lunedì 20 maggio 2019

OPERAZIONE LEONE MARINO: IL LEONE CHE NON RUGGI’.


OPERAZIONE LEONE MARINO: IL LEONE CHE NON RUGGI’.

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Le fasi dell'operazione Seelöwe secondo il piano tedesco.
L'operazione Leone marino (Unternehmen Seelöwe) era il nome in codice tedesco per l'invasione dell'Inghilterra, programmata durante la seconda guerra mondiale dalla Germania nazista.

L'Alto Comando dell'esercito tedesco era convinto che dopo la resa della Francia, la Gran Bretagna avrebbe richiesto la pace; visto però che non veniva presa nessuna iniziativa in questo senso, Hitler ordinò di pianificare un'invasione via mare. La Wehrmacht decise di impiegare per questa operazione 20 divisioni, il cui sbarco doveva essere assicurato dalla Luftwaffe, piuttosto che dalla marina tedesca che disponeva di poche unità. Se gli uomini di Göring fossero riusciti ad annientare la RAF e a distrarre la Royal Navy dalla Manica, le truppe tedesche avrebbero avuto buone possibilità di sbarcare in Inghilterra senza perdite rilevanti. Difatti una volta a terra, avrebbero dovuto affrontare 25 divisioni, sprovviste però di armi moderne, trasporti e mezzi corazzati, e sparse dal Kent a Cromarty, ignare di dove il nemico sarebbe sbarcato. 
L’invasione della Gran Bretagna era nei piani di Hitler, che vedeva più quel Paese come partner del futuro che come nemico del presente. Occorreva sottometterla, per farne una repubblica tipo Vichy. I piani dell’Operazione Leone Marino erano già pronti, tutto stava per compiersi ma poi ….

Nel novembre del 1939 il Fuhrer era convinto che gli inglesi sarebbero scesi a trattative e avrebbero riconosciuto il suo dominio sull’Europa in cambio di restare fuori dal conflitto. Tuttavia, al di là della Manica, Churchill metteva in guardia il Parlamento dalla minaccia del Reich: “Si dice che Hitler abbia un piano di invasione delle Isole britanniche (…) in tal caso difenderemo la nostra Isola a qualunque costo, ci batteremo sulle spiagge, sulle teste di sbarco, nei campi e per le vie cittadine”. Le intenzioni del Primo Ministro britannico ispirarono dopo poco tempo un piano di difesa dell’isola sviluppato su tre linee: una zona trincerata lungo le coste, un secondo sbarramento con il presidio della Guardia Nazionale (che aveva già raggiunto 2 milioni di arruolati) che si stendeva in profondità nell’Inghilterra meridionale a protezione di Londra e dei grandi centri industriali e, dietro questa linea, le riserve principali pronte per la controffensiva vera e propria. Churchill e i suoi collaboratori ritenevano che i punti di sbarco potessero essere 15 o 20, ma la convinzione prevalente era che l’invasione sarebbe iniziata sulla costa orientale, più precisamente sull’estuario dell’Humber, appoggiata da un lancio di paracaduti di vasta portata sull’Irlanda. Hitler invece tentennava di fronte a un rapporto del generale Jodl, a capo dell’esercito, intitolato “La continuazione della guerra contro la Gran Bretagna”. Secondo Jodl, c’erano tre possibilità per ingoiare anche l’Inghilterra oltre al resto d’Europa: blocco economico, attacchi terroristici contro i centri abitati o direttamente lo sbarco. Quest’ultima mossa sarebbe stata possibile, però, solo se la Germania si fosse assicurata prima la supremazia aerea.



