domenica 19 agosto 2018

Le università medievali

Le università medievali.

La rivoluzione economica urbana cambiò lo scenario educativo. Nelle città che vivevano del commercio e dell’artigianato fiorirono scuole-cattedrali, che ben presto si trasformarono in secolari.

Non si sa con esattezza quando si stabilirono i primi contatti per unire le tre scuole di Bologna (quella di arti liberali, quella di medicina e quella di giurisprudenza) ma si ha notizia che, agli inizi del XIII secolo, i professori si organizzarono in un collegium o corporazione e che, al tempo stesso, più di un migliaio di studenti era suddiviso in due gruppi: la univesitas citramontanorum (associazione degli studenti a sud delle Alpi) e la universitas ultramontanorum (l’associazione per il nord delle Alpi). Tra questi studenti c’erano anche delle donne. Tali corporazioni si unirono tra loro per ottenere una protezione vicendevole e si dotarono di un governo proprio, arrivando così a esercitare un potere straordinario sul corpo docente. In questo modo incoraggiavano talvolta il boicottaggio di un maestro poco apprezzato, mettendo così fine alla sua carriera pedagogica. In molti casi, i salari dei professori erano pagati dalle università e studenti e professori erano obbligati a giurare obbedienza ai rettori delle università, ovvero ai direttore delle corporazioni studentesche. Secondo i regolamenti di quest’epoca, un professore che avesse voluto assentarsi, anche per un solo giorno, si vedeva costrette a ottenere il permesso dai suoi alunni attraverso i rettori e gli era espressamente vietato andare in ferie a proprio piacimento.

DALLA SCUOLA ALL’UNIVERSITA’. L’università di Bologna cominciò come piccola scuola di diritto, medicina e arti. Trasformata in università si distinse nel diritto e in teologia. La Sorbona ebbe la sua origine nelle scuole di teologia, arti e medicina annesse alla cattedare di Notre-Dame. Sopra cappella del King’s College di Cambridge
rilievo del XIV secolo della tomba di un cattedratico di diritto di Bologna
(museo civico di Bologna)


lezione all'università di Bologna
I MAESTRI DI BOLOGNA. Gradualmente, a mano a mano che la sua fama aumentava, l’Università di Bologna consolidò uno spirito secolare e, addirittura anticlericale, che difficilmente si sarebbe potuto trovare in altri centri d’istruzione europea. Tuttavia l’Italia riuscì a creare una rete di università che nascevano all’ombra di Bologna, grazie all’emigrazione di professori e studenti. Così nel 1182 partì da Bologna il maestro Pilio per fondare una scuola a Modena, e, nel 1188, Jacopo da Mandra fece lo sesso a Reggio Emilia. Con lo stesso procedimento si crearono università a Vicenza nel 1204, ad Arezzo nel 1215 e a Padova nel 1222, anche se quest’ultima in realtà era solo un ampliamento di università già esistente. Alla scuola di diritto di Padova si unirono le facoltà di arti e di medicina (oggi quest’ultima conserva ancora la più antica sala delle autopsie d’Europa, il Teatro anatomico, che risale al XVI secolo9. la vicina Venezia mandava proprio a Padova i suoi studenti e contribuiva al pagamento dei salari dei professori.  Nel 1224, l’imperatore Federico II di Svevia fondò l’Università di Napoli affinché gli studenti del sud Italia non dovessero uscire dal regnum per svolgere i loro studi. Napoli è considerata l’università laica più antica del mondo.

Un eccezionale quaderno di appunti
Villard de Honnecourt, in base a quello che si può leggere nelle 33 pagine del suo quaderno di appunti (Biblioteca nazionale di Parigi), fu un architetto e un capomastro itinerante che visse e lavorò in Piccardia (nord della Francia) nella prima metà del XIII secolo. A quell’epoca, gli architetti erano anche ingegneri e applicavano le loro conoscenze alla fabbricazione di dispositivi come qulle che appaiono disegnati e spiegati nel suo quaderno. Quest’ultimo raccoglie numerose annotazioni di progetti architettonici, disegni scultorei e bozze di macchine utensili.
la catapulta 

