Gli uomini che non
dimenticavano di “Osare Sempre”.
L’unità speciale della
Regia Marina Italiana ha legato il suo nome a numerose azioni belliche. Ecco
quali mezzi utilizzarono e chi furono i protagonisti di queste missioni.
Marina Militare - TG1 Storia Puntata dedicata all'impresa di Alessandria
In
una notte di dicembre del 1941, un pugno di uomini super addestrati
appartenenti a un corpo speciale della Marina italiana arrecarono un colpo
durissimo alla flotta inglese, allora la più potente del mondo. In una sola missione danneggiarono
in modo consistente due corrazzate, un cacciatorpediniere e una petroliera: un
bilancio degno di una battaglia navale e superiore a qualsiasi altro ottenuto
dalla Regia Marina nel corso delle guerra. Churchill in persona riconobbe la
gravità dello smacco subito, che aveva rovesciato di colpo i rapporti di forza
nel Mediterraneo a favore dell’Italia. Passata alla storia come l’impresa di
Alessandria, dal nome del porto egiziano ove ebbe luogo, quella missione fu
condotta da un pugno di operatori della X Mas, comandata dal capitano di
corvetta Junio Valerio Borghese. Imbarcati su un sottomarino, lo Sciré, sei di
quegli uomini erano scivolati, silenziosi e invisibili, nelle acque del porto a
bordo di tre siluri a lenta corsa (SLC), noti come “maiali”, fino a collocare
cariche esplosive su alcune delle navi ormeggiate: le corazzate Valiant e Queen
Elizabeth e la petroliera Sagona. Intorno alle 6 della mattina del 19 dicembre
gli ordigni erano esplosi, rendendo inservibili le navi minate e anche il
cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona. I disastrosi
effetti di quella missione rimasero ignoti per lungo tempo, anche perché gli
inglesi approfittarono del basso fondale per farle sembrare intatte ai
ricognitori aerei italiani. Inoltre tutti i sei uomini imbarcati sugli SLC
erano stati catturati dal nemico, che li avrebbe trattenuti fino alla fine
della guerra, peraltro facendoli oggetto della propria ammirazione per
l’impresa compiuta. Basti dire che alcuni di loro, il tenente di vascello Luigi
Durand de la Penne e il 2° capo palombaro Emilio Bianchi, furono catturati e
portati a bordo della stessa nave che avevano minato, la Valiant, ma nonostante
questo si rifiutarono di rivelare dove avevano collocato le cariche esplosive,
nonostante il rischio di saltare in aria insieme all’imbarcazione.
La HMS Queen Elizabethcircondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell'attacco.
PRIMI SUCCESSI. L’impresa di Alessandria è la più
celebre e la meglio riuscita fra le tante tentate dalle flottiglie Mas nella
Seconda guerra mondiale, però, furono messi a segno colpi formidabili ai danni
della Marina asburgica questa volta con i motoscafi. Fu infatti durante la
Grande Guerra che il cantiere veneziano SVAN fornì agli incursori della Regia
Marina la prima motobarca armata SVAN, la cui sigla sarebbe poi stata fatta
coincidere da D’Annunzio con il più aulico motto “memento audere semper”. Il
concetto di tali imbarcazioni era tanto semplice quanto efficace: si trattava
di un banale motoscafo, ma armato di mitragliatrici, un cannoncino e bombe
antisommergibile. Un mezzo economico, facile da usare, piccolo e veloce, capace
di arrecare danni seri ai navigli nemici e difficile da colpire. L’ammiraglio
Paolo Thaon di Revek ed il capitano di vascello Costanzo Ciano intuirono presto
che le potenzialità di questa barca armata andavano oltre gli scopi difensivi
per cui era stata concepita: a bordo dei MAS, uomini debitamente addestrati
potevano andare ad attaccare le navi austriache della flotta adriatica quando
meno se lo aspettavano, cioè nei porti dov’erano ormeggiate. Fu Ciano a dotare
i MAS di siluri: grazie a questo armamento, nel 1918, il capitano di corvetta
