I cavalieri del tempio e
le reliquie.
I Templari non furono
soltanto impavidi difensori della cristianità sui campi di battaglia, ma ebbero
numerosi incarichi per proteggere e difendere la fede in Cristo. uno di questi
riguardava il trasporto e la custodia delle reliquie, di cui solo loro potevano
certificare l’autenticità
Il cavaliere templare Gualtiero di Marangiers non aveva
compreso bene come fosse accaduto, ma dopo aver soggiornato nelle carceri
mussulmane di Damasco, era finalmente tornato in libertà, forse per uno scambio
di prigionieri. Ora, prima di mettersi in viaggio per raggiungere i suoi
confratelli del Tempio, voleva recarsi nel santuario mariano di Saydnaya
(situato a 30 km
dalla capitale del califfato siriano) per ringraziare la Vergine e per acquistare
l’olio miracoloso, proveniente da una sua preziosa immagine, che la tradizione
voleva dipinta da San Luca, l’Evangelista. Una volta raggiunta Gerusalemme,
frate Gualtiero aveva rivenduto un’ampolla del prezioso olio ad Aymerci de
Montbun, che successivamente, nel 1186, la portò nel monastero di Santa Maria
di Altavaux, da lui edificato in Francia. Quello di Saydnaya era un santuario
particolare perché frequentato da pellegrini delle tre religioni principali,
che vi si recavano sia per pregare (ciascuno a modo suo) la Vergina Maria , sia per comprare
l’olio miracoloso, sotto il controllo attento dell’Ordine del Tempio, che ne
garantiva anche la provenienza. I Templari, infatti, come numerosi altri
religiosi di specchiata moralità, erano stati autorizzati dal pontefice a
rilasciare i certificati di autenticità di reliquie e sacri oggetti da
venerare, per assicurarne la veridicità. D’altra parte, questa verifica era
necessaria per evitare la creazione di falsi e di commerci fraudolenti, visto
che spesso i truffatori violavano le tombe per asportarne gli scheletri e
spacciarne le ossa per quelle di un santo.
Vera Croce è il nome dato alla croce sulla quale Gesù fu crocifisso. La reliquia sarebbe stata ritrovata a Gerusalemmenell'anno 327-328 dalla madre dell'imperatore romano Costantino I, Flavia Giulia Elena.
Secondo la tradizione cristiana, la Vera Croce sarebbe stata in parte conservata a Gerusalemme, in parte a Costantinopoli e in parte a Roma. La reliquia di Gerusalemme vi rimase fino al 1187, quando se ne persero le tracce dopo la conquista della Città Santa da parte del Saladino. In diversi luoghi esistono frammenti che si vorrebbe provengano da essa[1]
RELIQUIE GARANTITE DAGLI INFLESSIBLI CAVALIERI
DEL TEMPIO. D’altra parte, negli stessi secoli, il monaco francese
Guiberto di Nogent scriveva un trattato sulle reliquie, divertito dall’idea di
un Giovanni Battista con due teste, dal momento che due Chiese pretendevano di
possedere entrambe il cranio del santo. Le autenticazioni delle reliquie più
importanti venivano rilasciate addirittura da alti dignitari del Tempi, come il
maestro Gueglielmo di Sonnac, che firmò quella del Sangue di Cristo, contenuto
in un’ampolla consegnata da un cavaliere templare a Enrico III d’Inghilterra.
Oltre a questo importanti
incarico l’Ordine del Tempio ebbe il compito di scortare un frammento della
Vera Croce contenuto in una teca d’oro, impreziosita da perle e gemme, sia in
processione che in combattimento, per dare coraggio ai soldati. La Regola prevedeva che ogni
spostamento della reliquia venisse accompagnato sempre dal commendatore di
Gerusalemme e da dieci cavalieri; inoltre due Templari dovevano montare la
guardia a protezione della reliquia giorno e notte.
