Mississipi killing.
Nel 1965 tre attivisti
nordamericani per i diritti civili furono uccisi dal Ku Klux Klan. Ed ebbero
giustizia totale solo nel 2005.
Le tre vittime. Dall'alto: James Earl Chaney, Andrew Goodman, Michael Schwerner. | |
Tipo | Agguato con armi da fuoco |
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Data | notte tra il 21 e 22 giugno 1964 |
Luogo | Contea di Neshoba(Mississippi) |
Stato | Stati Uniti |
Obiettivo | Attivisti del Movimento per i diritti civili |
Responsabili | Ku Klux Klan |
Motivazione | Omicidio a sfondo razzista |
Conseguenze | |
Morti | 3 |
11
gennaio 2018, Mississipi. Muore in carcere Edgar Ray Killen, leader del Ku Klux
Klan ed ex predicatore battista. Con la sua fine si chiude definitivamente una
delle pagine più buie dell’America segregazionista. Killen, ormai
ultranovantenne, stava scontando una pena a 60 anni nel penitenziario di
Parchman per l’omicidio di tre giovani attivisti per i diritti civili, avvenuto
nel 1964. Il caso era diventato famoso in tutto il mondo alla fine degli anni
Ottanta, grazie al pluripremiato film Mississippi
Burning. Le radici dell’odio, del registra Alan Parker. Ma già all’epoca
dei fatti, la vicenda aveva indignato profondamente l’opinione pubblica degli
Stati Uniti, segnando uno spartiacque decisivo nella battaglia per i diritti
civili dei neri d’America. Subito dopo l’omicidio, il presidente Lyndon B.
Johnson firmò il Civil Rights Act, una legge che dichiarava illegale la
segregazione razziale nelle strutture pubbliche, e cancellava le disparità di
registrazione nelle elezioni. Il movimento per i diritti civili aveva lanciato
alcune settimane prima, nel giugno del 1964, una delle sue campagne più famose:
la “Freedom Summer”, per garantire il diritto di voto alla comunità nera e
promuovere le scuole aperte ai cittadini afroamericani. Era una sfida coraggiosa
alla durissima segregazione razziale ancora in vigore negli Stati del Sud. Nel
Mississippi, in particolare, la situazione era diventata incandescente dopo la
sentenza della Corte Suprema che due anni prima aveva finalmente garantito
anche ai giovani afroamericani la possibilità di frequentare scuole e
università.
L’AGGUATO. Il 21 giugno del 1964 tre attivisti
per i diritti civili poco più che ventenni – James Chaney, Andrew Goodman e
Michael Schwerner – erano arrivati nella contea di Neshoba, nel Mississippi, per
indagare sull’incendio doloso di una chiesa e per convincere gli afroamericani
a iscriversi neri registri elettorali. Era un luogo molto pericoloso per i neri
e per chiunque si battesse contro il segregazionismo e perché sia lo sceriffo
della contea, Lawrence Rainey, sia il suo vice, Cecil Price, erano membri
segreti del Ku Klux Klan. Fu proprio Price a fermare i tre giovani con un
pretesto , sostenendo che avevano oltrepassato il limite di velocità su una
strada della contea. Portati in cella e multati, gli attivisti vennero
rilasciati nel cuore della notte, ma la loro auto venne seguita da due macchine
dei membri del Klan, che li costrinsero a fermarsi. Goodman e Schwerner furono
immediatamente freddati a colpi di pistola mentre Chaney – l’unico nero del
gruppo – fu picchiato a morte. Poi i loro corpi vennero bruciati e sotterrati
con un bulldozer. I tre giovani furono inizialmente dati per dispersi e l’FBI
iniziò a indagare sulla loro scomparsa setacciando palmo a palmo la contea. I
resti furono ritrovati sei settimane dopo, sepolti in un bacino idrico non
lontano dal luogo del triplice omicidio. “Il
caso ebbe una risonanza straordinaria, perché le vittime furono tre ragazzi
della classe media del Nord del Paese, un bianco, un nero e un ebreo, ed erano
quindi assai rappresentativi dei giovani che si mobilitarono in quei mesi. Il
loro assassino provocò uno scandalo enorme e in un certo senso aprì gli occhi a
quell’ampia fetta di opinione pubblica che fino ad allora si era voltata
dall’altra parte di fronte a fatti gravissimi. Purtroppo però, quello del
Mississippi non sarebbe stato l’ultimo caso simile che si verificò in quegli
anni a opera dei membri del Ku Klux Klan”, spiega Bruno Cartosio, docente
di Storia dell’America del Nord all’Università di Bergamo.
