Il Giappone si schiude al mondo.
Costretti dai cannoni americani ad aprire le proprie frontiere
al commercio estero, i giapponesi capirono di doversi adattare alle regole
dell’epoca moderna. Dal 1867 l’imperatore Meiji intrprese una serie di riforme
che cambiarono il volto del Paese.
Il Periodo Meiji (明治時代 Meiji jidai?, "periodo del regno illuminato") è un momento storico del Giappone che comprende i 44 anni di regno dell'Imperatore Mutsuhito. Questo periodo va dal 23 ottobre 1868 al 30 luglio 1912.
Quando decadde l'ultimo shōgunato di Tokugawa Yoshinobu incominciò l'era dell'imperatore Meiji (primo imperatore dotato di potere politico). Egli incominciò a modificare la struttura politica, sociale ed economica del Giappone, basandosi sul modello occidentale. Nel 1912, dopo la morte dell'Imperatore Mutsuhito, divenne Imperatore Yoshihito che diede inizio al periodo Taishō.
“Chi ha vissuto l’epoca di
transizione al Giappone contemporaneo si sente prematuramente vecchio; perché
anche se da un lato vive nella modernità, dove si discute di biciclette,
vacilli e sfere di influenza, dall’altro ricorda con chiarezza il Medioevo. Il
buon vecchio samurai che iniziò l’autore di questo libro ai misteri della
lingua giapponese aveva il codino e due spade. Questa reliquia del feudalesimo
riposa oggi nel nirvana”. Questa citazione, tratta
dall’introduzione che Basil H. Chamberlain scrisse per la sua opera Things
Japanese (cose giapponesi), condensa l’essenza dell’era Meji: un periodo di
rapido cambiamento che fece uscire il Giappone da un ordine praticamente
feudale per lanciarlo tra le nazioni industrializzate. Una trasformazione di
tale portata e velocità che ancora oggi sconcerta, ma che è imprescindibile per
comprendere il Paese attuale. Dal XVII secolo le frontiere del Giappone erano
chiuse in entrambe le direzioni. Agli stranieri era proibito l’ingresso e gli
abitanti non potevano andarsene. Questa politica di isolamento (sakoku) era
cominciata agli inizi del secolo con l’espulsione dei missionari cristiani per
ordine di Tokugawa Ieyasu, fondatore di una dinastia di Shogun (capi militari)
che governò a lungo il Paese relegando l’imperatore a un ruolo puramente
simbolico. Il sakoku lasciò per circa duecento anni il Giappone in una sorta di
piacevole arretratezza, ma gli permise anche di sviluppare una specificità
culturale percepibile ancora oggi: un’aurea di Paese misterioso, quasi segreto,
distante dal mondo occidentale e dai suoi tentacoli politici e commerciali. Con
l’eccezione di una piccola enclave nei pressi di Nagasaki, l’isola di Dejima,
dov’era stato autorizzato un insediamento di mercanti olandesi.
L’isolamento nipponico
non era visto certo di buon occhio dalle nazioni occidentali, interessate a
creare delle basi per il traffico marittimo in Estremo Oriente. Per mettere
fine a quella chiusura, gli Stati Uniti inviarono una piccola flotta agli
ordini del commodoro Perry, le leggendarie Navi nere, che minacciarono di
bombardare la capitale, Edo (oggi Tokyo), se il Paese non avesse accettato un
accordo commerciale. Dopo una breve resistenza iniziale i giapponesi si resero
conto che la loro unica via di uscita era scendere a patti. Nel 1854 firmarono
un tratto di amicizia e pace che li obbligava ad aprire i porti di Shimoda e
Hakodate ai mercanti stranieri e a consentirgli di stabilirvi i propri centri.
Tokugawa Yoshinobu, l'ultimo shōgun prima della Restaurazione Meiji, 1867.
L’imperatore della modernità.