STAVANO FACENDO I CONTI SENZA L’OSTE (CHURCHILL). Nonostante le esitazioni, nel giugno 1940, quando ormai Belgio, Olanda e Francia erano nazioni sconfitte e le forze fresche che la Gran Bretagna aveva mandato sul continente, per contrastare l’impetuoso dilagare delle armate del Terzo Reich in Europa erano state decimate, prima della drammatica evacuazione di Dunkerque, fra gli ufficiali della Wehrmacht circolava già una lista nera di cittadini britannici o rifugiati da arrestare non appena i nazisti avessero messo in piede sul suolo inglese. e in quel momento tanta sicurezza da parte tedesca non era affatto infondata.
Al numero 49 dell’elenco delle persone da eliminare sul suolo britannico (una posizione in classifica poco lusinghiera) c’era il nome di Churchill Winston Spencer, il Primo Ministro. La lista sommava in tutto circa 2700 persone, tra intellettuali, politici, artisti, ma anche ex simpatizzanti del partito nazista (non pochi) che avevano cambiato bandiera. Fra i nomi più impensabili, figurava anche Lord Baden-Powell, fondatore dei boy-scout.
Un piano dettagliato nei minimi particolari, discusso e approvato dal Fuhrer. Non erano previsti ripensamenti. Aveva già un nome: Operazione Leone Marino (Unternehmen Seelowe). Il comando supremo delle forze tedesche prevedeva di occupare con 13 divisioni le basi della Manica quale prima ondata: in totale si trattava di trasferire sul suolo inglese 90mila uomini e 650 carri armati.
6 divisioni di fanteria si sarebbero dovute imbarcare nella zona del passo di Calais per invadere la costa fra Ramsgate e Bexihille; altre 4 sarebbero partite dalla zona di Le Havre e sbarcate fra Brighton e l’isola di Wight; le ultime 3 sarebbero salpate dalla penisola di Cherbourg per approdare alla baia di Lyme, fra Weymputh e Lyme Regis.
Due squadre aeree avrebbero lanciato paracadutisti a Eastbourne, nelle campagne fra Brighton e Burges Hill e nelle zone di Ashford e Hastings. Entro tre giorni, a questa prima ondata sarebbero seguite 6 divisioni di carri armati, 3 motorizzate e 2 aerotrasportate, per un totale di circa 170mila uomini  con 34mila automezzi e 57mila cavalli. Nella prima fase erano previsti l’isolamento della città di Bristol e la creazione di una linea fra Portsmouth e Margate per il controllo dei porti di Gravesend (estuario del Tamigi) e Southampton. Come obiettivo secondario, da controllare con le riserve, i tedeschi avrebbero isolato il Galles.
Grazie alle notizie avute dal servizio segreto da parte della resistenza francese e belga, gli inglesi prevedevano un corpo di sbarco di circa 100mila tedeschi. i preparativi per accoglierli si svolgevano ininterrottamente: nelle città principali venivano innalzati centinaia di palloni aerostatici ancorati nel terreno per impedire voli nemici a bassa quota; sulle coste orientali e meridionali il governo requisì un migliaio di alberghi con un preavviso di poche ore: tutto questo territorio fu dichiarato “zona di difesa” e non vi fu permesso l’accesso ad estranei; sulle spiagge si costruirono nidi di mitragliatrici e torrette di avvistamento. I possibili punti di sbarco furono sbarrati da ostacoli in cemento armato e metallo, spuntoni subacquei e campi minati. Nei porti minori, i moli furono smantellati; in quelli maggiori vennero preparate cariche di esplosivo per farli saltare in aria pur di no lasciarli al nemico. Le principali strade che collegavano la zona costiera con l’interno furono costellate di bunker. In mancanza di batterie d’artiglieria anticarro furono poste lungo i bordi delle vie file di bidoni di benzina che, all’arrivo dei tedeschi, sarebbero stati fatti esplodere con lanci di bombe a mano. Dalle strade fu tolta o falsificata ogni tipo di segnaletica. Lungo le autostrade del Surrey furono disposti sbarramenti per impedire l’atterraggio di alianti.
Il Primo Ministro inoltre aveva ordinato la creazione di reparti d’assalto chiamati Leopards (poi più genericamente Commandos): erano 20mila uomini con l’incarico di presidiare i 375 punti più sensibili del paese. in Germania, Whermacht e SS stabilivano già i piani per governare la Gran Bretagna una volta che fosse stata occupata; un’ordinanza prevedeva anche la costituzione di 3 campi di concentramento sul territorio inglese e 8 sul continente, ognuno capace di incarcerare 10mila detenuti: per la loro stessa costruzione, si prevedeva di internare anche tutta la popolazione inglese fra i 17 e i 45 anni, se necessario.



I carri armati anfibi di Hitler.


