domenica 31 marzo 2019

Ostaggi reali.


Ostaggi reali.
Nei giochi di potere del passato si ricorreva spesso al sequestro di principi o giovani rampolli della nobiltà. Che spesso finivano male.

Nei casi migliori espatriavano in corti sfarzose e vi trascorrevano un periodo “formativo” tra mille riguardi. In quelli peggiori venivano rinchiusi in buie prigioni e sotto posti a violenze fisiche e psicologiche. Queste le ambivalenti sorti di molti rampolli delle grandi famiglie del passato: parenti di re, sultani e imperatori spesso finivano invischiati in trame politiche più grandi di loro e diventavano preziose “merci di scambio”, ostaggi di corti nemiche e, talvolta, prigionieri nella loro stessa patria e della loro stessa famiglia.

Francesco I.
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Francesco I di Francia
Francis1-1.jpg
Re di Francia
Stemma
In carica1º gennaio 1515 - 31 marzo 1547
Incoronazione25 gennaio 1515Reims
PredecessoreLuigi XII
SuccessoreEnrico II
Duca di Milano
In carica11 ottobre 1515 –
24 febbraio 1525
PredecessoreMassimiliano Sforza
SuccessoreFrancesco II Sforza
Nome completoFrançois de Valois-Angoulême
NascitaCognac, 12 settembre1494
MorteRambouillet, 31 marzo 1547
Luogo di sepolturaBasilica di Saint-DenisFrancia.
Casa realeValois-Angoulême
DinastiaCapetingi
PadreCarlo di Valois-Angoulême
MadreLuisa di Savoia
ConiugiClaudia di Valois
Eleonora d'Asburgo
FigliFrancesco
Enrico II
Maddalena
Carlo
Margherita
Francesco I (nato François d'OrléansCognac12 settembre 1494 – Rambouillet31 marzo 1547) è stato re di Francia dal 1515 alla sua morte.
Era il figlio di Carlo di Valois-Angoulême (1459 - 1º gennaio 1496) e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22 settembre 1531) e fu il primo della dinastia regale dei Valois-Angoulême, che si estinguerà con la morte del nipote Enrico III, avvenuta nel 1589.
Catturato nel corso della sanguinosa battaglia di Pavia nel 1525, il trentunenne re di Francia Francesco I finì nelle mani del suo acerrimo nemico, l’imperatore Carlo V, che lo trattò con magnanimità, in ossequio alle regole della cavalleria. Trattenuto nella rocca di Pizzighettone (Lombardia) e poi, per un breve periodo, nell’Abbazia della Cervara  (Liguria), fu infine trasferito in Spagna, trascorrendo undici mesi all’Alcazar (o palazzo reale) di Madrid. Qui godette di una prigionia più che “dorata”, potendo cacciare e cavalcare in relativa autonomi. Prima del rilascio fu però costretto a sottoscrivere il trattato di Madrid (14 gennaio del 1526), nettamente sfavorevole alla Francia.
PICCOLI OSTAGGI. Per garantire il rispetto dell’accordo, il re francese lasciò in ostaggio all’imperatore i suoi figlioletti: Francesco (di otto anni) ed Enrico (di sette), che rimasero in Spagna per più di quattro anni. Quella prigionia fu decisamente meno dorata di quella paterna e lasciò tracce indelebili nella psiche dei ragazzi, incupendone profondamente il carattere.