L'Imperatore Meiji ( (明治天皇 Meiji Tennō?); Kyōto, 3 novembre 1852 – Tōkyō, 30 luglio 1912) è stato il 122º Imperatore del Giappone secondo il tradizionale ordine di successione, dal 3 febbraio 1867 sino alla sua scomparsa avvenuta il 30 luglio 1912. Guidò l'impero in un contesto di grandi cambiamenti, vedendolo mutare da uno stato feudale a una potenza mondiale capitalistica e imperialistica attraverso la rivoluzione industriale giapponese. Il suo nome personale era Mutsuhito (睦仁?) e, sebbene a volte all'estero venga chiamato Imperatore Mutsuhito, in Giappone ci si riferisce agli imperatori deceduti solo con il loro nome postumo.
Al momento della sua nascita, il Giappone era un impero isolato e pre-industriale, controllato da secoli dallo shogunato Tokugawa e dai daimyō, che regnavano su oltre 250 domini decentralizzati del paese. Alla sua scomparsa, il Giappone aveva attraversato grandi cambiamenti a livello politico, sociale ed economico, ed era emerso come una delle grandi potenze a livello internazionale. Tali importanti mutamenti divennero noti come Rinnovamento Meiji: questo catalizzò il Giappone verso la sua industrializzazione e portò la nazione ad assurgere a potenza militare dal 1905 al motto di "Ricchezza nazionale e forza militare" (fukoku kyohei, letteralmente "Paese ricco, esercito forte"). Sempre durante il regno Meiji, con la sconfitta dello shogunato e la restaurazione dell'autorità imperiale, la capitale imperiale fu trasferita da Kyoto alla vecchia capitale shogunale Edo, più tardi rinominata Tokyo (capitale orientale). Meiji fu sostituito dal Principe ereditario Yoshihito, futuro imperatore Taishō.
Meij (1852-1912) fu il 22°
imperatore della linea di successione al trono giapponese. Affrontò l’enorme
sfida di trasformare una nazione con un ordine sociale e politico feudale di
uno stato all’altezza dei più avanzati Paesi occidentali. Meiji era figlio dell’imperatore
Komei e di una delle sue concubine, Nakayama Yoshiko, e fu educato nella casa
del nonno materno. Salì al trono a 15 anni e a 17 sposò Ichijo Haruko, figlia
di un ufficiale imperiale, che non gli diede discendenti. Ebbe comunque
quindi figli ufficiali con altre concubine, di cui solo cinque raggiunsero
l’età adulta. Uno di questi, Yoshihito, gli successe al trono nel 1912,
inaugurando il nuovo periodo Taisho.
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L’IMPERATORE DELLA MODERNITA’. L’apertura al
commercio creò negli anni successivi un clima di instabilità politica, che si
concluse il 3 febbraio 1867 con l’ascesa al trono del giovani principe
Mutsuhito, divenuto imperatore con il nome di Meiji (regno illuminato).
Mutsuhito capì che per avvicinarsi alle nazioni occidentali erano necessari dei
cambiamenti profondi: bisognava modificare completamente la struttura sociale e
politica del Giappone, lasciarsi alle spalle l’epoca feudale e sviluppare un
sistema parlamentare. Per questo l’imperatore decise di assumere il potere
effettivo. Il 9 novembre dello stesso anno l’ultimo Shogun Tokugawa si dimise
dal suo incarico, aprendo la porta alla cosiddetta “restaurazione”, con cui
l’imperatore diventava il leader unico del Paese per promuoverne
un’occidentalizzazione a tappe forzate.
