La vita urbana e le
corporazioni nel medioevo.
Anche se l’emancipazione
della nobiltà feudale fu un processo lento, la comparsa di borghi intorno alle
mura e lo sviluppo dell’artigianato e dei mercati diedero luogo alla nascita
della vita urbana.
Nel nord Europa la città iniziò a muovere i primi passi
quando si collocarono le mura nel wik, la colonia dei mercanti, gli
stabilimenti e le botteghe dei commercianti di terre lontane. Il passaggio dal
mercante nomade alla vita sedentaria svolse
un ruolo importante nel consolidamento della città medievale. Dalla costruzione
delle mura attorno a un Vik nacquero Colonia, Ratisbona, Verdun o Namur. In
altri luoghi si recuperarono le vecchie mura come a Cambrai, Magonza, Reims,
Beauvis, Neyon e Tournai. In alcune occasioni, le città sorsero all’ombra delle
civitates episcopali, come nel caso di Madgeburgo, Liegi o Wurzburg. Tuttavia
fu in Italia che lo sviluppo urbano assunse un carattere policromo e vitale.
Dalla
moneta merce alla moneta fiduciaria.
denaro genovese (1139-1339)
Nel Medioevo, gli scambi mercantili erano
pochi. L’economia chiusa e la moneta un riferimento, il cui valore dipendeva
dal metallo coniato. Nel XIII secolo ci fu una rinascita monetaria relativa,
perché il numero di monete aumentò di poco. Ma alla fine del secolo ci furono
i primi surplus nell’agricoltura e nell’allevamento ed emerse una minoranza
di contadini ricchi che, insieme ai commercianti urbani – la nascente
borghesia mercantile che gestì questi surplus – cominciarono ad accumulare
denaro. La nobiltà avrebbe recuperato il potere perduto con l’invenzione
della moneta a corso legale o fiduciaria. Ruggero II di Sicilia (1152-1154)
ne fu il precursore poiché stabilì il primo monopolio monetario. Nel suo regno normanno autorizzò solamente la circolazione delle monete
coniate dalla sua zecca. Le altre monarchie lo imitarono presto: Enrico II
d’Inghilterra nel 1154, Federico Barbarossa di Germania intorno al 1160, i
regni cristiani iberici a partire dal 1170, Filippo II di Francia tra il 1180 e il 1223. Il
monopolio dell’emissione – stabilito nel XIV secolo – comportò la limitazione
delle monete signorili o locali e la proibizione o il controllo della
circolazione di quelle straniere.
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DAL CONSOLATO AL MUNICIPIO.
Verso la metà dell’XI secolo cominciò a svilupparsi in
Italia, il consolato, un organo di governo molto efficace che influì in modo
definitivo sul consolidamento dei centri urbani: Lucca, Pisa, Milano e Genova
furono i primi centri che istituirono il consolato e già nei primi decenni del
XII secolo Bergamo, Bologna, Brescia, Modena, Verona e Firenze da parte loro si
dotarono di questa istituzione a partire dal 1138. I consoli erano confermati
dall’imperatore del Sacro Romano Impero germanico, anche se presto cercarono
l’appoggio interno, nei gruppi confederati con il giuramento.
In
tutti i casi la fioritura delle città si basava sul controllo di tre ambiti
dell’economia. In primo luogo
l’artigianato fiorente e riccamente differenziato, che diede luogo alle
manifatture della lana, del panno, del cuoio, del ferro e del legno che, dal
XII secolo, producevano capitali considerevoli. In secondo luogo, il commercio
a lungo raggio che obbligava un controllo delle reti di navigazione nel
Mediterraneo e nel Baltico, dove transitavano merci di grande valore, un commercio
che in poco tempo generò anch’esso importanti capitali. E, infine, un’economia
monetaria e finanziaria, che consistette nell’investire i capitali
dell’artigianato e del commercio in capitale liquido, in denaro, origine della
banca e della politica in Europa. Questo procedimento richiese una moneta
stabile e a partire dal XIII secolo il ritorno al sistema aureo promosso dalle
principali città: Genova, Venezia e Firenze che nel 1252 lanciò il fiorino,
antenato della lira d’oro.
Il
municipio nacque per articolare le istituzioni di governo nella città,
ispezionare le opere pubbliche e organizzarla fornitura di beni e servizi.
L’aumento della popolazione fu il risultato di un movimento migratorio dalla
campagna alla città, con la prospettiva di un miglioramento delle condizioni di
vita. La libertà e l’accesso alla proprietà erano due stimoli che facilitarono
l’arrivo costante dei contadini. Lo fu anche il pellegrinaggio, perché molti
pellegrini decisero di rimanere in qualche città che incrociarono nel loro cammino.
