Ezzelino il figlio del
Diavolo.
Passato alla Storia
come esempio di tiranno pazzo e sanguinario, in realtà Ezzelino da Romano non
fu peggiore di tanti despoti contemporanei. Ma la leggenda che lo condanna è
dura a morire.
“Ezzelino immanissmimo
tiranno,che fia creduto figlio del demonio, Farà, troncando i sudditi, tal
danno, E distruggendo il bel paese Ausionio, che pietosi appo lui stati saranno
Mario, Silla, Neron, Caio ed Antonio”.
(Ludovico Ariosto).
Ezzelino III da Romano o Ecelino da Romano | |
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1194 – 1259 | |
Soprannome | Il terribile |
Nato a | Onara |
Morto a | Soncino |
Cause della morte | ferite in battaglia |
Luogo di sepoltura | sconosciuto, molto probabilmente Soncino |
Dati militari | |
Forza armata | Mercenari |
Arma | Alabarda, spada, mazza ferrata |
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Ezzelino III da Romano o Ecelino da Romano, (Onara, 25 aprile 1194 – Soncino, 27 settembre 1259) è stato un condottiero e politico italiano, signore della Marca Trevigiana. Appartenente alla famiglia germanica degli Ezzelini, era il figlio primogenito di Ezzelino II il Monaco e fratello di Alberico da Romano e di Cunizza da Romano.
Fu politico e condottiero ghibellino, alleato di Federico II di Svevia. Audace, astuto e valoroso, la sua decisione e volontà di dominio sfociarono in atti di spietatezza e crudeltà, in massima parte nella parabola discendente successiva alla morte del suo alleato nel 1250. Nelle cronache posteriori gli vennero dati appellativi come "feroce" e "terribile", anche se molte delle nefandezze attribuitegli sono frutto di leggende.[1]
M le
Sono
molte le lapidi che costellano le mura di Padova, per la maggior parte esse
sono opera del conte Carlo Leoni, erudito e acceso risorgimentalista che lasciò
un cospicuo patrimonio di epigrafi sulla storia patria, non del tutto
attendibili ma sempre appassionate, fra tutte una ricorda il momento più buio
nella vicenda millenaria della città, la signoria del terribile Ezzelino da
Romano nel XIII secolo: “Tu Ezzelino /
spavento d’Italia / d’ogni scelleratezza / abominevole esempio / novello
Falaride / del genere umano / mostro e tiranno / nella tua infamia, maledetto /
vivrai immortale”. È opinione comune che in questo caso, forse, Leoni non
esagerò: la leggendaria crudeltà di Ezzelino ci è stata tramandata attraverso i
secoli da testimoni, cronisti e perfino illustri poeti come Dante e Ludovico
Ariosto. Eppure, oltre la leggenda nera, che accompagna la figura e le gesta
del condottiero, signore della Marca Trevigiana, stanno alcuni fatti storici. Per
esempio: Ezzelino è riconosciuto da tutti come il più valoroso guerriero e il
più fine politico dell’epoca, coltre che come uno dei più potenti signori d’Italia,
e forse fu proprio quest’ultimo dato a pesare in modo definitivo sulla
demonizzazione del personaggio. Così com’è oscura la fama di Ezzelino, sono
oscure anche le sue origini. Gli innumerevoli cronisti e storici che si sono
occupati di lui non riescono a trovare un accordo sul tema: secondo alcuni, avo
di Ezzelino fu un Alberico d’Olanda sceso in Italia al seguito dell’imperatore Ottone
III si finire del X secolo, secondo altri, fu forse in Ecelino il Balbo inviato
nella penisola dall’imperatore Enrico III all’inizio dell’XI secolo. Ma l’ipotesi
più probabile sembra quella che pone come capostipite della casata un Ecelo
venuto in Italia al seguito di Corrado II il Salico, incoronato a Milano re d’Italia
nel 1026 e poi a Roma imperatore nel 1027° Pavia, Tornato nuovamente nella pianura padana
insieme a Corrado, che doveva presiedere un sinodo nel 1036, Ecelo chiese all’imperatore
di potersi fermare; e ottenne da questi sia il permesso sia i feudi di Onara e
Romano, nel territorio di Padova.
