Catacomba di Domitilla.
Nel segno della
tolleranza.
La più grande catacomba di
Roma, intitolata a Domitilla, è una testimonianza di come uomini di fedi
diverse potessero vivere e morire nel pieno rispetto reciproco. Oggi il suo
straordinario patrimonio pittorico è documentato da un progetto condotto con
l’ausilio delle tecnologie più avanzate e da un piccolo, ma prezioso museo.
Con i suoi 12 chilometri di gallerie e oltre 26000 tombe,
la catacomba di Domitilla è la più grande di Roma. Nei suoi spazi si snoda la
storia del cristianesimo dei primi secoli, insieme con le origini
dell’archeologia cristiana, che risalgono proprio agli studi condotti sui suoi
cunicoli e sui suoi dipinti. Testimonianze restituite alla visita e che sono
state oggetto di una ricostruzione tridimensionale completa ottenuta con la
tecnologia laser scanning, aprendo nuove prospettive di studio. In nessun altro
luogo è altrettanto evidente come una necropoli, la città dei morti, si sia
trasformata, gradualmente, in un cimyterium, il luogo di coloro che dormono, in
attesa della Resurrezione. Nelle gallerie, nei cubiculi stessi, anche fra i
membri della medesima famiglia, cristiani e pagani stanno gli uni accanto agli
altri. I simboli del pesce e dell’ancora, il cristogramma, l’invocazione della
pace sono incisi nel marmo delle epigrafi, vicino a sculture greche, scene di
caccia e racconti mitologici scolpiti sui sarcofagi.
Cristo insegna agli apostoli, affresco del IV secolo
Identikit
di una città sotterranea.
le catacombe di Roma
Origine. La catacombe si trova nell’antico praedium Domitillae, attestato in fonti
letterarie e ritrovamenti epigrafici. Nella famiglia dei Flavi, nel I secolo,
sono documentate due figure femminili col nome di Flavia Domitilla : una è la
proprietaria del terreno, moglie del console Flavio Clemente (95); la seconda
è la nipote dello stesso console, venerata come martire nel IV secolo. La
catacombe è legata al loro nome e alla memoria dei Flavi, fra i quali
figuravano diversi cristiani.
Cronologia. Le tombe più antiche risalgono alla tarda età
repubblicana e sono state rinvenute bek sopraterra. Il cimitero sotterraneo
risale al I secolo dell’era cristiana e ha continuato a svilupparsi fino al
VI secolo.
Cifre. La
catacombe si estende in corrispondenza di un’area di 10 ettari per oltre
La basilica. In un’area cimiteriale è stata aperta nel IV secolo a
partire dalla basilica dei SS. Nereo e Achilleo, per riunire sepolture
cristiane adiacenti ai resti dei martiri, per i fedeli che volevano essere
accomunati anche nello spazio alla santità della loro resurrezione.
Portata
alla luce nel XIX secolo da Giovanni Battista de Rossi, la basilica
semipogea, è stata preceduta da due fasi strutturali sotterranee, attualmente
non visibili. Un primo vano martiriale risale all’epoca di papa Damaso; la
successiva costruzione in elevato, probabilmente, al VI secolo. Sicuramente
esisteva all’inizio del successivo, quando Gregorio Magno vi tenne una delle
sue omelie. Al suo interno sono stati scoperti i frammenti di un’iscrizione
di papa Damaso che conferma l’esistenza dei resti dei due santi, militari e
condannati probabilmente perché cristiani durante la persecuzione di
Diocleziano. È stato individuato anche un bassorilievo che raffigura la scena
dell’esecuzione: un uomo con le mani legate dietro la schiena e dietro di lui
un soldato che sta per decapitarlo.
L’importanza. Il complesso
della catacombali Domitilla è una testimonianza straordinaria della
coesistenza di pagani e cristiani all’interno della medesima koiné classica:
nei suoi spazi bui due di visioni della morte e della vita sono espresse con
lo stesso linguaggio artistico e figurativo, per arrivare a esiti opposti
eppure umanamente vicinissimi. Le sue raffigurazioni dimostrano come la
narrazione visiva cristiana abbia preso le mosse all’interno dei codici
simbolici greci e romani, mutandone la freschezza e gli accenti più
intimistici. Tutti i soggetti e gli schemi iconografici che andranno poi
consolidandosi qui vengono sperimentati e ibridati con raffigurazioni
diverse: il Buon Pastore, l’Adorazione dei Magi, Cristo e gli Apostoli,
Pietro e Paolo.
