Mitra il dio dei legionari.
Venuto dall’Oriente, il culto di Mitra, dio battagliero ed eroico,
capace di sconfiggere il Toro cosmico, fu molto apprezzato dai soldati romani,
diffondendosi con grande rapidità in tutto l’Impero.
Mitra è una divinità dell'induismo e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C. Numerosi sono del resto gli aspetti in comune fra questi tre culti.[1][2]
Tutto
ebbe origine con la morte del Toro cosmico. Il giovane Mitra, adorno della
corona raggiata, per aver soggiogato il Sole, riesce a catturare l’animale, a
portarlo nella grotta e a ucciderlo con la daga. Dalle viscere della bestia
germogliano piante benefiche: dal midollo il grano, dal sangue la vite. Ad
accompagnarlo nell’impresa ci sono un cane e un corvo, messaggero del dio Sole
(il benevolo Ahura-Mazda), oltre a un serpente e a uno scorpione, inviati da
Ahriman, il dio del Male. Il serpente beve il sangue del Toro, mentre lo
scorpione ne attacca i testicoli con l’intento di fermare la diffusione della
vita. Ma non è sufficiente: il Toro ascende verso la Luna, mentre Mitra e il
dio Sole festeggiano con un banchetto rituale, l’agape.
UN MITO STELLARE. Questa complessa e
particolareggiata cosmogonia, tipica del culto mitraico, secondo studi moderni
avrebbe a che fare con il fenomeno astronomico della precessione degli
equinozi, accertato da Ipparco di Nicea attorno al 130 a.C. Si tratta di una
conseguenza della rotazione dell’asse terrestre, che ogni 2148 anni circa comporta uno slittamento di 30 gradi
della fascia zodiacale. Più o meno 4000 anni fa, la costellazione del Toro
prese il posto di quella dell’Ariete nell’equinozio di primavera. Mitra, così,
rappresenterebbe la forza che rompe l’ordine costituito, colui che sfida il
Sole e lo sconfigge, il dio che uccide il Toro cosmico dando origine alla vita.
Il culto mitraico ha origini molto antiche, ma nel corso dei secoli, e
soprattutto nel passaggio dalla Persia a Roma, la sua teologia mutò
radicalmente. Il culto che i legionari portarono con sé al loro ritorno
dall’Oriente, nel I secolo a.C., era probabilmente molto diverso da quello
praticato in Persia ai tempi degli Achemenidi. Lo studioso Franz Cumont
(1868-1947) cercò invano il “mitro originario”, l’anello che collegava il Mitra
persiano a quello venerato negli accampamenti romani. In realtà, non sappiamo
esattamente se furono i contatti con il Regno dei Parti, con il Ponto o con i
pirati ellici a far conoscere questo dio orientale ai legionari. Sappiamo però
che, dal dio dei parti e dei giuramenti, com’era noto in Persia, Mitra divenne
la divinità più venerata dalle truppe stanziante in ogni parte dell’Impero
Romano.
Dio solare e
vittorioso, armato di daga e trionfante su un animale temibile come il Toro
cosmico, non poteva che essere onorato quale nume dei combattenti. Le prime
testimonianze di tale culto si trovano in un presidio legionario a Carnunto,
nella provincia romana della Pannonia Superiore (Austria). Ma Mitra era
popolare ovunque, dalla Britania (dove sono stati trovati ex voto e oggetti
culturali lungo il Vallo Adriano) fino alle rive dell’Eufrate. A Dura-Europos,
in Siria, ausiliari palmireni e legionari romani costruirono l’unico mitreo
dell’Impero a non essere sotterraneo (a causa del particolare terreno su cui
sorge la città).
I templi dedicati a
Mitra, detti mitrei, sono diffusi in tutto il mondo romano e hanno sempre le
medesime caratteristiche: sono caverna, o le ricordano (molti venivano scavati
nella roccia, oppure erano edifici adattati); il soffitto è rigorosamente
dipinto o adornato in modo che ricordi il cielo stellato, segno della forte
connotazione astronomica: la raffigurazione di Mitra occupa il posto d’onore,
insieme all’altare. L’iconografia del dio è sempre la stessa e la
raffigurazione più diffusa è quella della taurocronia: Mitra, raffigurato come
un giovane uomo con mantello e berretto frigio, uccide il Toro cosmico. Attorno
a lui ci sono il sole e la luna e i quattro animali del mito: serpente,
scorpione, cane e corvo. Ai lati, due dadofori (portatori di tede, o fiaccole),
Cautes e Cautopates, reggono, rispettivamente, una fiaccola accesa e una
abbassata, simboli dell’alba e del tramonto, dell’equinozio di primavera e di
quello d’autunno.
La ricca iconografia e
il mito da cui è tratta hanno prodotto svariate interpretazioni. La più recente
è quella di David Ulansey, che rafforza l’ipotesi astronomica, sottolineando
come tutti i personaggi corrispondano a costellazioni, quelle stesse che si
trovavano all’equatore celeste nel momento in cui il Toro irruppe nel cielo all’equinozio
di primavera e di quello d’autunno.
La ricca iconografia e
il mito da cui è tratta hanno prodotto svariate interpretazioni. La più recente
è quella di David Ulansey, che rafforza l’ipotesi astronomica, sottolineando
come tutti i personaggi corrispondano a costellazioni, quelle stesse che si
trovano all’equatore celeste nel momento in cui il Toro irruppe nel cielo all’equinozio
di primavera: il serpente (l’Idra di Lerna), il cane (Canis Maior o Minor), la
costellazione del Corvo e quella dello Scorpione. Secondo questa
interpretazione, dunque, Mitra sarebbe identificabile con Perseo, costellazione
che si trova esattamente sopra quello del Toro.