STATISTA INCOMPRESO. Divenuto signore di
Onara, Ecelo sposò la longobarda Gisla, dalla quale ebbe due figli: Alberico,
che non lasciò né discendenza né traccia, ed Ezzelo. Quest’ultimo, soprannominato
Ezzelino il Balbo, fu crociato in Terrasanta con l’imperatore Corrado III, combattendo
a Damasco e a Ascalona nel 1147, ed è considerato il capostipite degli
Ezzelini. Le cronache lo descrivono saggio, liberale e “moderatamente truce e
orrido” nei confronti di nemici e delinquenti; membro della Lega Lombarda, si
batté contro il Barbarossa. Ebbe quattro figli, uno dei quali continuò la
dinastia come Ezzelino II. Fu lui a sposare la residenza della casata a Romano,
dopo che nel 1199 i padovani avevano raso al suolo il castello di Onara, e da
questo momento in poi la dinastia assunse il nome “da Romano”. Dopo una vita di
guerre, Ezzelino II decise di ritirarsi in contento, passando così alla storia
come Ezzelino il Monaco. Prima, però, si era assicurato la discendenza grazie a
tre figli, il primo dei quali sarebbe divenuto tristemente noto per la sua
efferatezza. Ezzelino III da Romano, poi “il Terribile” o “il Tiranno”, nacque
a Onara nel 1194. Ancora giovanissimo prese parte alle guerre per il contro del
vicentino distinguendosi per valore e ardimento, ma anche per spietatezza. Dopo
il ritiro del padre in convento, dalla divisione dei possedimenti di famiglia
con il fratello Alberico si ritrovò erede dei territori di Bassano e Marostica,
nonché di tutti castelli situati sui Colli Euganei.
Abilissimo sia in
politica che sul campo di battaglia, Ezzelino III estese gradualmente il suo
dominio su larga parte del Veneto anche grazie a un disinvolto cambio di
casacca: dapprima simpatizzante della Lega Lombarda come il nonno Ezzelino I,
decise in seguito di passare alla parte avversa schierandosi con l’imperatore
Federico II di Svevia, che lo nominò vicario imperiale in Lombardia, decretando
così la fine delle libertà e delle autonomie comunali. Già podestà e capitano
del popolo di Verona dal 1225 al 1230, nel 1236 ricevette da Federico II il
governo della città di Vicenza, messa a sacco dalle truppe imperiali, e nel
1237 anche quello di Padova. In anticipo sui tempi, mal compreso e soprattutto
inviso al papato, Ezzelino seppe farsi così di un progetto statuale di ampio
respiro mirante all’unificazione politica delle numerose realtà della pianura
padana e diventando il protagonista indiscusso della storia veneta di quel
periodo. Subito dopo, nel 1238, l’imperatore e il suo fedele gettarono le basi
di un vero sodalizio politico e privato: Federico diede in sposa a Ezzelino una
sua figlia naturale, Selvaggia, e undici anni più tardi Ezzelino avrebbe fatto
sposare sua nipote a Enzo di Svevia, re di Sardegna e figlio naturale di
Federico II.