FUTURI ALLEATI. Secondo una delle interpretazioni più diffuse, il termine ostaggio deriverebbe dal latino hospes (ospite). Questa pratica era non a caso già diffusa nel mondo romano, e prima ancora in quello greco. “Alla corte degli imperatori furono spesso educati giovani principi di regni vassalli o rivali dell’Urbe, con la speranza che, rientrati in patria, si orientassero verso una convivenza pacifica con Roma”, conferma Giuseppe Zecchini, docente di Storia romana all’università Cattolica di Milano. Fu così per il principe giudeo Erode Agrippa II  (I secolo d.C.), talmente a suo agio tra i Romani da diventare amico fidato dell’impero e venendo perciò ricompensato con vari territori mediorientali. “Avveniva anche il contrario, che aristocratici e futuri regnanti romani finissero in corti barbare”, precisa lo storico. Nel V secolo, per esempio, quando era ancora ragazzino, il celebre generale Ezio fu ospite per tre anni della “selvaggia” corte unna, e lo stesso accadde a suo figlio. Tali scambi rimasero in auge, quale espediente diplomatico, fino alle soglie della modernità, anche se non sempre si riusciva a forgiare futuri alleati: il condottiero Giorgio Castriota Scanderger (1405-1468), istruito alla corte ottomana di Murad II, si rivelò fiero oppositore degli stessi turchi dopo l’uccisione dei fratelli, nonostante fosse stato tra i giovani più apprezzati del sultano.

Teodorico il Grande.
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Teodorico
Teodorico re dei Goti (493-526).png
Medaglione aureo con busto e nome di Teodorico. Si notano i baffi, secondo l'usanza gotica.[1]
Re degli Ostrogoti
In carica474 –
30 agosto 526
Incoronazione478
PredecessoreTeodemiro
SuccessoreAtalarico
Patrizio d'Italia
sottoposto formalmente all'Impero d'Oriente
In carica15 marzo 493 –
30 agosto 526 per cause sconosciute
PredecessoreOdoacre
SuccessoreAtalarico
NascitaPannonia, 12 maggio 454
MorteRavenna, 30 agosto 526
SepolturaRavenna
DinastiaAmali
PadreTeodemiro
MadreEreleuva
ConsorteRossana
FigliAmalasunta
ReligioneArianesimo
Teodorico, detto il Grande, più correttamente Teoderico, dal goto Þiudareiks (Pannonia12 maggio 454 – Ravenna30 agosto 526), è stato re degli Ostrogoti dal 474 e patrizio d'Italia dal 493 al 526, secondo dei re barbari di Roma.
«Teodorico era un uomo di grande distinzione e di buona volontà verso tutti e governò per trentatré anni. Per trent'anni l'Italia godette di tale buona fortuna che i suoi successori ereditarono la pace, poiché qualunque cosa facesse era buona. Egli governò così due stirpi, i Romani e i Goti, e -sebbene fosse un ariano- non attaccò mai la religione cattolica, organizzò giochi nel circo e nell'anfiteatro, sicché infine dai Romani fu chiamato Traiano o Valentiniano, i cui tempi prese a modello; e dai Goti, per il suo editto col quale stabiliva la giustizia, egli fu considerato sotto ogni punto di vista il loro re migliore»
(Uno storico latino)
Nato attorno al 454, a otto anni Teodorico fu inviato come ostaggio alla corte bizantina, in base a un trattato di pace tra suo padre, il re ostrogoto Teodomiro, e l’imperatore Leone I. il giovane principe rimase a Costantinopoli (allora capitale dell’impero d’Oriente) fino alle soglie dei diciott’anni, ricevendovi un’istruzione di prim’ordine e imparando tra l’altro il greco e il latino. Tornato tra la sua gente e succeduto a Teodomiro (474), si distinse quale fedele vassallo di Bisanzio.
PADRONE DI ROMA. Spalleggiato dall’imperatore Zenone, Teodorigo intraprese un’ambiziosa spedizione per conquistare l’Italia, finita nelle mani del re degli Eruli, Odoacre, dopo la caduta dell’impero d’Occidente (476). La campagna militare terminò con l’uccisione a tradimento del rivale, e per i successivi 35 anni, pur formalmente subordinato a Bisanzio,  Teodorico regnò sulla Penisola. Fu proprio la profonda conoscenza della cultura latina appresa da giovane a permettergli di governare in modo lungimirante, collaborando con gli amministratori romani e guadagnandosi l’epiteto di “Grande”.

