Sulla pista dei fossili.
I PRECURSORI DELLA
PALEONTOLOGIA.
Prima di sapere che i fossili
sono tracce di stadi remoti nell’evoluzione degli esseri viventi, gli uomini li
consideravano scherzi della natura, resti di giganti mitologici o prove del
Diluvio universale.
Un rettile sulle alpi. Nel 1983 sul monte San Giorgio nelle
Alpi Svizzere, venne scoperto il fossile di un piccolo rettile. Imparentato con
il moderno coccodrillo, visse durante il periodo Trassico, più di duecento
milioni di anni fa. Ricostruzione dell'animale i cui resti sono stati ritrovati in Svizzera (Foto: Facebook Università di Zurigo)
A lungo i fossili hanno
suscitato molta curiosità quanto stupore. Cosa pensare, infatti, di conchiglie
marine ritrovate sulla cima di una montagna? O di enormi ossa rinvenute sotto
terra? Oggi sappiamo che i fossili sono i resti o i calchi naturali di
organismi che vissero milioni di anni fa e che, dopo un processo di
interramento o di infiltrazione, si sono conservati nei sedimenti geologici.
Tuttavia, in mancanza delle conoscenze della paleontologia moderna, in passato
si elaborarono le teorie più disparate per spiegare la natura e l’origine di
questi esseri pietrificati.
I riferimenti più antichi si
trovano negli scritti di autori greci e romani. Generalmente si tratta di
accenni alla presenza di conchiglie e di altri organismi marini sulla terraferma
– in alcuni casi di loro impronte o di calchi, in altri della loro presenza
pietrificati o conservati all’interno della roccia -, però non mancano
riferimenti alle ossa fossili, il più delle volte di grandi dimensioni.
Aristotele propose una spiegazione che ebbe grande successo. Secondo la sua
teoria i fossili si sarebbero formati grazie all’azione di un fluido terrestre
che pietrificava tutto quello con cui entrava in contatto, oppure di qualche
vis plastica, una forza plasmatrice sconosciuta.
La tesi aristotelica si mantenne
per tutto il Medioevo. Si credeva che certi tipi di fossili avessero avuto
origine dai resti di animali acquatici trasformati in pietra a causa delle
esalazioni vaporose di una forza mineralizzante. Altri autori medievali sostenevano
invece che i vegetali fossili potessero essere il prodotto dell’influenza degli
astri. Contemporaneamente si diffuse anche un’interpretazione basata sulla
Bibbia secondo la quale le conchiglie marine, trovate sulle cime delle
montagne, si erano depositate lì dopo il ritiro delle acque del Diluvio
universale. Nel rinascimento cominciò a crescere l’interesse per gli oggetti
singolari e curiosi, tra i quali i fossili. Negli edifici religiosi e civili
come chiese, monasteri e comuni, venivano esposte ossa fossili di grandi
dimensioni, a volte attribuite a giganti oppure a draghi. Gli eruditi, inoltre,
gli raccoglievano per le camere delle meraviglie, precorritrici dei moderni
musei. Nelle camere e nei musei esistevano addirittura istruzioni su come raccogliere
e collocare in ordine le collezioni di elementi pietrificati, minerali, animali
impagliati, mostruosità. In un libro pubblicato nel 1551 il naturalista tedesco
Johann Conrad Gessner realizzò una serie di illustrazioni di fossili, tra i
quali rientravano solo i resti di piante e animali, ma anche quelli di asce di
selce, minerali, cristalli e addirittura oggetti archeologici come braccialetti
e anelli.
1282
Secondo Ristoro d’Arezzo la formazione delle montagne è dovuto al
Diluvio.
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1551
Johann Conrad Gessner pubblica un libro illustrato sui fossili.
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1670
Agostino Scilla
pubblica un trattato a favore dell’origine organica dei fossili.
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1726
Johann J. Scheuhzer fa
conoscere un fossile chiamato Homo diluvii testis.
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1796
Giorgio Cuvier
determina che il megaterio è una specie estinta.
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DALLA BIBBIA ALLA SCIENZA. Gli studiosi
continuavano a spiegare l’origine dei fossili a partire dalla tradizione
greco-romana e a credere che fossero il risultato di movimenti tumultuosi
dovuti a esalazioni terresti, come i terremoti. Si speculò anche su una loro
possibile origine dai germi o dai semi che, provenienti dai vapori umidi
esalati dal mare, venivano poi sparsi attraverso le piogge e si depositavano a
terra formando i fossili. Altri consideravano i fossili come scherzi della
natura, che riproducevano casualmente forme somiglianti a conchiglie o ad altri
esseri viventi.