Questo spostamento di persone animò le strade e le piazze, che si riempirono di
attori d istrada, venditori ambulanti e artigiani in cerca di lavoro. Tutti si
regolavano sul rintocco delle campane delle chiese finché, verso la fine del
XIII secolo, si cominciò a inserire nelle torri l’orologio meccanico per
scandire le ore del lavoro e del riposo.
Statuto della Società dei Mercanti, 1329
La
rinascita urbana creò anche le condizioni propizie per la ricostituzione della
vita associativa. I vecchi collegia professionali di origine romana – che erano
riusciti a resistere a fatica da quando si era smembrato l’impero – furono la
culla delle corporazioni del Medioevo. Esistono dei riferimenti ad alcuni di
questi collegia a Ravenna, nel VI secolo:quello dei panettieri, quello dei
notai, quello dei mercanti. Si ha anche notizia di un’associazione di artigiani
a Venezia nel IX secolo, oppure di una
di giardinieri a Roma in quegli stessi anni. Sono informazioni isolate, che
indicano la lenta scomparsa dell’attività associativa contemporaneamente alla
scomparsa della vita urbana. Ma la rivoluzione commerciale e lo sviluppo
agricolo – con l’esigenza dei mercati come luoghi di scambio delle merci –
provocò il risveglio delle associazioni.
Verso
la metà dell’XI secolo, in Francia e nelle Fiandre, le corporazioni appaiono
sotto forma di charités, fraires (confraternite) e compagnies. In Germania le
corporazioni (Hansen) nacquero dalle vecchie Markgenossenschaftern,
associazioni locali per il mutuo aiuto, di rigorosa osservanza religiosa. Agli
inizi del XII secolo erano trasformate in unioni di professioni o mestieri e il
loro potere aumentò a tal punto che si scontrarono con i consigli municipali
per il controllo del potere nelle città. La Lega Anseatica fu in origine
una di queste corporazioni, anche se più tardi, ormai nel XIV secolo, si
trasformò in una rete di scambio che creò uno spazio economico esteso da Bruges
a Novgorod, e che fu capace, nel suo momento di massimo splendore (la pace di
Stralsund nel 1370) di
imporre la sua legge alla stessa Danimarca.
In Inghilterra le corporazioni, i guilds, furono origine
delle associazioni di individui che creavano un fondo comune, che chiamarono
gield, da cui deriva la parola che in seguito li identificò. Il riferimento più
antico ai guilds, o corporazioni, è dell’anno 1093. Ben presto si diffusero in
tutto il Paese,legati soprattutto alla lana, e solitamente portavano il nome
del loro presidente, del loro alderamn. La loro crescita e importanza andò di
pari passo con quella dello sviluppo del commercio della lana inglese nelle
Fiandre, nel Bramante, nell’Haomait, nell’Artois e nelle città della Mosa.
Questa situazione obbligò a mantenere degli stretti rapporti con i patrizi
(poorters) delle grandi città delle Fiandre, che avevano il monopolio delle
transazioni commerciali e finanziarie, oltre al controllo delle corporazioni
che operavano nell’industria tessile.
La
città medievale in tempo di pace.
A partire dall’anno 1000, l’Europa ebbe una
crescita sostenuta, anche nella produzione agricola e nell’allevamento, che
trassero beneficio da innovazioni tecniche come l’aratro e gli utensili di
ferro (XI-XIII secolo). Le urbs nate nei pressi di questi antichi nuclei
romani accentrarono il commercio agricolo e artigiano fino a trasformarsi in
centri mercantili e industriali. Il traffico fluviale e quello marittimo
favorirono la nuova economia monetaria.
Sotto: gli effetti del buongoverno in
città, affresco di Ambrogio Lorenzetti (Palazzo pubblico, Siena.
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CORPORAZIONI DI MERCANTI.
