OPERAZIONE LEONE
MARINO: IL LEONE CHE NON RUGGI’.
L'operazione Leone marino (Unternehmen Seelöwe) era il nome in codice tedesco per l'invasione dell'Inghilterra, programmata durante la seconda guerra mondiale dalla Germania nazista.
L'Alto Comando dell'esercito tedesco era convinto che dopo la resa della Francia, la Gran Bretagna avrebbe richiesto la pace; visto però che non veniva presa nessuna iniziativa in questo senso, Hitler ordinò di pianificare un'invasione via mare. La Wehrmacht decise di impiegare per questa operazione 20 divisioni, il cui sbarco doveva essere assicurato dalla Luftwaffe, piuttosto che dalla marina tedesca che disponeva di poche unità. Se gli uomini di Göring fossero riusciti ad annientare la RAF e a distrarre la Royal Navy dalla Manica, le truppe tedesche avrebbero avuto buone possibilità di sbarcare in Inghilterra senza perdite rilevanti. Difatti una volta a terra, avrebbero dovuto affrontare 25 divisioni, sprovviste però di armi moderne, trasporti e mezzi corazzati, e sparse dal Kent a Cromarty, ignare di dove il nemico sarebbe sbarcato.
L’invasione della Gran
Bretagna era nei piani di Hitler, che vedeva più quel Paese come partner del
futuro che come nemico del presente. Occorreva sottometterla, per farne una
repubblica tipo Vichy. I piani dell’Operazione Leone Marino erano già pronti,
tutto stava per compiersi ma poi ….
Nel
novembre del 1939 il Fuhrer era convinto che gli inglesi sarebbero scesi a
trattative e avrebbero riconosciuto il suo dominio sull’Europa in cambio di
restare fuori dal conflitto. Tuttavia, al di là della Manica, Churchill metteva
in guardia il Parlamento dalla minaccia del Reich: “Si dice che Hitler abbia un piano di invasione delle Isole britanniche
(…) in tal caso difenderemo la nostra Isola a qualunque costo, ci batteremo
sulle spiagge, sulle teste di sbarco, nei campi e per le vie cittadine”. Le
intenzioni del Primo Ministro britannico ispirarono dopo poco tempo un piano di
difesa dell’isola sviluppato su tre linee: una zona trincerata lungo le coste,
un secondo sbarramento con il presidio della Guardia Nazionale (che aveva già
raggiunto 2 milioni di arruolati) che si stendeva in profondità
nell’Inghilterra meridionale a protezione di Londra e dei grandi centri
industriali e, dietro questa linea, le riserve principali pronte per la
controffensiva vera e propria. Churchill e i suoi collaboratori ritenevano che
i punti di sbarco potessero essere 15 o 20, ma la convinzione prevalente era
che l’invasione sarebbe iniziata sulla costa orientale, più precisamente sull’estuario
dell’Humber, appoggiata da un lancio di paracaduti di vasta portata
sull’Irlanda. Hitler invece tentennava di fronte a un rapporto del generale
Jodl, a capo dell’esercito, intitolato “La continuazione della guerra contro la
Gran Bretagna”. Secondo Jodl, c’erano tre possibilità per ingoiare anche
l’Inghilterra oltre al resto d’Europa: blocco economico, attacchi terroristici
contro i centri abitati o direttamente lo sbarco. Quest’ultima mossa sarebbe
stata possibile, però, solo se la Germania si fosse assicurata prima la
supremazia aerea.
STAVANO FACENDO I CONTI SENZA L’OSTE (CHURCHILL). Nonostante
le esitazioni, nel giugno 1940, quando ormai Belgio, Olanda e Francia erano
nazioni sconfitte e le forze fresche che la Gran Bretagna aveva mandato sul continente,
per contrastare l’impetuoso dilagare delle armate del Terzo Reich in Europa
erano state decimate, prima della drammatica evacuazione di Dunkerque, fra gli
ufficiali della Wehrmacht circolava già una lista nera di cittadini britannici
o rifugiati da arrestare non appena i nazisti avessero messo in piede sul suolo
inglese. e in quel momento tanta sicurezza da parte tedesca non era affatto
infondata.
