Nella tomba di
Tutankhamon.
Il 4 novembre del 1922
il britannico Howard Carter scoprì la tomba del faraone bambino, intatta e
piena di tesori. L’archeologo Howard Carter avrebbe dedicato il resto della sua
vita a classificare e restaurare le migliaia di oggetti rinvenuti e oggi
esposti al Museo egizio del Cairo.
«Qui davanti a noi c'era una prova sufficiente a dimostrare che quello era davvero l'ingresso di una tomba che, visti i sigilli, dal di fuori sembrava inviolata[1].»
|
(Howard Carter) |
KV62 Tomba di Tutankhamon | |
---|---|
L'ingresso della tomba | |
Civiltà | Antico Egitto |
Utilizzo | Tomba di Tutankhamon |
Epoca | Nuovo Regno (XVIIIdinastia) |
Localizzazione | |
Stato | Egitto |
Località | Luxor |
Dimensioni | |
Superficie | 180 99 m² |
Altezza | max 2,75 m |
Larghezza | max 5,09 m |
Lunghezza | max 30,79 m |
Volume | 381,67 m³ |
Scavi | |
Data scoperta | novembre 1922 |
Date scavi | da novembre 1922 a novembre 1930 |
Organizzazione | Lord Carnarvon |
Archeologo | Howard Carter |
Amministrazione | |
Patrimonio | Tebe (Valle dei Re) |
Ente | Supreme Council of Antiquities |
Visitabile | sì (con pagamento biglietto suppletivo) |
Sito web | www.thebanmappingproject.com |
Mappa di localizzazione | |
La tomba di Tutankhamon (nota anche come KV62)[2] è il luogo di sepoltura, nella Valle dei Re, del giovanissimo sovrano della XVIII dinastia che salì al trono a 9 anni e morì a 18, poco prima di compierne 19[3]. Analisi eseguite nel corso degli anni, non ultime le analisi del DNA compiute nel 2009, hanno consentito di appurare che il faraone soffriva di diverse malattie, alcune delle quali ereditarie, ma si è ritenuto che a nessuna di esse possa essere imputata la morte[3]. Le analisi, pubblicate nel febbraio 2010 sulla rivista statunitense JAMA (Journal of the American Medical Association), oltre a chiarire aspetti legati alla genealogia del re, dimostrarono che era affetto dalla malattia di Köhler, a causa della quale era costretto a camminare appoggiandosi a un bastone. Ciò giustificherebbe la presenza nella KV62 di 130 di tali oggetti, i quali, presentando all'estremità evidenti tracce di usura, lasciano dedurre che fossero effettivamente utilizzati e non semplice corredo.
Nel corpo di Tutankhamon fu inoltre rilevata la presenza del parassita della malaria in forma grave, come suffragato anche dalla presenza nella tomba di piante con proprietà analgesiche ed antipiretiche[4].
La tomba porta il numero 62: le 65 sepolture principali della Valle dei Re sono numerate progressivamente (sigla "KV"= Kings' Valley, seguita da un numero); la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei titolari; nel 1827, infatti, l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud. Da tale data, però, ovvero dalla KV23 in poi, il numero corrisponde all'ordine di scoperta e, di qui, il numero 62 assegnato alla sepoltura del faraone fanciullo.
L'importanza della scoperta, la più famosa della storia dell'egittologia e una delle più rilevanti dell'archeologia mondiale, risiede nel fatto che si tratta di una delle poche sepolture dell'antico Egitto pervenutaci quasi intatta, l'unica di un sovrano e conseguentemente, tra quelle note, la più ricca. La scoperta di Howard Carter, il 4 novembre 1922, fu permessa dalle sovvenzioni di Lord Carnarvon.
Quando
il 4 novembre 1922 l’egittologo britannico Howard Carter scoprì la tomba
perduta di Tutankhamon, questa era praticamente intatta. Al suo interno c’era
ancora la mummia del faraone, circondata da un ricco e luccicante corredo di
oggetto funerari. Quasi nel giro di un a notte il fino ad allora insignificante
Tutankhamon si trasformò in una superstar del mondo antico, mentre Carter, con
sua grande sorpresa, divenne l’archeologo più famoso di tutti i tempi.