  
PRIGIONIERI DI GUERRA. A volte nobili e regnanti, prigioni di sovrani reali, riguadagnavano la libertà dopo il pagamento di ingenti riscatti. Fu il caso di re Luigi IX di Francia, catturato insieme a migliaia di suoi soldati dopo essere stato sbaragliato nel 1250 dalle truppe mussulmane nel Nord Africa durante la settima crociata. Lo stesso avvenne due secoli dopo a un altro regnante francese, Francesco I. Le cifre richieste erano spesso proibitive: per liberare il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, la madre e il fratello Giovanni dovettero racimolare una cifra superiore agli incassi annui dell’intero regno inglese.
“Catturato dal duca Leopoldo d’Austria nel 1192, di ritorno dalla terza crociata, tredici mesi dopo Riccardo fu restituito alla madre, Eleonora d’Aquitania a nome dell’imperatore Enrico VI di Svevia, quale pedina di un complesso gioco internazione che coinvolse anche il papa e il re di Francia”, racconta lo storico Adam J. Kosto, autore del libro Hostages in the Middle Ages (Oxford University Press).

L’oro di Atahualpa.
Atabalipa.jpg
Dopo aver vinto una sanguinosa guerra civile e conquistato il trono inca, nel 1532 Atahualpa cadde in un’imboscata tesagli dallo spagnolo Francisco Pizarro a Cajamarca, nell’attuale Perù. Il sovrano si ritrovò così per nove mesi ostaggio dell’infido conquistador, e per salvarsi prov. A far leva sulla sua cupidigia: in cambio della liberazione, avrebbe riempito di oggetti preziosi una stanza di 100 metri quadrati (detta El Cuarto del Rescate e anvora oggi esistente).
INGANNATO. Il riscatto fu uno dei più ricchi di sempre. Nel complesso, la quantità d’oro e d’argento raccolta, una volta fusa in lingotti, risultò pari a 24 tonnellate. Ma Pizarro non intendeva rispettare la parola data. Incassati tali favolose ricchezze, ordinò infatti di mandare Atahualpa al rogo. Il supplizio fu poi commutato in strangolamento, avendo il condannato accettato di abbracciare in extremis la fede cristiana. La tragica morte di Atahualpa, poco più che trentenne, segnò il tramonto definitivo dell’impero inca.

ARMI DI RICATTO. Avere in custodia rampolli di stirpe nobile poteva ovviamente costituire una potente arma di ricatto. Popolare è al riguardo l’episodio che vide protagonista l’intrepida Caterina Sforza (1462-1509), la quale, durante i tumulti scoppiati dopo l’uccisione del marito, signore di Forlì, si asserragliò nella rocca di Ravaldino decisa a riprendere il potere, nonostante i figli fossero finiti nelle grinfie della famiglia degli Orsi, sua nemica. La minaccia era quella di uccidere i fanciulli se Caterina non si fosse arresa, ma la donna non cedette: alzando la gonna e mostrando il pube di fronte ai nemici, affermò di non curarsi della sorte dei pargoli, potendo generarne altri. Impressionati, gli Orsi desistettero da ogni ritorsione: Caterina l’ebbe così vinta, e salvò la prole. Ben più tragica fu la fine dello zar russo Nicola II, imprigionato nel 1918 dai bolscevici insieme alla moglie Alessandra e ai giovanissimi Alessio, Tatiana, Olga, Maria e Anastasia. All’inizio i bolscevichi nascosero la famiglia imperiale a Ekaterinburg, negli Urali, tentando invano di usarli come ostaggi politici. Ma dopo due mesi e mezzo d’isolamento, nella notte del 16 luglio 1918 fucilarono tutti i Romanov, finendoli a colpi di baionetta.
Caterina Sforza.jpg
Caterina Sforza


