Erode il sanguinario.
Dal 37 a.C. Erode il
Grande regnò sulla Giudea per 33 anni. Spietato e ambizioso, fu odiato dai
sudditi e usato da Roma. A raccontare la sua storia ora arriva un film.
Erode Ascalonita | |
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Erode il Grande | |
Sovrano della Giudea | |
In carica | 37 a.C.-4 a.C.[1] |
Successore | Erode Antipa Erode Filippo Erode Archelao |
Nascita | 73 a.C. circa |
Morte | Gerico, Giudea, 4 a.C. circa[1] |
Luogo di sepoltura | Herodium, Giudea |
Dinastia | erodiana |
Padre | Erode Antipatro |
Madre | Cipro |
Coniugi | Doride Mariamne I Mariamne II Maltace Cleopatra di Gerusalemme |
Figli | Antipatro (da Doride) Alessandro, Aristobulo, Salampsio, Cipro (da Mariame I) Filippo I (da Mariamne II) Archelao, Antipa, Olimpiade(da Maltace) Filippo II, Erode (da Cleopatra) Fasaele (da Pallade) Rossane (da Fedra) Salomè (da Elpide) |
Religione | Ebraismo |
Erode Ascalonita (Ascalona, 73 a.C. – Gerico, 4 a.C.[1]) detto "Ascalonita", perché nativo di Acalona o'il Grande per distinguerlo da suo padre Erode Antipa, fu re della Giudea sotto il protettorato romano dal 37 a.C. alla morte.
Governò su gran parte della Palestina, inclusa la Giudea, dopo la morte del padre, Erode Antipatro, prima per incarico di Marco Antonio e poi di Ottaviano Augusto dalla parte del quale era prontamente passato dopo la sconfitta di Antonio ad Azio. Alla sua morte il regno fu diviso fra i tre figli rimasti: Archelao governò la Giudea, la Samaria e l'Idumea, Erode Antipa la Galilea e la Perea, Erode Filippo la Gaulanitide, la Traconitide, la Batanea, l'Auranitide e l'Iturea.
Giuseppe Flavio,
il comandate delle truppe ribelli in Galilea, non poteva fare a meno di
pensarci, ora che era intrappolato in una cisterna della fortezza di Masada
(Israele), circondato dai Romani. In fondo se lui, i compagni e in generale
tutti i suoi connazionali si trovavano in quella pessima situazione, la colpa
era soprattutto del re Erode il Grande. Era morto da più di mezzo secolo, ma
rimaneva l’uomo simbolo dell’occupazione romana della Giudea, colui che aveva
aperto all’impero le porte del regno, governando tra il 37 e il 4 a.C. come
vassallo di Roma.
“E’
diventato re per un giro di fortuna, se uscirò vivo da qui, racconterò io
questa storia”, pensava lapidario Giuseppe. E così
fece, nelle sue Antichità giudaiche, riciclandosi come storiografo dopo essersi
consegnato ai Romani. Abile stratega e uccisori di figli e parenti, grande
costruttore ed evangelico stragista di bambini, re illuminato e sovrano dal
pugno di ferro: chi fu davvero re Erode il Grande? Capace di imprese
eccezionali e di violenze inaudite, è un personaggio quasi impossibile da
inquadrare.
IMPIETOSO. “I
dati più importanti e sistematici che vengono dalla tradizione antica sono
quelli offerti da Giuseppe. È l’unico autore che ci ha tramandato una storia
continua e dettagliata di Erode. Ma il suo giudizio, come tutti i giudizi
storici, è precario, perché dipende dalla realtà sempre mutevole della
politica. Al tempo di Giuseppe, la Giudea soffriva l’ostilità di Rom a causa
della recente guerra del 66-73 d.C. Da un lato Erode solleticava l’orgoglio
nazionalista, ma quello che era avvenuto dopo di lui indusse a rivedere sotto
una luce sinistra il suo lungo periodo di regno”,
spiega Lucio Troiani, docente di Storia dell’ebraismo di età romana
all’Università di Pavia. Quando lo storico giudeo scrisse la sua opera,
infatti, la dinastia di Erode era ormai solo un ricordo.
Per quanto poco
obiettivo, su una cosa però Giuseppe Flavio non si sbagliava: il popolo giudeo
non amò mai quel re. I motivi erano diversi: primo fra tutti, la sua origine. Gli
Ebrei lo definivano in modo sprezzante un “semigiudeo”: Erode apparteneva
infatti alla tribù semitica degli Edomiti. Alla fine del II secolo a.C., la sua
gente era stata sottomessa e costretta alla conversione dagli Asmonei, la
dinastia ebraica che aveva conquistato l’indipendenza del regno di Giudea e che
lo governava dal 140 a.C. Quei “veri” Ebrei non potevano certo immaginare che,
di lì a un secolo, un discendente di quella che consideravano una razza
inferiore avrebbe soffiato il trono ai loro discendenti.
