giovedì 25 aprile 2019

Alarico amico nemico di Roma.


Alarico amico nemico di Roma.
Romanizzato dagli stessi imperatori, il barbaro Alarico, quando l’Italia divenne un’anarchica terra di nessuno, seppe approfittarne. E ne conquistò il cuore: la Città eterna.

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Alarico I
Nuremberg chronicles f 135v 3.jpg
Alarico I nelle cronache di Norimberga
Re dei Visigoti
In carica395 - 410
Predecessoretitolo vacante
SuccessoreAtaulfo
Nascitaca. 370
MorteCosenzaCalabria410
Casa realeBalti
FigliPedoca
Alarico I, o Alarico dei Balti, noto anche come Flavio AlaricoFlavius Alaricus in latino (370 circa – Cosenza410), è stato re dei Visigoti dal 395 alla morte. Fu l'autore del celebre saccheggio di Roma del 410, dopo il quale morì improvvisamente mentre si dirigeva forse verso l'Africa. Fu inoltre magister militum dell'Illyricum, nominato nel 398 dall'imperatore Arcadio. Fu il primo vero re dei Visigoti, il ramo occidentale dei Goti, opposto agli Ostrogoti, che, dopo circa vent'anni di guerra ininterrotta, compresero la necessità della figura di un re che amministrasse il potere supremo e non fosse solo un consigliere o un condottiero. Appartenente alla dinastia dei Balti, non se ne conoscono gli ascendenti.


“Mi viene a mancare la voce, il pianto mi impedisce di dettare. La città che ha conquistato il mondo è conquistata”. Queste le tragiche righe di una lettera di san Girolamo risalendo a un’epoca che ad alcuni parve essere l’ultima. Era il 410 d.C. e i Visigoti avevano appena saccheggiato Roma, la Città (non più) eterna. Chi c’era dietro all’evento più temuto? Alarico, il re visigoto che da anni tormentava imperatori e generali romani. A tratti amico dell’imperatore e a tratti suo rivale, visigoto per nascita e romano per ambizione. Alarico incarnò in pieno le contraddizioni dell’autunno della romanità.

GLI AUDACI. Strano a dirsi, ma delle origini di Alarico sappiamo poco o nulla. Nacque intorno al 370 d.C., forse sull’isola di Perice, alle foci del Danubio. Era uno dei Balti, dal gotico baltha “audace”, famiglia di tutto rispetto tra i Visigoti. Ma chi erano questi Goti? Secondo diversi studiosi provenivano forse dalla Svezia, sebbene le origini rimangano piuttosto oscure. Fatto sta che nel III secolo abitavano le terre tra Danubio e Mar Nero e che poi si distinsero in due gruppi: Ostrogoti (a est) e Visigoti (a ovest). Col tempo intrapresero numerose incursioni nel confinante Impero romano e, manco a dirlo, ci presero gusto, al punto da diventare un po’ romani anche loro, benché eretici: a metà del IV secolo il vescovo Ulfila li convertì infatti al cristianesimo ariano.
Ma torniamo ad Alarico che appunto era visigoto. I suoi natali non erano certo il migliore dei biglietti da visita per Roma: proprio i suoi connazionali sconfissero i Romani ad Adrianopoli nel 378 a.C., costringendo così Teodosio a riconoscerli come Foederati, ossia “amici” dell’impero con il permesso di viverci a patto di difenderlo. Alarico crebbe perciò sotto lo sguardo vigile degli imperatori e fu persino spedito a Costantinopoli per essere romanizzato a dovere. Solo allora toccò con mano l’opulenza di una metropoli imperiale: non l’avrebbe più dimenticata.
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Flavius Stilicho
Stilico diptych.jpg
Dittico di Stilicone (395)
verso il 359 – 22 o 23 agosto 408[1]
Morto aRavenna
Cause della mortedecapitazione
Etniavandalo
ReligioneArianesimo
Dati militari
Paese servitoImpero romano d'Occidente
Forza armataEsercito romano
GradoMagister utriusque militiae
GuerreGuerra gotica
BattaglieBattaglia del FrigidoBattaglia di PollenzoBattaglia di VeronaBattaglia di Fiesole
Altre caricheConsul (400 e 405)
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Stilicone, riproduzione del Dittico di Stilicone
Flavio Stilicone (latinoFlavius StilichogrecoΣτιλίχωνας359 circa – Ravenna22 agosto 408[1]) di origine vandala da parte di padre, fu un patrizio e console dell'Impero romano d'Occidente e magister militum dell'esercito romanoDe facto esercitò la reggenza della parte occidentale dell'impero romano dalla morte di Teodosio I, sotto l'impero del giovane figlio di Teodosio I, Onorio, senza riuscire a imporre la sua autorità anche all'Impero romano d'Oriente.
Condusse numerose campagne militari contro i Barbari e combatté contro l'usurpatore Gildone in Africa. Respinse i Visigoti di Alarico e sconfisse gli Ostrogoti di Radagaiso. Tuttavia, per proteggere l'Italia lasciò le frontiere del Reno sguarnite, tanto da non riuscire ad arrestare l'invasione delle armate vandale e alane. Infine, non riuscì a reprimere l'usurpazione di Costantino III in Gallia e in Britannia.
Durante la sua reggenza, Stilicone condusse una politica in continuità con quella di Teodosio I: integrazione dei Barbari nell'esercito e nella società e, nel campo religioso, promozione del cristianesimo niceno e opposizione al paganesimo e alle eresie ariane e donatiste, attirandosi così l'ostilità delle élite romane.



