Siviglia, mostra permanente
di arte e storia italiana.
Da Colombo a Vespucci, a
Pigafetta; dal biancheire genovese Pinelo, allo scultore fiorentino Torrigiano.
Sono molti i nostri connazionali che, all’epoca delle scoperte geografiche, si
sono trasferiti nella capitale dell’Andalusia, contribuendo a trasformala nella
città spagnola più ricca di storia e di arte italiana.
Se noi italiani vogliamo rendere omaggio alla tomba di
Cristoforo Colombo, dobbiamo andare a Siviglia e sostare sotto le volte della
splendida cattedrale gotica, in fondo alla navata di destra. È qui che si erge
il monumentale mausoleo ottocentesco dedicato al grande navigatore genovese. Su
un alto basamento di marmo, quattro statue riccamente addobbate e con la corona
in testa portano sulle spalle il feretro, come in un mesto ma sontuosissimo
corteo funebre. Le statue hanno i volti intagliati nell’alabastro e indossano i
costumi degli antichi sovrani iberici. Rappresentano infatti i regni di
Castiglia, Aragona, Navarra e Leon, che alla fine del Quattrocento, riuniti in
un unico Stato, componevano la monarchia di Spagna, saldamente controllata da
Ferdinando di Castiglia e Isabella d’Aragona, avviata a diventare, pochi
decenni dopo, la superpotenza dell’epoca, quell’impero di Carlo V sul quale non
tramonta mai il sole. I simboli degli antichi regni sono effigiati nell’atto di
rendere omaggio all’uomo che alla monarchia iberica, unificata dopo secoli di
lotte e la cacciata degli Arabi, donò i vasti territori al di là dell’oceano,
consegnando un nuovo continente al mondo intero.
la tomba di Colombo
CRISTOFORO O CRISTOBAL, UN DILEMMA MAI RISOLTO.
Che Cristoforo Colombo, o Cristobal Colon –
come lo chiamano gli spagnoli, che rivendicano il merito di avergli dato i
natali oltre alla tre caravelle – sia qui considerato un eroe nazionale non
sorprende. Né sorprende che i sivigliani abbiano difeso con le unghie e con i
denti l’autenticità dei suoi resti, conservati nel ricco sepolcro della loro
cattedrale. A mettere in dubbio questo privilegio, in una polemica che va avanti
da secoli, sono gli abitanti di Santo Domingo, l’antica isola di Hispaniola
dove Colombo approdò nel 1492 e dove chiese, lasciandolo scritto nel suo
testamento di essere lì sepolto (vedi riquadro sotto). Ora invece ci chiediamo:
perché proprio a Siviglia? Perché la tomba del grande navigatore è ospitata non
in una città italiana e neppure in un’altra località spagnola, ma proprio nella
capitale dell’Andalusia? La risposta va cercata nella carta geografica e nei
libri di Storia.
Il
territorio di Siviglia entra a far parte del mondo romano sul finire del III
secolo a.C., quando Publio Cornelio Scipione, che sarà detto l’Africano, vi
sconfigge il cartaginese Asdrubale e poi vi trattiene le sue legioni per
prepararle per la battaglia decisiva contro Annibale a Zama. Il comandante
romano fonda la città di Italica, le cui rovine si possono ancora vedere poco
lontano da Siviglia. Questo insediamento avrà una storia gloriosa come capitale
della Hispania Baetica, cioè la parte meridionale della penisola iberica, estrema
propaggine dell’impero romano proprio di fronte l’Africa, allora controllata
dalla rivale Cartagine. Era chiamata Baetica dal nome latino del fiume Betis,
l’attuale Gualdaquivir (e Betis è oggi il nome di una delle due squadre di
calcio della città).
Con
l’arrivo degli Arabi, nell’VIII secolo, la sede del governo romano perde il suo
ruolo di capitale a favore di Cordova, preferita dai nuovi conquistatori. Perde
anche i nomi latini: la città viene chiamata Ishbiliya, diventato poi Sivigli,
e il fiume Betis diventa Wadi al-kabir (Fiume grande), il Gualdaguivir di oggi.
