Alarico amico nemico di Roma.
Romanizzato dagli stessi imperatori, il barbaro Alarico, quando
l’Italia divenne un’anarchica terra di nessuno, seppe approfittarne. E ne
conquistò il cuore: la Città eterna.
Alarico I | |
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Alarico I nelle cronache di Norimberga | |
Re dei Visigoti | |
In carica | 395 - 410 |
Predecessore | titolo vacante |
Successore | Ataulfo |
Nascita | ca. 370 |
Morte | Cosenza, Calabria, 410 |
Casa reale | Balti |
Figli | Pedoca |
Alarico I, o Alarico dei Balti, noto anche come Flavio Alarico, Flavius Alaricus in latino (370 circa – Cosenza, 410), è stato re dei Visigoti dal 395 alla morte. Fu l'autore del celebre saccheggio di Roma del 410, dopo il quale morì improvvisamente mentre si dirigeva forse verso l'Africa. Fu inoltre magister militum dell'Illyricum, nominato nel 398 dall'imperatore Arcadio. Fu il primo vero re dei Visigoti, il ramo occidentale dei Goti, opposto agli Ostrogoti, che, dopo circa vent'anni di guerra ininterrotta, compresero la necessità della figura di un re che amministrasse il potere supremo e non fosse solo un consigliere o un condottiero. Appartenente alla dinastia dei Balti, non se ne conoscono gli ascendenti.
“Mi viene a mancare la voce, il
pianto mi impedisce di dettare. La città che ha conquistato il mondo è
conquistata”. Queste le tragiche righe di una
lettera di san Girolamo risalendo a un’epoca che ad alcuni parve essere
l’ultima. Era il 410 d.C. e i Visigoti avevano appena saccheggiato Roma, la Città
(non più) eterna. Chi c’era dietro all’evento più temuto? Alarico, il re
visigoto che da anni tormentava imperatori e generali romani. A tratti amico
dell’imperatore e a tratti suo rivale, visigoto per nascita e romano per
ambizione. Alarico incarnò in pieno le contraddizioni dell’autunno della
romanità.
GLI AUDACI. Strano a dirsi, ma delle origini di
Alarico sappiamo poco o nulla. Nacque intorno al 370 d.C., forse sull’isola di
Perice, alle foci del Danubio. Era uno dei Balti, dal gotico baltha “audace”,
famiglia di tutto rispetto tra i Visigoti. Ma chi erano questi Goti? Secondo
diversi studiosi provenivano forse dalla Svezia, sebbene le origini rimangano
piuttosto oscure. Fatto sta che nel III secolo abitavano le terre tra Danubio e
Mar Nero e che poi si distinsero in due gruppi: Ostrogoti (a est) e Visigoti (a
ovest). Col tempo intrapresero numerose incursioni nel confinante Impero romano
e, manco a dirlo, ci presero gusto, al punto da diventare un po’ romani anche
loro, benché eretici: a metà del IV secolo il vescovo Ulfila li convertì
infatti al cristianesimo ariano.
Ma torniamo ad Alarico
che appunto era visigoto. I suoi natali non erano certo il migliore dei
biglietti da visita per Roma: proprio i suoi connazionali sconfissero i Romani
ad Adrianopoli nel 378 a.C., costringendo così Teodosio a riconoscerli come
Foederati, ossia “amici” dell’impero con il permesso di viverci a patto di
difenderlo. Alarico crebbe perciò sotto lo sguardo vigile degli imperatori e fu
persino spedito a Costantinopoli per essere romanizzato a dovere. Solo allora
toccò con mano l’opulenza di una metropoli imperiale: non l’avrebbe più
dimenticata.