moto perpetuo


L’UNIVERSITA’  DI  PARIGI. In Francia l’istruzione seguì un’evoluzione diversa. La scuola-cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, si era fatta un’ottima reputazione grazie alla presenza di maestri insigni come Guglielmo di Champeaux e, soprattutto, Pietro Abelardo. In questo ambiente nacque la figura del magister, il maestro, un uomo che aveva ottenuto la licenza per insegnare dal cancelliere della cattedrale di Notre-Dame. L’Università di Parigi nacque a partire da questa unica fonte di concessione delle licenza pedagogiche. Solitamente la licena era concessa gratuitamente a chiunque fosse stato alunno di un maestro autorizzato per un certo periodo di tempo e la cui richiesta fosse stata controfirmata da quest’ultimo. Una delle accusa mosse contro Abelardo fu quella di essere stato considerato maestro senza aver seguito un regolare percorso di apprendimento. Questa concezione che prevedeva l’insegnamento delle arti in termini di maestro e apprendista apparteneva all’origine stessa dell’università. A questo scopo si costituirono delle corporazioni e, per mostrarne l’identità, si utilizzò la parola universitas. Così nacque l’università di Parigi, la Sorbona, la più celebre di tutto il Medioevo. Nel 1240, il cronista Matthew Paris descriveva l’esistenza di un’associazione di maestri eletti parigini, come un’istituzione che esisteva già da molto tempo. Alcuni membri sostengono che l’università fu costituita intorno al 1170 come corporazione di maestri, prima di diventare un’unione di facoltà. Intorno al 1210, una bolla di Innocenzo III, che si era laureato a Parigi, riconobbe e approvò gli statuti di questa corporazione di maestri e un’altra bolla, sempre dello stesso papa, autorizzò la corporazione a scegliere un procuratore che la rappresentasse alla corte pontificia.


Una lezione all’università di Parigi.

Immagine di una scuola risalente al XIV secolo.

Nei testi medievali lo studente è chiamato escolar e il professore scolasticus. Poiché le prime università erano annesse alle cattedrali o a grandi abbazie, gli allievi appartenevano al clero e portavano la tonsura. Arrivavano solitamente da altri Paesi, per questo erano raggruppati per nazioni, e ognuna di queste era rappresentata da un procurator. Molti non riuscivano a terminare gli studi a causa dei costi elevati e per questo fu fondata la prima scuola di medicina per studenti poveri nell’Hotel-Dieu (Ospedale) di Parigi nel 1180 e quella di San Tommaso del Louvre (1186) per le arti liberali. Nel XII secolo, i professori furono promossi socialmente dalla Chiesa e i professori degni di nota investiti come prelati. Durante il XIII secolo, le cattedrali delle facoltà di teologia furono ottenute dagli ordini mendicanti (domenicani e francescani), che erano in perenne conflitto con il clero secolare ed erano anche protagonisti, al servizio dell’Inquisizione, della crociata interna contro i Catari. 

MAESTRI E ALUNNI. Negli anni successivi si organizzarono le facoltà, che in concreto, furono quattro: teologia, diritto canonico, medicina e arti. Quelli che studiavano arti erano chiamati artistae ed erano il gruppo più numeroso. Tra questi si distinsero coloro che si autodefinirono goliardi, che praticavano la poesia satirica e la burla contro le autorità, mentre si divertivano nelle taverne vicine alla Senna. Inizialmente le lezioni si impartivano nei monasteri di Notre-Dame, Sainte-Genevieéve e Saint-Victor, anche se si hanno notizie di alcuni maestri che prendevano in affitto delle aule in edifici civili. I maestri, che furono chiamati anche professori, erano sacerdoti tonsurati che,  prima del XV secolo, perdevano il posto quando si sposavano. Si insegnava mediante dissertazioni principalmente perché non tutti gli studenti potevano comprare i testi da leggere né avere sempre delle copie dalle biblioteche. Gli studenti si sedevano per terra e prendevano molti appunti. La quantità di informazioni da immagazzinare nella loro memoria era tanto vasta che si dovevano chreare dei metodi mnemotecnici: di solito si utilizzava quello dei versi ricchi di senso e terribili di forma. Le regole universitarie proibivano al maestro di leggere la sua dissertazione: doveva parlare a braccio e aveva anche il divieto di esprimersi lentamente. Si avvisavano i nuovi studenti che avrebbero pagato il corso dopo aver assistito a tre lezioni. La maggior parte degli allievi viveva negli hospicia, ostelli, affittati da gruppi di studenti organizzati, il che semplificò notevolmente la dinamica commerciale nelle città. Chi non aveva risorse sufficienti poteva ottenere dalle istituzioni monastiche, dalle chiese o semplicemente da filantropi privati che concedevano queste donazioni  (in latino bursae). La fama della Sorbona aumentò di pari passo con la reputazione dei suoi professori, perché vi insegnarono i pensatori più illustri del XII e XIII secolo: Pietro Abelardo, Giovanni di Salisbury, Alberto Magno, Sigieri da Brabante, Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnoregio, Ruggero Bacone, Duns Scoto… Questo elenco di nomi costituisce praticamente la storia della filosofia di questi due secoli.
MONTPELLIER, ORLEANS, ANGERS. Altre università contribuirono a dare alla Francia la direzione culturale del pensiero europeo. Orleans, per esempio, fu in competizione con Chartres, e anche se meno famosa, fu influente la facoltà di diritto di Angers, che con il tempo sarebbe diventata una delle principali università francesi. Tolosa dovette la sua università alla lotta dottrinale contro le eresie bene radicate dei Catari ma senza dubbio l’università francese più rinomata, oltre Parigi, fu quella di Montpellier. Situata a metà strada tra Marsiglia e Barcellona, capitale della corona d’Aragona, la città godeva di un grande incrocio di culture diverse: francese, greca, catalana, araba, ebrea e genovese. Il commercio era molto attivo e, forse per influenza di Salerno, sviluppò un’importante facoltà di medicina, i cui professori e chirurghi diedero grande fama  all’università.  