Nel 1187, però, questi accorgimenti non furono sufficienti a
garantire la sicurezza dell’oggetto: nella confusione della battaglia dei corni
di Hattin contro l’esercito di Saladino, per non far cadere la reliquia nelle
mani del nemico, i Templari della scorta seppellirono la teca nella sabbia del
deserto, con l’intenzione di tornare a recuperarla a scontro finito. Nei giorni
seguenti, credendo di aver individuato
il punto in cui l’avevano nascosta, scavarono per tre notti consecutive, senza
alcun risultato: quasi sicuramente era stata già ritrovata dai Musulmani. Anche
la spedizione di un altro frammento di questa reliquia, organizzata da fra’
Baronzio, maestro templare di Lombardia, non ebbe esito fortunato. Accade che,
nel 1204, l’imperatore Baldovino I di Costantinopoli incaricò il dignitario
templare di consegnare a papa Innocenzo III due icone d’oro e d’argento con una
scheggia della Vera Croce, insieme ad altre reliquie destinante all’Ordine del
Tempio: durante una sosta nel porto greco di Methoni la nave veneziana venne
assalita da sei galere di pirati genovensi, che si impossessarono del
preziosissimo carico.
Fortunatamente la croce di Cristo, massiccia e pesante, era
stata frazionata in un gran numero di particelle, al punto che nel 1500 il
teologo francese Giovanni Calvino scriveva che, messe tutte insieme, avrebbero
potuto riempire la stiva di una nave: un po’ come le due teste di Giovanni
Battista. Molti di questi frammenti erano conservati nelle chiese templari più
importanti: dalla londinese Temple Church a Santa Maria in Capite Broglio di
Venezia a quella di Santa Maria di Lecce fino al Santo Sepolcro di Segovia in
Spagna. Durante il Medioevo il possesso di reliquie permetteva di accrescere il
prestigio del loro proprietario, oltre a garantirgli una rendita economica
proveniente dalle offerte di visitatori e pellegrini. Per questo motivo, forse
più finanziario che spirituale, anche i Templari avevano raccolto numerosi di
questi sacri oggetti, specialmente parti del corpo di santi più o meno
conosciuto, come le teste di San Policarpo, di Santa Eufemia e di una delle
11mila Vergini; oppure la mano destra di San Gregorio Nazianzeno, portata dalla
Terrasanta dal maestro templare Gualdim Pais e conservata nella cappella di
Santa Maria do Olival a Tomar, in Portogallo.
UNA SPADA ASSASSINA
DIVENTATA SACRA. Al
tempo dei processi contro l’Ordine, nel castello spagnolo di Peniscola, gli
inquisitori trovarono una grande quantità di reliquie di vario genere,
conservate in preziosi cofanetti di Limoges, tra cui un frammento della Vera
Croce, due ampolle dell’olio di Saydnaya e le reliquie di San Bevignate, un
santo popolare italiani a cui i cavalieri del Tempio avevano dedicato la
maestosa chiesa di Perugia, unica in Italia con affreschi di epoca templare.
Altri oggetti particolari, collegati alla vita di personaggi di grande spessore
spirituale , venivano venerati come fossero reliquie. A Temple Church i
Templari conservavano la spada con cui nel 1170 a Westminster, i sicari di Enrico II d’Inghilterra avevano
ucciso San Tommaso Becket. E nella chiesa di Santa Maria in Aventino a Roma,
era esposta la tunica donata da San Bernardo di Chiaravalle ai suoi amici
Templari. Spesso le reliquie avevano il potere di guarire alcune malattie
attraverso il semplice contatto, oppure possedevano altre capacità miracolose,
come la croce in bronzo conservata nella casa del Tempio di San Giovanni
d’Acri, che era stata realizzata con il metallo di una tinozza in cui, secondo
alcuni, Gesù si era bagnato, secondo altri aveva lavato i piedi agli Apostoli;
in ogni caso era in grado di liberare gli indemoniati e di portare la pioggia
nei periodo di siccità; addirittura, il semplice calco in cera riusciva a
calmare le tempeste. Per la sua importanza, l’incarico di portarla in
processione era affidato a un cavaliere templare, insieme al patriarca di
Gerusalemme.