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ERCOLE EROE DI VIRTU’. Per un lungo
periodo tra la fine del II e il V secolo, le de appartenenze religiose hanno
convissuto nella stessa società: sensibilità diverse, immagini e racconti si
sono sovrapposti e contaminati. La figura di Pan ha finito per identificarsi con
quella del Buon Pastore, Ercole che lotta con i mostri è diventato l’emblema
delle virtù che i cristiani apprezzavano anche nei pagani, segno della bontà di
ogni essere umano e predisposizione all’annuncio del Vangelo. Il passaggio è
avvenuto lentamente, da una generazione all’altra, scandito da gesti di offerta
e graffiti. I vescovi di Roma, papa Callisto in particolare, hanno sancito la
presenza santificanti dei resti dei martiri Nereo e Achilleo, militari che si
erano rifiutati di eseguire gli ordini dell’imperatore. Al culto per i morti si
aggiunse, così, la memoria devozionale per i testimoni della fede, talmente
forte da trasformare le tombe stesse in meta di pellegrinaggio. Si andò
rafforzando la consapevolezza devozionale che la comunità dei vivi e la
comunità dei defunti, nei vasti spazi della catacomba di Domitilla, fossero
unite nella preghiera e nell’attesa della domenica senza tramonto, che tutto
trasfigurerà nella dimensione dell’eternità.
Chi era
Domitilla?
Santa Domitilla
Scuola umbra, sec. XV (Museo Nazionale di Varsavia)
L’area in cui venne scavato il
cimitero comune cristiano al II miglio della via Ardeatina è unanimemente
attribuita alla proprietà di Domitilla, che l’avrebbe donata alla comunità
dei suoi correligionari. Ma chi era questa matrona? Le donne che portavano
questo nome legate alla catacomba in realtà erano due. Eusebio di Cesarea
nella sua Historia ecclesiastica ricorda che una cristiana, Flavia Domitilla,
nipote di Flavio Clemente, console di Roma,era stata deportata sull’isola di
Ponza a causa del suo rifiuto del paganesimo. Alla fine del IV secolo
Girolamo riferisce che la sua discepola, in viaggio per mare verso
Flavio Clemente era uno dei
personaggi più in vista della sua epoc e la vicenda di questa sua nipote
dimostra che, già alla fine del I secolo, il cristianesimo era penetrato in
tutti gli strati della popolazione, anche nell’entourage imperiale. Tuttavia,
secondo Svetonio (Vuta Domitinani), lo stesso console era sposato con
un'altra Domitilla, figlia di una sorella di Domiziano, poi perseguitata per
la sia fede, insieme con il marito. Lo conferma Dione Cassio, scrivendo che
l’imperatore tolse la vita a molte personalità eminenti di Roma, tra cui
Flavio Clemente che, pure era suo cugino e aveva in moglie una sua nipote.
I PRINCIPI FLAVI.
VESPASIANO--------------DOMITILLA MAGGIORE
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DOMITILLA
MINORE TITO------MARCIA |
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| FURNILLA |
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TITO ---------------- FLAVIA GIULIA
----------------DOMIZIANO------DOMIZIA
FLAVIO DOMITILLA FLAVIA | LONGINA
CLEMENTE
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T.
FLAVIUS CAESAR
Entrambi furono accusati di
ateismo e di aderire alle idee dei Giudei. Dopo la more di lui, lei fu
condannata al confino a Ventotene. Alcuni studiosi ritengono che le
testimonianze delle due donne si possano sovrapporre. È tuttavia più
probabile che invece si tratti davvero di due componenti dello stesso gruppo
familiare, le cui vicende dimostrano le diverse modalità di persecuzione nei
livelli più alti della società imperiale: alla fine del I secolo il
cristianesimo non era individuato come un preciso sistema religioso, ma nella
percezione pagana si sovrapponeva all’ebraismo, prestandosi a identificazione
con gruppi politici e al coinvolgimento in congiure interne all’elite
imperiale, accuse e strumentalizzazioni.