LE SCUOLE INGLESI. In Inghilterra l’insegnamento del diritto civile non si impartì nelle università, ma negli Inns of Courts, o scuole di avvocati, che erano numerose a Londra. il vero e proprio insegnamento universitario si concentrò in un guado del Tamigi, ben presto conosciuto come Oxford, dove intorno alla metà del XII secolo giunse un teologo da Parigi, Robert Pullen con l’intenzione di stabilirsi lì per dare lezioni di teologia. In poco tempo si radunarono in quel luogo altri maestri e molti alunni e si creò uno studium generale, la fase precedente alla creazione dell’Università di Oxford. Un registro del 1209 riporta la presenza di circa 3000 studenti e maestri. Si definirono allora quattro facoltà: teologia, arti, medicina e diritto canonico. Nel corso del XIII secolo si costruirono residenze per studenti e professori e, in seguito, aule per l’insegnamento. Nel 1260 John Balliol, padre del futuro re di Scozia, fondò a Oxford, come penitenza di un reato, una ‘casa di Balliol’ per mantenere studenti senza risorse attraverso la concessione di una paga settimanale. Tre anni dopo, Walter de Merton, fondò e attrezzò ‘la casa degli studenti di Merton’. In poco tempo le scuole inglesi diventarono ricche, non solo per le concessioni, ma anche per le elargizioni e per l’aumento di valore delle proprietà di cui erano dotate. I maestri scelsero uno di loro alla guida della residenza come Senior fellow.
Nel XIII secolo l’università di Oxford era l’unione di queste scuole, che facevano capo a un università o corporazioni di maestri, governata da reggenti e da un cancelliere scelto al suo interno, il quale era soggetto del vescovo di Lincon e del re. Il laureato più famoso di quest’epoca fu Ruggero Bacone. Si radunò in quel luogo anche un gruppo nutrito di monaci francescani interessati allo studio: Adamo di Marsh, Tommaso di York e John Pecham, tutti sotto la guida del preparatissimo Roberto Grossatesta, la figura più brillante degli oxfordiani nel XIII secolo. Grossatesta studiò lì legge, medicina  e scienze naturali e fu eletto maestro delle scuole di Oxford, forma primitiva del titolo di cancelliere. Secondo quanto ci racconta Matthew Paris, intorno al 1209 circa 3000 alunni e professori lasciarono Oxford in segno di protesta per il linciaggio di tre studenti accusati di aver commesso un omicidio. Si rifugiarono nella località di Cambridge e nel 1281 il vescovo di Ely organizzò la prima scuola secolare di Cambridge, il St. Peter’s College, oggi Peterhouse. A Cambridge venne riconosciuto lo status di università solo nel 1231, grazie a Enrico II d’Inghilterra.