Al numero 49
dell’elenco delle persone da eliminare sul suolo britannico (una posizione in
classifica poco lusinghiera) c’era il nome di Churchill Winston Spencer, il
Primo Ministro. La lista sommava in tutto circa 2700 persone, tra
intellettuali, politici, artisti, ma anche ex simpatizzanti del partito nazista
(non pochi) che avevano cambiato bandiera. Fra i nomi più impensabili, figurava
anche Lord Baden-Powell, fondatore dei boy-scout.
Un piano dettagliato
nei minimi particolari, discusso e approvato dal Fuhrer. Non erano previsti
ripensamenti. Aveva già un nome: Operazione Leone Marino (Unternehmen Seelowe).
Il comando supremo delle forze tedesche prevedeva di occupare con 13 divisioni
le basi della Manica quale prima ondata: in totale si trattava di trasferire
sul suolo inglese 90mila uomini e 650 carri armati.
6 divisioni di fanteria
si sarebbero dovute imbarcare nella zona del passo di Calais per invadere la
costa fra Ramsgate e Bexihille; altre 4 sarebbero partite dalla zona di Le
Havre e sbarcate fra Brighton e l’isola di Wight; le ultime 3 sarebbero salpate
dalla penisola di Cherbourg per approdare alla baia di Lyme, fra Weymputh e
Lyme Regis.
Due squadre aeree
avrebbero lanciato paracadutisti a Eastbourne, nelle campagne fra Brighton e
Burges Hill e nelle zone di Ashford e Hastings. Entro tre giorni, a questa
prima ondata sarebbero seguite 6 divisioni di carri armati, 3 motorizzate e 2
aerotrasportate, per un totale di circa 170mila uomini con 34mila automezzi e 57mila cavalli. Nella
prima fase erano previsti l’isolamento della città di Bristol e la creazione di
una linea fra Portsmouth e Margate per il controllo dei porti di Gravesend
(estuario del Tamigi) e Southampton. Come obiettivo secondario, da controllare
con le riserve, i tedeschi avrebbero isolato il Galles.
Grazie alle notizie
avute dal servizio segreto da parte della resistenza francese e belga, gli
inglesi prevedevano un corpo di sbarco di circa 100mila tedeschi. i preparativi
per accoglierli si svolgevano ininterrottamente: nelle città principali
venivano innalzati centinaia di palloni aerostatici ancorati nel terreno per
impedire voli nemici a bassa quota; sulle coste orientali e meridionali il
governo requisì un migliaio di alberghi con un preavviso di poche ore: tutto
questo territorio fu dichiarato “zona di difesa” e non vi fu permesso l’accesso
ad estranei; sulle spiagge si costruirono nidi di mitragliatrici e torrette di
avvistamento. I possibili punti di sbarco furono sbarrati da ostacoli in
cemento armato e metallo, spuntoni subacquei e campi minati. Nei porti minori,
i moli furono smantellati; in quelli maggiori vennero preparate cariche di
esplosivo per farli saltare in aria pur di no lasciarli al nemico. Le
principali strade che collegavano la zona costiera con l’interno furono
costellate di bunker. In mancanza di batterie d’artiglieria anticarro furono
poste lungo i bordi delle vie file di bidoni di benzina che, all’arrivo dei
tedeschi, sarebbero stati fatti esplodere con lanci di bombe a mano. Dalle
strade fu tolta o falsificata ogni tipo di segnaletica. Lungo le autostrade del
Surrey furono disposti sbarramenti per impedire l’atterraggio di alianti.
Il Primo Ministro
inoltre aveva ordinato la creazione di reparti d’assalto chiamati Leopards (poi
più genericamente Commandos): erano 20mila uomini con l’incarico di presidiare
i 375 punti più sensibili del paese. in Germania, Whermacht e SS stabilivano già
i piani per governare la Gran Bretagna una volta che fosse stata occupata;
un’ordinanza prevedeva anche la costituzione di 3 campi di concentramento sul
territorio inglese e 8 sul continente, ognuno capace di incarcerare 10mila
detenuti: per la loro stessa costruzione, si prevedeva di internare anche tutta
la popolazione inglese fra i 17 e i 45 anni, se necessario.
I carri armati anfibi di Hitler.