Le prime corporazioni medievali erano corporazioni di
mercanti: comprendevano solo i mercanti autonomi e maestri artigiani e non
lasciavano entrare nessuna persona dipendente o di estrazione servile. Il loro
scopo era proteggere la propria attività e limitare il commercio estero, poiché
sottoponevano a elevate tariffe protettive le merci che avrebbero potuto
competere con i loro prodotti. Qualunque genere proveniente da fuori, se
entrava in città, era venduto a prezzi stabiliti dalla corporazione colpita. In
molti casi, le corporazioni ottenevano dal municipio o direttamente dal re
stesso un monopolio dei prodotti del loro settore. Così, per esempio,la Compagnia di Parigi
esercitò un ferreo controllo sui prodotti che transitavano sulla Senna. Le
cosiddette arti maggiori divennero quindi delle potenti corporazioni:
commerciavano una gran quantità di articoli, compravano materie prime
all’ingrosso, assicuravano contro le perdite, organizzavano il rifornimento
delle città e la raccolta dei rifiuti, lastricavano le strade, costruivano vie
e scali commerciali, dragavano porti, mantenevano le strade reali,
ispezionavano i mercati e regolavano i salari, i tempi e le condizioni di
lavoro e di apprendistato, i metodi di produzione e di vendita, i prezzi di
materiali e articoli. Al tempo stesso, pesavano e contavano tutti i prodotti
che erano stati comprati e venduti da loro e nel loro settore e facevano tutto
il possibile per escludere dal mercato i prodotti falsificati o di qualità
inferiore.
Come
regola generale, ogni corporazione aveva la sua sede, che nel corso del XIII
secolo fu abbellita dal punto di vista architettonico. La corporazione aveva un
personale complesso fatto di reggenti, funzionari dei registri, tesorieri,
giudici…Disponeva di tribunali propri per giudicare i suoi membri e chiedeva a
questi ultimi di sottoporre le loro dispute al tribunale della corporazione
prima di ricorre alla legge dello Stato. Obbligava i suoi membri ad aiutare i
compagni malati o nel dolore e a soccorrerli o riscattarli se venivano attaccati
o imprigionati. Vigilava sui costumi, sui modi e sull’abbigliamento dei suoi
membri e stabiliva, per esempio, una pena per coloro che si presentavano alle
riunioni senza calze. Ogni corporazione festeggiava ogni anno la festa del suo
santo patrono, con un breve preludio di preghiere che sanciva una giornata di
grandi bagordi. La corporazione partecipava al mantenimento e all’abbellimento
delle chiese della città e alla preparazione e alla rappresentazione di quello
che l’auto sacramental e in seguito il dramma moderno. Costruiva ospedali,
ostelli, orfanotrofi e scuole e pagava la sepoltura dei suoi morti e le messe
che avrebbero riscattato le sue anime dal purgatorio.
CORPORAZIONI DI ARTIGIANI.
le case delle corporazioni a Bruxelles
Seguendo l’esempio dei mercanti, si crearono le corporazioni
di artigiani. Nel 1099 troviamo citate corporazioni di tessitori nelle città
inglesi di Londra, Lincoln e Oxford e pochi anni dopo le corporazioni di
follonieri, conciatori, macellai e orefici. Con il nome di arti in Italia, di
Zunfte in Germania o métiers in Francia si diffusero molto rapidamente nel XIII
secolo; Venezia ne aveva 58, Genova 33, Firenze 21, Colonia 27 e Parigi più di 100. nel 1254,
Etienne Boileau, prevosto dei mercanti sotto il re francese Luigi IX, pubblicò
ufficialmente un livre de Métieres, ovvero un libro dei Mestieri, che
raccoglieva le norme e la regolazione delle 101 corporazioni parigine. La
divisione del lavoro che rivela questo elenco
è impressionante. Nell’industria del cuoio, per esempio, c’erano
corporazioni diverse per scorticatori, conciatori, rammendatori, sellai e
lavoratori del cuoio fine; nella falegnameria, c’erano corporazioni distinte
per i costruttori di casse, barche, carri e botti e per gli ebanisti e i
tornitori. Ogni corporazione custodiva gelosamente i segreti del mestiere,
cercava la sua area di lavoro difendendola contro l’ingresso di gente esterna e
avviava dispute giurisdizionali nel caso di
intromissioni. La corporazione degli artigiani, che assunse anche una forma
religiosa adottando un santo patrono, aspirava al monopolio. Di solito nessuno
poteva praticare il mestiere se non apparteneva alla corporazione. I suoi
vertici erano eletti annualmente attraverso un’assemblea, anche se generalmente
venivano scelti sulla base di anzianità o ricchezza.
La
cristianizzazione dell’eredità pagana: le feste popolari.