Anche il famoso olio profumato di Saydnaya possedeva
proprietà curative miracolose e curava numerose malattie: aveva guarito
Cristiani, Ebrei e Musulmani, secondo il cronista medievale Arnoldo di Lubecca.
Un’altra cronaca del XIII secolo racconta di come l’emiro di Damasco, che aveva
perso un occhio, grazie a quest’olio miracoloso avesse ritrovato la vista.
Nonostante il gran numero di reliquie possedute, e il nobile incarico di
certificarne la provenienza, i Templari vennero accusati di eresia, di
stregoneria e di adorare idoli misteriosi. Sequestrati, insieme a tutte le
proprietà dell’Ordine del Tempio, gli oggetti sacri vennero affidati ai
cavalieri di San Giovanni (divenuti in seguito di Rodi e poi di Malta), i quali
proseguirono nelle precedenti pratiche devozionali.
Ancora nel Settecento, nella chiesa ex templare di San
Nicola di Blais, in Bretagna, i cavalieri di Malta continuavano a esporre due
piccoli frammenti della Vera Croce, proprio come facevano gli antichi
proprietari, prima di essere condannati e bruciti sul rogo, quattro secoli
prima. Le cronache del tempo raccontano che i pellegrini, provenienti da tutte
le parti della Francia, sfilarono per più di cinque ore davanti alla preziosa
scheggia.
Saydnaya, il santuario dove la vergine unifica le tre
religioni.
icone e immagine sacra della Vergine
Una leggenda antica
racconta di una donna eremita che chiese a un mercante di Saydnaya di
procurarle un’immagine della Madonna. Ritornato a Saydnaya, l’uomo procurò
l’immagine della vergine, ma gli piacque tanto che decise di tenerla per sé;
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Nella seconda metà del Duecento, per non far cadere la
Santa Casa di Nazareth in mano musulmana,
gli imperatori di Costantinopoli finanziarono lo smontaggio e il suo
trasferimento in Italia. Gli unici che possedevano una struttura logistica e
organizzativa all’altezza del difficile compito, erano sicuramente i Templari,
che con un lungo viaggio per mare fecero arrivare la Casa di Gesù a Loreto, nelle
Marche. Il ricordo di quest’impresa sarebbe nelle cinque croci di stoffa rossa
ritrovate murate tra le pietre dell’edificio: le stesse croci che i Templari
portavano sui loro mantelli bianchi
santuario della Santa Casa custodito nella basilica di Loreto
La Sindone fotografata da Giuseppe Enrie (1931). In alto l'immagine dorsale (capovolta), in basso quella frontale. Ai lati delle immagini si vedono le bruciature dell'incendio del 1532 e i relativi rattoppi (rimossi nel 2002)
Una leggenda medievale
racconta la storia del Biancospino di Glastonbury, che ha questo nome perché
cresce solo nei dintorni dell’abbazia, dove si crede sia sepolto re Artù. Il
primo arbusto sarebbe fiorito dal bastone di Giuseppe d’Arimatea, personaggio
dei Vangeli e dei racconti del Graal, quando sbarcò in Inghilterra
proveniente dalla Terrasanta. Su questa leggenda si innesta la tradizione
cristiana, secondo cui la corona di spine di Gesù Cristo era stata realizzata
con i rami del biancospino che, proprio per questo motivo, è strettamente
collegato a due importanti momenti della vita del Redentore: fiorisce,
infatti, a Natale e in primavera, quasi sempre durante
immagine della Sacra Spina
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Articolo
in gran parte di Enzo Valentini giornalista e storico medievista pubblicato da
BBC History del mese di agosto 2018. altri testi e immagini da Wikipedia.
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