giovedì 1 novembre 2018

Cinta d'orgoglio.


Cinta d’orgoglio.
Contrastando la rivale Firenze fino all’ultimo, Siena s’impose come uno dei maggiori centri finanziari dell’Europa medievale, ma seppe anche dar prova di grande coraggio militare. Fu l’ultima repubblica a perdere l’indipendenza, che provò a mantenere perfino dall’esilio.

Oggi è conosciuta in tutto il mondo per i suoi tesori artistici, per il fascino unico del suo Palio e per la perfezione architettonica del centro storico, che si è meritato l’iscrizione nel registro dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Una città-monumento talmente bella e unica da sembrare uscita dal genio e dai progetti di un unico architetto. In realtà questo luogo fiabesco, appoggiato sulle dolci pendici collinare della Toscana, rappresenta il frutto di oltre due millenni di storia, il risultato della sovrapposizione di epoche, popoli e idee molto diversi fra loro.
Come spesso avviene nel caso delle città più antiche, le origini di Siena si perdono nella leggenda. A fondarla, secondo la tradizione sarebbero stati Sento e Aschio, nientemeno che i figli di Remo, fratello di Romolo, il fondatore di Roma. Evidentemente, il mito sottintende che Siena sarebbe stata eretta successivamente all’Urbe, se non che i ritrovamenti archeologici raccontano una storia diversa: il primo nucleo della città, infatti, sarebbe stato un insediamento etrusco. Iul fatto che le cronache antiche abbiano rimosso quel passato non deve stupire: accadeva frequentemente che, dopo essere stati assorbiti da conquistatori prestigiosi come i Romani, le popolazioni locali tendessero a rivendicarne le stesse origini.
In ogni caso, quel primo nucleo abitato non doveva essere altro che un piccolo villaggio, l’unico presidio protetto in un territorio popolato da contadini che lì si rifugiarono nel momento del pericolo. Furono i Romani a rimodellare il luogo, fondandovi, in epoca augustea una colonia che chiamarono Saena Iulia. Il nome stesso sembra richiamare le vere origini della città, dal momento che si riferisce probabilmente al termine etrusco Saina.



I PRIMI SECOLI. L’inizio della storia ufficiale di Siena risale al I secolo d.C., quando cominciano a comparire i primi documenti che ne fanno menzione, citandola come colonia militare. Il suo nome viene citato nella Naturalis historia di Plinio il vecchio, quindi da Tolomeo e da Tacito, il che fa pensare che avesse raggiunto una qualche importanza, almeno a livello locale. I ritrovamenti archeologici dimostrano che era dotata di templi, di bagni e anche di un foro, come tutte le località urbane di ispirazione romana. Quando iniziò la decadenza dell’impero, fu inevitabile che Siena condividesse il destino dell’Urbe e delle altre sue colonie, diventando vittima e preda degli invasori barbarici, non prima però di avere adottato il cristianesimo come religione egemone e avere quindi bandito gli antichi dei dai templi cittadini. Anche in questo caso, più che alle cronache dobbiamo affidarci alla leggenda, secondo la quale la nuova fede sarebbe giunta in città verso la fine del III secolo, con le parole di Ansano, un giovane cristiano romano oche stava fuggendo dalle persecuzioni ordinate da Diocleziano.
I secoli successivi videro la calata delle popolazioni germaniche nella Penisola, e il nome di Sanea Iulia scomparve quasi completamente dalle testimonianze dell’epoca, evidentemente rimasta orfano della sua condizione di colonia romana e della protezione che essa garantiva. Si sa che nel VII secolo venne sottoposta alla dominazione dei Longobardi, che permise una certa stabilità e il recupero di un ordine civile e sociale. Ciò è testimoniato dalla nomina, intorno al 650 d.C. del vescovo Mauro. Il rappresentante dell’autorità reale era il gastaldo, che nel IX secolo, quando si passò all’egemonia dei Franchi, venne sostituito dal conte. In realtà le due figure avevano molto in comune. Entrambi erano funzionari reali, incaricati di mantenere l’ordine, di raccogliere le imposte e di risolvere le sempre più frequenti dispute territoriali. I dissidi tra cittadini senesi e fra costoro e gli abitanti di altri centri urbani erano destinati a sfociare in conflitti aperti, primo fra tutti quello con Firenze. L’arrivo del nuovo millennio portò una ripresa importante dell’attività commerciale a Siena, che godeva di una posizione geografica privilegiata con Roma: un requisito utilissimo per acquistare prestigio e influenza, oltre che per arricchirsi.