La scoperta si rivelò
insieme una benedizione e una maledizione, in quanto Carter, archeologo
meticoloso che rifiutava di fare le cose in fretta, avrebbe dedicato il resto
della propria vita lavorativa a svuotare la tomba ritrovata.
Dieci anni nella tomba reale.
|
||
1922-1923
Il
4 novembre 1922 viene scoperto il primo gradino della tomba. Il 17 febbraio
1923 viene aperta la camera funeraria: il 5 aprile muore Lord Carnarvon.
|
1924-1925
Il
12 febbraio 1924 Carter scoperchia il sarcofago. Nel gennaio del 1925 ottiene
un’altra concessione per proseguire i
lavori. L’11 novembre esamina la mummia.
|
|
1926-1927
Carter
e la sua squadra iniziano a lavorare alla stanza dietro la camera funeraria.
Nell’ottobre del 1927 cominciano a svuotare l’annesso.
|
1930-1932
Vengono
eseguiti gli interventi finali e prelevati gli ultimi oggetti (i frammenti di
uno scrigno) che saranno inviati al Cairo nella primavera del 1932.
|
|
Assonometria della tomba di Tutankhamon |
LA RICERCA DI TUTANKHAMON. Howard Carter era
un’artista di talento che divenne archeologo per caso. Nel 1891, all’età di
soli 17 anni e senza un’istruzione formale, trovò impiego come disegnatore, con
il compito di riprodurre le pareti decorate delle tombe rupestri egizie. Una
stagione trascorsa a lavorare al fianco del pioneristico egittologo Flinders
Petrie gli permise di imparare come si effettuava uno scavo accurato. I primi
egittologi erano stato poco più che cercatori di tesori, sempre a caccia di
ritrovamenti spettacolari, ignorando quelli banali, o poco attraenti. Mettevano
insieme impressionati collezioni di opere d’arte e manufatti non collegati tra
loro, avulsi da ogni contesto. Petrie fu invece uno dei primi a riconoscere che
i siti antichi non dovevano essere saccheggiati, e che i manufatti non potevano
essere semplicemente strappati al terreno. La sua insistenza su un metodo
scientifico – la progettazione e l’esecuzione degli scavi, l’annotazione della
stratigrafia e del contesto e la compilazione di registri accurati – avrebbe
avuto una profonda influenza sulle pratiche di lavoro dello stesso Carter. Nel
1909, mentre lavorava come artista freelance e mercante di antichità, Carter
conobbe George Gerbert, quinto conte di Carnarvon. Il conte, che era già stato
in Egitto per ragioni di salute, avrebbe voluto dirigere uno scavo
archeologico, ma gli mancava l’esperienza necessaria per poter ottenere dal
Servizio delle antichità egiziano il permesso di fare ricerche in un sito
potenzialmente di valore.
Anche Carte voleva
darsi agli scavi, ma non aveva i soldi necessari. Fu quindi più che logico, da
parte di Carnarvon, assumere Carter affinché scavasse per conto suo. E il sogno
condiviso di scoprire una tomba reale fece bene presto trasformare il rapporto
di lavoro in amicizia.
Nel 1914 Carnarvon
ottenne la concessione che avrebbe permesso a Carte di iniziare uno scavo nella
Valle dei Re, il cimitero utilizzato dai faraoni egizi del Nuovo regno. Molti
pensavano che stessero perdendo tempo: nell’area erano state rinvenute numerose
tombe reali, ma erano state tutte svuotate nell’antichità. Carter, però,
riteneva che ne mancasse ancora una. Il nome di Tutankhamon era noto grazie
alle iscrizioni monumentali e una serie di piccoli ritrovamenti fatti nella
Valle dei Re, ma né la sua tomba né la sua mummia erano state portate alla
luce.
L’unico modo di trovare
il faraone perduto era ripulire l’area della Valle dei Re fino al substrato
roccioso. Il lavoro fu talmente lento e monotono che Carnarvon cominciò a
dubitare che gettare altri soldi in quella ricerca fosse una cosa saggia.
