sabato 18 maggio 2019

Nella tomba di Tutankhamon.


Nella tomba di Tutankhamon.
Il 4 novembre del 1922 il britannico Howard Carter scoprì la tomba del faraone bambino, intatta e piena di tesori. L’archeologo Howard Carter avrebbe dedicato il resto della sua vita a classificare e restaurare le migliaia di oggetti rinvenuti e oggi esposti al Museo egizio del Cairo.



«Qui davanti a noi c'era una prova sufficiente a dimostrare che quello era davvero l'ingresso di una tomba che, visti i sigilli, dal di fuori sembrava inviolata[1]
(Howard Carter)
KV62
Tomba di Tutankhamon
Tutankhamun Valley of the Kings Luxor.jpg
L'ingresso della tomba
CiviltàAntico Egitto
UtilizzoTomba di Tutankhamon
EpocaNuovo Regno (XVIIIdinastia)
Localizzazione
StatoEgitto Egitto
LocalitàLuxor
Dimensioni
Superficie180 99 
Altezzamax 2,75 m
Larghezzamax 5,09 m
Lunghezzamax 30,79 m
Volume381,67 m³
Scavi
Data scopertanovembre 1922
Date scavida novembre 1922 a novembre 1930
OrganizzazioneLord Carnarvon
ArcheologoHoward Carter
Amministrazione
PatrimonioTebe (Valle dei Re)
EnteSupreme Council of Antiquities
Visitabilesì (con pagamento biglietto suppletivo)
Sito webwww.thebanmappingproject.com
Mappa di localizzazione
La tomba di Tutankhamon (nota anche come KV62)[2] è il luogo di sepoltura, nella Valle dei Re, del giovanissimo sovrano della XVIII dinastia che salì al trono a 9 anni e morì a 18, poco prima di compierne 19[3]. Analisi eseguite nel corso degli anni, non ultime le analisi del DNA compiute nel 2009, hanno consentito di appurare che il faraone soffriva di diverse malattie, alcune delle quali ereditarie, ma si è ritenuto che a nessuna di esse possa essere imputata la morte[3]. Le analisi, pubblicate nel febbraio 2010 sulla rivista statunitense JAMA (Journal of the American Medical Association), oltre a chiarire aspetti legati alla genealogia del re, dimostrarono che era affetto dalla malattia di Köhler, a causa della quale era costretto a camminare appoggiandosi a un bastone. Ciò giustificherebbe la presenza nella KV62 di 130 di tali oggetti, i quali, presentando all'estremità evidenti tracce di usura, lasciano dedurre che fossero effettivamente utilizzati e non semplice corredo.
Nel corpo di Tutankhamon fu inoltre rilevata la presenza del parassita della malaria in forma grave, come suffragato anche dalla presenza nella tomba di piante con proprietà analgesiche ed antipiretiche[4].
La tomba porta il numero 62: le 65 sepolture principali della Valle dei Re sono numerate progressivamente (sigla "KV"= Kings' Valley, seguita da un numero); la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei titolari; nel 1827, infatti, l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud. Da tale data, però, ovvero dalla KV23 in poi, il numero corrisponde all'ordine di scoperta e, di qui, il numero 62 assegnato alla sepoltura del faraone fanciullo.
L'importanza della scoperta, la più famosa della storia dell'egittologia e una delle più rilevanti dell'archeologia mondiale, risiede nel fatto che si tratta di una delle poche sepolture dell'antico Egitto pervenutaci quasi intatta, l'unica di un sovrano e conseguentemente, tra quelle note, la più ricca. La scoperta di Howard Carter, il 4 novembre 1922, fu permessa dalle sovvenzioni di Lord Carnarvon.

Quando il 4 novembre 1922 l’egittologo britannico Howard Carter scoprì la tomba perduta di Tutankhamon, questa era praticamente intatta. Al suo interno c’era ancora la mummia del faraone, circondata da un ricco e luccicante corredo di oggetto funerari. Quasi nel giro di un a notte il fino ad allora insignificante Tutankhamon si trasformò in una superstar del mondo antico, mentre Carter, con sua grande sorpresa, divenne l’archeologo più famoso di tutti i tempi.
La scoperta si rivelò insieme una benedizione e una maledizione, in quanto Carter, archeologo meticoloso che rifiutava di fare le cose in fretta, avrebbe dedicato il resto della propria vita lavorativa a svuotare la tomba ritrovata.

