venerdì 11 gennaio 2019

L’amante della regina.


L’amante della regina.
Lo svedese Hans Axel von Fersen amò Maria Antonietta e tentò di salvarla senza riuscirci.


 

Miniatura di Peter Adolf Hall: Fersen in giovane età.
Maria Antonietta in gran abito di corte (dettaglio; 1778). Dipinto di Élisabeth Vigée Le Brun.
Hans Axel von Fersen (Stoccolma4 settembre 1755 – Stoccolma20 giugno 1810) fu un conte svedese, Generallöjtnant (Tenente generale) nel Regio Esercito svedese, Signore del Regno (En af rikets herrar), diplomatico e statista. È famoso nella storia per essere stato il presunto amante della regina Maria Antonietta di Francia e il principale artefice della fallita Fuga a Varennes.
Figlio dello statista Axel von Fersen il Vecchio e della contessa Hedvig Catharina De la Gardie (discendente attraverso i suoi parenti dalla Casa Reale di Vasa), nipote di Eva Ekeblad e nipote del generale Hans Reinhold von Fersen. Fu accuratamente educato a casa, al Carolinum a Brunswick, a Torino e a Strasburgo. Nel 1779 entrò al servizio militare francese con il reggimento Royal-Bavière. Accompagnò il comandante in capo francese Generale Rochambeau in America e servì anche da interprete tra Rochambeau e Washington.
Si distinse militarmente, in particolare durante l'assedio di Yorktown del 1781 e nel 1785 fu creato colonnello proprietario del reggimento Royal Suédois. Alla fine della rivoluzione americana divenne un membro originale della Società dei Cincinnati. Fu noto come amatore ed ebbe relazioni con varie donne, soprattutto con l'avventuriera italiana Eleanore Sullivan, e con la duchessa reale Edvige Elisabetta Carlotta di Holstein-Gottorp, sposata con il futuro re Carlo XIII di Svezia (quest'ultimo era, a sua volta, l'amante della cugina di Axel, Augusta von Fersen).

“Vi amo alla follia. Non c’è momento in cui io non vi adori”. È un messaggio scritto in codice dalla regina Maria Antonietta (1755-1793), solo recentemente decifrato. Il destinatario è il conte Hans Axel von Fersen (1755-1810), che le risponde: “Vivo ed esisto solo per amarvi. Adorarvi è la mia sola consolazione”. Lei è la regina di Francia, stretta da ragioni dinastiche nella gabbia di un matrimonio politico, lui un nobile svedese, un’anima ardente sotto una corteccia di ghiaccio. Il loro amore clandestino attraversa la storia della Francia in uno dei suoi momenti più drammatici, quelli della rivoluzione.

IRRESISTIBILE. Tutto era iniziato nell’inverno del 1774, quando la futura regina di Francia e Fersen appena diciottenni, si incontrarono per la prima volta. L’occasione, un gran ballo in maschera all’opera di Parigi. Lei indossava il “domino”, un lungo mantello con cappuccio, una sottile mascherina a coprire gli occhi e la voglia di innamorarsi, come ogni ragazza della sua età. Lo svedese era arrivato in città nell’ambito del Gran Tour, un viaggio d’istruzione che facevano tutti i giovani del suo lignaggio. Alto un metro e novanta, i lineamenti regolari, gli occhi azzurri orlati da scure ciglia nere: per le dame dicorte divenne presto le beau Fersen, Fersen il bello.
Raramente i matrimoni dinastici sono felici, ma quello celebrato a Versailles il 16 maggio 1770 tra Maria Antonia Giuseppa Giovanna d’Asburgo-Lorena, figlia di Francesco I imperatore del Sacro romano impero, e il delfino di Francia Luigi Augusto, fu decisamente infausto. A dettarlo, d’altronde, erano state mere questioni politiche, ovvero cementare la ancora fresca alleanza tra le storiche nemiche Francia e Austria in funzione antiprussiana (1756). La prima notte di nozze fu un disastro, ma era solo l’inizio: l’unione rimase “bianca” per i primi sette anni. E fu in questo infruttuoso ménage che Fersen divenne il favorito di Maria Antonietta, quello che più spesso e facilmente poteva accedere al suo cospetto. Il 10 maggio 1774 Luigi XV morì di vaiolo e la delfina divenne la nuova regina di Francia, con la responsabilità e la condotta che questo implicava. Con sollievo dei cortigiani, ingelositi dalla sua rapida ascesa.