“Di
questa sfortuna … furono responsabili Ircano e Aristobulo, a motivo della loro
discordia”, notava Giuseppe Flavio. La storia risaliva al 67
a.C., quando Erode aveva appena 5 anni. In quell’anno morì a Gerusalemme la
regina Alessandra Salome, vedove del re e sommo sacerdote Alessandro Ianneo. Fu
allora che il più giovane dei loro due figli, Aristobulo II, cercò di
impadronirsi del trono, a scapito del fratello maggiore, Ircano II, già sommo
sacerdote da 9 anni.
Estensione del regno di Erode: comprendeva Giudea, Samaria, Idumea, Galilea, Perea, Gaulanitide, Traconitide, Batanea, Auranitide e Iturea.
VASSALLI DI ROMA. Della guerra civile che
ne seguì approfittarono i romani, impegnati in Medio Oriente nella conquista
della Siria. Chiamato in causa dai contendenti, il generale Pompeo, sempre alla
ricerca in quella zona difficile, di fedeli alleati dell’Impero, decise di appoggiare
Ircano, il fratello più manovrabile. Il militare romano assediò Gerusalemme e
sconfisse i seguaci di Aristobulo. Poi riconobbe a Ircano il titolo di sommo
sacerdote (ma non quello di re) e rese la Giudea tributaria di Roma.
Che c’entra Erode in tutto
questo? Ancora niente. Ma suo padre Antipatro, che Alessandro Ianneo aveva
nominato governatore militare della regione dell’Idumea, sì. Schieratosi a suo
tempo con Ircano, l’uomo si era mostrato abile mediatore con i Romani. Tanto
che nel 47 a.C. Giulio Cesare lo nominò “epitropo” della Galilea, cioè tutore
degli interessi di Roma in loco. Lo scopo del dittatore romano era garantirsi
il controllo della Giudea e, di conseguenza, la sicurezza interna ed esterna
della provincia di Siria.
Antipatro diventò il
vero uomo forte del governo giudeo e suo figlio ne seguì le orme: a 15 anni
ricevette dal padre il titolo di governatore della Galilea. E, con la stessa
tempra del genitore, mostrò la propria fedeltà alla causa dell’impero tenendo
sotto controllo la situazione a Gerusalemme e stroncando senza remore anche i
movimenti patriottico-religiosi dei suoi connazionali. Così facendo si
conquistò il rancore dei Giudei e la fiducia, la protezione e i titoli dei
Romani, da Giulio Cesare all’imperatore Ottaviano Augusto, passando per il
generale Marco Antonio.
Il premio arrivò nel 40
a.C., quando gli acerrimi nemici d’Oriente dei Romani, i Parti, occuparono la
Siria, invasero la Giudea e consegnarono il trono al figlio di Aristobulo II.
Erode, succeduto al padre nel ruolo di pilastro militare di Ircano, corse a
Roma, a chiedere aiuto per ristabilire i poteri legittimi. Anche grazie, pare,
a una sostanziosa bustarella, il giovane idumeo tornò a casa con il titolo di
re di Giudea e l’esercito di legionari con cui, nel 37 a.C., prese Gerusalemme
e il regno. Da allora i sudditi lo accusarono di aver usurpato il trono agli
Asmonei e di essere una marionetta nelle mani dei dominatori romani.
Erode conquista Gerusalemme; nella piscina è raffigurato l'assassinio di Aristobulo. Miniatura di Jean Fouquet (1470-1475 circa) delle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe
LA RESA DEI CONTI
La morte di Erode liberò la fame
di indipendenza degli Ebrei, ma la debolezza dei suoi successori favorì la
sete di potere e ricchezza dei Romani, prima frenata. La Giudea divenne
provincia romana nel 6 d.C.: il malgoverno dei prefetti e la crescente
avversione dei Giudei per l’aristocrazia laica e sacerdotale sempre più
corrotta e per i costumi pagani che i dominatori tentavano di importare
inasprirono i rapporti tra i contingenti romani e la popolazione.