Luigi Rizzo affondò al primo colpo la corazzata Szent Istvan al largo di
Premuda. Negli ultimi giorni di guerra si tentarono con successo altre missioni
da svolgere seguendo nuovi piani. Introducendosi di nascosto nei porti nemici,
i MAS potevano sbarcare alcuni assaltatori addestrati per nuotare in superficie
su lunghe distanze, al freddo e al buio, e muniti di cariche esplosive da
attaccare, tramite magneti, alla chiglia delle navi. Lo stesso obiettivo poteva
essere raggiunto con incursori preparati a operazioni subacquee, sbarcati da un
sottomarino nei pressi del bersaglio. Dal canto suo, il capitano del genio
navale Raffaele Rossetti mise a punto la “mignatta”, un siluro in grado di
navigare e di essere guidato a pelo d’acqua: in questo caso la carica esplosiva
poteva essere trasportata dallo stesso mezzo, sulla prua. Rossetti in persona,
insieme al medico militare Raffaele Paolucci, sperimentò con successo la sua
invenzione, affondando nel porto di Pola la corazzata Viribus Unitis e il
piroscafo Wien. Anni dopo, nel 1935, gli ufficiali Teseo Tesei e Elios Toschi
svilupparono l’idea della “mignatta” per realizzare un mini sommergibile a
propulsione elettrica con due soli uomini di equipaggio. Era nato l’SLC il
siluro a lenta corsa, destinato come si è visto a imprese gloriose, ma anche a
drammatici fallimenti. Questi innovativi mezzi d’assalto erano in dotazione di
un’apposita formazione della Marina, la Flottiglia MAS. L’anno seguente,
l’ammiraglio Aimone di Savoia-Aosta aggiunse alla flotta i motoscafi da turismo
modificati (MTM), in grado di trasportare fino a 3 quintali di esplosivi. In
questo caso, il mezzo veniva spezzato in due da piccole cariche esplosive e,
una volta affondato a pochi medi di profondità, innescava la carica principale,
così da squarciare irrimediabilmente la carena della nave presa di mira.
Ogame - Video ufficiale "Decima Flottiglia MAS" [X MAS]
Missioni svolte nella prima guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Le tonnellate sotto specificate sono tonnellate di stazza, quindi unità di volume, e non di peso.
- Durazzo, 7 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Lokrum (1.000 t)
- San Giovanni di Medua, 16 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - incursione nel porto che risultò privo di navi
- Durazzo, 26 giugno 1916: 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Sarajevo (1.100 t)
- Canale di Fasana, 2 novembre 1916: MAS 20 - Goiran - vengono lanciati due siluri, che però non superano le reti di protezione della nave presa come bersaglio
- Trieste, Vallone di Muggia, 9-10 dicembre 1917: MAS 9 e 13 - Luigi Rizzo, Andrea Ferrarini - affondata corazzata Wien (5.600 t)
- MAS 13: Ferrarini, Origoni, Volpi, Salvemini, Cassisa, Cabella, Dagnino, Piccirillo, Pessina
- MAS 9: Rizzo, Battaglini, Martini, Foggi, Mazzella, Orsi, Poltri, Camini, Sansolini
- Beffa di Buccari, febbraio 1918: MAS 94, 95, 96 - Gabriele D'Annunzio, Costanzo Ciano, Luigi Rizzo - azione dimostrativa di forzamento del porto
- Durazzo, giugno 1918: 2 MAS - Pagano, Azzi - affondato il piroscafo Bregenz (3.900 t)
- Pola, 13-14 maggio 1918: MAS 95 e 96, 1 barchino saltatore - Ciano, Berardinelli, Pellegrini - superate quattro delle cinque ostruzioni con perdita del barchino e del suo equipaggio
- Impresa di Premuda, 10 giugno 1918: MAS 15 e 21 - Luigi Rizzo, Giuseppe Aonzo (MAS 21), Armando Gori (MAS 15) - affondata corazzata Szent István (Santo Stefano)
- Impresa di Pola, 31 ottobre-1º novembre 1918: Raffaele Rossetti, Raffaele Paolucci - forzatura del porto a nuoto con una torpedine semovente e affondamento della corazzata Viribus Unitis (20.000 t) e il vicino piroscafo Wien (7.400 t)
Borghese ultimo capitano di
ventura.