Robert Kennedy,
all’epoca ministro della Giustizia, inviò sul posto una squadra di
investigatori. L’indagine (alla quale fu dato il nome in codice di “Mississippi
Burning”) chiarì che l’imboscata era stata organizzata da tempo dallo sceriffo
e dai suoi complici, d’intesa con il predicatore battista Edgar Ray Killen, a
capo della cellula locale del Kkk. Un giudice della contea cercò di far cadere
le accuse nei loro confronti, ma il tentativo di insabbiamento fu bloccato
dalla Corte suprema. Alla fine furono arrestate 18 persone, tra cui lo stesso
Killen, considerato il mandante dell’omicidio, oltre ad alcuni agenti di
polizia. E nel 1967 otto uomini furono condannati a pene detentive tra i tre e
i dieci anni, mentre il procedimento a carico di Killen venne sospeso perché i
giurati non ritennero di poter incriminare un religioso. “Il movimento per i diritti civili ebbe almeno un buon motivo per gioire e fu l’approvazione del
Civil Rights Act, sull’onda emotiva dell’omicidio dei tre giovani”, prosegue
Cartosio, autore di I lunghi anni Sessanta. Movimenti sociali e cultura
politica negli Stati Uniti (Feltrinelli), un volume che ricostruisce la storia
di quegli anni turbolenti. “Va però ricordato che il presidente Johnson
era da tempo favorevole a una legge per i diritti civili e credo che gliene
vada riconosciuto il merito, poiché sapeva benissimo che appoggiando le
rivendicazioni dei neri avrebbe perso moti voti negli Stati del Sud, come
dimostrarono poi le elezioni presidenziali del 1968. Ma agì comunque, perché
era convinto che fosse la cosa giusta da fare”.
L’assassino dei tre
attivisti finì presto nel dimenticatoio e la giustizia si rimise in moto solo
molti anni dopo. A riportare l’attenzione sul caso contribuì anche il film di
Alan Parker, interpretato da Gene Hackman e Willem Dafoe. Uscito nel 1968,
Mississippi Burning fu un vero e proprio caso cinematografico. “Sicuramente ha contribuito anche quel film,
ma non credo abbia avuto un impatto davvero decisivo. In quegli stessi anni
riprese infatti anche il lavoro giudiziario su altri attentati, come quello
alla chiesa di Montgomery del 1963, e vi fu un’evoluzione all’interno della
comunità nera e dell’opinione pubblica statunitense, senza scordare le grandi
campagne del reverendo Jesse Jackson alle presidenziali del 1984 e del 1988”,
conclude Cartosio.
Alcuni degli organizzatori degli omicidi. dall'alto e verso destra: Lawrence A. Rainey, Bernard L. Akin, Other "Otha" N. Burkes, Olen L. Burrage, Edgar Ray Killen. In basso da sinistra: Frank J. Herndon, James T. Harris, Oliver R. Warner, Herman Tucker, Samuel H. Bowers
Gli altri componenti dell'organizzazione: in alto verso destra: Cecil R. Price, Travis M. Barnette, Alton W. Roberts, Jimmy K. Arledge, Jimmy Snowden. In basso da sinistra: Jerry M. Sharpe, Billy W. Posey, Jimmy L. Townsend, Horace D. Barnette, James Jordan
Dalla Scozia agli Usa.
Io Ku Klux Klan nacque la vigilia
di Natale del 1865 a Pulaski, una cittadina del Tennesse al confine con
l’Alabama. A fondarlo fu un gruppo di emigrati scozzesi appartenenti alla
borghesia agraria, all’indomani dell’emancipazione dei neri dallo schiavismo.
Il termi “Klan” è un omaggio alla massoneria scozzese, mentre “Ku Klux” è una
libera traslitterazione del greco Kuklos (cerchio). Il battesimo ufficiale
dell’organizzazione avvenne nel 1867 a Nashville, quando il generale
confederato ed ex trafficante di schiavi Nathan Bedford Forrest assunse il
titolo di “Gran Mago”.
