L’alba dei samurai del
mare Tsushima (1905)
Durante la guerra
russo-giapponese la flotta zarista, inviata in soccorso alla piazzaforte
orientale di Port Arthur, venne annientata dalla marina imperiale nipponica in
un epico scontro, perdendo i due terzi delle navi.
video della battaglia di Tsushima
L'ammiraglio Tōgō sul ponte del Mikasa all'inizio della Battaglia di Tsushima nel 1905. La bandiera da segnalazioni innalzata è la lettera "Z", un'istruzione speciale per la flotta
C’era grande agitazione, il 15 ottobre 1904, alle basi
navali russe di Libau (oggi Liepaja, in Lettonia) e di Reval vicino a Tallin
(in Estonia). Dai due porti baltici, allora compresi nell’impero dello zar
Nicola II, s’apprestava infatti a salpare la squadra navale guidata
dall’ammiraglio Zinovy Rozhestvensky, composta da 42 navi, fra cui 11
corazzate, per un’epica crociera verso l’altra parte del mondo, dove la Russia affrontava il
piccolo ma tenace Giappone. Da mesi la flotta russa del Pacifico era tartassata
dal nemico, intrappolata nella maggior piazzaforte zarista in Manciuria, la fortezza costiera di Port Arthur. Urgevano
rinforzi, e ad essere mobilitata allo scopo fu proprio la flotta del Baltico.
Oscuri presagi, però, adombravano il brindisi organizzato dagli ufficiali russi
poco prima della partenza. Il capitano Nikolaj Bukhvostov, comandante della
corazzata Imperator Alexander III, disse alzando il suo calice: “Andremo incontro a morte certa, ma ci
batteremo fino all’ultimo”. La sua sfiducia suscitò scalpore, ma era
motivata. Bukhvostov sapeva, come tutti gli altri ufficiali, che per arrivare a
destinazione occorreva affrontare il logorante periplo dell’Africa, poi
attraversare l’Oceano Indiano, entrare nel Pacifico dallo Stretto della Malacca
e infine nel Mar giallo: una massacrante crociera di 30mila km circa resa
obbligata dal fatto che la rota artica, che si conduceva cabotando la Siberia e scendendo dallo
Stretto di Bering, era impraticabile a causa dei ghiacci, mentre la scorciatoia
del Canale di Suez, che dal Mediterraneo tagliava verso il Mar Rosso, era
consentita solo alle navi russe di minor pescaggio.
corsa degli stretti
prima battaglia
MISSIONE DI SOCCORSO. Quella di Rozhestvensky era una disperata missione di soccorso. A
Port Arthur era scattato l’attacco a sorpresa nipponico che aveva aperto il
conflitto. La notte tra l’8 e il 9 febbraio 1904, il comandante supremo della
Rengo Kantai, la Flotta Combinata
nipponica, l’ammiraglio Heihachiro Togo aveva inviato una veloce squadra di
torpediniere a silurare le unità della flotta russa del Pacifico, di stanza
nella base. Le navi giapponesi colpirono le corazzate in una Tsesarebvich e
Retvisan, e l’incrociatore protetto Pallada, danneggiandoli gravemente e
facendoli arenare nella baia. Era il regolamento finale di conti tra Russia e
Giappone, da anni in lite per la
Manciuria , quella regione settentrionale di una Cina
imperiale in disfacimento, che faceva gola a entrambe le potenze per la sua
ricchezza di carbone e ferro. La flotta di Togo iniziò ad assediare Port Arthur
dal mare, imbottigliando la squadra russa del Pacifico, mentre da terra la
fortezza venne circondata dai soldati del generale Maresuke Nogi. Più volte le
navi russe tentarono di uscire da Port Arthur e guadagnare il mare aperto, ma
subirono forti perdite. La notte tra il 12 e il 13 aprile 1904, ad esempio,
l’ammiraglio Stepan Makarov guidò una sortita con la sua corazzata
Petropavlovsk, ma incappò in una mina subacquea che lo fece saltare in aria con
tutti i suoi uomini. il 10 agosto, invece l’ammiraglio Wilgelm Vitgeft tentò di
forzare il blocco e salpò da Port Arthur a tutta velocità, guidando una flotta
incentrata su ben 6 corazzate, fra cui la riparata Tsesarevitch, mentre Togo in
quel momento aveva molti incrociatori, ma solo 4 corazzate disponibili. Le navi
giapponesi i lanciarono all’inseguimento dei russi e le pedinarono sparando coi
calibri pesanti da 305 mm
da una distanza di 6 km .