Un’intera carriera militare
trascorsa nel corpo di cui divenne comandante nel periodo più difficile della
Seconda Guerra Mondiale. Molto si è discusso e ancora oggi si discute sulla
figura di Junior Valerio Borghese, ma su un punto adulatori e detrattori concordano:
il suo carisma, la forte personalità, una capacità quasi magnetica di
attirare a sé volontari e di convincerli a compiere missioni quasi
impossibili. E poi a combattere una guerra ormai persa. Queste doti
contribuiscono a definirlo, più che un semplice comandante di un corpo
speciale, quasi un condottiero, pronto a tutto pur di salvare l’unica cosa
che era rimasta a quanti lo seguirono per mare e in terra dopo l’8 settembre:
l’onore, “Al comunicato di Badoglio
piansi. Questa nostra disgraziata nazione non aveva più amici, non aveva più
alleati, non aveva più l’onore”, ricordò in seguito. Discendente di una
nobile famiglia romana, Borghese entrò in Marina e allo scoppio della guerra,
appena 34enne, era già comandante di sommergibili. Una pericolosa missione
compiuta nell’autunno del 1940 gli valse la medaglia d’oro al valore militare
per l’atto di eroismo così riassunto nella motivazione: “Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima
base navale nemica alcuni volontari, dopo aver superato con il più assoluto
sprezzo del pericolo gli ostacoli posti dall’uomo e dalla natura, riusciva ad
assolvere il compito affidatogli”. L’armistizio fu un duro colpo ai suoi
valori, quali dignità e lealtà. Dopo aver raccolto intorno a sé migliaia di
volontari, proseguì la guerra contro gli Alleati, contando sull’appoggio dei
tedeschi più che su quello della Repubblica Sociale. Alla fine del conflitto
si lasciò arrestare dal CLN a Milano, ma scampò alla fucilazione per
intercessione degli americani. Imprigionato e processato, nel dopoguerra
entrò nel Movimento Sociale e ne divenne presidente onorario. Le ombre di un
colpo di Stato da lui tentato si allungano sugli ultimi anni della sua vita,
conclusasi nel 1974 nella Spagna franchista, dov’era riparato.
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Tra le due guerre mondiali: la 1ª Flottiglia MAS[modifica | modifica wikitesto]
Negli anni dopo la fine della prima guerra mondiale la Marina non dedicò molta attenzione ai motoscafi d'assalto, data l'ormai affermata potenza italiana in ambito marittimo e visti i pacifici rapporti esistenti con Gran Bretagna e Francia, i principali "avversari" presenti nel Mediterraneo[22]. L'inizio del grande sviluppo dell'incursione subacquea risale però al 1935, quando la guerra d'Etiopia sconvolse gli equilibri politici fino a quel momento esistenti. La Royal Navy, che rappresentava la più potente forza navale dell'epoca, in quel periodo era fortemente presente nel Mar Mediterraneo e per contrastarla fu costituita la 1ª Flottiglia MAS, comandata dal capitano di fregata Paolo Aloisi e incaricata di organizzare i mezzi d'assalto della Marina, cosa che ebbe inizio verso la fine dell'aprile 1939 in una tenuta della famiglia Salviati situata nei dintorni della foce del fiume Serchio[23]. Inoltre nel 1936 vennero realizzati i primi esemplari di barchini progettati da Aimone di Savoia-Aosta[24], comandante di GeneralMAS, dalla quale dipendevano sia la 1ª Flottiglia MAS sia le motosiluranti.