Le feste pubbliche nelle grandi città
europee del Medioevo furono nella maggior parte dei casi derivate da antiche
tradizioni cristianizzate. Papa Gregorio Magno (590-604) ordinò ai missionari
di Roma che inviò in Inghilterra di appropriarsi delle feste e dei templi
pagani e di trasformarli in feste e templi cristiani. Le stesse direttive
furono applicate nell’Europa continentale e nel resto del mondo: per questo
motivo ci sono feste, cerimonie e riti animisti pagani che sono stati
cristianizzati con un mera introduzione nel calendario romano. I Celti
sacrificavano buoi sacri vicino al mare dopo una processione mistica guidata
da sacerdoti cattolici. E si trasformò la festa celtica della carnalità,
nella quale la gente si travestiva da animali diversi, nel carnevale (carnis
vale “eliminare la carne”). In Aragona invece si unirono alla settimana santa
i colpi battuti collettivamente, già usati nell’antica Grecia per spaventare
i morti che in primavera potevano tornare dall’inferno. Anche nel nord della
Francia si festeggiava la festa dei pazzi o dei folli, il giorno della
circoncisione di Gesù (8 gennaio), durante la quale si organizzava una grande
sfilata di maschere e si sceglieva un pontefice o un vescovo dei folli. Era
la riconversione delle feste Lenee di Roma, che offrivano le baccanti ai loro
dèi il giorno 12 gennaio. Per questo nella sfilate di maschere di Parigi
tolsero un carro con il trionfo di Bacco.
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REGOLE, SERVIZI E CLASSI.
stemmi delle corporazioni tedesche
Le regole della corporazione determinavano le condizioni a
cui gli stessi membri lavoravano, i salari che ricevevano i prezzi che
stabilivano. Le regole delle corporazioni limitavano il numero dei maestri che
potevano esserci in un determinato settore e di quello degli apprendisti che
poteva avere un certo maestro; proibivano l’utilizzo industriale delle donne,
eccetto per la moglie del maestro, e degli uomini, dopo le sei del pomeriggio e
punivano i membri nel caso in cui richiedessero dei prezzi eccessivi, facessero
trattative fraudolente oppure offrissero articoli di scarsa qualità. In molti
casi, la corporazione stampava il suo marchio sui suoi prodotti come
certificato di qualità; la corporazione dei negozianti di stoffe di Bruges
cacciò dalla città un suo membro che aveva falsificato il marchio della
corporazione per utilizzarlo su generi di qualità inferiore.
La
comunità corporativa si opponeva alla concorrenza tra maestri in rifermento
alla quantità della produzione e al prezzo del prodotto; tuttavia, incoraggiava
la concorrenza rispetto alla qualità del prodotto, tanto tra i maestri quanto
tra le città. Le corporazioni di artigiani, come quelle mercantili, costruirono
ospedali e scuole; offrivano diverse garanzie, soccorrevano i membri poveri,
fornivano di dote le loro figlie, si prendevano cura delle vedevo, seppellivano
i morti, offrivano lavoro, così come denaro, per la costruzione di chiese e
rappresentavano la loro opera e le loro insegne sulle vetrate delle cattedrali.
Ma lo spirito fraterno presente tra i maestri non escludeva una gerarchia ben
definita tra i membri e i poteri delle corporazioni di artigiani. Sul gradino
più basso c’erano gli apprendisti, che avevano tra i dieci e i dodici anni di
età ed erano obbligati dai genitori a vivere con l’insegnamento del mestiere;
negli ultimi anni del loro servizio, ricevevano un salario e degli strumenti e
alla fine del periodo una quantità di denaro per poter iniziare a lavorare per
conto loro. Se fuggivano, dovevano essere riportati al maestro ed essere
castigati; se continuavano a nascondersi, venivano esclusi per sempre dal
mestiere. Una volta completato l’apprendistato diventavano compagni dell’uno e
dell’altro maestro, lavorando a giornata. Dopo due o tre anni, l’artigiano, se
aveva denaro a sufficienza per aprire una sua bottega, veniva esaminato da una
giunta della sua corporazione per valutare la sua abilità tecnica: se otteneva
l’approvazione, diventava maestro. A volte il candidato doveva presentare ai
responsabili della corporazione un capolavoro, una dimostrazione soddisfacente
della sua arte.
Nel
corso di tutto il XIII secolo, le corporazioni di artigiani aumentarono in
numero e potenza e fecero da contrappeso alle corporazioni mercantili. Si
trasformarono in un’aristocrazia del lavoro. Limitavano lo status di maestro ai
figli del maestro, pagavano male i lavoratori a giornata, alzavano barriere
sempre più alte per accedere alla corporazione o alla città. Erano
organizzazioni eccellenti per un’epoca preindustriale in cui le difficoltà del
trasporto limitavano spesso il mercato dei compratori locali e gli accumuli di
capitale non erano ancora abbastanza ricchi e fluidi per sostenere grandi
imprese. Quando nacquero questi fondi, le corporazioni, sia di mercanti, sia di
artigiani, persero il dominio del mercato e, pertanto, anche quello delle
condizioni di lavoro.
Articolo
in gran parte pubblicato su Storica National Geographic, numero speciale i
regni cristiani e le crociate. Altri testi e immagini da Wikipedia.