Il martire incenerito.
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Jacopo Della QuerciaSant'Ansano

Come in molti dei racconti riferiti al passaggio dal mondo pagano a quello cristiano, la storia di Siena annovera tra i suoi protagonisti un martire, Ansano. Si sa che era romano, che visse alla fine del III secolo e che aveva nobili natali, visto che apparteneva alla famiglia Amicia. Pare fosse figlio del senatore Tranquillino, il quale non esitò a denunciarlo perché reo di essersi convertito al cristianesimo, costringendolo a fuggire dalla città.
Ansano sarebbe così giunto a Siena, dove la sua predicazione gli attirò l’ostilità dei notabili locali, che lo sottoposero alla prova del fuoco e dell’olio bollente. Non paghi del fatto che fosse riuscito a superarla rimanendo miracolosamente illeso, lo rinchiusero in un torre, dove predicò fino al giorno della sua decapitazione, nel 304. Oggi, Siena conserva il braccio destro del patrono, mentre altre reliquie sono distribuite in varie località della Toscana. La gran parte del corpo, però, andò perduta, incenerita da un fulmine.

NEMICA DI FIRENZE. Tale situazione sfociò, nel XII secolo, nella costituzione della Repubblica di Siena, la cui fondazione viene fatta tradizionalmente risalire al 1125, anche se forse la data più significativa è il 1186, quando l’imperatore Federico Barbarossa permise alla città di eleggere i consoli che l’avrebbero governata e di battere moneta propria. Iniziò a quel punto l’ascesa di Siena nel panorama economico della regione, con i banchieri cittadini che divennero tra i principali finanziatori del papato, trasformando la città in una delle più importanti sedi finanziarie d’Europa. Tuttavia, dal punto di vista politico, Siena era una città perlopiù ghibellina, dunque sostenitrice della supremazia imperiale. Anche per questo era destinata a entrare in rotta di collisione politica con Firenze, la quale era invece a maggioranza guelfa. Le due potenze locali, in realtà, si scontravano anche e soprattutto sul piano economico e su quello dell’egemonia territoriale: i confini delle rispettive zone d’influenza si erano fatti pericolosamente vicini, fino a toccarsi. Un primo scontro fra le due repubbliche si concluse nel 1255, con la sottoscrizione da parte senese di un patto di eterno legame d’amore, che di fatto sanciva la supremazia fiorentina. Cinque anni più tardi, la vittoria di Siena nella battaglia di Montaperti sui guelfi fiorentini cambiò la situazione, ma solo provvisoriamente: in quel periodo, gli spostamenti degli equilibri di potere erano frequenti e una battaglia poteva alterarli in modo decisivo. Così, circa dieci anni più tardi, furono i guelfi a prevalere sui ghibellini, guidati dalle forze senesi, nella battaglia di Colle Val d’Elsa. Le conseguenze a lungo termine dell’evento si rivelarono però positive per la città, poiché condussero al Governo dei Nove.

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Miniatura del sec. XIV, Roma Biblioteca Chigiana: un fante porta sull’asta la testa di Provenzan Salvani.