Carter non era d’accordo, e raggiunsero un compromesso: Carnarvon gli avrebbe
dato i fondi sufficienti a togliere ancora una collinetta di macerie e
spazzatura vicino alla tomba di Ramses VI. Il primo novembre 1922 i
collaboratori di Carter sgombrarono l’immondizia e si aprirono un varco in uno
spesso strato di detriti alluvionali. Tre giorni più tardi scoprirono 16 grani
che scendevano fino a una porta bloccata. La perseveranza di Carter era stata
premiata: aveva trovato la tomba perduta del faraone.
L'ingresso alla camera funeraria ancora murato. Foto di Harry Burton
L'accesso svela la camera funeraria. Foto di Harry Burton.
Le pareti della camera di sepoltura. L'angolo visibile nella foto è quello rivolto in direzione Nord-Ovest.
Il trasloco del Faraone.
Nel suo libro “La scoperta della
tomba di Tutankhamon”, Carter spiega come furono prelevati gli oggetti che
ostruivano l’anticamera della tomba del faraone. C’erano tre grandi letti
zoomorfi – uno decorato con due teste di vacca, un altro con teste di leonessa
e l’ultimo con teste di ippopotamo. A causa delle grandi dimensioni, per
rimuoverli dalla tomba si dovette precedere a smontarli: “Sono state necessarie cinque persone per concludere l’operazione
senza danni. Due reggevano la parte centrale, due si occupavano delle sponde
con le raffigurazioni zoomorfe, mentre il quinto, da sotto, allentava i ganci
con una leva (…). Siamo riusciti a estrarre i letti senza incidenti e li
abbiamo immediatamente depositati nelle apposite casse all’ingresso della
tomba”.
|
Il terzo sarcofago d'oro massiccio
UN TRIONFO ARCHEOLOGICO. Quando gli chiesero
quale fosse stata la sua prima impressione entrando nella tomba, Carter rispose
con la famose frase: “Strani animali, statue e oro: ovunque il luccichio
dell’oro”. La tomba era in effetti piena di uno sbalorditivo assortimento di
articoli funerari: carri, letti, bauli, scatole, involti, curiosi oggetti
rituali e molto altro. questi non erano però sistemati come li avevano voluti
gli addetti alla sepoltura. Nell’antichità la tomba era stata saccheggiata due
volte e, nel ripristinare l’ordine prima di risigillarla, i sacerdoti delle
necropoli avevano fatto un lavoro mediocre. Le etichette apposte sulle scatole
e gli involti confermavano che mancavano alcuni oggetti, mentre altri erano al
posto sbagliato.
Dato che tutto era
mischiato, c’era pochissimo spazio per lavorare. Carter paragonò la situazione
a “una gigantesca partita a Shangai”: un gioco che richiedeva l’abilità tanto
fisiche quanto mentali per estrarre un bastoncino dal mucchio senza muovere gli
altri. Un gioco in cui non poteva cimentarsi da solo. Per lo scavo Carter riunì
quindi una squadra multidisciplinare, che variava di stagione in stagione e il
cui nucleo era costituito dall’egittologo Arthur Callender e dal chimico Alfred
Lucas, oltre all’archeologo e conservatore Arthur Mace e al fotografo Harry
Burton, in presto dal Metropolitan Museum di New York.
Quella di Tutankhamon
fu la prima tomba reale a essere scoperta in condizioni di seppure vaga
integrità. Nessun altro archeologo si era mai trovato davanti a oltre
cinquemila fragili oggetti, tutti con l’urgente bisogno di esser conservati.
Dal momento in cui ne era stata la porta, i manufatti erano infatti minacciati
dal cambiamento improvviso delle condizioni ambientali. E c’erano anche altre
preoccupazioni. Ogni volta che la squadra decideva di prendersi una vacanza
dalla Valle dei Re, bisognava staccare la corrente, bloccare l’ingresso alla
tomba, riseppellire la scala e piazzare una guardia: precauzioni considerate
essenziali per proteggere la tomba sia dai ladri sia dalle inondazioni. Grazie
alla propria esperienza, Carter comprendeva appieno il grande paradosso
dell’archeologia: e cioè che lo scavo di un sito è destinato a distruggerlo.