Ma sebbene i russi avessero risposto al fuco, danneggiando la corazzata Mikasa
agli ordini dello stesso Togo, la battaglia fu vinta dai nipponici quando la
corazzata Asahi piazzò un paio di cannonate sulla torre di plancia della
Tsesarebitch, devastandola e uccidendo sul colpo Vitgeft e i suoi ufficiali.
Morto il comandate, i russi invertirono la rota e si rintanarono di nuovo a
Port Arthur: toccava quindi all’ammiraglio Rozhestvensky accorrere dall’altro
capo del mondo per tentare di liberare i commilitoni dall’assedio.
Rozhestvensky
Scontro
tra due mondi.
La guerra del 1904-1905 tra russi e
giapponesi stupì i contemporanei per il suo carattere di scontro fra popoli e
civiltà così diverse, all’epoca mondi alieni l’uno rispetto all’altro. Il
giornalista italiani Luigi Barzini, allora inviato speciale su quel remoto
fronte, scriveva sul Corriere della sera: “Non
si potevano trovare due popoli così diversi e farli combattere. Da una parte
scendono in campo gli uomini più grossi del mondo, dall’altra i più piccoli.
Da una porta una forza immensa ma lenta, una volontà superba ma cieca e
dall’altra un’audacia sorridente, una risolutezza geniale, una chiara e
ordinata visione del momento e una decisione fulminea nel profittarne. Uomini
che adorano il cielo contro uomini che adorano la terra. Uomini melanconici
contro uomini lieti. Biondi contro bruni. Villosi contro imberbi. Alle spalle
degli uni uno sterminato continente piano, grigio, freddo, spopolato
selvaggio. Alle spalle degli altri un gruppo di montagne emergenti
dall’infinito azzurro dell’Oceano, tiepide, fiorite, gaie, gremite di un
popolo industre e artista che le rende più belle”. Pochi anni dopo il
generale Nogi, espugnatore di Port Arthur, divenne precettore del
giovanissimo principe Hiroito, futuro imperatore del Giappone, e così ammonì
il ragazzino: “Russia, Inghilterra,
America tutte le nazioni più forti appartengono al gruppo ariano, mentre
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OTTO MESI DI STENTI. Fin dai primi giorni, la crociera circumglobale dei russi
si rivelò disgraziata. Appena usciti dal Baltico, nel Mare del Nord, confuse
nella nebbia, avvistarono alcune navi che credettero torpediniere giapponesi
arrivate, chissà come fino all’Europa. Spararono, ma si accorsero che erano
pesche reggi inglesi. L’incidente per un soffio non causò una guerra tra Russia
e Gran Bretagna: il peggio fu evitato solo grazie alle scuse formali della zar
e all’offerta, per le navi colpite, di un risarcimento di denaro. Dopo questo
incidente, la squadra russa arrivò a Tangeri, in Marocco, dove venne suddivisa
in due: una parte della flotta, comandata dal viceammiraglio Dimitri von
Folkersam, fu mandata nel Mediterraneo perché raggiungesse l’Oceano Indiano
passando da Suez, mentre lo stesso Rozhestvensky proseguì con il grosso delle
navi nel periplo africano, sulle orme degli antichi esploratori Bartolomeo Dias
e Vasco de Gama. Furono mesi faticosi per il clima equatoriale a cui i russi
non erano abituati e per la difficoltà di rifornirsi di carbone. Solo le
colonie francesi offrivano loro scalo, in ossequi all’alleanza franco-russa
stipulata fin dal 1894, mentre la Gran
Bretagna , inviperita per l’infortunio dei pescherecci,
parteggiava apertamente per il Giappone, a cui era legata da un patto stipulato
nel 1902. Il 27 dicembre
1904 Rozhestvensky in vista del Madagascar,
ancorandosi nella baia di Nosy Be e attendendo le altre navi da Suez. Una volta
pronto a ripartire, ricevette l’ordine da Pietroburgo di aspettare una
formazione raccogliticcia di vecchie navi di rinforzo salpate a loro volto dal
Baltico il 15 febbraio 1905, al comando del contrammiraglio Nikolaj Nebogatov. Rozhestvensky
sapeva che il tempo era tiranno, perché intanto la fortezza di Port Arthur,
presa a tenaglia da Nogi e da Togo, si era arresa fin dal 2 gennaio. Dato che
ormai non c’era più nessuno da soccorrere, la nuova missione era quella di
raggiungere Vladivostok e ricostruirvi quasi da zero la nuova flotta del
Pacifico con cui tentare la riscossa. Il 16 marzo Rozhestvensky salpò
finalmente dal Madagascar, passando la Malacca il 6 aprile e congiungendosi con
Nebogatov il 6 maggio in Vietnam, allora colonia francese, nella cui baia di
Cam Rahn fecero un ultimo rifornimento di carbone.