INTIMIDAZIONI. In breve tempo il
Kkk sarebbe diventato una delle sette segrete più potenti e sanguinarie della
storia statunitense, il cui obiettivo consisteva nel difendere la supremazia
e i privilegi dei bianchi sugli afroamericani. Ma anche ebrei, omosessuali e
cattolici fecero le spese della loro violenza divenendo oggetto di campagne
intimidatorie, incendi di luoghi di culto, linciaggi, omicidi e stupri. La
sua storia è divisa in tre fasi. La prima iniziò subito dopo la fine della
Guerra di Secessione e durò fino al 1871, quando il Congresso degli Stati
Uniti adottò una serie di provvedimenti legislativi per placare l’ondata di
crimini xenofobi commessi dai suoi affilati. La seconda fase prese avvio nel
1915 sotto la guida di William Joseph Simmons, un ex pastore metodista che
traendo ispirazione dagli antichi clan scozzesi introdusse per la prima volta
la croce infuocata nell’iconografia dell’organizzazione. Negli anni ’20 visse
il suo momento di massimo fulgore, giungendo ad avere tra 3 e 6 milioni di
adepti, ma durante la Seconda guerra mondiale fu nuovamente sciolta a causa
di gravi problemi finanziari. A partire dagli anni ’50 il nome Ku Klux Kahn è
stato infine riesumato da una serie di gruppi attivi in Alabama e in altri
Stati del Sud, che si sono concentrati nell’opposizione al movimento per i
diritti civili degli afroamericani, utilizzando ogni forma di violenza.
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Dopo averne avuto di
coraggio Ron Stallworth, il poliziotto nero che 40 anni fa riuscì a
infiltrarsi nel Ku Klux Klan arrivando addirittura in cima ai ranghi della
setta suprematista. La sua incredibile storia è raccontata da BalcKKKlansman,
il nuovo film del registra Spike Lee presentato all’ultimo Festival di Cannes
e in uscita in autunno anche nei cinema italiani. Ispirata al libro
autobiografico scritto da Stallworth, la pellicola è ambientata negli Anni
’70, nella seconda fase del movimento dei diritti civili. Tutto ha inizio
quando nel dipartimento di polizia di Colorado Springs arriva il primo
detective nero (interpretato da John David Washington, figlio di Denzel).
Incaricato di sorvegliare i vari gruppi razzisti presenti sul territorio, un
giorno decide di infiltrarsi nel Kkk per denunciarne i componenti. Con
l’aiuto di Flip Zimmerman, un collega bianco che partecipa agli incontri al
posto suo (nel film l’attore Adam Driver), riuscirà a savotare diverse
attività criminali e radi razzisti.
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Il luogo dell'abbandono della Fordstation wagon, vicino al fiume di Bogue Chitto, accanto alla Highway 21
La Ford station wagon abbandonata nei pressi della Highway 21
L’ARRESTO. Alcuni anni più tardi la polizia
entrò in possesso di nuove prove che consentirono la riapertura del
procedimento a carico di Edgar Ray Killen. Ormai anziano, l’ex leader del Ku
Klux Klan fu processato di nuovo alla Corte di Filadelfia. Stavolta la pubblica
accusa sostenne che era stato lui a organizzare il commando omicida e a
pianificare l’attentato nei minimi dettagli, anche se non vi aveva partecipato
direttamente. Il 21 giugno 2005, ben 41 anni dopo l’eccidio, una giuria
composta da nove bianchi e tre neri condannò il religioso a 60 anni di carcere.
Killen non ha mai mostrato pentimento per le sue idee razziste, né per la morte
dei tre. Anzi, dichiarò di essere un prigioniero politico, sostenendo che
nessuna giuria formata da suoi coetanei lo avrebbe mai giudicato colpevole. Nel
2007 la sua richiesta di appello fu respinta definitivamente dalla Corte
suprema del Mississippi. Così il leader razzista trascorse il resto della vita
in prigione. E lì è morto pochi giorni prima del suo 93esimo compleanno.
Articolo in gran parte
di Riccardo Michelucci pubblicato su Focus storia n. 144. Altri testi e
immagini da Wikipedia.
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