Flavius Stilicho | |
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Dittico di Stilicone (395) | |
verso il 359 – 22 o 23 agosto 408[1] | |
Morto a | Ravenna |
Cause della morte | decapitazione |
Etnia | vandalo |
Religione | Arianesimo |
Dati militari | |
Paese servito | Impero romano d'Occidente |
Forza armata | Esercito romano |
Grado | Magister utriusque militiae |
Guerre | Guerra gotica |
Battaglie | Battaglia del Frigido, Battaglia di Pollenzo, Battaglia di Verona, Battaglia di Fiesole |
Altre cariche | Consul (400 e 405) |
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Flavio Stilicone (latino: Flavius Stilicho, greco: Στιλίχωνας; 359 circa – Ravenna, 22 agosto 408[1]) di origine vandala da parte di padre, fu un patrizio e console dell'Impero romano d'Occidente e magister militum dell'esercito romano. De facto esercitò la reggenza della parte occidentale dell'impero romano dalla morte di Teodosio I, sotto l'impero del giovane figlio di Teodosio I, Onorio, senza riuscire a imporre la sua autorità anche all'Impero romano d'Oriente.
Condusse numerose campagne militari contro i Barbari e combatté contro l'usurpatore Gildone in Africa. Respinse i Visigoti di Alarico e sconfisse gli Ostrogoti di Radagaiso. Tuttavia, per proteggere l'Italia lasciò le frontiere del Reno sguarnite, tanto da non riuscire ad arrestare l'invasione delle armate vandale e alane. Infine, non riuscì a reprimere l'usurpazione di Costantino III in Gallia e in Britannia.
Durante la sua reggenza, Stilicone condusse una politica in continuità con quella di Teodosio I: integrazione dei Barbari nell'esercito e nella società e, nel campo religioso, promozione del cristianesimo niceno e opposizione al paganesimo e alle eresie ariane e donatiste, attirandosi così l'ostilità delle élite romane.
I PRETENDENTI. Quando pensiamo agli ultimi decenni
dell’Impero romano ci vengono in mente orde barbariche che varcano il limes e
spazzano via città e villaggi. E invece tanti dei cosiddetti barbari già
vivevano al di qua dei confini imperiali e spesso lavoravano e militavano per
Roma. È il caso di Alarico, che nel 394 combatté sotto la guida dell’imperatore
Teodosio e del generale Stilicone (di origine vandala) contro un pretendente al
trono, Eugenio. I Visigoti ormai servivano Roma a tempo pieno e in perfetto
stile romano a tempo pieno e in perfetto stile romano bramavano ricchezza,
prestigio e potere dentro l’impero. Alarico se ne sentiva in diritto più di
tutti, specie dopo la sua acclamazione a duce e poi a re dei Goti.
Eppure sia Teodosio sia
il successore a Occidente, Onorio, lo trattarono da ingrati: né gli riconobbero
l’alto comando che voleva né pervenne ai Visigoti l’onorario riconosciuto a
ogni campio di imperatore.
Con Alarico però c’era
poco da scherzare. Lui e il suo popolo ormai, racconta Giordane, storico
bizantino del VI secolo: “preferivano
ricavarsi un regno tutto loro piuttosto che restare in apatica sudditanza di
altri”. La ribellione era inevitabile: tra il 395 e il 396 i Visigoti di
Alarico saccheggiarono la Grecia, finché Stilicone non li costrinse alla
ritirata. Molti i punti poco chiari nella vicenda: dal supporto iniziale alla
rivolta del prefetto del pretorio d’Oriente, Rufino, al sospetto che dietro
alla miracolosa fuga dal Peloponneso di Alarico ci fosse stato un losco accordo
tra il sovrano goto e Stilicone. In ogni caso dopo l’accaduto, non si sa
perché, l’imperatore d’Oriente Arcadio insignì Alarico del titolo di magister
militum per Illyricum: sfidare l’impero rendeva. “La corte di Costantinopoli, incapace di neutralizzare Alarico con i
propri mezzi e decisa a rifiutare l’aiuto di Stilicone (dichiarato nemico
pubblico), finisce per concedere al capo visigoto il titolo di Magister militum
per Illyricum, che sostanzialmente legalizza la sua occupazione dei Balcani”,
spiega lo storico e filologo Tommaso Braccini.
I Visigoti dopo Alarico.