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FINO A QUATTRO PIANI. Proprio per la
sia origine composita, l’insieme ipogeo ha una struttura particolarmente
complessa: si sviluppa a partire da sette nuclei, in parte ancora pagani. È
cresciuto in epoca costantiniana, con un santuario dedicato ai martiri Nereo e
Achilleo, poi trasformato in una basilica. Le gallerie sono disposte su più
piani, da due fino a quattro. Per la sua importanza, la catacomba è stata
oggetto di studi fin dalle origini dell’archeologia cristiana, anche se, fino a
tempi recenti, non era stato possibile ricostruirne l’estensione effettiva, né
la pianta completa, perché il suo reticolo era (e resta) in parte
inaccessibile. Già nel 1632 Antonio Bosio aveva realizzato la pianta di alcune
gallerie, allora ritenute parte della catacomba di Callisto, e alcune tavole
che raffiguravano gli ambienti noti con pitture murali. Il livello delle sue
descrizioni grafiche, con la struttura architettonica dell’insieme, le
proporzioni e la distribuzione degli dipinti rispetto agli spazi è rimasto
insuperato fino a oggi, sia per la precisione, sia per la razionalità della
sintesi di insieme.
PIANTE E ACQUARELLI. Un’altra pianta
collegata con immagini interne era stata realizzata nell’Ottocento da Louis
Perret, seguita da quella realizzata da Guglielmo Palombi e stamapata da Mario
Marubbi tra il 1909 e il 1914. la documentazione delle pitture catacombali ebbe
una svolta qualitativa a partire dai foto acquarelli realizzati nel 1903 da
Joseph Wilpert: anche i dipinti di Domitilla vennero riprodotti, ma soltanto
due terzi di essi erano allora conosciuti. Più tardi, il repertorio di Aldo
Nestori (1975) fissava alcuni
elementi e, talvolta, la posizione topografica delle scene. La successiva
operazione di inventariazione, condotta da Johannes Georg Deckers a partire dal
1987, non ha preso in considerazione il complesso di via Ardeatina, ma ha
definito l’obiettivo metodologico principale: il collegamento fra pitture e
spazio, fra architetture ipogee e costruzioni monumentali, fra vie di collegamento
e complessi catacombali. La campagnadi studi condotta nell’area di Domitilla,
prima dall’Università Tecnica di Vienna e poi dall’Istituto Archeologico
Germanico a Roma con la direzione di Norbert Zimmermann, si è basata su questi
presupposti, raccogliendo così stimoli, tematiche e problemi critici
dell’intera tradizione dell’archeologia cristiana romana. La riproduzione
virtuale completa delle gallerie e degli ipogei, insieme con l’immensa mole di
dati raccolta, è stata la base per i restauri condotti su alcune pitture
(cubicolo del Fossere, ipogeo dei Flavi, arcosolio di Veneranda). Non solo: per
la prima volta la catacomba viene indagata nella sua interezza in una
prospettiva fortemente interdisciplinare, che mette in luce gli aaspetti
architettonici, i codici figurativi e simbolici utilizzati nella fase di
penetrazione del cristianesimo della società urbana romana, la raffinatezza
delle tecniche pittoriche. “La vera
novità emersa durante i restauri resi possibili dall’indagine condotta con il laser
scanner sono i dipinti del cubicolo in cui è rappresentata l’introduzione di
due defunti al cospetto di Cristo maestro tra due santi protettori, forse gli
stessi Nereo e Achilleo. Questa scena esprime il contatto che i ‘defunti
eccellenti’ vogliono intrattenere con Gesù e con i santi, e quindi, la scelta
di farsi seppellire in prossimità dei resti dei martiri” spiega Fabrizio
Bisconti, Sovrintendente archeologico delle catacombe per la Pontifica Commissione
di Archeologia Sacra, che ha coordinato gli studi. Ecco, di conseguenza, che il
santuario, poi trasformato in basilica, è stato elemento aggregatore di tombe
di famiglie cristiane, motivo di sviluppo della grande catacomba.
Proprio lo sviluppo storico del complesso, la sequenza
dello scavo dei nuclei monumentali e delle gallerie rendono tangibili le
origine dl cristianesimo a Roma, nella concretezza corporea e umanissima del
rapporto fra la vita e la morte. Il cimyterium che oggi possiamo visitare e
leggere con chiarezza, nella sua apertura alla speranza ultraterrena, è la
trasposizione ipogea di un’intera società che andava trasformandosi nel
profondo, allargandosi a una sensibilità nuova senza privarsi della ricchezza
dei valori del mondo classico che si stava lasciando alle spalle.
Articolo in gran parte di Renata Salvarani, pubblicato su
Archeo del mese di luglio 2018. altri testi e foto da Wikipedia.
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