Giovanna la pazza.
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Giovanna di Castiglia
Johanna I van Castilië.JPG
Giovanna di Castiglia
Regina di Castiglia e León
Stemma
In carica26 novembre 1504 -
12 aprile 1555
PredecessoreIsabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona
SuccessoreCarlo V
Regina d'Aragona
In carica23 gennaio 1516 – 12 aprile 1555
PredecessoreFerdinando II di Aragona
SuccessoreCarlo IV
Altri titoliregina di Napoli (III), regina di Siciliaregina di Sardegnaregina delle Indieduchessa consorte di Borgogna e di Brabante
NascitaToledo, 6 novembre 1479
MorteTordesillas, 12 aprile 1555
SepolturaCattedrale di Granada
Casa realeTrastámara
PadreFerdinando II
MadreIsabella I la Cattolica
Consorte diFilippo d'Asburgo
FigliEleonora
Carlo
Isabella
Ferdinando
Maria
Caterina
Re d'Aragona
Casa di Trastámara
Escudo de Aragón-Sicilia.svg

Ferdinando I
mostra
Figli
Alfonso V
mostra
Figli
Giovanni II
mostra
Figli
Ferdinando II
mostra
Figli
Giovanna di Trastamara, o Giovanna di Aragona e Castiglia, conosciuta anche come Giovanna la Pazza (in castigliano Juana I de Trastámara, o Juana la Loca, in catalano Joana d'Aragó i de Castella o Joana la BojaToledo6 novembre 1479 – Tordesillas12 aprile 1555), è stata duchessa consorte di Borgogna, delle Fiandre e altri titoli dal 1496 al 1506principessadelle Asturie dal 1498 al 1504 e principessa di Girona dal 1498 al 1516regina di Castiglia e León dal 1504 al 1555, poi regina dell'Alta Navarra dal 1515 al 1555 e, infine, regina di AragonaValenciaSardegnaMaiorcaSicilia e Napoli e contessa di Barcellona e delle contee catalane dal 1516 al 1555.

Figlia dei re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, Giovanna fu vittima della sete di potere dei suoi stessi familiari. Dopo aver ricevuto un’educazione intrisa di fanatismo religioso, verso cui fu sempre piuttosto insofferente, a 17 anni sposò Filippo d’Asburgo il Bello, e con lui ebbe sei figli tra cui il futuro CarloV. Alla morte della madre (1504), fu estromessa dalla corona di Castiglia dal padre Ferdinando, che ottenne la reggenza accampando la scusa di una presunta follia di Giovanna. Dopodiché scomparso il consorte (1506), fu confinata insieme alla figlia Caterina nel castello di Tordesillas dove visse per 14 anni in una stanza priva di finestre.
DESTINO SEGNATO. Scavalcata sul trono anche dal figlio Carlo, che alimentò il mito della sua pazzia, fu liberata nel 1520, durante la rivolta dei comun eros contro il nuovo re. Una volta sconfitti i rivoltosi, però, Carlo la segregò nuovamente a Tordesillas, dove vivrà altri 25 anni in condizioni disumane, seviziata dai carcerieri e stavolta realmente destinata alal pazzia. Morì nel 1555.


VITTIME IN FAMIGLIA. Per ritrovarsi nel novero degli ostaggi non bisognava necessariamente cadere in mano ai nemici. Spesso la prigionia era un modo per estromettere familiari scomodi dalla successione, come avvenne a Giovanna di Castiglia o ai principini inglesi Edoardo e Riccardo, legittimi eredi alla corona che, in seguito alla morte del padre Edoardo IV (1483), furono dallo zio Riccardo nella Torre di Londra per poi sparire in circostanze misteriose.
Nell’impero ottomano, invece, i probabili eredi al trono venivano confinati e sorvegliati a vista in un’ala del palazzo reale chiamata Kafes (gabbia). L’ennesima prigione dorata, seppure alla lunga, causa di gravi disturbi psichici per molti coloro che vi transitarono. A dimostrazione di come il lignaggio non fosse sempre garanzia di felicità.

Articolo in gran parte di Massimo Manzo pubblicato su Focus Storia n. 145. Altri testi e immagini da wikipedia.

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