lusso della vita di corte. Questi versi non avrebbero destato particolari attenzioni se non fosse stato per l’ultima frase: “Preferirei essere stuprata da uno dei miei magri cugini che da quell’asino obeso”. Si dice che dopo aver ascoltato questo verso Mu’awiya, accecato dall’umiliazione, ripudiò la moglie.  
Da Al-Andalus alla frontiera cinese.
Come i loro predecessori, i califfi omayyadi fondarono tutti i loro rapporti con le altre popolazione sul principio della Jihad, la guerra santa, che era alla base della loro espansione. A occidente sottomisero il Maghreb e conquistarono la penisola iberica, mentre a oriente occuparono l’Afghanistan e la regione del Sindh (nell’attuale Pakistan). Le loro bandiere sventolavano da al-Andalus (la Spagna musulmana) fino alla frontiera con la Cina. Ma sotto gli omayyidi gli eserciti arabi subirono anche le prime battute d’arresto dalla nascita dell’Islam. La supremazia navale di Bisanzio e la sconfitta del 732 contro i franchi frenarono la loro espansione in Europa, mentre in Asia centrale cazari e turchi si rivelarono una barriera insormontabile. Nel 750 gli omayyadi di Damasco cedettero il potere agli abbasidi, ma ormai l’islam era politicamente frammentato e la sua espansione si era interrotta.

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DISSIDENZE INTERNE. I primi a ribellarsi al potere omayyade furono i sostenitori di Alì, il califfo assassinato. Sotto la guida di Husain, figlio di Alì, si scontrarono con un distaccamento di Yazid nella celebre battaglia di Kerbela, ma vennero sconfitti. Lo stesso Husain vi trovò la morte. Questo evento viene ricordato ancor oggi dagli sciiti (i seguaci di Alì)nella festività annuale dell’Ashura. Nel mondo musulmano si stava diffondendo il malcontento verso lo stato creato dagli omayyadi, ormai più simile al vecchio modello bizantino che al califfato ideale prospettato dalla dottrina di Maometto. Alcuni discendenti dei compagni del profeta, guidati da Abd Allah ibn al-Zubayr, insorsero contro il califfo e si asserragliarono nelle città sante di Medina e La Mecca. Gli abitanti di Medina protestarono simbolicamente contro gli omayyadi gettando a terra turbanti, mantelli e sandali. Yazid rispose a tale sfida dimostrando di non avere alcun rispetto per quei luoghi sacri: Medina fu saccheggiata per tre giorni; La Mecca venne invece sottoposta a un duro assedio, durante il quale il santuario fu distrutto a colpi di catapulta e la Ka’ba rimase accidentalmente danneggiata da un incendio.
Yazid non riuscì quindi a placare la ribellione e alla sua morte improvvisa, nel 683, si inaugurò un periodo di instabilità conosciuto come Seconda fitna. Il mondo musulmano era lacerato: Ibn al-Zubayr governava su un territorio che andava dall’Arabia all’Egitto, mentre il nuovo califfo Abd a-Malik ormai controllava solo la Siria. Al-Malik assediò nuovamente La Mecca nel 691, deciso a chiudere i conti con Ibn al-Zubayr e con i suoi sostenitori. A tale scopo non esitò a distruggere la Ka’ba, accrescendo così il mito dell’empietà degli omayyadi.

Damasco, la grande capitale del califfato.
Nel XIV secolo il viaggiatore Ibn Battuta restò affascinato dalla città scelta dagli omayyadi come capitale del loro immenso impero. Così la descrisse: Damasco è il paradiso d’Oriente (…) Agghindata di fiori di piante odorose (…) I giardini la circondano come l’alone che cinge la luna e sembrano petali tutto intorno a un fiore. La sua terra è a tal punto piena d’acqua che quasi desidera aver sete, e poco ci manca che anche i sassi aspri e duri dicano: percuoti col piede la terra: ne sgorgherà acqua fresca buona per lavarti e bere. Poi la moschea che è la più grandiosa al mondo, la più magnifica dal punto di vista architettonico, la più squisita per grazia (…) dove una volta c’erano la casa di Mu’awiya ibn Abo Sufan e quelle della sua gente. E i damasceni fanno a gara nel costruire moschee e  zawiya, madrase e santuari (…). Lo straniero si trova a proprio agio: non deve mai perdere la dignità e gli si evita tutto quanto potrebbe avvilire il suo orgoglio.
Un’oasi di sensualità nel deserto.
Qasr Amra.jpg


Un affresco proveniente da Quṣayr ʿAmra, conservato alPergamonmuseum di Berlino
https://it.wikipedia.org/wiki/Qusayr_Amra

Costruito all’inizio dell’VIII secolo, Qusayr Amara è situato im mezzo al deserto, a 80 km da Amman (Giordania). Disponeva di un ammam (bagno termale) per la famiglia del califfo. Il palazzo è un buon esempio di arte omayyade, spesso operata di artisti persiani e bizantini che vi esprimono lo stile delle rispettive terre. Negli affreschi sulle pareti appaiono figure animali e umane, inclusa qualche donna nuda: un fatto non comune nell’arte islamica, che successivamente si asterrà dalle rappresentazioni umane considerandole una pratica blasfema.