Dieci anni nella tomba reale.

1922-1923
Il 4 novembre 1922 viene scoperto il primo gradino della tomba. Il 17 febbraio 1923 viene aperta la camera funeraria: il 5 aprile muore Lord Carnarvon.
1924-1925
Il 12 febbraio 1924 Carter scoperchia il sarcofago. Nel gennaio del 1925 ottiene un’altra concessione per proseguire i  lavori. L’11 novembre esamina la mummia.
1926-1927
Carter e la sua squadra iniziano a lavorare alla stanza dietro la camera funeraria. Nell’ottobre del 1927 cominciano a svuotare l’annesso.
1930-1932
Vengono eseguiti gli interventi finali e prelevati gli ultimi oggetti (i frammenti di uno scrigno) che saranno inviati al Cairo nella primavera del 1932.


Assonometria della tomba di Tutankhamon

LA RICERCA DI TUTANKHAMON. Howard Carter era un’artista di talento che divenne archeologo per caso. Nel 1891, all’età di soli 17 anni e senza un’istruzione formale, trovò impiego come disegnatore, con il compito di riprodurre le pareti decorate delle tombe rupestri egizie. Una stagione trascorsa a lavorare al fianco del pioneristico egittologo Flinders Petrie gli permise di imparare come si effettuava uno scavo accurato. I primi egittologi erano stato poco più che cercatori di tesori, sempre a caccia di ritrovamenti spettacolari, ignorando quelli banali, o poco attraenti. Mettevano insieme impressionati collezioni di opere d’arte e manufatti non collegati tra loro, avulsi da ogni contesto. Petrie fu invece uno dei primi a riconoscere che i siti antichi non dovevano essere saccheggiati, e che i manufatti non potevano essere semplicemente strappati al terreno. La sua insistenza su un metodo scientifico – la progettazione e l’esecuzione degli scavi, l’annotazione della stratigrafia e del contesto e la compilazione di registri accurati – avrebbe avuto una profonda influenza sulle pratiche di lavoro dello stesso Carter. Nel 1909, mentre lavorava come artista freelance e mercante di antichità, Carter conobbe George Gerbert, quinto conte di Carnarvon. Il conte, che era già stato in Egitto per ragioni di salute, avrebbe voluto dirigere uno scavo archeologico, ma gli mancava l’esperienza necessaria per poter ottenere dal Servizio delle antichità egiziano il permesso di fare ricerche in un sito potenzialmente di valore.
Anche Carte voleva darsi agli scavi, ma non aveva i soldi necessari. Fu quindi più che logico, da parte di Carnarvon, assumere Carter affinché scavasse per conto suo. E il sogno condiviso di scoprire una tomba reale fece bene presto trasformare il rapporto di lavoro in amicizia.
Nel 1914 Carnarvon ottenne la concessione che avrebbe permesso a Carte di iniziare uno scavo nella Valle dei Re, il cimitero utilizzato dai faraoni egizi del Nuovo regno. Molti pensavano che stessero perdendo tempo: nell’area erano state rinvenute numerose tombe reali, ma erano state tutte svuotate nell’antichità. Carter, però, riteneva che ne mancasse ancora una. Il nome di Tutankhamon era noto grazie alle iscrizioni monumentali e una serie di piccoli ritrovamenti fatti nella Valle dei Re, ma né la sua tomba né la sua mummia erano state portate alla luce.
L’unico modo di trovare il faraone perduto era ripulire l’area della Valle dei Re fino al substrato roccioso. Il lavoro fu talmente lento e monotono che Carnarvon cominciò a dubitare che gettare altri soldi in quella ricerca fosse una cosa saggia. Carter non era d’accordo, e raggiunsero un compromesso: Carnarvon gli avrebbe dato i fondi sufficienti a togliere ancora una collinetta di macerie e spazzatura vicino alla tomba di Ramses VI. Il primo novembre 1922 i collaboratori di Carter sgombrarono l’immondizia e si aprirono un varco in uno spesso strato di detriti alluvionali. Tre giorni più tardi scoprirono 16 grani che scendevano fino a una porta bloccata. La perseveranza di Carter era stata premiata: aveva trovato la tomba perduta del faraone.
L'ingresso alla camera funeraria ancora murato. Foto di Harry Burton