Per attuare
l’Operazione Leone Marino la Wehrmacht aveva sperimentato dei carri armati in
grado di muoversi anche in acqua. Il primo fu lo Scwimmpanzer II, una
versione modificata per operazioni anfibie del Panzer II da 8,9 tonnellate,
dotata di galleggianti laterali e di eliche. Lo Schwimmpanzer II viaggiava a
5,7 km/h in acqua. Un anello di gomma gonfiabile tra lo scafo e la torretta
lo rendeva a tenuta stagna. 52 di questi carri furono approntati prima della
cancellazione dell’Operazione Leone Marino. Il secondo fu il Tauchpanzer,
cioè carro armato da guado profondo, che era un carro medio Pzkpfw III
standard, reso impermeabile sigillando tutte le feritoie, i portelli e le
prese d’aria con nastro adesivo, mastice o gomma. Divenuto a tenuta stagna,
il carro si muoveva sul fondo, ma una volta giunto a riva, tutti i sigilli e
le guarnizioni sarebbero stati spazzati via tramite cavi esplosivi,
consentendo il normale funzionamento in combattimento. L’aria per
l’equipaggio e il motore, durante la marcia sul fondo, era aspirata
attraverso uno snorkel lungo 18 m, mantenuto in superficie da una boa.
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UN PIANO GRANDIOSO PER FORZE INSUFFICENTI. Questi
preparativi di difesa sopravvalutavano le possibilità tedesche: già l’indomani
dell’ultima offerta di pace agli inglesi, sdegnosamente respinta dal governo di
Churchill, l’ammiraglio Raeder della marina, si precipitò dal Fuhrer a
spiegargli come la Kriegsmarine non avesse i mezzi per scortare, rifornire e
proteggere forze da sbarco su un fronte vasto come quello previsto per
l’operazione.
Si trattava in fatti di
circa 400 km di costa e, su tale estensione, sarebbero servite 155 navi da
trasporto, 47 rimorchiatori, 1720 barconi e 1160 altre imbarcazioni a motore. E
tutto questo era necessario soltanto per la prima ondata di 100mila uomini: nessuno
avrebbe saputo come mobilitare e sostenere i rinforzi necessari.
Hitler, di fronte alle
difficoltà evidenziate da Raeder, sembrava incapace di prendere una decisione
definitiva. Ma il 1° agosto 1940, mentre a Berlino tutti erano impazienti di
sapere quando avrebbe avuto inizio l’Operazione Leone Marino, il Fuhrer emanò
la Direttiva n. 17, risultato delle sue meditazioni sui suggerimenti di Jodl e
di Raeder: “L’aviazione tedesca, usando
tutti i mezzi a disposizione, deve prendere il sopravvento su quella inglese
nel più breve tempo possibile”. Le responsabilità principali erano passate
così nelle mani di Goring e della Luftwaffe. Pochi giorni dopo, un nuovo
documento con la firma del cancelliere del Reich ribadiva il concetto,
indicando come indispensabili per lo sbarco, due condizioni: che la flotta
inglese fosse eliminata dalla Manica e la RAF dai cieli d’Inghilterra.
Il 13 agosto la
Luftwaffe cominciò a bombardare le basi aeree britanniche iniziando quella che
viene ricordata come Battaglia d’Inghilterra; a Berlino però l’Operazione Leone
Marino era ancora incagliata nel dibattito fra le varie armi. Se si tentava lo sbarco su un vasto fronte (come voleva
l’esercito) si sarebbe corso il rischio che la flotta inglese affondasse
l’intera spedizione tedesca; se, invece, ci si fosse limitati ad una linea più
ristretta (come suggeriva la marina) vi era pericolo che gli invasori fossero
ricacciati rapidamente in mare. Hitler intervenne poi nella polemica e optò a
favore della soluzione più modesta, vale a dire una linea di sbarco di 140 km,
articolata su 4 punti principali della costa meridionale. Un’operazione
diversiva, denominata in codice Unternehmen Herbstreise, cioè Operazione
Viaggio Autunnale, doveva trarre in inganno gli inglesi: un paio di giorni
prima dello sbarco era previsto che 4 grandi transatlantici, in altrettanti
convogli scortati, salpassero vuoti dalla Norvegia meridionale fingendo di
portare un’armata d’invasione in Scozia, fra Newcastle e Aberdeen. Il 1°
settembre la Luftwaffe sferrò il primo massiccio attacco su Londra con 625
bombardieri scortati da 648 caccia e, prima di notte, larga parte della capitale
inglese era in fiamme. Le autorità britanniche furono convinte che il
bombardamento coincidesse con lo sbarco e alle 20 venne diffusa la parola
d’ordine “Cromwell” che significava: “invasione imminente, probabile entro le
12 ore”. Fu questo, molto probabilmente, il momento di maggior tensione di
tutta l’estate 1940, e forse di tutta la guerra.
