DIVERSA DA TUTTI
Quattro lingue nazionali, una
ricchezza enorme, la neutralità e l’indipendenza come dogmi, il pluralismo
religioso, il mito della democrazia diretta in cui solo il popolo
ha l’ultima parola. È la Svizzera , un’”isola” nel
cuore dell’Europa, diversa
da tutti gli altri Paesi in
particolare per la sua storia.
Nei secoli dopo il Mille, quando
a dominare il mondo erano principi e feudatari e andavano formandosi le grandi
monarchie in Francia, Inghilterra e Spagna
|
.
Il territorio elvetico era ai
margini dei
grandi eventi e per questa
ragione i
pochi centri urbani (e
soprattutto i
villaggi montani) godevano di una
certa autonomia. Isolati tra catene alpine, i montanari svizzeri, eredi degli
antichi
Elvezi, come li chiamavano i
Romani, iniziarono a organizzarsi in comunità per difendere pascoli e terre.
“Fu nel Medioevo che nacquero entità collettive
decise a difendere i loro
interessi, entità
che possiamo considerare gli
embrioni
degli attuali cantoni”, spiega lo
storico
svizzero Fabrizio Panzera.
Comunità o
cantoni, che dir si voglia,
vissero delle
loro mandria e del magro frutto
dei loro
orti montani fino a che, tra il
1215 e il
1230, non fu aperta una via che
permetteva ai muli e alle merci di
valicare il Passo del San
Gottardo.
Con un ardito ponte sospeso, una
passerella di assi fissata alle rocce con
catene di ferro, vennero infatti,
superate
sul versante settentrionale le
impervie
gole di Schollenen.
Lo Statuto Federale viene letto a dei cittadini di Zurigo il 1º maggio 1351, mentre giurano fedeltà ai rappresentanti di Uri, Svitto, Untervaldoe Lucerna (Luzerner Schilling, 1513)
evento epocale: improvvisamente,
i montanari della Svizzera Centrale si ritrovarono sulla via che portava alla
ricchissima Lombardia, con la possibilità
di vendere i loro prodotti (carne
e
latticini) e fare acquisti nella
potente
Milano.
Una piccola rivoluzione che pose
le basi della ricchezza degli svizzeri e anche della loro fiera indipendenza:
ora che le cose giravano per il meglio nessuno aveva intenzione di lasciare il
campo libero a principi e feudatari che guardavano con interesse al controllo
del Gottardo. In particolare, gli abitanti dei piccoli cantoni di Uri,
Schwyz (da cui il nome Svizzera) e
Unterwalden, i più vicini alla via verso l’Italia, sancirono un patto che li
univa in una confederazione giurando di aiutarsi reciprocamente contro i nemici
esterni e di non farsi la guerra tra loro.
Secondo la tradizione il patto
venne siglato su un prato vicino al lago di Lucerna il !° agosto 1291 ed è
considerato l’atto di nascita della Svizzera e anche della propensione, tutta
elvetica, a decidere in prima persona, come vuole la democrazia diretta. Ogni
decisione, infatti era posta al vaglio delle diete, le assemblee locali che
riunivano gli uomini liberi.
VITTORIA! Tre importanti scontri dai quali gli Elvetici uscirono
vincitori: la battaglia di Morganten combattuta nel 1315 in cui fu sconfitto
Leopoldo d’Asburgo, la battaglia di
Sempach che si svolse nel 1386 tra Leopoldo III d’Austria e la Confederazione ;
quella di Grandson del millequattrocentosettantasei contro il duca di Borgogna.
Sotto dipinti e stampe raffiguranti le battaglie.
GUERRIERI DEI MONTI. Divisi ma
alleati (“tutti per uno e uno per tutti” recita il moto della Confederazione),
gli svizzeri si distinsero fin da subito per la capacità di difendere privilegi
e diritti, anche con la forza se necessario. Ancora oggi, infatti, la Svizzera è un “popolo in
armi”, dove vige la leva obbligatoria per tutti i cittadini, una tradizione
guerriera simboleggiata dal mito di Guglielmo Tell (vedi sotto) e sorta proprio
dopo la nascita della confederazione.