Certi richiami romani, però, permangono, oltre ai resti archeologici. Il
popolare quartiere di Triana deve il nome all’imperatore Traiano, originario di
questa terra, così come il suo successore Adriano (mentre Seneca e Lucano erano
nati nella non lontana Cordova). La campagna tutto intorno alla città, con le
colline cosparse di ulivi, evoca la
Roma agricola dei Fabi, e gli orti di lenticchie richiamano i
Lentuli che dalle lentejas (lents in latino) presero il nome. Ad ogni modo, la Reconquista
dell’Andalusia da parte dei sovrani spagnoli , nel corso del XIII secolo,
restituisce a Siviglia il ruolo di capitale e la prepara ad esercitare quel
primato commerciale e finanziario che segnerà il secolo più glorioso della sua
storia, dalla fine del Quattrocento alla fine del Cinquecento. Un secolo che
coincide con il periodo delle grandi scoperte geografiche.
La provincia (in rosso cremisi) nell'anno 120
La Betica o Hispania Baetica fu una delle province romane in cui venne suddiviso il territorio della penisola iberica (Hispania) a partire dalla riforma augustea del 27 a.C.
Quei
resti contesi.
A Cristoforo Colombo toccò la sorte di
viaggiare quasi più da morto che da vivo. Deceduto in miseria e abbandonato
da tutti nel
La Cattedrale di Santa Maria Minore a Santo Domingo
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UN FIUME OBBLIGATO PER TUTTI I NAVIGATORI
OCEANICI. I tanti intrepidi navigatori
che, dopo Colombo si avventurarono sulle acque sconosciute dell’oceano,
trovarono più comodo partire dalle coste atlantiche del Portogallo e della
Spagna, collocate al di là dello stretto di Gibilterra, le invalicabili Colonne
d’Ercole dell’antichità. Ed è proprio su queste coste che sfocia il
Gualdaguivir: risalendo il suo corso si arriva comodamente a Siviglia,
un’ottantina di chilometri all’interno. Per i galeoni che tornavano
dall’America e dal lontano Oriente, carichi di merci esotiche e preziose,
Siviglia risultava dunque il porto più prossimo e più comodo, dominato dalla
severa struttura a pianta dodecagonale della Torre del Oro, oggi museo navale.
Fu così che il quasi sconosciuto Gualdaguivir, poco più lungo del nostro Po,
entrò nella storia del mondo.
la Torre de Oro
Per
tutto il Cinquecento, fin da quando l’aumentato pescaggio delle navi non impedì
loro la risalita del grande fiume, non vi era bene, ricchezza, merce, animale
provenienti dall’altra parte del mondo che non dovessero passare al controllo
doganale di Siviglia. E la città, prima ai margini dell’Europa, diventò il
centro commerciale e finanziario più importante del nostro continente
(addirittura “capitale del mondo” si disse con qualche esagerazione),
soppiantando Venezia e Genova, tagliate così fuori dai traffici oceanici. Dalla
foce del Gaudalquivir partì Colombo per il suo terzo viaggio in America. Dallo
stesso porto salpò – l’anno prossimo si festeggeranno i 500 anni di
quell’evento – Ferdinando Magellano per la prima circumnavigazione del globo.
Fra i 230 marinai che componevano gli equipaggi delle sue cinque navi, c’era il
vicentino Antonio Pigafetta, richiamato da Siviglia dalla fama crescente della
città e dalla facile possibilità di trovare un ingaggio. Toccò a lui, dopo la
morte di Magellano nelle Filippine, portare a compimento l’impresa, che si
concluse con soli 17
sopravvissuti, e raccontarla poi nella sua “Relazione del primo viaggio intorno
al mondo”.