Il popolo giapponese
dimostrò una capacità di adattamento straordinaria. Nel suo famoso libro Il
Cristianesimo e la spada, l’antropologa Ruth Benedict mise in evidenza una
peculiarità dei soldati nipponici: dimostravano un’estrema fedeltà alla patria,
ma quando venivano catturati collaboravano senza problemi con l’esercito
nemico. Alcuni autori hanno collegato l’origine di quest’attitudine allo shogi,
un gioco di strategia simile agli scacchi in cui è possibile riutilizzare i
pezzi “mangiati” al proprio avversario. Ma la verità è che l’era Meiji fu un
prodigio di adeguamento alle forme occidentali da parte di una nazione che a
lungo era rimastra isolata dal mondo.
Samurai del clan Satsuma, nel periodo della guerra Boshin. Fotografia colorata di Felice Beato
L’espansione
del Giappone Meiji.
La
restaurazione del 1867 inaugurò la politica espansionista nipponica in tutta
l’Asia orientale. Il Giappone, relativamente povero di risorse naturali,
imitò l’Occidente anche nel tentativo di costruirsi un impero coloniale. Il
suo grande avversario fu la Russia, che riuscì a espellere dalla Corea nel
1895 per poi sconfiggere nel 1905. La vittoira diede al Giappone il controllo su Port Arthur e la
penisola di Liadong. Cinque anni dopo il Paese del sol levante annetté la
Corea e iniziò la penetrazione in Manciuria.
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Periodo Meiji
(1868-1912)
1603. Tokugawa
Ieyasu si proclama shogun del nuovo governo a Edpo (Tokyo),
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1633. I viaggi
all’estero, i libri stranieri e il cristianesimo sono proibiti e puniti con
la morte.
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1720. Vengono
autorizzati nuovamente i libri stranieri. Problemi finanziari e disastri
naturali.
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1854. Il commodoro
Perry costringe lo shogunato ad aprire i porti giapponesi al commercio
internazionale.
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1867. Ha luogo la
restaurazione Meiji: l’imperatore assume il potere.
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1880. Riforma del
sistema monetario e nascita della Banca del Giappone (1882)
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1894. Prima guerra
sino-giapponese. Il Giappone intensifica il suo sviluppo militare.
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1904. Guerra tra
Russia e Giappone. Vincono i nipponici, che controllano più territori.
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1910. Dopo due anni
di conflitto con il Paese vicino, il Giappone annette la Corea.
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1912. Muore
l’imperatore Meiji. I partiti politici iniziano a conquistare potere.
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Periodi
contemporanei.
1912. Muore
l’imperatore Meiji. I partiti politici iniziano a conquistare il potere.
1912-1926. Periodo
Taisho.
1926-1989. Periodo Showa.
1989 ad oggi. Periodo
Heisei.
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AL RITMO DELL’OCCIDENTE. Una delle prime
modifiche introdotte fu quella del calendario. Nel 1873 Meiji impose a tutto il
Paese il calendario gregoriano. Fino ad allora in Giappone il conteggio degli
anni ripartiva da zero a ogni nuovo imperatore, e si seguiva il calendario
lunare di origine cinese. L’anno era composto ds dodici mesi (salvo le
periodiche aggiunte di una luna per farlo coincidere con il calendario solare)
e iniziava il primo giorno di primavera. Ancor oggi persistono tracce di questo
calendario, per esempio nel caso dell’anno scolastico, ce inizia in aprile e
termina in marzo. Per realizzare la maggior parte dei cambiamenti e instaurare
un sistema giuridico e politico equiparabile a quello occidentale furono
assunti dei consiglieri britannici, francesi, tedeschi e statunitensi. Fu
emanata una costituzione, istituito un sistema sanitario e creato un esercito
moderno. Vennero abrogati i privilegi della casta dei samurai, ai quali fu
imposto un termine entro cui consegnare le proprie spade (katana). Quando
videro i loro signori cedere le rispettive terre al governo centrale, questi
guerrieri dall’aria fiera e solenne deposero le armi senza opporre resistenza.