L’ammiraglio
russo optò di proseguire il viaggio per la via che transitava dallo stretto di
Tsushima, fra Corea e Giappone, la rota più breve per Vladivostock sebbene la
più rischiosa. Gli equipaggi erano stanchi per gli otto, durissimi mesi di
navigazione condotta in climi avversi e la loro prontezza e disciplina erano
via via scemate. Di più, la lunga permanenza in acque tropicali, senza
possibilità di ripulire e riparare gli scafi in bacini di carenaggio adeguati,
aveva fatto pesantemente incrostare le chiglie di alghe, molluschi, cirripedi e
tutta una serie di organismi bentonici, sicché l’attrito generato rallentava
non poco le navi.
Le
fasi della battaglia.
FASE 1 – L’INTERCETTAZIONE.
Avvertita via radio dalle navi picchetto
che sorvegliavano la zona, la flotta giapponese guidata dall’ammiraglio
Heihachiro Togo intercetta la flotta russa dell’ammiraglio Zinovy Rozhestvensky piombandole addosso da
nord-est. le due formazioni distano tra loro suppergiù
FASE 2 – IL TAGLIO DELLA T.
Togo ordina la conversione a sinistra della
sua colonna per sfilare davanti al nemico e sbarrargli la strada con la
tattica del taglio della T. Può usare la maggioranza dei cannoni brandeggiati
di fianco, mentre i russi oppongono solo i cannoni di prua delle unità più
avanzate.
FASE 3 – TIRO AL BERSAGLIO.
Le navi russe si vedono tagliata la rotta e
quando la distanza si riduce a
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Le
navi della battaglia.
1. Giappone
2. Russia
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MIKASA
TIPO: CORAZZATA
ENTRATA IN SERVIZIO:1902
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 15.380 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 18 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA:
ARMAMENTO: 4 cannoni da
CORAZZATURA: 102-
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FUJI
TIPO: CORAZZATA
ENTRATA IN SERVIZIO: 1897
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 12.430 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 18 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA:
ARMAMENTO: 4 cannoni da
CORAZZATURA: 357- 456 mm (murata); 152 mm (Torri)
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YAKUMO
TIPO: INCROCIATORE CORAZZATO
ENTRATA IN SERVIZIO: 1900
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 96436 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 20 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA:
ARMAMENTO: : 4 cannoni da
CORAZZATURA:89-178 mm (murata); 160 mm (Torri e barbette)
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BORODINO
TIPO: CORAZZATA
ENTRATA IN SERVIZIO: 1904
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 14317 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 18 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA:
ARMAMENTO: 4 cannoni da
CORAZZATURA: 145-
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NAVARIN
TIPO: CORAZZATA
ENTRATA IN SERVIZIO: 1896
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 10370 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 15 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA: 20,4
ARMAMENTO: 4 cannoni da
CORAZZATURA: 305-
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IZUMRUD
TIPO: INCROCIATORE LEGGERO
ENTRATA IN SERVIZIO: 1904
DISLOCAMENTO A PIENO CARICO: 3153 TONNELLATE
VELOCITA’ MASSIMA: 24 NODI
LUNGHEZZA:
LARGHEZZA:
ARMAMENTO: 8 cannoni da
CORAZZATURA:
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SFIDA ALLA FORTUNA. Lo stesso Rozhestvensky era fortemente provato. Come ha
descritto lo storico navale Giuliano Da Fré: “L’ammiraglio russo attraversò un autentico calvario personale.