Inoltre, i due ufficiali Teseo Tesei ed Elios Toschi progettarono un nuovo mezzo di incursione subacquea, partendo dalle versioni rinnovate dei MAS e dei siluri. Nacque così l'SLC (siluro a lenta corsa):[25] siluri elettrici in grado di trasportare due uomini oltre alla testa esplosiva sganciabile, che veniva fissata dai due operatori alla chiglia della nave nemica.
Questo mezzo è meglio noto con il nomignolo di maiale: l'origine del soprannome è incerta e da una parte vi è la forma goffa del mezzo, dall'altra il fatto che erano mezzi lenti e poco agili. I maialierano portati sul luogo delle operazioni, generalmente nelle vicinanze di un porto nemico, per mezzo di sommergibili trasportatori, modificati per ospitare alcune di queste unità sul ponte. Inizialmente non era previsto l'utilizzo dei cassoni stagni contenitori dei mezzi d'assalto, ma solo delle staffe di ancoraggio al sommergibile stesso, questo però comportava un'immersione massima per il sommergibile trasportatore di soli 30 metri, quota massima operativa sperimentata per gli SLC. Per ovviare a questa limitazione, che tra l'altro rendeva il sommergibile più facilmente visibile da parte del nemico, si decise di montare sul ponte del sommergibile dei cassoni stagni di forma cilindrica, costruiti nei cantieri OTO Melara di La Spezia.
Oltre ai MAS e SLC vennero sviluppati anche gli MTM (Motoscafi da Turismo Modificati): i barchini esplosivi.
La ricerca venne interrotta con la fine della guerra d'Etiopia, per riprendere solo alla fine del 1938. Il 28 ottobre 1938 l'Ufficio piani e operazione della Marina propone la costituzione della "1ª Flottiglia MAS", con sede a Spezia. L'unità viene costituita il 23 aprile 1939 con comandante il capitano di fregata Aloisi [26]
Alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale la Marina decise di riprendere gli studi per l'impiego operativo del maiale e dei barchini. L'attività della flottiglia inizialmente fu tesa alla sperimentazione in segreto delle nuove armi della Marina; diventò quindi un'unità speciale, ad attività riservata.
Fronte tirrenico - Un'azione dei reparti antiparacadutisti della X MAS.
DAL MAR NERO ALL’ATLANTICO. Allo scoppio del
Secondo conflitto mondiale l’Italia era l’unica a poter contare su questi
assaltatori. A essi si erano aggiunti gli uomini “Gamma”, ovvero guastatori
subacquei, selezionati e addestrati a camminare sul fondo marino con
l’attrezzatura di un palombaro per collocare ordigni sotto le navi nemiche alla
fonda.
Dopo l’entrata in
guerra del nostro Paese, le Flottiglie della MAS (tre, poi divenute sei)
compirono alcune delle imprese più ardite e meglio riuscite dell’intero
conflitto, in particolare quella che assunse il nome di Xa Flottiglia MAS,
dalle legione prediletta di Giulio Cesare, la Decima appunto. Dopo due
tentativi falliti di forzare il porto di Alessandria e altri due in quello di
Gibilterra, il 26 marzo 1941 questa Flottiglia mise a segno un colpo
formidabile nella baia di Suda, a Creta, dove 6 MTM affondarono l’incrociatore
pesante inglese York e danneggiarono la petroliera Pericles. A nulla valsero le
tante protezioni, come mine, reti, posti di osservazione e altri sbarramenti
posti dagli inglesi a salvaguardia della flotta ferma nella baia.