Le katana, che un tempo avevano rappresentato l’anima del samurai, ora si
accatastavano in cumuli di ferraglia a ogni angolo di strada. Tutte le classi
sociali furono interessate da questi cambiamenti. I clan nobiliari persero i
loro possedimenti feudali (daimiati) e per sopravvivere dovettero modificare le
proprie funzioni. Alcuni, come Satsuma, Choshu o Nabeshima, diventarono gruppi
di pressione, mentre altri affiancarono all’attività politica le iniziative commerciali,
gettando le basi dei grandi gruppi economici giapponesi, come Mitsubishi. I
I nobili (kuge)
conservarono i titoli, ricevettero incarici amministrativi e si videro
assegnati una pensione.
Sbarco del commodoro Perry e dei suoi uomini per incontrare i commissari imperiali a Yokohama, 14 luglio 1853, in una litografia della Sarony & Co., 1855, da W. Heine
Un italiano nel
Giappone dei Meiji.
Edoardo Chiossone
Edoardo Chiossone fu
forse il più importante consulente straniero italiano dell’epoca Meji. Dopo
una formazione in belle arti a Genova, si specializzò nelle tecniche di
incisione e stampa dei valori. Nel 1875 fu invitato a Tokyo dal governo
giapponese per fondare e dirigere l’Officina carte e valori del ministero
delle finanze. Oltre a dare un’importante contributo alla modernizzazione del
Paese, eseguì una serie di ritratti dei personaggi principali dell’epoca, tra
cui l’imperatore Meiji, e redasse una monumentale rassegna illustrata del
patrimonio culturale nipponico. L’ampia collezione di arte che raccolse in
quel periodo fi trasferita a Genova dopo la sua morte, dov’è tutt’ora esposta
al Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone, nella villetta Di Negro.
villetta di Negro
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UNA SOCIETA’ IN
CAMBIAMENTO. I samurai non ebbero tutta la stessa
sorte. Privati delle armi e dei loro simboli di appartenenza, poterono
beneficiare di una rendita simile a quella che prima riscuotevano dai loro
daimyo. Al termine delle sovvenzioni, alcuni si erano perfettamente integrati
nel nuovo ordine e occupavano ruoli di rilievo nel governo. Altri, invece, si
ritrovarono in uno stato di assoluta indigenza, che tendevano a nascondere al
resto della società. In numerose
occasioni continuarono a vivere nelle loro abitaizsoni cadenti, come vecchie
armi dismesse, ormai diventate inutili al mondo moderno.
A
trarre maggiore beneficio dei cambiamenti in atto furono i commercianti. I
nuovi porti internazionali divennero i centri di un’intensa attività mercantile
e turistica, furono i commercianti. I nuovi porti internazionali divennero i
centri di un’intensa attività mercantile e il Giappone entrò rapidamente nel
nascente circuito dei globe-trotter di tutto il mondo. Il Paese esportava
soprattutto seta, lacche, porcellana, legno, mobili e oggetti d’arte.
Inizialmente disprezzati dagli occidentali perché considerati poco affidabili,
i mercanti giapponesi si costruirono ben presto una solida reputazione. Anche
la vita quotidiana della gente subì profondi mutamenti. I luoghi pubblichi
divennero il punto d’incontro di due mondi differenti. Se fino alla seconda
metà del XIX secolo i giapponesi vestivano esclusivamente in modo tradizionale
con kimono e sandali di legno (geta), le strade improvvisamente si riempirono
di uomini in giacca e cravatta, scarpe in pelle e bombetta. Sulle tavole,
accanto alle bacchette fecero la loro comparsa forchette e coltelli mentre le
abitazioni di cemento affiancarono le tipiche costruzioni di legno con
pavimento in tatami. Cambiarono le pettinature, l’alimentazione e le forme di
intrattenimento. Le città e l’intero Paese furono invasi da treni e tram, e le
stazioni si trasformarono in centri commerciali. Gli studenti delle scuole indossavano
divise simili a quelle dell’esercito prussiano e le donne passarono rapidamente
dalle infradito alle scarpe col tacco. Il Giappone cambiò, ma senza staccarsi
completamente dal suo passato. Il tradizionale stile orientale continuò a
convivere con le nuove usanze occidentali, riservati a determinati ambienti e a
occasioni particolari. I giapponesi non dimostrarono solo una grande capacità
di adattamento, ma seppero anche operare una sintesi tra due culture
profondamente differenti.