L'accesso svela la camera funeraria. Foto di Harry Burton.
Le pareti della camera di sepoltura. L'angolo visibile nella foto è quello rivolto in direzione Nord-Ovest.


Il trasloco del Faraone.

Nel suo libro “La scoperta della tomba di Tutankhamon”, Carter spiega come furono prelevati gli oggetti che ostruivano l’anticamera della tomba del faraone. C’erano tre grandi letti zoomorfi – uno decorato con due teste di vacca, un altro con teste di leonessa e l’ultimo con teste di ippopotamo. A causa delle grandi dimensioni, per rimuoverli dalla tomba si dovette precedere a smontarli: “Sono state necessarie cinque persone per concludere l’operazione senza danni. Due reggevano la parte centrale, due si occupavano delle sponde con le raffigurazioni zoomorfe, mentre il quinto, da sotto, allentava i ganci con una leva (…). Siamo riusciti a estrarre i letti senza incidenti e li abbiamo immediatamente depositati nelle apposite casse all’ingresso della tomba”.


Il terzo sarcofago d'oro massiccio

UN TRIONFO ARCHEOLOGICO. Quando gli chiesero quale fosse stata la sua prima impressione entrando nella tomba, Carter rispose con la famose frase: “Strani animali, statue e oro: ovunque il luccichio dell’oro”. La tomba era in effetti piena di uno sbalorditivo assortimento di articoli funerari: carri, letti, bauli, scatole, involti, curiosi oggetti rituali e molto altro. questi non erano però sistemati come li avevano voluti gli addetti alla sepoltura. Nell’antichità la tomba era stata saccheggiata due volte e, nel ripristinare l’ordine prima di risigillarla, i sacerdoti delle necropoli avevano fatto un lavoro mediocre. Le etichette apposte sulle scatole e gli involti confermavano che mancavano alcuni oggetti, mentre altri erano al posto sbagliato.
Dato che tutto era mischiato, c’era pochissimo spazio per lavorare. Carter paragonò la situazione a “una gigantesca partita a Shangai”: un gioco che richiedeva l’abilità tanto fisiche quanto mentali per estrarre un bastoncino dal mucchio senza muovere gli altri. Un gioco in cui non poteva cimentarsi da solo. Per lo scavo Carter riunì quindi una squadra multidisciplinare, che variava di stagione in stagione e il cui nucleo era costituito dall’egittologo Arthur Callender e dal chimico Alfred Lucas, oltre all’archeologo e conservatore Arthur Mace e al fotografo Harry Burton, in presto dal Metropolitan Museum di New York.
Quella di Tutankhamon fu la prima tomba reale a essere scoperta in condizioni di seppure vaga integrità. Nessun altro archeologo si era mai trovato davanti a oltre cinquemila fragili oggetti, tutti con l’urgente bisogno di esser conservati. Dal momento in cui ne era stata la porta, i manufatti erano infatti minacciati dal cambiamento improvviso delle condizioni ambientali. E c’erano anche altre preoccupazioni. Ogni volta che la squadra decideva di prendersi