Tuttavia
dalla fine del XVII secolo e per tutto il XVIII secolo a prevalere fu senza
dubbio l’interpretazione derivata dalla Bibbia. Numerosi eruditi cercarono di
dimostrare che le irregolarità della crosta terrestre e la presenza di fossili
marini lontani dal mare e sulla cima delle montagne – tanto di molluschi quanto
di mammiferi giganti – fossero conseguenza del Diluvio universale descritto
nella Genesi. All’inizio del XVIII secolo il medico svizzero J.J. Scheuchzer
presentò un insieme di fossili come i resti di una vittima umana del Diluvio,
ance se in realtà appartenevano a un anfibio fossile.
La
teoria del Diluvio si basava sul presupposto che Dio avesse creato tutte le
specie animali in un periodo di sei giorni e che queste fossero rimaste
immutate nel corso del tempo (sebbene si potesse supporre che si fossero
salvate grazie all’arca di Noé). Tuttavia questa teoria presentava il problema
che numerosi fossili, tanto di molluschi quanto di mammiferi giganti, non
potevano essere messe in relazione con esseri viventi. Pertanto durante
l’illuminismo alcuni scienziati iniziarono a pensare che i fossili
corrispondessero a specie estinte. A confermare questa ipotesi contribuì in
modo decisivo la scoperta dello scheletro di un animale preistorico rinvenuto
vicino a Buenos Aires e inviato a Madrid nel 1788. una volta ricostruito, si scoprì che si trattava di
una specie di bradipo gigante completamente sconosciuta, che venne chiamata
Megatherium americanum. Curvier, un erudito francese, condusse uno studio
anatomico del megaterio e di altri fossili simili comparandoli con specie
viventi di elefanti e nel 1796 pubblicò le Mémoires sur les espèces d’éléphants
vivants et fossiles. Curvier sosteneva che nel tempo si erano succeduti grandi
cataclismi cataclismi geologici che avevano sterminato la fauna vivente e che i
fossili erano tutto ciò che ne rimaneva. La sua filosofia catastrofista era
ancora distante dalla teoria dell’evoluzione che sarebbe poi stata sviluppata
da Darwin (vedi l’articolo su questo blog Darwin e il viaggio sul Beagle), ma
certamente lo studioso francese pose le basi della paleontologia, lo studio
scientifico dei fossili.
Leonardo
da Vinci il solito scettico.
Mentre Leonardo da Vinci nel 1489 era
impegnato a lavorare a una grande scultura di bronzo a Milano, alcuni
contadini gli portarono un sacco pieno di una grande quantità di conchiglie e
coralli rinvenuti in montagna. A partire da quel momento Leonardo non smise
di riflettere sulla questione, come risulta dal Codice Leichester (1508).
Contrario alla teoria che quel ritrovamento fossero dovuti al Diluvio,
Leonardo decise di provare come le conchiglie “In mille braccia d’altura non fossero portate dal diluvio”. Se
infatti il Diluvio era stato causato da piogge torrenziali o da inondazioni
marine, lui avrebbe dimostrato che “Né
per pioggia che ingrossi i fiumi, né per rigonfiamento d’esso mare li nichi,
come cosa grave, non sono sospinti dal mare alli monti, né tirati a sé dalli
fiumi contro al corso delle loro acque.
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I FOSSILI SECONDO LA SCIENZA MODERNA – CHIMICA E
GEOLOGIA.
Sezione di conchiglia di ammonite fossilizzata mostrante diversi tipi di processi di fossilizzazione avvenuti sullo stesso resto fossile: • quasi tutto il materiale componente il guscio, nella spirale esterna, è stato sostituito dapirite, oggi alterata in limonite, riconoscibile nelle linee color ruggine che delineano il profilo del fossile; • le cinque camere più esterne sono state riempite da sedimento fine, frammisto a frammenti di piccolo gusci di altri organismi, penetrato dall'apertura naturale della conchiglia, lo stesso riempimento è avvenuto negli ultimi giri interni della spirale, ove il sedimento si è infiltrato presumibilmente tramite piccole fratture nel guscio più debole; • nella zona mediana della spirale, i setti del guscio hanno funzionato come paratie stagne impedendo l'ingresso di materiale detritico; queste cavità rimaste libere hanno permesso la crescita di cristalli di calcite da parte di acque di strato ricche in carbonato, a partire dalle loro pareti; il resto del guscio è stato completamente mineralizzato da calcite.