Ben altra sorte ebbe
invece il tentativo effettuato il 26 luglio di forzare il porto della Valletta,
a Malta, con numerose imbarcazioni fra cui 9 MTM, 2 SLC e 2 MAS. La
miniflottiglia agli ordini del capitano Borghese incappò in un munito fuoco
degli inglesi, allertati perché in grado di decodificare i messaggi cifrati
della Marina tedesca e dotati di radar. L’attacco
si risolse così in un disastro: la Flottiglia perse in un colpo solo 36 uomini
tra morti (16) e prigionieri, oltre ai MAS agli SLC e a quasi tutti gli
MTM. Pochi mesi dopo, un primo riscatto
fu colto in quello che fino ad allora era sembrato un obiettivo imprendibile,
ovvero Gibilterra. Il 20 settembre, 3 SLC colpirono altrettante petrolieri e
tutti gli uomini della missione rientrarono incolumi. Seguì, in dicembre,
l’eccezionale colpo messo a segno ad Alessandria d’Egitto, come già descritto
all’inizio. Persino Gibilterra fu forzata, il 12 luglio del 1942, quando 12
uomini “Gamma” attaccarono il naviglio in rada, colpendo 4 piroscafi. Un altro fallimento segnò invece, un mese
dopo, il tentativo di forzare il porto di Haifa. Gli inglesi, che conoscevano
in anticipo le mosse del nemico, tesero una trappola allo Scirè e il
sommergibile colò a picco con tutto l’equipaggio e gli uomini Gamma imbarcati.
Tutto ciò non
cambiò l’esecuzione di altre missioni, sempre studiate nei minimi particolari,
che proseguirono l’anno seguente nel bacino del Mediterraneo e anche su altri
fronti. Le Flottiglie della MAS si confrontarono con tutti i nemici dell’Asse.
Loro uomini e mezzi furono schierati sul fronte orientale sul lago Ladoga, con
compiti quali caccia alle navi sovietiche, infiltrazioni di spie oltre le linee
nemiche, scorta delle navi finlandesi e tedesche, e nel Mar Nero, dove
contribuirono con il blocco di Sebastopoli e affondarono quattro sommergibili
russi. Rimase invece sulla carta l’attacco pensato da Borghese nientemeno che a
New York, da effettuare con un sommergibile tascabile tipo C.A. portato nei
pressi dell’obbiettivo dal sommergibile atlantico Leonardo da Vinci.
L’affondamento di quest’ultimo nel maggio del 1943 e l’armistizio lasciarono
irrealizzato il piano che, se fosse riuscito, avrebbe avuto effetti
incalcolabili sul piano della propaganda e del morale, oltre a rappresentare
l’unico attacco di tutta la guerra sulla sponda atlantica del continente
americano. Il bilancio di tre anni di
guerra sui mari premiò la Xa Flottiglia – la cui esistenza, al pari delle
altri, era coperta dal segreto militare – con l’affondamento o il grave
danneggiamento di navi militari nemiche per un totale di circa 75mila
tonnellate di dislocamento, pari a quasi il 40% del bilancio complessivo della
Regia Marina. Bisogna però tenere conto che, attaccate dagli assaltatori e
guastatori su bassi fondali, diverse delle navi colpite o affondate vennero poi
recuperate. Il bilancio rimane peraltro assi lusinghiero se raffrontato con il
numero dei caduti (20 in tutto se si esclude l’affondamento dello Scirè) e di
prigionieri (53). Come accennato, nessun altro Paese disponeva di un corpo
scelto come le Flottiglie italiane, mentre assai modesti furono i risultati
ottenuti nel corso della guerra da altre Marine con mezzi simili, come i
barchini tedeschi (Linse) e i maiali inglesi (Charlot).
Nel maggio del 1942 fu tentato senza successo un secondo attacco al porto di Alessandria.[25]
Nello stesso periodo, su richiesta dei tedeschi, furono inviati altri incursori nei porti del Mar Nero e cinque barchini siluranti in Crimea. Altri barchini furono utilizzati nelle coste del nord Africa, a supporto delle operazioni terrestri.[25]
Il 27 luglio 1942 lo Scirè lasciò la Spezia con a bordo un gruppo di incursori, facendo tappa alla base italiana di Lero nel Dodecaneso per acquisire anche i risultati della ricognizione aerea. Ripartito il 6 agosto, non diede più notizie di sé. Si seppe solo in seguito che il 10 agosto 1942 era stato individuato e affondato dal peschereccio armato inglese HMS Islay proprio nei pressi di Haifa, senza alcun superstite. I corpi di due degli incursori, il tenente di vascello Egil Chersi e il capo Del Ben, furono recuperati sulla spiaggia e tumulati dagli inglesi con gli onori militari. Allo Scirè venne concessa una delle tre medaglie d'oro al valor militare conferite ad unità navali durante la guerra[47][79].