“Più i signori feudali cercavano
di stringerla presa, più le comunità locali si sforzarono di garantire la loro
autonomia. I primi a farne le spese della bellicosità dei confederati furono i castelli
e le rocche dei diversi nobili locali”, spiega Panzera.
Poi toccò agli Asburgo, casata
che alla fine del XII secolo cominciò a controllare la corona imperiale e che
considerava la Svizzera
parte integrante dell’impero. Fu un braccio di ferro lungo due secoli in cui
più volte gli asburgici saggiarono le picche e l’abilità di combattimento delle
milizie cantonali. Nel 1315, sul terreno accidentato di Morgarten, nei monti
tra Uri e Scwyz, il duca Leopoldo d’Asburgo, forte di un contingente di cavalieri
tre volte superiore di numero agli avversari, venne rapidamente sbaragliato e
messo in fuga. “Secondo tradizione, l’episodio di Morgarten fu la prima
battaglia per l’indipendenza combattuta tra la Confederazione e un
momento decisivo per la sue sorti”, spiega Panzera. Anche perché l’esempio di
quei contadini male armati ma capaci di suonarle alla cavalleria nobiliare
cominciò a far proseliti.
Nel XIV secolo altre comunità e
soprattutto le città di Lucerna, Zurigo e Berna, si unirono all’alleanza dei
primi tre cantoni tanto che si cominciò a parlare di “Confederazione di Otto
Cantoni”. Un tentativi di rivincita degli Asburgo finì in una strage della
cavalleria nobiliare il 9 luglio 1386
a Sempach (presso Lucerna), una battaglia che segnò di
fatto l’inizio della definitiva estromissione degli Asburgo dall’area
svizzera.
formazione della Svizzera fino ai confini attuali.
GUGLIEMO
TELL, L’EROE SVIZZERO TRA MITO E REALTA’.
Simbolo della lotta degli Svizzeri contro l’egemonia
asburgica è Guglielmo Tell, l’infallibile balestriere celebrato a teatro da
Friedrich Schiller e nella musica da Gioacchino Rossini. Secondo la
tradizione era un abitante di un paese del canton Uri che un giorno rifiutò
di togliersi il cappello di fronte alle insegne degli Asburgo che il balivo
locale, il rappresentante imperiale, aveva fatto innalzare sulla pubblica
piazza. Tell venne allora condannato a colpire con la balestra una mela posta
sopra la testa del figlio per evitare la prigione. Tell, come sappiamo,
riuscì nell’impresa, ma l’infimo balivo lo fece comunque imprigionare. Nel
racconto il prode balestriere fuggì dalla prigione e punì con la morte
l’arroganza del rappresentante imperiale. Si tratta probabilmente di una
leggenda nata per cementare l’unità dei cantoni nella lotta contro il grande
nemico esterno: l’imperatore.
LIBERTA’. Secondo gli storici fa parte di
quella che viene chiamata la “tradizione della liberazione”, storie in cui
troviamo perfidi balivi che sottopongono i fieri montanari elvetici a ogni
tipo di sopruso fino all’inevitabile vendetta finale. Un eroe così
leggendario che alcuni storici lo ritengono frutto di una rielaborazione
trecentesca di un’antica saga danese, quella dell’eroe Toko che con un suo
tiro colpì appunto una mela.
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TANTE LINGUE. I
Confederati forti del loro nuovo prestigio militare, cominciarono nel XV
secolo, ad allargare le loro mire al di fuori dei bastioni alpini. Sconfissero
nelle epiche battaglie di Grandson, Morat e Nancy, Carlo il Temerario, ultimo
duca di Borgogna. Si impadronirono così di un immenso bottino e dei territori
dell’attuale Svizzera francese. Poco dopo, all’alba del Cinquecento,
strapparono al Ducato di Milano il Canton Ticino e alla Confederazione si
allearono anche i Grigioni. “La
Svizzera aveva di fatto raggiunto i confini attuali, ma
soprattutto aveva acquisito un elemento fondante della sua identità attuale: il
plurilinguismo. Al tedesco dei primi cantoni, si aggiungevano il francese,
l’italiano e il romancio. Le quattro lingue oggi ufficiali in Svizzera”,
prosegue Panzera
firma e ritratto di Giovanni Calvino
Nella cattedrale di
Losanna (foto sopra) ci una disputa ideologico che si svolse dal 1° all’8
ottobre 1536.