UNIVERSITA’ REALI. Le università spagnole hanno la peculiarità di essere state fondate e regolate dia regnanti. Così la Castiglia ebbe la sua reale università a Palencia nel 1208, anche se fu trasferita Valladolid un secolo dopo. Leòn ebbe la sua e Salamanca fondò la propria nel 1218. nel regno di Maiorca fu creata quella di Palma nel1280 e in Catalogna quella di Lérida nel 1300. Nella maggior pare di queste università si insegnava latino, matematica, astronomia, teologia e diritto, un po’ di medicina e ebraico. Nel 1250, i domenicani fondarono a Toledo una scuola di studi orientali e nel 1254 Alfonso X fece lo stesso a Siviglia.


Universidad de Salamanca, Escuelas Mayores.jpg
Facciata dell'Università di Salamanca
L'Università di Salamanca (in lingua ufficiale Universidad de Salamanca) è l'università più antica di Spagna (dal momento che quella di Palencia, anteriore ad essa, non esiste più) e una delle più antiche in Europa insieme a quelle di BolognaParigiOxfordCambridgeArezzoPadova e Napoli

LA SCOLASTICA.  La funzione docente nelle università fu sempre più uniforme. Si cercò un modello pedagogico unificato per tutta l’Europa, di stampo latino. La proposta arrivò dall’Università di Parigi, che era sia quella più evoluta sia quella che vantava i professori più rinomati. Il metodo di insegnamento diede origine a una teoria filosofica conosciuta come “scolastica”. Il processo fu il seguente: solitamente la discussione aveva una struttura precisa, la scolastica disputatio, secondo la quale si poneva una questione, si dava una risposta negativa che era difesa con citazioni della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa e con ragionamenti sotto forma di obiezioni; seguiva una risposta affermativa, difesa con citazioni bibliche, e patristiche e con risposte ragionate alle obiezioni.  Al tempo stesso si provava la formula del quodlibet, ciò che piace, in cui partecipanti alla disputa potevano scegliere qualunque tema da discutere.
Da metodo d’insegnamento, la Scolastica passò a essere una teoria filosofica. Anche in questo caso, il percorso iniziò a Parigi e incontrò molte difficoltà. Il primo problema era se la teologia avesse dovuto dibattere delle stesse questioni della filosofia, anche se quest’ultima era considerata l’introduzione della prima, la sua serva, l’ancilla theologiae, come affermarono alcuni maestri. Guglielmo di Alvernia, che insegnò a Parigi agli inizi del XIII secolo, si oppose poiché lo rendevano molto inquieto nel suo agostinismo militante. Non poteva conciliare fede e ragione e decise di lasciar perdere, tuttavia, alcuni francescani, come Alessandro di Hales, videro nella Scolastica la possibilità di difendere il Cristianesimo in termini filosofici e aristotelici; questo nonostante che l’ordine, per la stragrande maggioranza  puntasse sull’eredità di Platone – le opere mistiche di San Bernardo di Chiaravalle – più che su questa linea di argomentazione che sembrava unire la filosofia e la teologia nella ricerca della verità rivelata.
Questa posizione paltonico-agostiniana dell’esercizio scolastico dominò la teologia nella prima metà del XIII secolo. Il suo miglior esponente fu Bonaventura, al secolo Giovanni di Fidanza, nato nel 1221 in Toscana, il quale, una volta entrato nell’Ordine francescano adottò il nome che lo rese celebre. Ebbe discepoli eccellenti, come John Peckham, che trasferì le sue idee a Oxford come docente ma, in realtà, ebbe più che altro duri avversari che provenivano dall’ordine mendicante, quello dei domenicani. L’assalto all’Università di Parigi iniziò con Alberto Magno, il dottore universale, che fu professore di teologia a Parigi tra il 1245 e il 1248 e divenne il principale sostenitore di una linea ortodossa per il recupero di Aristotele.

Platone, Aristotele e il dogma della fede: la filosofia medievale.

Trionfo di san Tommaso, di Benozzo Gozzoli
Tommaso d'Aquino (Roccasecca1225 – Fossanova7 marzo 1274) è stato un frate domenicanoteologofilosofo e accademico italiano esponente della Scolastica, definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa.
https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_d%27Aquino