I MEZZI DELLA X MAS.
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MAS.
Il primo
motoscafo armato prodotto dall’azienda veneziana di motoscafi SVAN e in uso a
una squadriglia MAS era armato di un cannone da 57 mm., 3 mitragliatori e
bombe di profondità antisommergibile. Era stato concepito per meri scopi di
difesa da attacchi sferrati dal nemico via mare.
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MTM.
Dalla fine del
1941 il Motoscafo da turismo modificato divenne il barchino esplosivo
standard della X MAS. Caricava 300-350 kg di esplosivo potenziato derivato
dal tritolo (tritoli tal). Ne fu costruita anche una versione ridotta, l’MTR
(motoscafi da turismo ridotti).
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MTS.
Il motoscafo
da turismo silurante (misure 6,5 x 2,2 m. altezza 1,75 m) sostituiva l’esplosivo
con due siluri da 450 mm, appositamente ridotti a 3,2 m di lunghezza, espulsi
da poppa. Ne furono prodotte due versioni più grandi, l’MTSM (motoscafo da
turismo silurante modificato, che aveva fra le migliorie due motori anziché
uno) e l’MTSMA (dove “A” sta per allargato), armato di un siluro, bombe di
profondità e fumogeni.
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SLC.
Esemplare di "Siluro San Bartolomeo" (altro tipo di "siluro a lenta corsa") della seconda guerra mondiale, esposto nel Submarine Museum, Gosport.
Il siluro a
lenta corsa, detto maiale per la scarsa manovrabilità, era condotto da due
operatori muniti di respiratori subacquei autonomi e munito a prua di un involucro
pesante 68 kg con 260 kg di esplosivo all’interno: dopo aver collocato
sull’obiettivo l’esplosivo, gli operatori dovevano raggiungere con l’SLC un
punto prestabilito per il loro recupero. Il successivo SSB (siluro san
Bartolomeo, dal nome della località spezzina dov’erano costruiti questi
mezzi) rimediò ad alcuni difetti, come la posizione completamente immersa del
secondo operatore durante il viaggio.
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SOMMERGIBILE
D’ASSALTO TIPO C.A.
Questo
sommergibile tascabile, cioè di dimensioni ridotte (10 x 2 m, altezza 1,6 m
fuori dall’acqua in immersione), dislocava 13,5 t in superficie e 16,4 t in immersione. L’armamento consisteva in
due siluri da 450 mm. Per guidarlo erano sufficienti due uomini di
equipaggio. Un altro vascello lo trasportava nei pressi dell’obiettivo, per
poi calarlo in acqua e renderlo operativo.
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Il relitto della HMS York ispezionato da una squadra di marinai della torpediniera Sirio dopo la resa di Creta
I MARO’ SULLE MONTAGNE. Dopo l’8 settembre
mentre il resto della Regia Marina si consegnava agli Alleati, la Xa Flottiglia
continuò la guerra a fianco dei tedeschi, non solo sul mare, ma formando anche
truppe di terra. Fort delle migliaia di volontari che si presentarono nella
sede della Flottiglia a La Spezia, Borghese formò alcuni battaglioni di
fanteria di marina e gruppi di artiglieria. Mentre MTM e MTS proseguivano le
missioni contro la flotta Alleata muovendo dalla base di Fiumicino, dopo lo
sbarco di Anzio il primo battaglione schierato al fronte, il Barbarigo, entrò
in linea a Nettuno (Roma), dove riportò la metà delle perdite fra caduti,
feriti e dispersi a dimostrazione della sua volontà di combattere fino
all’estremo sacrificio. Consapevoli che la guerra era orma compromessa, i
combattenti della Xa fecero della fedeltà, dell’onore e della bella morte in
battaglia la loro bandiera, nel tentativo di riscattare il nome dell’Italia
dopo il voltafaccia del re e dello stato maggiore dell’esercito. Ma la guerra
terrestre di questi soldati aveva anche uno scopo concreto: difendere il Nord
della Penisola, in particolare le regioni orientali minacciate dall’esercito
popolare di liberazione della Jugoslavia comandate da Tito. Fra le pagine più
significative sotto il profilo militare di questa fase della guerra, rimane la
battaglia di Tarnova, oggi in Slovenia, che alla fine del 1944 era rimasto
l’ultimo presidio a difesa di Gorizia dalle truppe titine.