La
formazione dei fossili è un fenomeno naturale, e perché avvenga devono essere
soddisfatte determinate condizioni. Prima di tutto alla morte di un organismo
la sua decomposizione deve essere ritardata, per esempio depositandosi su un
fondale fangoso e venendo seppellito rapidamente da un altro sedimento. Questo
permette lo sviluppo del processo di mineralizzazione, una serie di
interscambio chimici tra le ossa dell’animale e i sedimenti che lo ricoprono;
ciò provoca la sostituzione delle ossa con materiale minerale, anche se viene
mantenuta la forma originale. Con il passare del tempo le trasformazioni della superficie
terrestre possono erodere la zona dove si era depositato l’animale e l’erosione
fa sì che il fossile venga riportato alla luce. Sebbene gli scienziati oggi
abbiano localizzato microfossili risalenti a più di tremila milioni di anni fa,
questi furono visibili in abbondanza solo durate le Ere paleozoica (541-252
milioni di anni fa), grazie all’apparizione di specie dotate di corazza e
scheletri adatti alla fossilizzazione, mesozoica (252.66 milioni di anni fa),
cui appartengono di fossili di dinosauro.
femore di mammut proveniente dalla Siberia datato intorno ai 40mila anni fa
ORNAMENTI E AMULETI CIRCONDATI DA LEGGENDE. –
PREISTORIA
L’interesse
per i fossili risale alle origini stesse dell’umanità. Nelle caverne e nei
giacimenti preistorici sono state rinvenute alcune conchiglie fossili perforate
che venivano sicuramente utilizzate come orecchini. In altre occasioni i
fossili erano incrostati su dei crani o incisi su strumenti come asce. I
fossili erano considerati non solo oggetti singolari e attraenti, ma anche
elementi dotati di poteri magici. Con il passare del tempo si susseguirono
curiose teorie. Per esempio i fossili di ammonite – un mollusco a forma di
spirale – preso il nome di corno di Ammone per la rassomiglianza con la
divinità egizia rappresentata da un ariete; nel Medioevo, invece, questi fossi
erano noti come pietre di serpente. Successivamente le pietre con forme
particolari, specialmente quelle che somigliavano a piante oppure ad animali,
presero il nome di pietre figurate e attrassero l’interesse di eruditi ma anche
di collezionisti.
RIVIVE IL MITO DEI GIGANTI. – XVI SECOLO
Dente di megalodonte (nero) comparato a due denti (bianchi) digrande squalo bianco su una scala centimetrica: il dente di megalodonte è lungo 13,5 cm, mentre quelli di squalo bianco tra i 2 e i 3 cm.
Il
ritrovamento di enormi ossa in stato fossile – in genere resti di proboscidati
(imparentati di odierni elefanti) e cetacei (mammiferi marini) – è stato fonte
di continue polemiche. Durante l’antichità e il Medioevo era diffusa la
credenza che appartenessero ai giganti descritti nella mitologia classica (per
esempio i ciclopi) o nella Bibbia. Nel XVI secolo iniziò un dibattito, che si
prolungò fino alla fine del XVIII, nel quale si ipotizzò che le ossa potessero
appartenere a uomini di elevata statura. Così si evince dai racconti dei
navigatori e dei viaggiatori che attraversavano lo Stretto di Magellano e che
assicuravano di aver visto autentici giganti,
i patagoni. Ad esempio, il cronista della spedizione cinquecentesca di
Cavendish li descrisse come uomini di grande statura e capaci di corre molto
velocemente. I racconti venivano alimentati dai ritrovamenti di enormi ossa
pietrificate che le leggende indigene dell’America centra e del sud
attribuivano a un’antica razza di giganti.
LE MISTERIOSE LINGUE DI PIETRA. - 1666
Fin dall’antichità troviamo riferimenti a un tipo di
fossile relativamente comune nelle zone mediterranee. Plinio credeva che si
trattasse di glossopetrae, lingue pietrificate cadute dal cielo durante un’eclisse.
In seguito si pensò fossero denti di serpente o di drago. Nel XVII secolo il
danese Niels Stensen, medico personale del Granduca di Toscana Ferdinando II dé
Medici, elaborò una teoria diversa sulle glossopetrae.
Nel
1666 Stensen realizzò la dissezione anatomica della testa di un grande squalo
bianco catturato da poco e si rese conto che i denti dell’esemplare
coincidevano nella loro morfologia con le pietrificazioni chiamate appunto
glossopetrae. Questa scoperta gli permise di proporre un’ipotesi più ampia
riguardo la natura organica dei fossili. Niels Stensen sostenne anche che l’età
dei fossili era da mettere in relazione con lo strato di terra nel quale
venivano rinvenuti, e per questa ragione viene considerato da molti come il
padre della moderna stratigrafia.
UN FOSSILE UMANO DELL’EPOCA DEL DILUVIO. 1725
Fossile di Andrias scheuchzeri
Un fossile che sembrava rappresentare una pietrificazione
umana suscitò un acceso dibattito sull’origine dell’umanità prima del Diluvio.