Sconfortato dalla situazione, depresso dal mediocre esito delle esercitazione
effettuate, nel malsano clima tropicale subì un collasso fisico e nervoso che
lo depresse, tanto da presentare le proprie dimissioni, subito respinte”.
Ridotto in tale stato, l’ammiraglio voleva evitare di dover affrontare una grande
battaglia, rimandando lo scontro a dopo la riorganizzazione e il ristoro
previsti a Vladivostok. Rozhestvensky sapeva che le navi Togo erano in agguato,
ma confidava nelle frequenti nebbie della regione per eludere la vigilanza
giapponese attorno all’isola di Tsushima e passare indenne. Invece le cose
andarono diversamente.
Il 24
maggio per i russi fu la volta di un nuovo triste presagio: Folkersam, malato
di cancro, morì. Per non abbattere ulteriormente il morale dei suoi uomini,
Rozhestvensky ordinò che il decesso fosse tenuto segreto e il corpo nascosto
nella cella frigorifera della corazzata Oslyabya, l’unità comandata dal defunto
ammiraglio. Quando salpò, due giorni dopo, dall’ultimo scalo di Shangai, la
flotta russa contava, fra le unità principali, 11 corazzate, 9 incrociatori, 10
cacciatorpediniere, mentre Togo disponeva di 4 corazzate, 24 incrociatori e ben
60 unità minori, fra cacciatorpediniere e torpediniere. Il grosso delle unità
nipponiche si teneva inoltre pronto nella baia di Mesampo, in Corea, contando
sulla sorveglianza di navi picchetto, che Togo aveva scaglionato nello stretto
di Tsushima, efficacemente collegate con le prime emittenti radio. La battaglia
iniziò prima dell’alba, alle 2,45 del 27 maggio 1905, quando l’incrociatore ausiliario nipponico
Shinano Maru avvistò le luci di una nave russa e poi il resto della flotta.
Ricevute le prime informazioni, Togo, comunicò via radio il governo di Tokyo: “La nostra flotta prenderà immediatamente il
mare per attaccare il nemico e distruggerlo. Bel tempo, ma alte onde”.
Trascorsero però alcune ore prima che Togo arrivasse in forze a sbarrare il
passo ai nemici.
La flotta russa navigava su due file parallele e quando, a
partire dalle 7:00, Rozhestvensky iniziò ad
avvistare i primi incrociatori nemici, pensò di manovrare a formare un’unica
fila, specie per proteggere le unità più lente e vecchie. Ma il mancato
coordinamento tra le unità impedì tale mossa, mentre Togo si faceva sempre più
vicino. Verso le 13,40 l’ammiraglio samurai issò sul pennone della Mikasa la
proverbiale bandiera Z e trasmise alle sue navi l’esortazione di prassi: “La gloria o la caduta dell’impero dipendono
da questa giornata. Che ognuno faccia del suo meglio”. Togo intendeva
sfilare davanti alle file russe effettuando quello che nella strategia navale
di allora veniva definito il taglia della T, perpendicolarmente rispetto alla
colonna nemica rappresentante la gamba della stessa lettera. Ciò avrebbe
permesso di sparare con la maggior parte dei propri pezzi, brandeggiati su un
fianco, mentre il nemico poteva solo rispondere con i pezzi di prua delle navi
più avanzate.
MASSACRO FRA LE ONDE. La flotta di Togo, che contava su una divisione di
corazzate sotto il suo comando e una divisione di incrociatori guidata
dall’ammiraglio Hokonojo Kamimura, provenendo da nordest effettuò un largo giro
in senso antiorario, descrivendo una sorta di ‘alfa’, per invertire la rotta e
porsi davanti alle file nemiche. Alle 14:08 i russi aprirono per primi il
fuoco, da 7 km . di distanza, coi cannoni della
corazzata Suvorov, su cui si trovava Rozhestvensky;
i nipponici risposero subito, avvantaggiati da migliori munizioni che
adottavano una particolare miscela esplosiva, detta Shimose, devastante e
avente anche effetti tossici. La superiorità del tiro nipponico, in precisione
e velocità fu subito evidente. E se è vero che nella prima mezz’ora di
combattimento, le navi russe danneggiarono varie unità nemiche, come la stessa
Mikasa e gli incrociatori Asama, Yakumo e Nisshin, in seguito non ci fu storia.
