lunedì 6 agosto 2018

Gallieno un perdente di successo

Gallieno, un perdente di successo.
Nel III secolo d.C., tra invasioni barbariche e crisi economica, un imperatore a lungo sottovalutato salvò Roma dalla distruzione, ritardandone la caduta.
 
Busto in marmo raffigurante un giovane Gallieno.
Rilievo sasanide a Naqsh-e Rustam raffigurante Sapore I che tiene prigioniero Valeriano e riceve l'omaggio diFilippo l'Arabo, inginocchiato davanti al sovrano sasanide.

« [...] Sapore I chiese di incontrarsi con l'imperatore romano, per discutere ciò che fosse necessario. Valeriano, una volta accettata le risposta senza neppure riflettere, mentre si recava da Sapore in modo incauto insieme a pochi soldati, fu catturato in modo inaspettato dal nemico. Fatto prigioniero, morì tra i Persiani, causando grande disonore al nome romano presso i suoi successori. »
(ZosimoStoria nuova, I, 36.2.)
Primavera del 260 d.C., città di Edessa (Turchia meridionale): l’imperatore romano Valeriano, in guerra contro i Sassanidi, che minacciano le province orientali si trova faccia a faccia con il nemico, il re Sapore I. Valeriano, in posizione di svantaggio, spera di riuscire a strappare una tregua senza scendere in battaglia: i Sassanidi accettano di organizzare un incontro per discutere la pace, ma solo per attirarlo in una trappola e catturarlo. L’Impero romano è senza guida, proprio nel momento in cui i suoi confini sono più minacciati. A quel punto le redini deve prenderle il figlio Publio Licinio Gallieno, personaggio ambiguo e mal considerato, che sette anni prima Valeriano aveva associato al trono, tenendo per sé l’Oriente e affidando a lui l’Occidente. Odiato dai senatori e dalla storiografia ufficiale, che lo dipinse come il nuovo Nerone, Gallieno è stato rivalutato di recente dagli storici che gli hanno riconosciuto la capacità di barcamenarsi in un periodo difficilissimo tra tribù barbare che premevano e movimenti separatisti all’interno dello stesso impero. “Nonostante avesse uno stile di vita bizzarro che era criticato dai tradizionalisti, fu in grado di mantenere intatto il cuore dell’impero difendendolo dalle invasioni  dei barbari e dei Persiani”, ha spiegato John Jefferson Bray, uno dei principali biografi di questo personaggio.

Invasioni barbariche di GotiBoraniCarpi, contemporanee a quelle dei Sasanidi di Sapore I, degli anni 252-256, durante il regno di Valeriano e Gallieno.



Publio Licinio Egnazio Gallieno (latinoPublius Licinius Egnatius Gallienus218 – Milano268) è stato unimperatore romano, dal 253 al 268, famoso per la sua riforma dell'esercito, nonché valente condottiero. Salì al potere insieme al padre Valeriano nel 253 e quando questi fu catturato dai Sasanidi (nel 260, dopo sette anni di regno[6]) rimase l'unico imperatore per altri otto anni[6], fino alla morte quando era cinquantenne.[6] Durante il suo regno ci furono due secessioni di territori dell'impero (l'Impero delle Gallie a occidente e il Regno di Palmira a oriente) e molti aspiranti imperatori.

BELLA VITA. Secondo la Historia Augusta, una raccolta di biografie dell’età imperiale, era un calcolatore freddo e determinato. Per dimostrarlo, si racconta in quelle pagine che questa sarebbe stata la sua reazione alla notizia della cattura del padre: “Non appena ebbe appreso della cattura di Valeriano, ripeté la frase pronunciata da un grandissimo filosofo in occasione della perdita del figlio: ‘Sapevo che mi aveva generato un uomo mortale’”. Perché tanta diffidenza nei suoi confronti? A Roma, erano soprattutto i senatori a non avere grande stima nei suoi confronti a causa dello stile di vita gaudente e un po’ sregolato. Sempre nella Historia augusta si legge: “Beveva sempre in coppe d’oro, disprezzando il vetro, e affermando che nessun materiale era più comune. Cambiava sempre qualità di vino e ne corso di uno stesso banchetto non beveva mai due volte la stessa qualità. Le sue concubine sedevano spesso sui triclini. La seconda portata disponeva di mimi e  buffoni“. Si tratta di testimonianze scritte dai suoi oppositori politici, ma probabilmente un nocciolo di verità c’é.