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UMILI ORIGINI. A nulla valse il tentativo del
nuovo sovrano di acquisire legittimità sposando la nipote di Ircano, Mariamne. “Erode soffriva la difficile situazione di
essere un re dai natali non prestigiosi, in contrapposizione a quelli
prestigiosi della sua sposa. Inoltre il matrimonio non consolidò la sua
popolarità e la stabilità del regime, specialmente dopo la tragica fine della
moglie”, spiega Troiani. Calunniata da cognata e suocere, la povera ragazza
fece infatti una brutta fine: tra colpe vere e presunte, fu condannata a morte
nel 29 a.C. Prima di lei, Erode aveva già fatto fuori diversi parenti
acquisiti: tra gli altri, Ircano II e il giovane cognato Aristobulo III, sommo
sacerdote. Ma la morte dell’unica donna amata tra una decina di altre mogli lo
toccò profondamente. Racconta il solito Giuseppe che, in preda ai sensi di
colpa, la invocasse ogni notte come fosse ancora viva. “La sua mente era così tesa notte e giorno, che prese la forma di
soffrire di pazzia e follia”, scrisse lo storico.
Erode diventò sempre
più sospettoso e paranoico: la reggia “cadde
in preda a una grande confusione; ognuno infatti seminava calunnie secondo odi
e simpatie, e molti approfittavano del furore omicida del re per sbarazzarsi
dei propri nemici”. Il sovrano, che vedeva complotti dietro ogni angolo,
eliminò la suocera Alessandra, un cognato e persino i due figli avuti da
Mariamne: Aristobulo e Alessandro. Tanto che l’imperatore Augusto arrivò a
dire: “Di Erode è meglio essere il maiale
che il figlio” (dato che gli Ebrei non macellano i suini). Proprio questi
fatti, secondo alcuni storici, avrebbero dato origine alle dicerie sulla
“strage degli innocenti” raccontata nel Vangelo di Matteo. In realtà le vere
vittime del re non sarebbero stati i bambini di Betlemme uccisi nel timore che
fra loro si nascondesse il neonato re dei Giudei annunciato dai Magi e venuto a
rubargli il trono, ma i suoi stessi figli. Incluso il primogenito Antipatro,
che Erode fece ammazzare sospettando che stesse provando ad avvelenarlo.
ILLUMINATO. Tra un omicidio e l’altro, il
sovrano idumeo si dimostrò anche un amministratore capace. “Erode fu davvero “Grande”, se lo consideriamo nelle sue vesti di
promotore dell’espansione e dello sviluppo dello Stato giudaico e del
giudaismo”, dice Troiani. Sotto il suo regno, la Giudea raggiunse la
massima estensione fino a coprire metà dell’attuale Israele e un bel pezzo di
Siria e Giordania. Attivo anche dal punto di vista culturale, Erode aprì i suoi
antichi territori alle influenze romane ed ellenistiche.
Costruì un ippodromo e
un anfiteatro a Gerusalemme e accolse nel suo magnifico palazzo diversi dotti
greci. Finanziò opere pubbliche in tutto il Medio Oriente, nel 12 a.C.
sponsorizzò un’edizione delle Olimpiadi e fu un grande costruttore di fortezze
di città (tra le altre, Torre di Stratone, ribattezzata Cesarea in onore della
famiglia dell’imperatore Augusto). Nel 20 a.C. diede inizio all’opera che
strappò parole ammirate persino al criticone Giuseppe Flavio: la (terza)
ricostruzione e l’ampliamento dell’antico Tempio di Gerusalemme, inaugurato
nove anni e mezzo dopo.
Un’impresa grandiosa,
che non lo salvò però dalle critiche dei suoi religiosissimi sudditi. La
fondazione di città in onore dei Cesari suscitò ostilità negli Ebrei
nazionalisti, che non digerivano il fatto che il re usasse soldi pubblici per
erigere templi pagani o per sostenere attività empie come i Giochi olimpici.
Così, conscio di non aver raggiunto il cuore della propria gente e consapevole
che nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa, orma malato Erode escogitò
un’ultima violenza.
Fece rinchiudere
nell’ippodromo di Gerico tutti i notabili della regione e chiese alla sorella
Salome di ucciderli subito dopo la sua morte. In quel modo, molte lacrime
sarebbero state versate: se non per lui, almeno per quelle vittime illustri.
Più tranquillo, spirò il 13 marzo del 4 a.C., durante un’inquietante eclissi di
luna russa: ma prima che la notizia si diffondesse, Salome liberò i
prigionieri. Il re idumita aveva smesso di far paura.
Articolo in gran parte
di Maria Leonarda Leone pubblicato su Focus Storia n. 146. Altri testi e
articoli da wikipedia.
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