Migrazione principale dei Visigoti
Dopo l’improvvisa morte di Alarico
nel 410 d.C., Ataulfo salì al trono visigoto e sposò la prigioniera romana
Galla Placidia, forse per ricevere almeno una delega ufficiale da parte
dell’imperatore. Rifiutati però da Onorio, i Visigoti furono spinti verso la
Galizia Narbonense, la Galizia e la valle dell’Ebro fino al raggiungimento di
un insediamento stabile in Aquitania.
ULTIMO ATTO. L’eredità romana
nell’amministrazione municipale e nella legislazione pesò notevolmente sugli
sviluppi del regno visigoto (Alarico II emanò persino una Lex romana
Visigothorum). Per via della pressione dei Franchi, dopo il 507 i Visigoti
passarono per la maggior parte in Spagna (Toledo fu la capitale) e là parvero
appianare i dissidi interni tra ariani e cattolici con la conversione al
cattolicesimo del sovrano Recaredo, proclamata nel Concilio di Toledo del
589. Ma nel 711 l’invasione mussulmana pose fino d’improvviso alle fortune
dei Visigoti.
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Sacco di Roma (410)
Sacco di Roma (410) parte di Invasioni barbariche del V secolo | |||
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Sacco di Roma ad opera dei Visigoti in un quadro di JN Sylvestre del 1890 | |||
Data | 24-27 agosto 410 | ||
Luogo | Roma | ||
Esito | Vittoria visigota ed occupazione della città di Roma. | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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Il sacco di Roma del 24 agosto 410 è stato uno degli eventi più traumatici della storia antica. Concluse il terzo assedio (dopo quelli del 408 e 409) condotto dai Visigoti di Alarico I. La più potente capitale dell'antichità, per tre giorni (dal 24 agosto al 27 agosto), fu in mano agli invasori che depredarono templi, luoghi pubblici e case private. La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli; violenze che si erano viste al Colosseo furono compiute su donne e anziani. Gli edifici più colpiti furono il palazzo dei Valerii sul Celio e le ville sull'Aventino che furono incendiate; le terme di Decio vennero gravemente danneggiate, e il tempio di Giunone regina fu distrutto. Le statue del Foro furono spogliate, la curia Iulia, sede del senato, data alle fiamme e l'imperatrice Galla Placidia presa in ostaggio da Alarico. Nonostante tutto, Roma incuteva rispetto agli invasori e nei tre giorni di saccheggio Alarico impartì l'ordine di risparmiare i luoghi di culto (soprattutto la basilica di San Pietro), che considerò come luoghi di asilo inviolabili dove non poteva essere ucciso nessuno. L'evento ebbe un'immediata risonanza in tutto l'Impero e lo sconvolse moralmente. Avvertito come evento epocale, venne visto da sant'Agostino (nel De civitate Dei) come segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo. I Visigoti lasciarono la città, ma il mito dell'inviolabilità di Roma era crollato (era dal sacco di Brenno, avvenuto 800 anni prima, che era rimasta inespugnata). Dal quel momento la città sarà più volte saccheggiata fino al 1527.
RAPPORTI TESI. Più che nell’abilità militare
Alarico era un maestro nello sfruttare le rivalità interne all’impero a scopi
personali. E infatti proprio il deteriorarsi dei rapporti tra Oriente e
Occidente lo spinse a sferrare un nuovo attacco nel 401 d.C. Il bersaglio
stavolta fu l’Italia, la preda più ambita. Il monaco Rufino di Aquileia annotò
le conseguenze della sciagura: “… Rotte
le difese d’Italia da Alarico duce dei Goti il morbo pestifero vi penetrò e
devastò per ogni dove i campi, gli armenti, gli uomini”. Fortuna che
Stilicone riuscì a scacciare i Visigoti dalla Penisola, anche se a caro prezzo
e dopo un anno di guerra feroce.