Platone parla e sostiene il discorso del mondo intellegibile, mentre Aristotele si concentra sul mondo sensibile. Le dottrine di entrambi abbracciano la totalità di ciò che esiste o può essere detto: dallla natura minuscola fino alla dottrina delle intelligenze che muovono i cieli. Nel XIII secolo, all’epoca della nascita della Santa Inquisizione, la filosofia di Aristotele irruppe con forxa nel dibattito attraverso le traduzioni dei musulmani Avicenna e Averroè e quelle dell’ebreo Maimonide. Così Bonaventura da Bagnoregio poté condannare Platone per aver negato la creazione postulando l’eternità della materia e Aristotele, per la sua tesi sull’eternità dell’unione materia-forma. Di fatto, la sfida della filosofia medievale e della scolastica fu l’introduzione del razionalismo greco classico nella cultura cristiana. Sant’Anselmo e Santo Tommaso d’Aquino, la fede dogmatica e il metodo aristotelico subordinato al dogma, incitarono la ragione a conoscere i suoi limiti, il che non smetteva di essere un programma platonico e al tempo stesso aristotelico.
  
   

L’EREDITA’ ARISTOTELICA.  Alberto di Colonia amava il sapere e ammirava Aristotele; fu il primo dei scolastici a esaminare tutte le opere principali del filosofo e a incaricarsi della loro interpretazione in termini cristiani. Nonostante una vita molto frenetica, fu uno scrittore prolifico e la sua opera completa occupa più di trenta volumi moderni. Nel corso della storia si incontrano pochi uomini che abbiano scritto così tanto, preso tanto in prestito e riconosciuto cos’ francamente le proprie colpe. Alberto Magno basò le sue opere, quasi titolo per titolo, su Aristotele: utilizzò i commentari di Averroè, ma si allontanò da essi quando differivano dalla teologia cristiana. Fece propria a tal punto l’opera di pensatori musulmani che i suoi scritti sono una fonte importante per la conoscenza odierna della filosofia araba nel Medioevo. Alberto citava spesso Avicenna e di tanto in tanto, la Guida dei perplessi di Maimonide e portò la Scolastica a un livello tale da permettere la comparsa di una figura cruciale che, senza di lui, non sarebbe mai stata possibile: San Tommaso d’Aquino.

SAN TOMMASO D’AQUINO. Tommaso nacque nel 1125 nel castello di famiglia di Raccasecca, a metà strada tra Napoli e Roma. Era figlio del conte Landolfo d’Aquino, appartenente alla nobiltà tedesca e una delle figure principali della corte dell’imperatore Federico II. La madre discendeva dagli Altavilla, la famiglia reale siciliana. Svolse i suoi primi studi nel monastero di Montecassino, vicino alla casa di famiglia, anche se la parte più importante della sua formazione avvenne poi all’Università di Napoli, dove trovò un ambiente di traduttori delle opere di Averroè in latino. Il suo primo maestro, Pietro d’Irlanda, gli fece conoscere le opere aristoteliche. Tommaso si fece presto notare per la sua intelligenza e per questo motivo il suo maestro suggerì di mandarlo a Parigi perché studiasse vicino ad Alberto Magno. La sua capacità portò la Scolastica al massimo sviluppo, sia grazie alla sua attività di professore a Parigi, sia dal 1259, con i suoi insegnamenti nello studium presso la corte pontificia, ad Anagni, Orvieto e Viterbo.
La Scolastica raggiunse in questi anni un punto di inflessione dovuto al successo di alcuni professori di Parigi, che diffusero un Aristotele senza velli ecclesiastici. Il principale di questi fu Sigieri da Brabante, massimo esponente della corrente conosciuta come Averroismo latino. Il successo tra gli studenti obbligò la Chiesa a contrattaccare. L’unico che poteva farlo con sicurezza era Tommaso d’Aquino e questa fu la sua missione. Andò a Parigi nel 1270, brandendo un opuscolo contro averroisti e in particolare contro Sigieri da Brabante. Si scatenò allora un importante dibattito intellettuale, nel quale Tommaso dovette fra fronte anche alle critiche del francescano Jphn Peckam, alunno di Bonaventura. Furono tre anni di dure controversie, che minarono la sua salute e, tuttavia, non si può definire chi fu alla fine, il vincitore.  Nel 1272, Tommaso rientrò in Italia, su richiesta de re Carlo d’Angiò, con lo scopo di riorganizzare l’Università di Napoli. Negli ultimi anni della sua vita Tommaso smise di scrivere, forse per la stanchezza o per la mancanza di dialettica e argomentazione. Morì nel 1274 mentre gli giungeva notizia che si erano riaccesi i dibattiti sull’Averroismo latino e dell’intromissione del vescovo Tempier nei lavori di Sigieri da Brabante.

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