Qui, nel gennaio del
1945, il battaglione Fulmine pagò un
alto tributo di sangue per resistere contro forze nettamente superiori per
numero, armamenti ed equipaggiamento fino all’arrivo dei rinforzi che ruppero
l’accerchiamento.
Ideali e obiettivi
minimi della Xa MAS, come salvare il salvabile di un Paese le cui supreme
autorità nell’ora più difficile della sua storia si erano dissolte, si
incrociarono con gli orrori e le
atrocità della guerra partigiana, fatta di rastrellamenti sulle montagne
e spietate rappresaglie agli attacchi subiti. Episodi che restano come una
macchia indelebile sulla storia gloriosa di questo straordinario corpo d’élite.
Un nido di mitragliatrici del "Fulmine" a Tarnova della Selva, gennaio 1945
L’altra metà della Xa: il SAF.
Il Generale di Brigata Piera Gatteschi Fondelli, comandante gernerale del Servizio Ausiliario Femminile, ritratta a fianco del Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, Ministro della Guerra della Repubblica Sociale Italiana
La decima Flottiglia MAS fu
l’unico corpo militare italiano che arruolò personale femminile in tempo di
guerra. Le donne, tutte volontarie, erano inquadrate nel Servizio ausiliario
femminile (SAF) come dipendenti civili: come tali, non erano armate, ma erano
riconosciute al pari dei militari dalle forze Alleate. Il SAF della Decima fu
formato ufficialmente il 1° marzo 1944. Fra i requisiti per farne parte vi
erano la moralità, l’idoneità fisica, la licenza elementare, il consenso dei
genitori per le minorenni o quello del marito per le coniugate. Vennero
arruolate nei centri affiancati a quelli maschili che la Decinma aprì nelle
maggiori città della RSI. La loro formazione fu affidata ad un’apposita
scuola, che ebbe sede a Sulzano (Brescia) e poi a Grandola (Como), Vittorio
Veneto e Venezia: si tenevano corsi trimestrali formativi e di
specializzazione, ai quali si iscrissero non più di duecento volontarie. Ad
esse si aggiunsero le giovani che avevano frequentato i corsi dell’esercito,
del parti e dell’Opera Barilla, oltre alle collaboratrici del servizio
d’informazione della Decima. In tutto
formarono tre gruppi, denominati Nettuno, Anzio e Fiumicino. In ogni caso, il
corpo femminile della Decima MAS fu esiguo, paragonato ai SAF del partito
fascista repubblicano e alle donne arruolate nelle polizie e nei corpi
paramilitari della RSI che furono 10mila. Diversamente da quanto previsto,
alcune finirono per combattere in prima linea: così accadde per le donne del
gruppo SAF della Decima aggregate al battaglione Barbarigo sul fronte di
Nettuno e per quelle impegnate con i presidi della Decima dislocati sul
fronte orientale, in Istria e Dalmazia, a Zara, Fiume e Pola. Di queste
ultime la maggior parte furono massacrate dai partigiani titini negli ultimi
giorni di guerra, mentre molte altre subirono violenze all’indomani del 25
aprile.
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