La prima banca d’Europa.
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L'arco senese all'ingresso di Palazzo Salimbeni, sede centrale del Monte dei Paschi di Siena
Il Monte dei Paschi di Siena è l’Istituto bancario più antico d’Europa, tra quelli ancora in attività. Nato nel 1472 con il nome di Monte Pio, venne pensato come strumento per aiutare si cittadini più bisognosi e sottrarli alle grinfie degli usurai (che nella ricca Siena abbondavano). Soltanto nel 1624 l’istituzione venne battezzata Monte dei Paschi, un nome che faceva riferimento ai pascoli demaniali della Maremma, posti a garanzia dei depositi dal granduca Ferdinando II di Toscana. Oggi, il Monte dei Paschi è stato prelevato da altra banca, a causa della cattiva gestione dei suoi principali dirigenti, ma divenne oggetto di scandalo già nel 1629, quando Armeno Melari, camerlengo della banca (l’equivalente del moderno amministratore delegato), venne accusato di aver sottratto ben 40000 scudi, l’equivalente di circa 2 milioni di euro, il 29 ottobre dello stesso anno, Melari fu riconosciuto colpevole e condannato all’impiccagione. A chi lo avesse consegnato alle autorità, gli amministratori del Monte promettevano una ricompensa di 200 scudi, se morto, o 400 da vivo. In ogni caso, sembra che nessuno sia riuscito a incassare il premio e che il truffatore sia riuscito a trovare rifugio in un convento. 

SPLENDORE E DECADENZA. Il Governo dei Nove entrò in carica nel 1287. Rappresentanti di un ceto imprenditoriale moderno, formato da commercianti e artigiani, la cui preoccupazione principale era quella di assicurarsi che la città fosse gestita in maniera efficiente e in modo da favorire i loro interessi imprenditoriali, i componenti della giunta cittadina accompagnarono Siena attraverso un periodo di prosperità e stabilità politica. Come spesso accade, a tale condizione si accompagnò una fioritura artistica e architettonica destinata a trasformare profondamente il paesaggio urbano. Risale a quest’epoca la costruzione del Palazzo Pubblico, così come si deve ai Nove la celebre pianta a conchiglia di Piazza del Campo, che rappresenta il manto della Vergine ed è suddivisa simbolicamente in nove settori. Grandi risorse vennero destinate al potenziamento dell’Università, fondata nel 1240 per attirare la personalità intellettuali più influenti dell’epoca e permetter alla città di meglio competere con le vicine rivali. A proposito di rivalità, durante questo periodo i rapporti con Firenze registrarono un’evoluzione positiva, anche perché nel frattempo erano diminuite le occasioni di attrito ed erano invece aumentate le opportunità di collaborare e stringere alleanze, anche temporanee, per perseguire obiettivi specifici. Si trattava di un cambiamento importante, perché l’aiuto militare di Firenze permise a Siena di rafforzare la presa sui propri territori ed estenderla su quelli di altre città come Grosseto e Massa Marittima. Anche questa fase, tuttavia, era destinata a concludersi: stavolta a modificare la situazione non fu un conflitto armato, ma un evento ancora più devastante: la Peste Nera, la terribile pandemia che flagellò l’intera Europa mietendo oltre 20 milioni di vittime, nel 1348 colpì anche Siena.  

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La facciata principale del Palazzo pubblico 

Il palio “alla lunga”.

Il palio di Siena è uno degli eventi più famosi e seguiti della tradizione locale italiana. Quello a cui assistiamo oggi, però, non è la versione originale del cosiddetto “palio alla lunga”, che voleva essere una rievocazione della leggendaria corsa che avrebbe portato alla fondazione della città da parte dei figli di Remo, Senio e Aschio: secondo il racconto, essi fuggirono da Roma per giungere fino al luogo dove, sarebbe sorta la nuova città.
Si trattava di una corsa di cavalli in linea (alla lunga). Sembra che l’origine ufficiale della manifestazione risalga a prima del XII secolo, mentre si sa che tra il Due e il Trecento rappresentava il momento più atteso tra quelli previsti per la celebrazione estiva dedicata alla patrona della città, Maria Vergine Assunta. Il palio divenne un evento a tal punto sentito e importante che si corse anche negli anni in cui la Peste Nera mieteva le proprie vittime. La gara consiste in una corsa di cavalli per la gloria della propria contrada (quelle odierne sono 17) e per la conquista del palium, un drappo di stoffa dal valore simbolico.
Curioso un episodio citato in un documento del 1238 che tratta la vicenda di “giustizia pallesca”: vi si legge della pena di 40 soldi inflitta tale Ristoro di Bruno Ciguarde perché, essendo giunto ultimo al traguardo, non aveva “preso il porco”, ossia il premio derisorio che per regolamento veniva assegnato appunto all’ultimo classificato. Tale umiliazione era obbligatoria, ma non si sa se il ridicolo trofeo fosse un vero maiale o un copricapo a forma di testa suina.