Sapeva quindi esattamente che cosa andava fatto. Il lavoro doveva progredire
lentamente e con metodo al fine di preservare ogni dettaglio. Tutti gli oggetti
dovevano essere registrati – numerati, fotografati, indicati sulla piantina
della tomba, descritti e disegnati – per poi essere trasferiti in un
laboratorio di conservazione (una tomba reale vicina) dove venivano trattati e
ulteriormente fotografati. Quindi dovevano essere imballati e inviati al Museo
egizio del Cairo. A ogni oggetto o gruppo di oggetti venne assegnato un numero
compreso tra 1 e 620, con le lettere utilizzate per le eventuali suddivisioni.
Successivamente, al suo arrivo al Museo del Cairo, ogni manufatto ricevette un
numero d’acquisizione sul Journal d’Entrée del museo stesso.
Ad esempio, il primo
oggetto a essere ufficialmente rimosso dalla tomba, un baule finemente dipinto
che per Carter era il numero 21, divenne “JE1467”. Oggi la catalogazione dei
reperti effettuata dall’archeologo e le fotografie associate sono conservate al
Griffith Institute di Oxford, in Gran Bretagna, e possono essere consultate
online gratuitamente.
Ogni baule, scatola o
involto estratto dalla tomba doveva essere sottoposto al proprio mini-scavo. Il
baule dipinto fornisce un buon esempio dei problemi che i conservatori
dovettero affrontare. All’inizio il manufatto sembrava essere in buone
condizioni, con solo qualche scrostatura dello stucco che serviva da base alla
decorazione. Dopo tre settimane nell’atmosfera secca del laboratorio di
conservazione, però, il legno aveva cominciato a ritirarsi e lo stucco ad
accartocciarsi, e fu necessario incollare nuovamente quest’ultimo al suo posto
con della paraffina liquida.
Ci vollero diverse
settimane per svuotare il baule e inventariarne e fotografarne il contenuto: vi
furono ritrovati un paio di sandali intrecciati, tre paia di sandali in pelle,
alcune tuniche, due sacchetti o copricapi, due collari, perizomi, rotoli di
tessuti e bende, un guanto e un poggiatesta d’oro. La stessa cura meticolosa
nella catalogazione e nella conservazione fu perpetuata nel corso degli anni,
via via che gli oggetti funebri venivano recuperati dall’anticamera, dalla
camera funeraria, dal tesoro e dall’annesso. L’unico manufatto che ricevette
sorprendentemente poca attenzione fu la mummia irrilevante dal punto di vista
archeologico, e permise venisse sbendata e sottoposta ad autopsia poco dopo che
era stata estratta dal suo sarcofago d’oro.
Collari riportati in vita.
Un esempio della straordinaria
dedizione con la quale Howard Carter affrontava il suo lavoro è offerto dai
numerosi monili di perline ritrovati nelle stanze della tomba di Tutankhamon.
L’archeologo comprese infatti che era fondamentale mantenere la disposizione
originale di ogni elemento. Come spiega lui stesso: “Anche se i fili dei collari sono quasi completamente decomposti la
maggior parte delle perline conserva ancora la sua posizione relativa. Una
volta rimossa la polvere è possibile ricostruire la sequenza esatta del
collare e mantenerla inserendo un nuovo filo direttamente in situ”. Per
essere ancora più preciso e garantire che la disposizione originale non
venisse alterata, Carter preferiva “trasferire a una a una le perline su un
cartone ricoperto di un sottile strato di plastilina”.
|
UN DISASTRO DIPLOMATICO. Mentre Carter
combatteva con gli aspetti pratici dello svuotamento della tomba, i pensieri di
Carnarvon andavano al denaro. Tutankhamon avrebbe probabilmente rappresentato
un salasso per le sue finanze per molti anni a venire. Gli sembrò quindi
sensato fare un accordo con il Times, grazie al quale ricevette cinquemila
sterline per i diritti esclusivi su tutte le fotografie e le notizie. La mossa,
però, gli alienò le simpatie della stampa mondiale, dando vita a un rapporto
difficile e stressante tra i giornalisti che continuavano ad affluire in gran
numero sul sito e la squadra di scavo. Howard Carter non era portato per la
diplomazia: era carente in quelle che oggi chiameremmo “abilità relazionali”.