La delfina Maria Antonietta in abito da amazzone. Il ritratto, spedito a Vienna, venne ritenuto molto somigliante. Pastello di Joseph Krantzinger (1771).

 CENTRO DI GRAVITA’. Passarono anni prima che i due si rivedessero: Fersen era diventato un uomo e faceva i primi passi in politica sotto l’ala del suo sovrano, Gustavo III. Maria Antonietta era una giovane regina finalmente incinta. Anche questa volte Fersen non si trattene a lungo nel suolo francese. Gli americani si battevano per la loro indipendenza dall’Inghilterra e Parigi, nemica naturale di Londra, inviò oltreoceano un contingente ad appoggiare i ribelli. All’inizio del 1779, Fersen si aggregò. Al ritorno, re Gustavo lo portò con sé in un lungo giro diplomatico in Europa, fatto di serate danzanti, cene e incontri galanti. Nell’estate del 1784, Gustavo e Fersen fecero tappa a Versailles: non ci volle molto perché lo svedese e la regina si lasciassero risucchiare da quel parco dei divertimenti per adulti concepito dal Re Sole oltre un secolo prima. Fersen fece di tutto per rimanere in Francia: sapeva che il legame con la regina poteva giovargli e non si sbagliava:  Maria Antonietta convinse il marito a prestargli il denaro necessario per comprare il comando nel Régiment Royal Suédois, formato quasi esclusivamente da svedesi, che gli avrebbe fruttato luna generosa rendita annuale.

RIVOLTA ALLE PORTE. I tempi però stavano per cambiare, e con una velocità che prese tutti alla sprovvista. La presa della Bastiglia del 14 luglio 1789 segnò la fine di un’epoca.  “Tutte le menti degli uomini sono in fermento. Non si parla altro che di una costituzione. Le donne in particolare si stanno unendo al frastuono, e tu sai bene quanta influenza hanno in questo paese. è una mania (…) non si fa che parlare di progresso, persino i lacchè nelle anticamere sono occupati nella lettura degli opuscoli”, scrive Fersen a un amico.
Molti di questi opuscoli, di simpatie giacobine, avevano come bersaglio la regina. Non era mai stata popolare e, per i tempi superstiziosi in cui viveva, essere nata il 2 novembre, giorno dei morti, non era d’aiuto. La dipingevano come una donna frivola e spendacciona che, incurante delle miserie del popolo, intrecciava amori saffici con le dame di corte; un’austriaca che si era impadronita del trono di Francia, obbedendo alle direttive della madre Maria Teresa, per condurre la nazione alla rovina. Un fondo di verità c’era. Maria Antonietta sperperava cifre favolose a carte e per il guardaroba, e le sue feste a volte duravano giorni. L’odio ispirato dai Pamphlet si materializzò il 5 ottobre 1789, quando migliaia di donne marciarono da Parigi a Versailles chiedendo pane per i loro figli. I loro slogan erano tutti contro la regina, identificata con i mali del Paese. Fersen intervenne in difesa di Maria Antonietta: con una galoppata precedette il corteo e fece appena in tempo a metterla al sicuro.