L’EFFIGE DEL CALIFFO. Nonostante la cattiva reputazione di cui godeva la dinastia, i governi di al-Malike del figlio, al-Walid (705-715), intensificarono gli sforzi per islamizzare e arabizzare il califfato, come testimonia il caso dell’unificazione monetaria. Al posto della moneta bizantina e sasanide, in uso fino ad allora, ne venne coniata una nuova, con l’immagine del califfo, la guida spirituale e militare dell’islam. Questa effige sarebbe stata poi sostituita da iscrizioni in arabo, nel rispetto del divieto (derivato da un’interpretazione del Corano) di rappresentare figure umane. La nuova valuta si basava comunque sul precedente modello bizantino: il denario aureo che divenni il dinar, la dracma d’argento fu sostituita dal dirham e il follis di bronzo dal fels, denominazioni che sarebbero state utilizzate anche dai governi musulmani successivi. Analogamente l’arabo sostituì il greco nei documenti ufficiali. In ambito pubblico si rafforzò il primato dell’islam sulle religioni preesistenti, a partire dal cristianesimo, ai cui adepti fu proibito di fare processioni o esporre croci in pubblico.

LA FINE DELLA DINASTIA. Alla morte di al Walid I si succedettero tre califfi nel giro di appena nove anni. Tra questi si distinse Omar II (717-720), che sarebbe passato alla storia per la devozione religiosa e l’applicazione della legge islamica nella gestione dello stato. Nonostante l’introduzione di varie riforme amministrative, lasciò in eredità ai suoi successori Yazid II (720-724) e Hisham (724-743) una grave crisi economica. Se da un lato le spese erano in continuo aumento, dall’altro si era interrotto quel leggendario flusso di bottini di guerra un tempo garantito dall’espansione del califfato. Un’altra perdita nelle entrate dipendeva senz’altro dall’esenzione fiscale di cui beneficiarono i neoconvertiti. In alcuni casi si arrivò a proibire l’adesione all’islam di grandi masse, per evitare che approfittassero dei vantaggi economici e sociali connessi all’adozione del credo musulmano. Nel frattempo svariati nemici continuavano a cospirare contro gli omayyadi, o in segreto o promuovendo apertamente rivolte. L’instabilità politica di Damasco – dove nel 744 si succedettero tre califfi – favorì lo scoppio di un’insurrezione che segnò l’inizio della Terza fitna. I nemici arabi e non arabi degli omayyadi si coalizzarono in un ampio movimento, l’Hashimiyya, guidato da Abu Muslim. Questo generale proveniente dalla provincia orientale del Khorasan dichiarò guerra all’ultimo califfo omayyade in Siria; Marwan II ( 744-750).
Nonostante i vari tentativi di soffocare la ribellione, alla fine del 749 Marwan perse la strategica città di Kufa; l’anno seguente fu sconfitto sulle sponde del Grande Zab, un affluente del Tigri e fuggì con un gruppo ridotto di seguaci in Egitto, dove fu ben presto raggiunto dai suoi avversari. Di fronte alla notevole sproporzione delle forze in campo, Marwan rese onore al vecchio spirito beduino: guidò un’ultima disperata carica di cavalleria e morì in uno scontro corpo a corpo, non prima di aver ucciso svariati nemici. A cinque anni di distanza dalla sconfitta degli omayyadi, uno degli ultimi sopravvissuti della dinastia sbarcò nel porto di Almunécar (Spagna) dopo aver affrontato un viaggio lungo e pericoloso dalla Palestina al Maghreb. Abd al-Rahman ibn Mu’awiya riuscì a conquistare   il potere in al-Andalus (la Spagna musulmana) approfittando delle dispute tribali, analogamente a quanto aveva fatto in Siria il suo omonimo antenato. A migliaia di chilometri da Damasco, il destino stava offrendo agli omayyadi una nuova opportunità


Mosaici della grande moschea.
La Grande moschea di Damasco era organizzata attorno a un cortile centrale, secondo il modello prevalentemente nell’architettura religiosa omayyade. La tradizione vuole che la struttura dell’edificio fosse ispirata alla casa del profeta a Medina: un cortile quadrato circondato da un muro di mattoni di adobe, con le stanze situate nella zona orientale. Il cortile, dove venivano ricevuti gli ospiti, sarebbe diventato la zona di preghiera.
L’IMMAGINE DEL PARADISO? La moschea fu fatta costruire da al-Walid, il conquistatore della Spagna. Il califfo ricorse ad abili artigiani cristiani, forse inviati dall’imperatore di Costantinopoli, che decorarono con mosaici in stile bizantino i muri dei portici attorno al cortile e le pareti della cupola del tesoro. Le immagini raffigurate sono tipiche dell’arte romana e bizantina: un corso d’acqua circondato da grandi alberi tra i quali sorgono edifici a varie forme. Forse questi paesaggi assumono anche un particolare carattere religioso: si tratterebbe di rappresentazioni del paradiso, molto frequenti nel Corano, caratterizzate da elementi come giardini, fiumi, latte e miele.




Articolo in gran parte di Vincente Millàn Torres, storico specialista di letteratura islamica pubblicato su Storica National Geographic del mese di luglio 2018 altri testi e foto da wikipedia

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