Ritratto di Magellano
Anche il fiorentino Amerigo Vespucci, per completare il trio dei più
grandi navigatori di quell’epoca, si stabilì a Siviglia, mandatovi da un
banchiere della sua città che voleva aprire una sede nella nuova grande piazza
finanziaria. Qui trovò fama e, al contrario di Colombo, ricchezza: fu lui a
intuire che le terre scoperte da Colombo formavano un nuovo continente, cui
sarà dato il suo nome, benché non avesse dato nessun contributo alla sua
scoperta, nonostante fosse anch’egli un esperto navigatore. Fu anche il primo
direttore della Casa de Contratacion, voluta dai sovrani per regolare il
commercio con il nuovo mondo, insieme alla moglie (sposò infatti una spagnola).
nella Casa si può ancora visitare la
cappella dove Colombo fu festeggiato da Ferdinando e Isabella al ritorno dal
secondo viaggio, e si può ammirare il polittico della “Madonna dei navigatori”,
sotto il cui ampio manto protettivo sono riuniti tutti i protagonisti delle
scoperte geografiche, nonché i nativi d’America, che a dire il vero tanta
protezione divina dai futuri conquistadores non ebbero.
Ma oltre ai più celebri marinai, Siviglia attirò
dall’Italia banchieri (uno per tutti il genovese Francesco Pinelo, che nel 1492
‘restò ai sovrani, lautamente ricambiato con cariche e onori, la somma di 8
milioni per la guerra di Granada, ultimo lembo di Spagna in mano agli Arabi), mercanti, costruttori e
soprattutto artisti.
Amerigo Vespucci
UN PIANTAGRANE PROVENIENTE
DALLA CORTE DEI MEDICI. Furono
questi ultimi a introdurre la nuova arte rinascimentale, già fiorente in Italia
m ancora ignota in Europa, i cui principali monumenti erano di origine araba,
come l’Alcazar, cioè il palazzo reale, o del periodo gotico, come la
cattedrale, edificata sulle rovine di una moschea (con accanto la superba
Giralda, che della moschea era il minareto e della chiesa diventò la torre
campanaria). Erano tutti artisti eccellenti, anche se i loro nomi dicono poco a
noi italiani, avendo lavorato prevalentemente all’estero. È il caso del
ceramista Francesco Niculoso, noto in Spagna come Niculoso Pisano. Il suo
capolavoro, una coloratissima maiolica dedicata all’incoronazione della
Madonna, domina la cappella reale dell’Alcazar, insiem ad altre scende della
vita della Vergine.
Capilla del Alcázar de Sevillapintado por Niculoso en 1504
Ma il più illustre artista italiano emigrato a Siviglia sul
finire del Quattrocento fu uno scultore. Si chiamava Pietro Torreggiano e
veniva da Firenze, dove faceva parte della cerchia di scrittori, pittori e
personaggi della cultura che attorniava Lorenzo il Magnifico. Fin da giovane,
Torreggiano rivelò un grande talento creativo e un’ineffabile abilità manuale,
soprattutto nella lavorazione della terracotta. Aveva però un pessimo
carattere, che gli rovinò la carriera e alla lungo lo portò alla morte. Il
fatto è che alla corte dei Medici si trovò a lavorare fianco a fianco con
Michelangelo, giovane come lui e come lui pronto ad accendersi per un niente.
Un giorno, come racconta il Vasari nelle sue “Vite”, i due si esercitavano a
copiare gli affreschi di Masaccio nella chiesa del Carmine quando, inalberatosi
per una critica del compagno, il Torrigiano “gli
percosse d’un pugno il naso, che rotto e schacciatolo di mala sorte lo segnò
per sempre”, come del resto si può notare in tutti i ritratti di
Michelangelo. Il signore di Firenze non perdonò quell’atto di violenza contro
il suo artista prediletto e lo cacciò da Firenze. Pietro si trasferì prima in
Inghilterra e poi a Siviglia, coprendosi di gloria dovunque andava. La sua
opera più insigne è un San Girolamo di terracotta policroma che si può ammirare
al Museo delle Belle Arti della città andalusa. Accanto a questa statua ve n’è
un’altra, una Madonna con Bambino, che causò la rovina del Torregiano.