 Esecuzione di Maria Antonietta

IN TRAPPOLA. La marcia un risultato lo ottenne: l’indomani il re e la regina furono costretti a trasferirsi a Parigi, alle Tuilerie, un palazzo ormai in rovina sulla riva destra della Senna. Per oltre un anno e mezzo il re ingaggiò un braccio di ferro con i suoi avversari, incerto se fare concessioni o chiamare in suo soccorso gli altri sovrani d’Europa. Scomparsi i fasti e gli adulatori per Maria Antonietta sarebbero rimaste disperazione e solitudine, se Fersen, non avesse continuato a esserle fedele. Non fu una scelta ovvia, neanche per un aristocratico come lui che poteva in ogni momento essere eliminato come nemico della rivoluzione. Solo nella primavera del 1791 Luigi si convinse a tentare la fuga. L’obiettivo era raggiungere una località a est del Paese, dove un comandante militare fedele lo avrebbe atteso con la sua guarnigione. La comitiva doveva apparire come il seguito di una ricca baronessa. Maria Antonietta finse di essere la governante ma il travestimento non funzionò: a Varennes, nelle Argonne, furono riconosciuti e costretti a tornare sotto custodia nella capitale, tra due ali di folla inferocita. Fersen riuscì per miracolo a evitare la cattura e da quel momento cominciò a girare tra le corti europee, facendosi portavoce dei lealisti che speravano di coinvolgere Paesi come l’Austria, l’Inghilterra o la Prussia nel soffocare l’esperimento rivoluzionario francese. Non se ne fece niente.

Linciato dalla folla svedese.
La fine di Fersen è legata ai tumulti per l’abdicazione del re svedese Gustavo IV Adolfo. Gustavo abdicò nel 1809, dopo un colpo di Stato militare che mise sul trono un nuovo sovrano di tendenze liberali, Carlo XIII. L’ex amante di Maria Antonietta ancora una volta si trovò dalla parte sbagliata. Era un fedele gustaviano e si sparse la voce che ci fosse lui dietro la morte, avvenuta nel 1810, di Cristiano Augusto (figlio adottivo di Carlo XIII) ed erede al trono. Fersen fu linciato dalla folla inferocita durante il funerale dell’uomo, che in realtà era morto accidentalmente.

FINALE AMARO. Il 28 giugno Maria Antonietta scrisse all’amato, rassicurandolo: “Non essere turbato sul mio conto, non mi succederà nulla. L’Assemblea Nazionale mostrerà clemenza. Addio uomo amatissimo. Stai calmo se puoi. Abbi cura di te stesso, fallo per me. Non posso più scrivere, ma nulla al mondo potrebbe impedirmi di adorarti fino alla morte”. Cioè fino al 16 ottobre 1793, quando Maria Antonietta fu condotta al patibolo e ghigliottinata. Fersen apprese la notizia della morte dell’amata mentre era Bruxelles, dove ancora cercava una soluzione. “Sebbene fossi preparato per questo e lo aspettassi fui devastato”, annotò nelle sue memorie. Prima del tragico epilogo erano riusciti a vedersi solo un’ultima volta. Lei gli restituì l’anello che molto tempo prima lui le aveva donato. E gli consegnò un biglietto su cui era scritta una breve frase in italiano: “Tutto a te mi guida”.

Articolo in gran parte di Massimiliano Griner pubblicato su Focus storia n. 144. Altri testi e immagini da Wikipedia.

1 commento:

  1. Rolando Francazi Questa ricostruzione storica, come in genere tutte le altre, sorvolano su un particolare decisivo: irresolutezza di Luigi XVI dopo la presa della Bastiglia. I rivoluzionari francesi non erano contrari all'istituto monarchico e auspicavano un Regno con una Costituzione che mettesse fine all'assolutismo. Tiene conto rilevare al riguardo che il primo a pronunciare la parola "Repubblica", prima della fuga finita a Varenne, fu Danton che si beccò un mezzo sarcasmo di Robespierre che obiettò: "Repubblica? Cosè repubblica?" Tra la presa della Bastiglia 14 luglio 1789 e la marcia su Versailles 5 ottobre 1789 passò un lasso di tempo durante il quale Luigi XVI avrebbe potuto marciare su Parigi e disinnescare la violenza, modificando il corso della Rivoluzione. La fuga di Varenne provocò poi di fatto la fine della monarchia in Francia e la scelta della forma repubblicana. Molti anni dopo Napoleone, riflettendo su quegli avvenimenti, criticò il comportamento di Luigi XVI definendolo "indegno di un re".

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