Voci infondate riguardo
a lanci di paracadutisti e navi tedesche in avvicinamento alle coste crearono
momenti di panico: le campane delle chiese suonavano per dare l’allarme mentre
nei piccoli e grandi centri venivano attuati i posti di blocco e svariati ponti
venivano fatti saltare. L’indomani Churchill – che non era stato consultato per
l’emanazione del “Cromwell” – diede ordine di suonare le campane soltanto “se una
Guardia Nazionale avesse visto la discesa di almeno 25 paracadutisti”.
Churchill non sapeva che l’invasione tanto temuta era stata scongiurata ai
primi di settembre, a causa di un gravissimo errore tattico di Goring (o era
una conseguenza della reticenza di Hitler a invadere la Gran Bretagna?).
I mezzi da sbarco tedeschi.
A Siebel ferry on the Black Sea, July 1941
Per dare una valutazione
realistica di quella che sarebbe stata l’Operazione Leone Marino bisogna
considerare che lo sbarco non era una vocazione specifica della marina
tedesca; per lo più a questo scopo impiegava chiatte fluviali che nel corso
di un’operazione così massiccia si sarebbero dimostrate fragili e impossibili
da difendere. Ciò nonostante, i tedeschi avevano iniziato ad avere una flotta
di 800 zattere motorizzate (requisite in Belgio, Francia e Olanda); altre
vennero modificate per rendere più veloce lo sbarco dei fanti o per
trasportare i carri sommergibili o i mezzi anfibi. Furono realizzati anche
diversi traghetti, come le zattere Ziebel Fahre e Marinefahrprahm con svariati
tipi di motorizzazione. Nel 1940 fu sviluppa la Pionerlandungsboot 39,
un’imbarcazione a basso pescaggio che sarebbe stato in grado di trasportare
45 fanti, 2 veicoli leggeri o 20 tonnellate di carico. Naturalmente erano
disponibili, anche se molto meno diffusi rispetto ad altre forze armante,
veciloli cingolati anfibi, chiamati LWS (Landwasserschlepper).
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UN ERRRORE CHE PORTO’ AL FALLIMENTO. Il
comandante in capo dell’aviazione tedesca aveva scagliato tutte le sue forze
contro obiettivi civili anziché militari, allo scopo di demolire il morale del
coriaceo popolo inglese. Una strage di civili, ma anche una settimana di tregua
per la Raf, che in tal modo aveva avuto il tempo necessario a riorganizzarsi.
Il maltempo nella
Manica, i bombardamenti inglesi sui porti di Ostenda, Dunkerque, Boulogne e
Calais, dove si concentrava la flotta d’invasione, e il fatto che “il nemico si
riprende continuamente e i caccia non sono stati ancora completamente
eliminati”, facevano sì che Hitler continuasse a posticipare l’ordine di
invadere l’Inghilterra: ma più tempo passava e meno sembrava attuabile.
Con il procedere delle
settimane, l’auspicato dominio dei cieli sulla Manica da parte dei tedeschi non
si realizzava e l’aviazione inglese, invece, continuava a bombardare la flotta
d’invasione di stanza in Germania, tanto che il 21 settembre, in un rapporto
riservatissimo, la marina tedesca ammise di aver perduto, prima ancora di
salpare per l’Inghilterra, 21 trasporti e 214 chiatte, cioè il 12% del totale
dei mezzi raccolti per lo sbarco programmato.
Raeder dovette
constatare come “le forze aeree nemiche
non sono state ancora debellate; al contrario: esse danno prova di crescente
attività. Nell’insieme, le condizioni meteorologiche non permettono di contare
su un periodo di calma …”. E concluse il suo rapporto al quartier generale
con una frase sottolineate due volte: “Così
il Fuhrer ha deciso di rinviare a data indeterminata l’Operazione Leone Marino”.
Ormai Hitler stava guardando a oriente. Un mese prima aveva detto a uno dei
generali del suo stato maggiore: “Quanto
prima la Russia sarà schiacciata, tanto meglio (…). Se attacchiamo nel maggio
1941 avremo cinque mesi per farla finita”. Altra previsione azzardata.
Articolo in gran parte
di Alessio Sgarlato, scrittore e saggista pubblicato su BBC HISTORY N. 91 sprea
editori. Altri testi e immagini da Wikipedia.
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