L’esemplare, scoperto nel 1725, consisteva in un blocco di pietra contenente
quello che sembrava essere una parte di un cranio e sette vertebre. Il medico
svizzero Johann Jacob Scheuschzer sosteneva che appartenessero a un uomo
annegato durante il Diluvio universale e per questo lo battezzò Homo diluvi
testis, ovvero uomo testimone di Diluvio. secondo Scheuchzer si trattava di
ossa umane, simili per proporzioni a quelle di un individuo della sua stessa
altezza. Dopo la morte di Scheuchzer, intorno all’esemplare nacque una curiosa
controversia: si trattava di un essere umano oppure di un pesce siluro? Qualche anno più tardi, nel 1811, l’esemplare
fu identificato correttamente da Georges Cuvier come quello di una salamandra
gigante vissuta nel Miocene superiore (circa 11-5 milioni di anni fa.)
BOLCA, IL GIACIMENTO PIU’
FAMOSO – PATRIMONIO ITALIANO.
Secondo molti studiosi, l’Italia possiede alcuni tra i più
importanti giacimenti fossiliferi al mondo. Tra questi i reperti di Bolca (Vr).
Si tratta di fossili, per lo più pesci – ma anche molluschi e crostacei,
insetti, un coccodrillo, resti di meduse o piante – risalenti all’Eocene medio
(circa 50 milioni di anni fa). La bellezza dei reperti e la loro ottima
conservazione attirarono l’attenzione degli studiosi fin dal XVI secolo. Il
primo a parlarne fu probabilmente il medico senese Andrea Mattioli in una pubblicazione del 1550, mentre il
farmacista veronese Francesco Calzolari possedeva, già intorno al 1571, alcuni
fossili nella sua collezione. Tra gli altri studiosi legati al sito, a cavallo
tra il XVIII e il XIX secolo, il veronese Giovanni Battista Gazzola vantava,
nel suo palazzo, una collezione di 1200 esemplari, poi prelevati da Napoleone e
portati a Parigi. Il mantovani Giovanni Serafino Volta, invece, realizzò nel 1789
un catalogo di peschi fossili. Importante anche il contributo del marchese
Maffei, della famiglia Rigoni, e soprattutto della famiglia Cerato, che studia
i fossili da oltre due secoli.
I FOSSILI E LA SPERIMENTAZIONE - 1755
Nella
seconda metà del XVIII secolo gli studiosi elaborarono spiegazioni scientifiche
sulla formazione dei fossili. Tra il 1755 e il
1788 G .W.
Knorr, mercante d’arte e incisore, ed E.I.Walch, filologo e naturalista,
pubblicarono un’opera in diversi volumi, molto popolare all’epoca per le
magnifiche illustrazioni dei fossili che conteneva. Knorr e Walch credevano
che, nel corso dei secoli, la terra fosse passata attraverso diverse catastrofi
geologiche e che i resti degli organismi morti nei cataclismi avessero dato
origine ai fossili.
I due autori analizzarono anche il processo di
pietrificazione attraverso la sperimentazione chimica. In questo modo poterono
osservare che i resti fossili gli stessi effetti delle ossa naturali quando
erano esposti all’azione del fuoco, che li riduceva in cenere e li convertiva
in carbone. Se i fossili venivano sottoposti a distillazione emettevano uno
spirito volatile di ammoniaca dal quale si estraevano Sali alcalini che
ricordavano l’urina: ciò dimostrava la loro natura organica.
CUVIER E LA FAUNA ESTINTA – 1796.
Nel 1788 venne rinvenuto vicino a Buenos Aires lo scheletro
quasi integro di un animale di grandi dimensioni completamente sconosciuto. I resti
ossei vennero imballati in casse e spediti al Gabinetto di Storia naturale di
Madrid (all’epoca il territorio argentino apparteneva ancora alla corona
spagnola), lì l’esemplare venne montato e furono realizzate cinque incisioni
con i disegni e le descrizioni delle ossa. Una copia di queste incisioni arrivò
a Parigi, all’Istituto di Francia, dove poterono essere analizzate da Georges
Cuvier, in quel momento il principale specialista in anatomia comparata e
paleontologia dei vertebrati. Cuvier realizzò un esame anatomico basandosi
sulle incisioni e comparò l’esemplare americano con i resti fossili di proboscidati e con
denti e ossa di specie viventi di elefanti. In questo modo nel 1796 determinò
che le ossa conservate a Madrid appartenevano a un mammifero del superordine Xenarthra
(come l’armadillo, il bradipo o il formichiere), però di un genere estinto, che
chiamò Megatherium americanum. Così, grazie ai fossili, venne ricostruito per
la prima volta un animale estinto.
Articolo in gran parte di Francisco Pelayo Lopex istituto
di storia e consiglio superiore per la ricerca scientifica di Madrid pubblicato
su Storica National Geographic del mese di luglio 2018, altri testi e immagini
da wikipedia.
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