una vacanza dalla Valle dei Re, bisognava staccare la corrente, bloccare l’ingresso alla tomba, riseppellire la scala e piazzare una guardia: precauzioni considerate essenziali per proteggere la tomba sia dai ladri sia dalle inondazioni. Grazie alla propria esperienza, Carter comprendeva appieno il grande paradosso dell’archeologia: e cioè che lo scavo di un sito è destinato a distruggerlo. Sapeva quindi esattamente che cosa andava fatto. Il lavoro doveva progredire lentamente e con metodo al fine di preservare ogni dettaglio. Tutti gli oggetti dovevano essere registrati – numerati, fotografati, indicati sulla piantina della tomba, descritti e disegnati – per poi essere trasferiti in un laboratorio di conservazione (una tomba reale vicina) dove venivano trattati e ulteriormente fotografati. Quindi dovevano essere imballati e inviati al Museo egizio del Cairo. A ogni oggetto o gruppo di oggetti venne assegnato un numero compreso tra 1 e 620, con le lettere utilizzate per le eventuali suddivisioni. Successivamente, al suo arrivo al Museo del Cairo, ogni manufatto ricevette un numero d’acquisizione sul Journal d’Entrée del museo stesso.
Ad esempio, il primo oggetto a essere ufficialmente rimosso dalla tomba, un baule finemente dipinto che per Carter era il numero 21, divenne “JE1467”. Oggi la catalogazione dei reperti effettuata dall’archeologo e le fotografie associate sono conservate al Griffith Institute di Oxford, in Gran Bretagna, e possono essere consultate online gratuitamente.
Ogni baule, scatola o involto estratto dalla tomba doveva essere sottoposto al proprio mini-scavo. Il baule dipinto fornisce un buon esempio dei problemi che i conservatori dovettero affrontare. All’inizio il manufatto sembrava essere in buone condizioni, con solo qualche scrostatura dello stucco che serviva da base alla decorazione. Dopo tre settimane nell’atmosfera secca del laboratorio di conservazione, però, il legno aveva cominciato a ritirarsi e lo stucco ad accartocciarsi, e fu necessario incollare nuovamente quest’ultimo al suo posto con della paraffina liquida.
Ci vollero diverse settimane per svuotare il baule e inventariarne e fotografarne il contenuto: vi furono ritrovati un paio di sandali intrecciati, tre paia di sandali in pelle, alcune tuniche, due sacchetti o copricapi, due collari, perizomi, rotoli di tessuti e bende, un guanto e un poggiatesta d’oro. La stessa cura meticolosa nella catalogazione e nella conservazione fu perpetuata nel corso degli anni, via via che gli oggetti funebri venivano recuperati dall’anticamera, dalla camera funeraria, dal tesoro e dall’annesso. L’unico manufatto che ricevette sorprendentemente poca attenzione fu la mummia irrilevante dal punto di vista archeologico, e permise venisse sbendata e sottoposta ad autopsia poco dopo che era stata estratta dal suo sarcofago d’oro.
 