Aveva dei forti principi e non vedeva la necessità di evitare lo scontro.
Questo era stato dimostrato in modo evidente nel 1905, quando in qualità
d’ispettore capo delle antichità dell’Alto Egitto si era trovato coinvolto nel
“caso Saqqarah”: venuto a sapere che un gruppo di francesi ubriachi si era
introdotto con la forza nel locale serapun (il luogo di sepoltura dei tori
sacri), Carter aveva autorizzato le guardie egiziane a difendersi.
La cosa era stata
considerata assolutamente inaccettabile, e il console generale britannico aveva
chiesto all’ispettore capo di scusarsi con i francesi. Carter si era rifiutato
di risolvere la questione con una bugia diplomatica e, arrabbiato per il
mancato sostegno delle autorità, si era licenziato.
Fino a quando,
inizialmente, la concessione degli scavi era ancora nelle mani di Carnarvon,
Carter era stato libero di concentrarsi sugli aspetti archeologici; ma con
l’improvvisa more del lord, nel 1923, i diritti erano passati a lady Carnarvon.
Carter dovette quindi cominciare a fare da collegamento con il Servizio delle
antichità, un ruolo per il quale era inadatto. Nel frattempo la stampa
internazionale, ancora profondamente risentita per l’accordo con il Times, rimaneva ostile, mentre quella egiziana conduceva
una campagna contro ciò che riteneva “colonialismo archeologico”.
Nell’annesso di Tutankhamon.
Nella sua descrizione della tomba,
Howard Carter fa un resoconto dettagliato degli oggetti ritrovati
nell’annesso e ricostruisce la laboriosa procedura seguita per prelevarli: “Per estrarre di lì gli oltre trecento
pezzi presenti abbiamo dovuto adottare un metodo abbastanza prosaico.
Per prima cosa, abbiamo cercato di
farci spazio sufficiente per i piedi sgomberando il pavimento, che era quasi
un metro più in basso, per cui abbiamo dovuto lavorare praticamente a testa
in giù (…) Più di una volta siamo stati costretti a farci sostenere tramite
una corda, passata sotto le ascelle e tenuta da tre uomini che stavano
nell’anticamera, per riuscire a sollevare un oggetto pesante posto in una
posizione tale che la minima svista l’avrebbe fatto cadere”.
|
L’EPILOGO. Nel 1924 una banale disputa sui
permessi d’accesso indusse Carter a interrompere i lavori nella tomba. Il
Servizio delle antichità, considerando la sua decisione una reazione eccessiva
– nonché una violazione diretta della concessione di lady Carnarvon – confiscò
il sito. Quindi, dato che Carter si era rifiutato di consegnare le proprie
chiavi, assunse degli operai perché tagliassero i lucchetti dei cancelli della
tomba. Seguirono mesi di negoziazioni, fino a che non fu raggiunto un accordo e
il sito fu riaperto.
Nel febbraio 1932 fu
spedita al Museo egizio del Cairo l’ultima consegna di reperti. Il passo
successivo, per Carter, era di pubblicare il resoconto degli scavi: un’impresa
enorme e mai completata. Questo potrebbe spiegare perché non abbia mai ricevuto
riconoscimenti ufficiali in Gran Bretagna. In un’epoca in cui gli archeologi
preminenti venivano regolarmente ricompensati con la nomina a cavalieri della
corona, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi anche lui un trattamento
simili. Il fatto che gli mancassero un mecenate e il sostegno di
un’istituzione, e forse i suoi natali relativamente umili, non aiutarono la sua
causa, ma la responsabile potrebbe anche semplicemente essere stata la sua
complicata personalità.
Carter morì a Londra il
2 marzo 1939 e lì fu sepolto, nel cimitero di Putney Vale. La grande
maggioranza degli oggetti funerari di Tutankhamon è oggi conservata al Cairo e
formerà il cuore del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza. Tutankhamon
continuerà a riposare nella sua tomba nella Valle dei Re.
Articoli in gran parte
Joyce Tydesley egittologa e autrice di Tutankhamens curse: the develping
history of Anegypian King pubblicato su Storica National Geographic del mese di
gennaio 2019 – altri testi e immagini da Wikipedia.
Nessun commento:
Posta un commento