Gliel’aveva commissionata il Duca d’Arcos, pagandola con una tale quantità di
moneta locale che l’artista pensò di essere diventato ricchissimo e ingaggiò
due uomini per farsi portare a casa quella montagna di denaro. Quando però lo
fece valutare da un amico fiorentino, “vide
che la somma non arrivava pure a trenta ducati. Perch’egli, tenendosi beffato,
con grandissima collera andò dove era la figura sua e guastolla” come
racconta il Vasari. Il nobiluomo spagnolo lo denunciò all’Inquisizione come
eretico. Imprigionato e sottoposto a duri interrogatori, Torrigiano smise di
mangiare e in pochi giorni morì, scarnito e rinsecchito come il suo San
Girolamo.
il San Girlamo del Torregiano
Pietro Torrigiano, o Piero o Torrigiani (Firenze, 22 novembre 1472 – Siviglia, agosto 1528), è stato uno scultore emedaglista italiano.
Pietro di Torrigiano d'Antonio, fu uno scultore della Scuola fiorentina, di grande talento, ma più conosciuto per il suo carattere rissoso e violento.
È anche grazie all’ingegno, al denaro, al talento di questi
italiani, da Scipione a Colombo, da Vespucci a Pigafetta, da Penelo a
Torrigiano, che Siviglia può oggi vantare un centro storico così ricco di
meraviglie, pari forse a quelli di Roma e Firenze. Si pensi che nell’area di un
solo chilometro quadrato si contano ben tre edifici dichiarati patrimonio
dell’umanità: la Cattedrale
con la Giralda ,
l’Alcazar e l’Archivio Generale delle Indie. Lasciando ai visitatori il piacere
di scoprire questi e gli altri insigni monumenti che fanno di Siviglia un vero
gioiello di architettura araba e rinascimentale, ci limitiamo a entrare nella
sede dell’Archivio. Qui, fra i quattro milio di atti legati all’amministrazione
dei possedimenti coloniali, sono conservati alcuni tra i documenti più
importanti della Storia moderna.
Ne segnaliamo tre. Il primo è una lettera di Cristoforo
Colombo del 1486 indirizzati ai reali di Spagna per illustre il suo progetto di
arrivare al Cipango e al Catai (secondo i nomi dell’epoca per Cina e
Giappone) navigando verso occidente e
per sollecitare il finanziamento dell’impresa. Il piano, esaminato dagli esperi
della corte, venne bocciato e solo sei anni dopo l’ammiragli otterà la somma richiesta,
insieme alle tre caravelle. Il secondo documento è una bolla di papa Alessandro
VI Borgia che nel 1494 spartiva tra Spagna e Portogallo il controllo delle
terre coloniali. La linea di demarcazione territoriale veniva fissata a 370 leghe dalle isole di Capo Verde. Di
là avrebbero comandato gli spagnoli, che con Colombo avevano occupato quelle
terre. Di qua i portoghesi, che con Vasco de Gama avevano indirizzato le loro
esplorazioni verso l’Oriente.
Poi però si scoprì che una parte del Sudamerica, cosiddetta gobba del Brasile,
oltrepassava quel limite e così i portoghesi si trovarono, in forza della bolla
papale, a controllare il Brasile dove non avevano mai messo piede.
C’è infine un terzo documento che da solo merita una visita
all’Archivio Generale. Un certo Miguel de Cervantes chiede licenza di
trasferirsi nelle Indie per fare il governatore di La
Paz. Ai margini della sua lettera un
anonimo burocrate annota che la domanda va respinta. Sia pure
inconsapevolmente, il rigido funzionario statale diventa un benemerito della
letteratura. perché se quel Cervantes
fosse diventato governatore in Sudamerica si sarebbe forse arricchito, ma certo
non avrebbe scritto il Don Chisciotte.
La Galleria dell'Archivio.
Articolo in gran parte di Giannni Bragato giornalista e
scritto di Storia, pubblicato su BBC HISTORY del mese di agosto 2018. altri
testi e foto da Wikipedia
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