NEMICO NUMERO UNO. La classe senatoria, orma in declino da decenni vedeva in Gallieno un nemico da screditare: il nuovo imperatore, infatti, era nettamente a favore della classe sociale degli Equites (quella che oggi chiameremo classe media) fino a diventare il loro beniamino. Contemporaneamente, Gallieno fece di tutto per togliere il comando ai senatori: arrivò persino a proibire loro di assumere il comando delle unità militari, affidando la funzione dirigenziale dell’esercito all’emergente classe equestre. Senza mai rinunciare alle sue stravaganze.
“In primavera si faceva preparare giacigli di rose, costruiva castelli di frutta, conservava l’uva per tre anni, in pieno inverno imbandiva dei meloni. Insegnò il modo di conservare il mosto per tutto l’anno e offriva, anche fuori stagione, fichi verdi e frutta appena colta dagli alberi. Faceva sempre apparecchiare le tavole con tovaglie d’oro, facendosi preparare vasellame ornato di gemme e d’oro”. Tutto questo mentre l’economia dell’impero andava a rotoli a causa di epidemie di peste,, inflazione galoppante, commercio asfittico e carenza di materie prime. Il problema principale era rappresentato però dalle minacce esterne. Contro cui Gallieno dimostrò di saper fare il suo mestiere,


Mappa dell'Impero romano nel 270, con l'Impero delle Gallie a Occidente e il Regno di Palmira a Oriente.

ITINERANTE. Nel III secolo, regnare significava combattere. Bisognava lottare contro le secessioni interne, ma soprattutto respingere orde di barbari. Per farlo, servivano fiumi di denaro, ottenuti spremendo i sudditi fino all’ultima goccia. Gallieno, nonostante il banditismo dilagante e l’instabilità sociale, non si fece problemi a richiedere ulteriori sacrifici al popolo. E va detto, che quei soldi li fece fruttare. Per gran parte del regno, Gallieno non ebbe una corte fissa: si ritrovò a correre su e giù per il Reno e il Danubio alla testa di imponenti eserciti. Un compito non facile , considerando la vastità dell’impero: era come cercare di tappare un colabrodo: “Il sistema difensivo dell’Impero romano, a partire dal II secolo d.C., non era più in grado di sostenere una seriedi attacchi simultanei in vari punti della frontiera”, ha spiegato Jefferson Bray. Nonostante ciò, Gallieno seppe sconfiggere e contenere i peggiori nemici di Roma: Franchi, Alemanni e Goti. Il suo segreto? Formò per la prima volta riserve strategiche, composte da truppe molto mobili e bene equipaggiate, e aumentò il peso della cavalleria. Partendo da basi strategiche come quella di Sirmium (in Serbia)o di Milano, i cavalieri scelti da Gallieno erano in grado di affrontare gli attacchi molto più rapidamente rispetto alle fanterie.

INGRATO TRADIMENTO. Dove non poteva arrivare, ci mise una pezza mandando in vece i suoi uomini migliori. A difesa dell’Oriente, puntò tutte le sue carte su Odenato, re arabo di Palmira, ed ebbe ragione. La situazione in quel settore si era fatta critica dopo che il prefetto dell’Egitto, Mussio Emiliano, si era proclamato imperatore bloccando i rifornimenti di grano e affamando Roma. Forte del titolo di corrector totius Orientis, Odenato riuscì a ripristinare l’autorità imperiale. In patria, di Gallieno, più che ammettere la lungimiranza,, si riconosceva l’animo nobile “In verità Gallieno si segnalava, non lo si può negare, tanto nell’oratoria, quanto nella poesia e in tutte le altri arte”, puntualizza la solita Historia Augusta. Il peggio venne quando a rivoltarsi contro di lui furono gli stessi generali. Uno di questi, Aureolo, si ribellò per cerca di spodestarlo: tradito da quello che fino a pochi giorni prima era stato un amico personale, l’imperatore fu assassinato dai suoi nel 268. In anni cruciali per la storia di Roma, aveva difeso i territori imperiali da decine di invasioni. I frutti dei suoi successi, screditati da una cattiva stampa, sarebbero poi stati usati dai successivi imperatori Aureliano e Diocleziano: il primo avrebbe riunificato l’impero ponendo fine alle secessioni, mentre il secondo avrebbe riformato l’amministrazione romana. Insomma, tanta fatica fatta per apparecchiare la tavola ad altri.


Articolo in gran parte di Gabriele Esposisto pubblicato su Focus storia n. 141 altri testi e foto da Wikipedia.    

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