Tauroctonia di Mitra al Louvre-Lens
Origine e diffusione[modifica | modifica wikitesto]
L'origine del mitraismo è da identificarsi nell'area del Mediterraneo orientale intorno al II-I secolo a.C. Questa religione venne praticata anche nell'Impero romano, a partire dal I secolo d.C.[1], per raggiungere il suo apice tra il III e il IV secolo, quando fu molto popolare tra i soldati romani. Il mitraismo scomparve come pratica religiosa in seguito al decreto Teodosianodel 391, che mise al bando tutti i riti pagani, e apparentemente si estinse poco più tardi.
Il culto di Mitra attirò l'attenzione del mondo romano soprattutto per le sue concezioni misteriosofiche, che ruotavano intorno all'idea dell'esistenza dell'anima e della sua possibilità di pervenire attraverso le sette sfere planetarie all'aeternitas.
Nonostante la religione facesse professione di universalismo, questo culto escludeva le donne e fu praticato da ristrette, anche se influenti, élites formate soprattutto dai militari e, in parte, da "burocrati" e amministratori.
I sette gradini dell’iniziazione.
Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, Mitra che sacrifica il toro sacro. Sono presenti nella raffigurazione il serpente, lo scorpione, il cane e la cornacchia, caratteristici dell'iconografia mitraica
I gradi d’iniziazione mitraica
sono illustrati da San Girolamo (347-420) nella sua Epistola CVII,2 ma
vengono anche raffigurati nei numerosissimi mitrei sparsi un po’ in tutto il
mondo imperiale romani. Eccoli, dal minore al maggiore:
-
Corax (corvo): il colore di questo
grado è il nero, e si presume che gli iniziati indossassero abiti di tale
tonalità. Divinità: Mercurio.
-
Nymphys (sposo) o Cryphius (crisalide): nel suo significato
di sposo, potrebbe avere valenza sessuale, richiedendo all’iniziato un
periodo di castità. Divinità: Venere.
-
Miles (soldato): l’iniziato
riceveva una corona che doveva poi togliersi dal capo dicendo: “Mitra è la
mia sola corona”. Divinità: Marte.
-
Leo (leone): simboleggia il fuoco,
i leones dovevano astenersi dal toccare l’acqua durante i rituali. Divinità:
Giove.
-
Perses (persiano): si tratta di
Cautopates, il pastore con la torcia abbassata presente nelle raffigurazioni
della tauroctonia. Divinità: Luna.
-
Heliodromus (corriere del sole):
rappresentato da Cautes, colui che tiene la torcia alzata, preannunciando il
sorgere del sole. Divinità: Elios (Sole).
-
Pater (padre): la rappresentazione
terrena di Mitra, spesso raffigurato in trono davanti agli adepti. Conseguito
quest’ultimo grado, si era considerati come una sorta di sacerdoti del culto
mitraico. Divinità: Saturno.
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Dettaglio della scultura mostra lo scorpione che attacca i testicoli del toro
RINASCERE NEL SANGUE. Nonostante la
diffusione capillare, quello di Mitra era un culto misterico: solo gli iniziati
potevano accedere alle cerimonie, di cui però non dovevano parlare con gli
estranei (ciò ha creato un cospicuo vuoto di fonti per chi voglia ricostruirne la
liturgia). I rituali portavano il nuofita a divntare iniziato e lo
accompagnavano poi nei sette gradi dell’iniziazione: Corax (corvo), cryphius o
nympus (crisalide), miles (soldato), leo (leone), perses (persiano),
heliodromus (corriere del sole), pater (padre).
I due elementi a nostra
disposizione per ricostruire il culto mitraico sono il mito e le fonti
archeologiche. Il banchetto rituale tra il dio Sole e Mitra, l’agape, avvenuto
dopo l’uccisione del Toro, è trasposto nella liturgia, come testimonia la
presenza di panche che costeggiano le pareti del mitreo. Il sacrificio del Toro
potrebbe essere stato sostituito con qualcosa di più simbolico, di cui però non
abbiamo traccia. Considerando le esigue dimensioni della caverna, infatti,
sembra impossibile che vi si potesse ospitare un bovino, sena contare quanto
sarebbe stato costoso per gli iniziati, per la maggior parte soldati e non
certo ricchi magistrati (sebbene il culto di Mitra fosse diffuso anche nelle
classi abbienti, e addirittura alcuni imperatori come Nerone e Commodo ne
fossero iniziati). Sembra molto plausibile che si tenesse una sorta di “battesimo
rituale”eseguito con sangue di toro o di altro animale. L’ipotesi è confortata
dal fatto che molti mitrei dispondgono di una cella sotterranea sovrastata da
una grata: è facile immaginarvi il nuofita che, al buio, viene inondato da un
getto di sangue che lo consacra ai misteri del dio. Da quel momento, come
scrive Tertulliano (155-230 d.C.) nel De praescriptione haereticorum, l’iniziato
diventa soldato di Mitra. In fondo, sembra appropriato che un culto guerriero
prevedesse un battesimo del sangue.
Articolo in gran parte di Elsa
Filomena Croce pubblicato su Civiltà romana n. 2 – altri testi e immagini da
wikipedia
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