Per attuare l’Operazione Leone Marino la Wehrmacht aveva sperimentato dei carri armati in grado di muoversi anche in acqua. Il primo fu lo Scwimmpanzer II, una versione modificata per operazioni anfibie del Panzer II da 8,9 tonnellate, dotata di galleggianti laterali e di eliche. Lo Schwimmpanzer II viaggiava a 5,7 km/h in acqua. Un anello di gomma gonfiabile tra lo scafo e la torretta lo rendeva a tenuta stagna. 52 di questi carri furono approntati prima della cancellazione dell’Operazione Leone Marino. Il secondo fu il Tauchpanzer, cioè carro armato da guado profondo, che era un carro medio Pzkpfw III standard, reso impermeabile sigillando tutte le feritoie, i portelli e le prese d’aria con nastro adesivo, mastice o gomma. Divenuto a tenuta stagna, il carro si muoveva sul fondo, ma una volta giunto a riva, tutti i sigilli e le guarnizioni sarebbero stati spazzati via tramite cavi esplosivi, consentendo il normale funzionamento in combattimento. L’aria per l’equipaggio e il motore, durante la marcia sul fondo, era aspirata attraverso uno snorkel lungo 18 m, mantenuto in superficie da una boa.  



UN PIANO GRANDIOSO PER FORZE INSUFFICENTI. Questi preparativi di difesa sopravvalutavano le possibilità tedesche: già l’indomani dell’ultima offerta di pace agli inglesi, sdegnosamente respinta dal governo di Churchill, l’ammiraglio Raeder della marina, si precipitò dal Fuhrer a spiegargli come la Kriegsmarine non avesse i mezzi per scortare, rifornire e proteggere forze da sbarco su un fronte vasto come quello previsto per l’operazione.
Si trattava in fatti di circa 400 km di costa e, su tale estensione, sarebbero servite 155 navi da trasporto, 47 rimorchiatori, 1720 barconi e 1160 altre imbarcazioni a motore. E tutto questo era necessario soltanto per la prima ondata di 100mila uomini: nessuno avrebbe saputo come mobilitare e sostenere i rinforzi necessari.
Hitler, di fronte alle difficoltà evidenziate da Raeder, sembrava incapace di prendere una decisione definitiva. Ma il 1° agosto 1940, mentre a Berlino tutti erano impazienti di sapere quando avrebbe avuto inizio l’Operazione Leone Marino, il Fuhrer emanò la Direttiva n. 17, risultato delle sue meditazioni sui suggerimenti di Jodl e di Raeder: “L’aviazione tedesca, usando tutti i mezzi a disposizione, deve prendere il sopravvento su quella inglese nel più breve tempo possibile”. Le responsabilità principali erano passate così nelle mani di Goring e della Luftwaffe. Pochi giorni dopo, un nuovo documento con la firma del cancelliere del Reich ribadiva il concetto, indicando come indispensabili per lo sbarco, due condizioni: che la flotta inglese fosse eliminata dalla Manica e la RAF dai cieli d’Inghilterra.
Il 13 agosto la Luftwaffe cominciò a bombardare le basi aeree britanniche iniziando quella che viene ricordata come Battaglia d’Inghilterra; a Berlino però l’Operazione Leone Marino era ancora incagliata nel dibattito fra le varie armi. Se si tentava  lo sbarco su un vasto fronte (come voleva l’esercito) si sarebbe corso il rischio che la flotta inglese affondasse l’intera spedizione tedesca; se, invece, ci si fosse limitati ad una linea più ristretta (come suggeriva la marina) vi era pericolo che gli invasori fossero ricacciati rapidamente in mare. Hitler intervenne poi nella polemica e optò a favore della soluzione più modesta, vale a dire una linea di sbarco di 140 km, articolata su 4 punti principali della costa meridionale. Un’operazione diversiva, denominata in codice Unternehmen Herbstreise, cioè Operazione Viaggio Autunnale, doveva trarre in inganno gli inglesi: un paio di giorni prima dello sbarco era previsto che 4 grandi transatlantici, in altrettanti convogli scortati, salpassero vuoti dalla Norvegia meridionale fingendo di portare un’armata d’invasione in Scozia, fra Newcastle e Aberdeen. Il 1° settembre la Luftwaffe sferrò il primo massiccio attacco su Londra con 625 bombardieri scortati da 648 caccia e, prima di notte, larga parte della capitale inglese era in fiamme. Le autorità britanniche furono convinte che il bombardamento coincidesse con lo sbarco e alle 20 venne diffusa la parola d’ordine “Cromwell” che significava: “invasione imminente, probabile entro le 12 ore”. Fu questo, molto probabilmente, il momento di maggior tensione di tutta l’estate 1940, e forse di tutta la guerra.
Voci infondate riguardo a lanci di paracadutisti e navi tedesche in avvicinamento alle coste crearono momenti di panico: le campane delle chiese suonavano per dare l’allarme mentre nei piccoli e grandi centri venivano attuati i posti di blocco e svariati ponti venivano fatti saltare. L’indomani Churchill – che non era stato consultato per l’emanazione del “Cromwell” – diede ordine di suonare le campane soltanto “se una Guardia Nazionale avesse visto la discesa di almeno 25 paracadutisti”. Churchill non sapeva che l’invasione tanto temuta era stata scongiurata ai primi di settembre, a causa di un gravissimo errore tattico di Goring (o era una conseguenza della reticenza di Hitler a invadere la Gran Bretagna?).