“Le guerre moderne necessitavano
di forti eserciti e pezzi di artiglieria che solo le grandi monarchie potevano
permetterselo”. Gli svizzeri decisero così di concentrare le loro energie
militari nella difesa del territorio. E cominciarono a considerare la
neutralità come una condizione necessaria per mantenere l’autonomia. Venne
imboccata la strada della di una politica di autoesclusione che porta ancora
oggi gli svizzeri a vedere come il fumo negli occhi l’Unione Europea e ogni
organismo sovranazionale (del resto solo nel 2002 la Svizzera è entrata
nell’Onu). Questa politica ha tenuto
lontana la
Confederazione dalle grandi guerre europee dell’ultimo secolo
mentre, prima ancora, le consentì di sopravvivere alla frattura interna dovuta
alla diffusione della Riforma protestante.
VOTAZIONI PER ALZATA DI MANO. La Svizzera è la patria
della democrazia diretta: la decisione finale su questioni che riguardano la Confederazione , i
cantoni e i comuni spetta infatti al popolo, chiamato molto spesso ad esprimere
nelle urne il proprio parere. In molti cantoni per diversi secolo la democrazia
diretta ha avuto la sua espressione più evidente nelle votazioni per alzata di
mano che avvenivano nelle piazze della città. Donne escluse. Questa antica modalità è andata scomparendo nel
corso del Novecento ma resiste ancora nel canton Glarona e nell’Appenzell
interno, nella Svizzera nord-orientale. Tanta democrazia non ha coinvolto però
le donne: basti pensare che qui il voto femminile è stato introdotto solo nel
millenovecentosettantuno e, per le questioni locali, in alcuni cantoni è
arrivato solo negli anni Novanta del Novecento.
la confederazione dei tredici cantoni
Cantoni | Alleati |
---|---|
Canton Uri (1291)
Canton Untervaldo (1291)
Canton Svitto (1291) Città di Lucerna (1332) Città di Zurigo (1351) Città e Repubblica di Berna (1353) Città e Canton Zugo (1365) Canton Glarona (1388) Città di Soletta (1481) Città di Friburgo (1481) Città di Sciaffusa (1501) Città di Basilea (1501) Canton Appenzello (1513) | Città di Biel-Bienne (1353)
Repubblica del Vallese (1416)
Abbazia di San Gallo (1451) Città di San Gallo (1454) Repubblica delle Tre Leghe (1497) Città di Mülhausen (1515/1586 - 1798) Città di Rottweil (1463/1519 - 1643) Città di Ginevra (1519) |
TUTTI PER UNO. Patria natia di un
riformatore come Zwingli e patria d’adozione di Calvino, è stata a lungo scossa
da rivalità tra cattolici e protestanti ma, conclude Panzera, “gli Svizzeri non
hanno mai fondato la loro identità su un’unica religione, evitando così divisioni
laceranti che li avrebbero indeboliti”. L’ultima grande divisione tra cantoni
cattolici e protestanti risale alla pirma metà dell’Ottocento; ci fu una breve
guerra vinta dalla fazione protestante. Il conflitto non portò nuove divisioni
ma a una rinnovata consapevolezza all’insegna dell’”uno per tutti, tutti per
uno”. Vennero meno le pretese autonomistiche dei cantoni e nacque la Svizzera moderna basata
sulla Costituzione del 1848. la capitale fu fissata a Berna e sorse uno stato
federale senza barriere doganali. Ai cantoni restarono ampie funzioni
legislative, mentre la competenza sulle principali materie di interesse
nazionale (esteri, difesa) venne demandata a istituzioni federali. La
neutralità divenne perpetua e la Confederazione si trasformò nel corso del
Novecento nel luogo dove rifugiarsi e mettere al sicuro le proprie ricchezze
(anche quelle illecite), mentre in Europa infuriava la tempesta del
totalitarismo e delle guerre mondiali. Un’isola, e insieme cassaforte, frutto
di secoli di politiche scaltre.
Articolo in gran parte di Roberto Roseda su Focus Storia n. centotrentasette, altri testi e immagini da wikipedia
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