COME NASCE UNA LEGGENDA. Ma è proprio qui che
cominciano a sorgere legittimi dubbi sulla malvagità di Ezzelino, per almeno
due motivi: il primo è che all’epoca le crudeltà erano la norma, anche se
pensarlo ripugna alla nostra sensibilità. Nel 1223, per esempio, il monaco frà
Giovanni da Vicenza, inviato da papa Gregorio IX a Verona per pacificare i
signori della Marca, in soli tre giorni mandò al rogo sessanta tra i migliori
cittadini veronesi accusati di eresia. L’altro motivo sta nella scelta
ghibellina di Ezzelino, che gli attirò ben presto la riprovazione e la condanna
di tutta la parte guelfa, con il conseguente e comprensibile ricorso a ogni
mezzo per screditarlo. Così, se il cronista di corte di Ezzelino, Gerardo
Maurisio, lo descrive come “cavaliere discreto
e sapiente, di costume e scienza prestante”, il cronista Gugliemo Ventura
riporta che “questo crudelissimo tiranno,
questo mostro del genere umano, questa peste del mondo, era orrido di aspetto,
dal parlare sgradevole, terribile ai suoi occhi di vipera, superbo ed
orgoglioso nel camminare, sempre fremente d’ira, riempiva tutti di spavento,
non solamente colle parole, ma anche col semplice sguardo”.
È dunque verosimile,
sostiene la storiografia recente, che Ezzelino fosse più violento della media,
ma si stenta un po’ a credere a tutte le nefandezze che gli vengono attribuite:
decine di migliaia di morti, prigioni rigurgitanti di reclusi, migliaia di
mutilati che “si aggiravano per la
Lombardia chiedendo pietà” dopo essersi stati privati dal tiranno degli
occhi, delle mani, dei piedi o degli attributi virili. La tradizione popolare
sosteneva che si cibasse una sola volta al giorno, ma di bambini, e che il suo
pasto prediletto fosse la carne di prete; del resto lo stesso cronista
Salimbene de Adam conclude il racconto delle sue infamie dicente che “come Gesù volle avere al mondo uno che gli
somigliasse e mandò San Francesco d’Assisi, altrettanto pretese di fare il
Diavolo, e mandò Ezzelino”. Allo stesso modo non sappiamo con esattezza
neanche quale fosse il suo aspetto fisico: gigantesco secondo alcuni, basso e
deforme secondo altri: in ogni caso nero e peloso, provvisto, come riferisce il
letterato Benvenuto da Imola, “di un
lungo pelo sul naso che quando montava il collera si rizzava, e tutti
scappavano alla sua presenza”.
UNA FINE INGLORIOSA. Ma subito dopo il
matrimonio con la figlia dell’imperatore, e anzi proprio per questo, l’astro di
Ezzelino cominciò a declinare: nel giorno di Giovedì Santo del 1239, infatti,
senza alcun preavviso, papa Gregorio IX lanciò una solenne scomunica contro
Federico II e tutti i suoi partigiani, nobili e popolo, Ezzelino compreso,
denunciando quest’ultimo come “nemico di Dio e della Chiesa”. Né l’imperatore né
Ezzelino, beninteso, rinunciarono alle loro pretese territoriali, che anzi
proseguirono pressoché ininterrotte fino al 1250, quando la morte di Federico
II lasciò Ezzelino da solo contro papato e Lega Lombarda, schierati insieme
contro la potenza imperiale. Mentre la posizione di Ezzelino diventava sempre
più critica, nel 1254 papa Alessandro IV sferrò l’attacco decisivo con una
nuova scomunica, in cui Ezzelino veniva definito “assetato di sangue”, “nemico
del genere umano” e “di animo belluino”. La crociata lanciato dal pontefice era
solo apparentemente diretta contro gli eretici della Marca, ma in realtà mirava
a togliere di mezzo una volta per tutte l’ultimo ostacolo sulla strada del
potere papale e guelfo. Gli scontri tra le due fazioni si protrassero fino al
16 settembre 1259, quando Ezzelino, gravemente ferito, fu preso prigionieri a
Cassano d’Adda. Si tentò di prestargli soccorso, ma la leggenda vuole si
strappasse lui stesso le bende, negando anche a se stesso la pietà sempre
negata agli altri. Morì l’8 ottobre, maledetto in morte come fin vita: e forse
a torto.
Articolo in gran pare
di Alessandra Colla pubblicata su Conoscere la storia, edizione Sprea del
bimestrale n. 48 altri testi e immagini da Wikipedia.
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