Howard Carter in una foto del 1924.
George Herbert, 5th Earl of Carnarvon, reading.jpg

George Herbert fotografato nella veranda della casa tebana di Howard Carter nel 1923

Collari riportati in vita.
Un esempio della straordinaria dedizione con la quale Howard Carter affrontava il suo lavoro è offerto dai numerosi monili di perline ritrovati nelle stanze della tomba di Tutankhamon. L’archeologo comprese infatti che era fondamentale mantenere la disposizione originale di ogni elemento. Come spiega lui stesso: “Anche se i fili dei collari sono quasi completamente decomposti la maggior parte delle perline conserva ancora la sua posizione relativa. Una volta rimossa la polvere è possibile ricostruire la sequenza esatta del collare e mantenerla inserendo un nuovo filo direttamente in situ”. Per essere ancora più preciso e garantire che la disposizione originale non venisse alterata, Carter preferiva “trasferire a una a una le perline su un cartone ricoperto di un sottile strato di plastilina”.

UN DISASTRO DIPLOMATICO. Mentre Carter combatteva con gli aspetti pratici dello svuotamento della tomba, i pensieri di Carnarvon andavano al denaro. Tutankhamon avrebbe probabilmente rappresentato un salasso per le sue finanze per molti anni a venire. Gli sembrò quindi sensato fare un accordo con il Times, grazie al quale ricevette cinquemila sterline per i diritti esclusivi su tutte le fotografie e le notizie. La mossa, però, gli alienò le simpatie della stampa mondiale, dando vita a un rapporto difficile e stressante tra i giornalisti che continuavano ad affluire in gran numero sul sito e la squadra di scavo. Howard Carter non era portato per la diplomazia: era carente in quelle che oggi chiameremmo “abilità relazionali”. Aveva dei forti principi e non vedeva la necessità di evitare lo scontro. Questo era stato dimostrato in modo evidente nel 1905, quando in qualità d’ispettore capo delle antichità dell’Alto Egitto si era trovato coinvolto nel “caso Saqqarah”: venuto a sapere che un gruppo di francesi ubriachi si era introdotto con la forza nel locale serapun (il luogo di sepoltura dei tori sacri), Carter aveva autorizzato le guardie egiziane a difendersi.
La cosa era stata considerata assolutamente inaccettabile, e il console generale britannico aveva chiesto all’ispettore capo di scusarsi con i francesi. Carter si era rifiutato di risolvere la questione con una bugia diplomatica e, arrabbiato per il mancato sostegno delle autorità, si era licenziato.
Fino a quando, inizialmente, la concessione degli scavi era ancora nelle mani di Carnarvon, Carter era stato libero di concentrarsi sugli aspetti archeologici; ma con l’improvvisa more del lord, nel 1923, i diritti erano passati a lady Carnarvon. Carter dovette quindi cominciare a fare da collegamento con il Servizio delle antichità, un ruolo per il quale era inadatto. Nel frattempo la stampa internazionale, ancora profondamente risentita per l’accordo con il Times,  rimaneva ostile, mentre quella egiziana conduceva una campagna contro ciò che riteneva “colonialismo archeologico”.

Nell’annesso di Tutankhamon.
Nella sua descrizione della tomba, Howard Carter fa un resoconto dettagliato degli oggetti ritrovati nell’annesso e ricostruisce la laboriosa procedura seguita per prelevarli: “Per estrarre di lì gli oltre trecento pezzi presenti abbiamo dovuto adottare un metodo abbastanza prosaico. Per  prima cosa, abbiamo cercato di farci spazio sufficiente per i piedi sgomberando il pavimento, che era quasi un metro più in basso, per cui abbiamo dovuto lavorare praticamente a testa in giù (…) Più di una volta siamo stati costretti a farci sostenere tramite una corda, passata sotto le ascelle e tenuta da tre uomini che stavano nell’anticamera, per riuscire a sollevare un oggetto pesante posto in una posizione tale che la minima svista l’avrebbe fatto cadere”.  

L’EPILOGO. Nel 1924 una banale disputa sui permessi d’accesso indusse Carter a interrompere i lavori nella tomba. Il Servizio delle antichità, considerando la sua decisione una reazione eccessiva – nonché una violazione diretta della concessione di lady Carnarvon – confiscò il sito. Quindi, dato che Carter si era rifiutato di consegnare le proprie chiavi, assunse degli operai perché tagliassero i lucchetti dei cancelli della tomba. Seguirono mesi di negoziazioni, fino a che non fu raggiunto un accordo e il sito fu riaperto.
Nel febbraio 1932 fu spedita al Museo egizio del Cairo l’ultima consegna di reperti. Il passo successivo, per Carter, era di pubblicare il resoconto degli scavi: un’impresa enorme e mai completata. Questo potrebbe spiegare perché non abbia mai ricevuto riconoscimenti ufficiali in Gran Bretagna. In un’epoca in cui gli archeologi preminenti venivano regolarmente ricompensati con la nomina a cavalieri della corona, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi anche lui un trattamento simili. Il fatto che gli mancassero un mecenate e il sostegno di un’istituzione, e forse i suoi natali relativamente umili, non aiutarono la sua causa, ma la responsabile potrebbe anche semplicemente essere stata la sua complicata personalità.
Carter morì a Londra il 2 marzo 1939 e lì fu sepolto, nel cimitero di Putney Vale. La grande maggioranza degli oggetti funerari di Tutankhamon è oggi conservata al Cairo e formerà il cuore del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza. Tutankhamon continuerà a riposare nella sua tomba nella Valle dei Re.

Articoli in gran parte Joyce Tydesley egittologa e autrice di Tutankhamens curse: the develping history of Anegypian King pubblicato su Storica National Geographic del mese di gennaio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.

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