Peste nera
Trionfo della morte, già a palazzo sclafani, galleria regionale di Palazzo Abbatellis, palermo (1446) , affresco staccato.jpg
Trionfo della mortePalazzo SclafaniGalleria regionale di Palazzo AbatellisPalermo (1446), affresco staccato
TipoPandemia
DataXIV secolo
1347 – 1352
LuogoAsiaEuropaNordafricaCaucaso
ResponsabiliYersinia pestis
MotivazioneDiffusione tramite i roditori, scarsa igieneguerreepidemie minori
Conseguenze
Morticirca 25-50 milioni di vittime stimate in Europa
Peste nera (o grande morte oppure morte nera) è il termine con il quale ci si riferisce normalmente all'epidemia di peste che imperversò in tutta Europa tra il 1347 e il 1352 uccidendo almeno un terzo della popolazione del continente. Epidemie identiche scoppiarono contemporaneamente in Asia e nel Vicino Oriente, il che fa supporre che l'epidemia europea fosse parte di una più ampia pandemia.



PRIMA LA PESTE, POI L’IMPERO. Ai danni provocati direttamente dal contagio si aggiunsero quelli collaterali, rappresentati dalla crisi economica e politica conseguente all’incapacità da parte dei Nove di far fronte all’ondata di disordini che inevitabilmente si manifestò e che nel 1355 condusse al rovesciamento del loro governo. Il cambiamento avvenne effettivamente a fronte di un evento improvviso e violento, ossia la rivoluzione scoppiata con l’arrivo dell’imperatore Carlo IV, ma fu anche la conseguente di una serie di scandali legati alla gestione piuttosto disinvolta del bilancio cittadino e alla corruzione. Per un breve periodo, tra il 1399 e il 1404, Siena si consegnò alla protezione e all’autorità di Giangaleazzo Visconti di Milano, per poi entrare nell’orbita dell’autorità papale. Nel 1487, un riuscito colpo di Stato mise la città nelle mani di Pandolfo Petrucci, un uomo così machiavellico da guadagnarsi un’esplicita citazione nel Principe, in virtù della disinvoltura con la quale riuscì a gestire la delicata situazione interna e il pragmatismo estremo che caratterizzò la sua politica nei confronti delle città rivali. Siena era rimasta l’ultimo repubblica indipendente d’Italia, tra quelle di origine medievali, ma già da tempo spagnoli e fiorentini ne condizionavo la politica. Il declino procedette lento ma inesorabile, fino al 1555, quando cadde nelle mani dell’imperatore Carlo V (l’anno prima della battaglia di Chiusi, i senesi, con l’ausilio dei francesi, avevano sterminato fiorentini e imperiali in un ultimo guizzo d’indipendenza): costui cedette la sovranità ai suoi alleati fiorentini, i Medici, che avevano contribuito in maniera sostanziale allo sforzo bellico da lui sostenuto in Italia. In realtà, lo Stato senese sopravvisse per quattro anni alla capitolazione della città, poiché i suoi più strenui difensori si arroccarono a Montalcino, dove proclamarono la nascita della Repubblica di Siena riparata in Montalcino. La fine definitiva arrivò nel 1559, quando i francesi, fino ad allora alleati dei senisi, abbandonano la lotta, lasciando che Carlo I de’ Medici s’impadronisse della citt.
Nasceva così lo Stato Nuovo di Siena, o Ducato di Siena, che sarebbe poi sopravvissuto fino al 1766, quando, diviso in due semplici provincie, sarebbe entrato a far parte del Granducato di Toscana. A quel punto, spentosi ogni barlume d’indipendenza politica, Siena si rifugiò in se stessa, concentrandosi sulla propria personalità storica, artistica e architettonica. La stessa che ancora oggi continua ad affascinare chi la visita e che la rende una città dal carattere inconfondibile.
    
Articolo in gran parte di Luigi Lo Forte, pubblicato su Medioevo misterioso, edizioni Sprea. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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