I mezzi da sbarco tedeschi.
Bundesarchiv N 1603 Bild-054, Schwarzes Meer, Siebelfähre mit 8,8cm Flak ArM.jpg
A Siebel ferry on the Black Sea, July 1941

Per dare una valutazione realistica di quella che sarebbe stata l’Operazione Leone Marino bisogna considerare che lo sbarco non era una vocazione specifica della marina tedesca; per lo più a questo scopo impiegava chiatte fluviali che nel corso di un’operazione così massiccia si sarebbero dimostrate fragili e impossibili da difendere. Ciò nonostante, i tedeschi avevano iniziato ad avere una flotta di 800 zattere motorizzate (requisite in Belgio, Francia e Olanda); altre vennero modificate per rendere più veloce lo sbarco dei fanti o per trasportare i carri sommergibili o i mezzi anfibi. Furono realizzati anche diversi traghetti, come le zattere Ziebel Fahre e Marinefahrprahm con svariati tipi di motorizzazione. Nel 1940 fu sviluppa la Pionerlandungsboot 39, un’imbarcazione a basso pescaggio che sarebbe stato in grado di trasportare 45 fanti, 2 veicoli leggeri o 20 tonnellate di carico. Naturalmente erano disponibili, anche se molto meno diffusi rispetto ad altre forze armante, veciloli cingolati anfibi, chiamati LWS (Landwasserschlepper).
 
UN ERRRORE CHE PORTO’ AL FALLIMENTO. Il comandante in capo dell’aviazione tedesca aveva scagliato tutte le sue forze contro obiettivi civili anziché militari, allo scopo di demolire il morale del coriaceo popolo inglese. Una strage di civili, ma anche una settimana di tregua per la Raf, che in tal modo aveva avuto il tempo necessario a riorganizzarsi.
Il maltempo nella Manica, i bombardamenti inglesi sui porti di Ostenda, Dunkerque, Boulogne e Calais, dove si concentrava la flotta d’invasione, e il fatto che “il nemico si riprende continuamente e i caccia non sono stati ancora completamente eliminati”, facevano sì che Hitler continuasse a posticipare l’ordine di invadere l’Inghilterra: ma più tempo passava e meno sembrava attuabile.
Con il procedere delle settimane, l’auspicato dominio dei cieli sulla Manica da parte dei tedeschi non si realizzava e l’aviazione inglese, invece, continuava a bombardare la flotta d’invasione di stanza in Germania, tanto che il 21 settembre, in un rapporto riservatissimo, la marina tedesca ammise di aver perduto, prima ancora di salpare per l’Inghilterra, 21 trasporti e 214 chiatte, cioè il 12% del totale dei mezzi raccolti per lo sbarco programmato.
Raeder dovette constatare come “le forze aeree nemiche non sono state ancora debellate; al contrario: esse danno prova di crescente attività. Nell’insieme, le condizioni meteorologiche non permettono di contare su un periodo di calma …”. E concluse il suo rapporto al quartier generale con una frase sottolineate due volte: “Così il Fuhrer ha deciso di rinviare a data indeterminata l’Operazione Leone Marino”. Ormai Hitler stava guardando a oriente. Un mese prima aveva detto a uno dei generali del suo stato maggiore: “Quanto prima la Russia sarà schiacciata, tanto meglio (…). Se attacchiamo nel maggio 1941 avremo cinque mesi per farla finita”. Altra previsione azzardata.

Articolo in gran parte di Alessio Sgarlato, scrittore e saggista pubblicato su BBC HISTORY N. 91 sprea editori. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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