La Suvorv subì
vasti incendi a bordo, tanto che Rozhestvensky, ferito, dovette trasferirsi su
un cacciatorpediniere. Intanto la
Oslyabya veniva bersagliata in modo così sostenuto che, alle
15:00, fu la prima unità russa ad affondare.
A
questo punto il capitano Bukhvostov tentò un azzardo virando a sinistra e
uscendo dalla formazione con la sua Imperator Alexander III allo scopo di
tagliare la coda della fila giapponese. Togo intuì il suo piano e fece virare a
sua volta a U tutta la formazione di corazzate, tagliando ancora la strada
ai russi ma in direzione opposta: nel
contempo bersagliò di granate la nave di Bukhvostov. Squarciata in più punti, la Imperator Alexander
III dovette ripararsi dietro la
Borodino , fronte zarista stava scattando il panico, perché le
navi riuscivano a difendersi bene solo dalle piccole torpediniere. Togo
rincorse le navi fuggiasche e, giunto intorno alle 18:00 a 6 km di distanza , riprese a
bombardarle. Un’ora dopo, la già compromessa nave di Bukhvostov, di nuovo
colpita, si inabissò con tutto l’equipaggio. Ancora più drammatica fu, alle
19:20, la fine della Borodino, che venne centrata da una cannonata sparata
dalla corazzata Fuji proprio nel deposito munizioni: la nave russa saltò
letteralmente in aria e tutti i 900 uomini, salvo uno, morirono. Intanto
affondava anche la Suvorov ,
finita a colpi di siluro. Al calar della notte, i giapponesi incalzarono con le
torpediniere e affondarono la
Navarin , poi nella giornata del 28 maggio l’azione nipponica
proseguì con obiettivo la formazione Nebogatov, fino a quel momento poco
impegnata negli scontri. Dapprima le navi russe superstiti furono assalite
dall’ammiraglio Shichiro Katoaka, poi arrivò anche Togo con le sue corazzate.
Vistosi soprafatto, Nebogatov a quel punto ordinò la resa.
Tsushima
fu fra i peggiori disastri militari della storia russa. La flotta zarista
soffrì perdite di 4380 uomini e la cattura di altri 5917, l’affondamento di 7 corazzate, 4
incrociatori, 5 cacciatorpediniere e altre unità minore, nonché la cattura di 4
corazzate e altre navi. Ai giapponesi lo scontro causò solo 117 morti e tre
torpediniere affondate. Mai battaglia navale fu dunque più sbilanciata tra
vincitori e vinti. La vittoria del Sol Levante, venne sancita, il 5 settembre
1905, dalla pace di Portsmouth, stipulata grazie alla mediazione degli Stati
Uniti d’America.
L’ultimo samurai.
https://it.wikipedia.org/wiki/Tōgō_Heihachirō
Tōgō Heihachirō[1] (東郷 平八郎?; Kagoshima, 27 gennaio 1848 – Tokyo, 30 maggio 1934) è stato un ammiragliogiapponese, attivo negli ultimi decenni del XIX secolo e all'inizio del XX secolo, famoso per la clamorosa vittoria che ottenne nella battaglia di Tsushima.
L’ammiraglio
Heihachiro Togo aveva 57 anni al tempo di Tsushima, ed essendo nato nel 1848,
agli sgoccioli dell’epoca degli shogun, aveva fatto in tempo a ricevere da
ragazzo un’istruzione da samurai. Suo padre stesso era un samurai di rango
nel feudo di Satsuma. Già a 8 anni iniziò a esercitarsi con la spada, ma
divenne ufficialmente un novizio samurai a 12, quando ricevette le sue prime
katane, nonché la rasatura di prassi e un salario di
|
Articolo in gran parte di Mirko Molteni, pubblicato su le
Grandi Battaglie navali edizione Sprea. Altri testi e immagini da wikipedia
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