L’ANIMA DEL GIAPPONE. Durante
il periodo Meiji, cambiò anche la condizione delle donne. La nuova enfasi posta
sul ruolo di moglie e di madre portò paradossalmente a un peggioramento della
condizione femminile rispetto alle epoche precedenti. Nel nuovo ordine
giuridico le donne erano completamente sottomesse al marito in forme prima
sconosciute. Anche la nuova istruzione universale era discriminatoria da una
prospettiva di genere: le donne non potevano effettuare gli stessi studi degli
uomini, ma la loro educazione era circoscritta alle mansioni familiari e
sociali che rientravano nel nuovo concetto di ryousaikenbo (buona moglie e
madre saggia).
Il
sistema pedagogico giapponese era stato gestito fino ad allora dai templi
buddisti e dai clan. Meiji creò scuole militari e civili per lo studio del
commercio, dell’industria o delle lingue straniere, che in seguito sarebbero
diventate università istituì anche un programma per inviare alunni giapponesi a
studiare in Europa. Uno di loro fu Natsume Soseki, il grande romanziere
giapponese di quel periodo, che seppe catturare come nessun altro lo spirito
convulso, diviso e tormentato del suo tempo. L’autore di Io sono un gatto e del
Il signorino fu il maggior esponente di
quel dualismo Oriente-Occidente caratteristico del periodo Meiji: studiò in
Inghilterra, ma non amava la vita britannica; scriveva poesie in cinese,
indossando i tradizionali abiti giapponesi, ma lavorava vestito all’occidentale
ed esprimendosi in inglese. gli insegnanti assunti dal governo nipponico erano
per lo più anglosassoni. Alcuni di loro furono acuti osservatori e cronisti di
quell’epoca, come Lafcadio Hearn, conosciuto anche come Koizumi Yakumo.
Trasferitosi in Giappone nel 1890, Hearn sposò Koizumi Setsu – una ragazza
proveniente da una povera famiglia di samurai – e prima di morire, nel 1904,
scrisse alcune delle pagine più belle che un occidentale abbia mai dedicato al
Paese del sol levante. A Matsue, una cittadina tradizionale situata sull’isola
di Honshu, Hearn conobbe gli aspetti meno noti del vecchio Giappone e della sua
gente e scrisse la cronaca di un mondo che stava scomparendo, quello del wabi,
l’arte dell’umile e dell’incompiuto. Secondo Hearn quel Giappone non
rappresentava una rottura radicale con il passato: “Ciò che è accaduto non è
una trasformazione ma semplicemente l’applicazione di vecchie competenze a
nuovi ambiti”, scrisse nel saggio Kokoro. Nel 1912, alla morte di Meiji, salì
al trono suo figlio Taisho. Il Giappone si era radicalmente occidentalizzato,
mentre le guerre contro Cina e Russia e l’annessione della Corea gli avevano
permesso di affermarsi militarmente. Le pulsioni belliche diffondevano nella
società, riflesso di quella corsa agli armamenti che in ultima istanza avrebbe
portato a nuovi conflitti con la Corea e la Cina, e poi allo scontro con gli
Stati Uniti. Pur con le sue ombre, il periodo Meiji sarà sempre ricordato come
un esempio dunico di cambia moto sociale.
Articolo
in gran parte di José Pazò Espiosa, scrittore e traduttore dal giapponese,
professore dell’Università autonoma di Madrid pubblicato su Storica National
Geographic del mese di novembre 2018 – altri testi e immagini da Wikipedia.
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