Alarico tornò quindi
nell’Illirico (ancora “suo”), in attesa di qualche nuova occasione. A dargliela
ci pensarono i Romani: Stilicone, che da buon realista aveva cercato accordi
col turbolento re goto, finì in guai seri con Onorio. Lo si accusò di
complicità con Alarico addirittura di aspirare al trono. Durissimo il verdetto:
nel 408 a.C. lo stolto imperatore, da anni insediato a Ravenna (meglio
difendibile per via delle paludi circostanti), condannò a morte l’unico
generale in grado di salvare Roma. E Stilicone, precisa lo storico bizantino
Zosimo, “in qualche modo sottopose egli stesso il collo alla spada”. A Ravenna
la politica di conciliazione col barbaro era già acqua passata “Il successore di Stilicone, Olimpio, dà
immediatamente mostra di un’intransigenza antigermanica, che a lungo andare si
rivela rovinosa”, prosegue Tommaso Braccini. A corte infatti nessuno si era
posto la domanda delle domande: deceduto il grande generale di origine vandale,
cosa avrebbe impedito ad Alarico di piombare su Roma senza colpo ferire? Nulla,
ovvio. Già nello stesso 408 i Visigoti marciarono infatti indisturbati
sull’Urbe. Il disastro si avvicinava.
Testa di Onorio, Musei Capitolini
ROMA AFFAMATA. Per prima cosa, Alarico, racconta,
Zosimo, “bloccò le porte tutt’intorno
alla città e, avendo il controllo del fiume Tevere, impedì l’arrivo di
rifornimento dal porto alla città". La gente moriva di fame e di
malattia; i cadaveri si moltiplicavano. Il
Senato allora, solo in mezzo alla bufera, chiese ad Alarico quanto voleva per
sgomberare. “La vita”, rispose lì per lì, ma poi accettò la “misera” offerta di
5000 libbre d’oro, 30000 libbre d’argento, vesti di seta, stoffe pregiate e una
montagna di pepe. In fondo non voleva annientare Roma: gli bastava contare di
più nell’impero, magari diventando comandante supremo delle legioni.
L’incubo pareva finito.
E invece riecco Onorio con un’altra delle sue: la corte di Ravenna respinse
qualunque compromesso con i Visigoti, incluso quello appena raggiunto. Alarico rimisi
dunque sotto assedio la città nel 409 e stavolta, sapendo che tra Onorio e il
Senato non correva buon sangue, convinse i senatori a nominare imperatore il
prefetto Prisco Attalo. Non servì a molto, in realtà, perciò lo depose poco
dopo e riprese i negoziati. Ma di fronte al solito muro di Onorio, Alarico
perse la pazienza e ordinò il sacco di Roma. Il 24 agosto 410 i Visigoti
penetrarono in città dalla porta Salaria, aperta dal nemico non si sa da chi
(un tradimento?). Violenze, saccheggi, brutalità d’ogni genere: per tre giorni
Roma rimase in balia di guerrieri inferociti. A parte un incendio negli Orti
Sallustiani, poteva andare anche peggio però: almeno, questi barbari, ricorda
Agostino d’Ippona “per rispetto alla
religione cristiana proteggevano chiunque cercasse rifugio in luoghi sacri”.
E poi, a essere sinceri, l’impero meritava una punizione: “Così il vero Dio, che governa ogni cosa, castigò misericordiosamente i
Romani”.
Dopo il sacco, Alarico
si spostò a sud, portandosi dietro anche la sua preda migliore: Gallia
Palcidia, sorellastra dell’imperatore Onorio. Il re goto pensò poi d’imbarcarsi
per l’Africa, ma la morte lo colse all’apice del successo a Cosenza. Secondo Giordane,
fu sepolto insieme ai suoi tesori nel letto del fiume Busento, temporaneamente
deviato per l’occasione. E, se è vero il racconto, lì rimase tutt’oggi, con
buona pace di archeologi e tombaroli.
Intanto nel
mondo.
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IMPERO
ROMANO D’OCCIDENTE.
364
Valeriano
I viene proclamato imperatore a Nicea. Nello stesso anno assegna al fratello
Valente la parte orientale dell’impero.
380
Con
l’Editto di Tessalonica, l’imperatore Teodosio con l’appoggio di Graziano a
Occidente, dichiara il cristianesimo unica religione ufficiale dell’impero.
395
Teodosio
muore a Milano lasciando l’impero ai figli Onorio e Arcadio. Al primo va l’Occidente
al secondo l’Oriente.
401
Il
re dei Visigoti Alarico attacca l’Italia che viene tuttavia difesa da
Stilicone.
406
Stilicone
sconfigge a Fiesole le orde barbariche di Radagaiso.
408
Stilicone
viene ucciso per ordine di Onorio.
410
Sacco
di Roma di Alarico.
425
il figli odi Gallia Palcidia, Valentiano III, viene proclamato imperatore
dopo la sconfitta del pretendente Giovanni.
439
I
Vandali conquistano Cartagine e si insediano in Africa.
451
Il
generale Ezio sconfigge gli Unni di Attila.
455
Valentiano
III viene ucciso e i Vandali saccheggiano Roma.
476
Il
generale sciro Odoacre depone Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano d’Occidente.
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IMPERO
D’ORIENTE E ALTRI PAESI.
378
I
Visigoti di Fritgerno sconfiggono i Romani nella battaglia di Adrianopoli. Valente,
imperatore d’Oriente, cade in battaglia.
385
Con
l’assassino di Fu Chien, re di Ch’in, la Cina Settentrionale si spezzetta in
vari piccoli potentati.
408
Muore
l’imperatore d’Oriente Arcadio e gli succede il figlio Teodosio II.
438
Teodosio
II emana il Codex Theodosianus, un’importante raccolta ufficiale di
costituzioni imperiali.
450
Alla
morte di Teodosio II, la sorella Pulcheria sposa il senatore Maciano, che
diventa così il nuovo imperatore d’Oriente.
476
L’imperatore
d’Oriente Zenone riceve le insegne imperiali inviategli da Odoacre dopo la
deposizione di Romolo Autostolo.
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SOCIETA’
E CULTURA.
379
Muore
Basilio di Cesarea, vescovo, teologo e personaggio centrale nello sviluppo
del monachesimo.
382
Girolamo
inizia a lavorare alla
Vulgaria,
la traduzione in latino della Bibba.
384
Ambrogio,
vescovo di Milano, e Quinto Aurelio Simmaco, prefetto della città di Roma,
discutono sulla presenza in Senato dell’Altare della Vittoria, un simbolo
pagano.
393
Hanno
luogo in Grecia le ultime Olimpiadi dell’antichità. Le prime risalgono al 776
a.C.
397
Agosto
d’Ippona inizia la composizione delle Confessioni, opera autobiografica.
415
Ipazia,
filosofa e scienziata, viene uccisa da un gruppo di cristiani ad Alessandria.
426
Agostino
pubblica il suo testo fondamentale La città di Dio.
450
Muore
a Roma Galla Placidia, che in vita aveva fatto costruire il suo mausoleo a
Ravenna.
480
ca.
Nasce
a Roma Severino Boezio, filosofo e collaboratore di Teodorico, re degli Ostrogoti.
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Articolo in gran parte
di Giulio Talini pubblicato su Focus Storia n. 145 – altri testi e immagini da
Wikipedia.
Giovanni Cafaro Halaricus trepidam urbem Romam inuasit partemque eius cremauit incendio, sextoque die quam ingressus fuerat depraedata urbe egressus est, Placidia Honorii principis sorore abducta, quam postea Athaulfo propinquo suo tradidit uxorem.
RispondiEliminaAlarico invase Roma, città in trepidazione, e bruciò parte di essa con un incendio, nel sesto giorno da che era entrato, uscì dalla città, una volta saccheggiata, essendo stata rapita Placidia, sorella del principe Onorio, che dopo cedette a suo fratello Ataulfo.
Chronicon (Marcellinus Comes)
Marcellinus comes