I PRETENDENTI. Quando pensiamo agli ultimi decenni dell’Impero romano ci vengono in mente orde barbariche che varcano il limes e spazzano via città e villaggi. E invece tanti dei cosiddetti barbari già vivevano al di qua dei confini imperiali e spesso lavoravano e militavano per Roma. È il caso di Alarico, che nel 394 combatté sotto la guida dell’imperatore Teodosio e del generale Stilicone (di origine vandala) contro un pretendente al trono, Eugenio. I Visigoti ormai servivano Roma a tempo pieno e in perfetto stile romano a tempo pieno e in perfetto stile romano bramavano ricchezza, prestigio e potere dentro l’impero. Alarico se ne sentiva in diritto più di tutti, specie dopo la sua acclamazione a duce e poi a re dei Goti.
Eppure sia Teodosio sia il successore a Occidente, Onorio, lo trattarono da ingrati: né gli riconobbero l’alto comando che voleva né pervenne ai Visigoti l’onorario riconosciuto a ogni campio di imperatore.
Con Alarico però c’era poco da scherzare. Lui e il suo popolo ormai, racconta Giordane, storico bizantino del VI secolo: “preferivano ricavarsi un regno tutto loro piuttosto che restare in apatica sudditanza di altri”. La ribellione era inevitabile: tra il 395 e il 396 i Visigoti di Alarico saccheggiarono la Grecia, finché Stilicone non li costrinse alla ritirata. Molti i punti poco chiari nella vicenda: dal supporto iniziale alla rivolta del prefetto del pretorio d’Oriente, Rufino, al sospetto che dietro alla miracolosa fuga dal Peloponneso di Alarico ci fosse stato un losco accordo tra il sovrano goto e Stilicone. In ogni caso dopo l’accaduto, non si sa perché, l’imperatore d’Oriente Arcadio insignì Alarico del titolo di magister militum per Illyricum: sfidare l’impero rendeva. “La corte di Costantinopoli, incapace di neutralizzare Alarico con i propri mezzi e decisa a rifiutare l’aiuto di Stilicone (dichiarato nemico pubblico), finisce per concedere al capo visigoto il titolo di Magister militum per Illyricum, che sostanzialmente legalizza la sua occupazione dei Balcani”, spiega lo storico e filologo Tommaso Braccini.

I Visigoti dopo Alarico.
Migrazione principale dei Visigoti

Dopo l’improvvisa morte di Alarico nel 410 d.C., Ataulfo salì al trono visigoto e sposò la prigioniera romana Galla Placidia, forse per ricevere almeno una delega ufficiale da parte dell’imperatore. Rifiutati però da Onorio, i Visigoti furono spinti verso la Galizia Narbonense, la Galizia e la valle dell’Ebro fino al raggiungimento di un insediamento stabile in Aquitania.
ULTIMO ATTO. L’eredità romana nell’amministrazione municipale e nella legislazione pesò notevolmente sugli sviluppi del regno visigoto (Alarico II emanò persino una Lex romana Visigothorum). Per via della pressione dei Franchi, dopo il 507 i Visigoti passarono per la maggior parte in Spagna (Toledo fu la capitale) e là parvero appianare i dissidi interni tra ariani e cattolici con la conversione al cattolicesimo del sovrano Recaredo, proclamata nel Concilio di Toledo del 589. Ma nel 711 l’invasione mussulmana pose fino d’improvviso alle fortune dei Visigoti.

Sacco di Roma (410)


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Sacco di Roma (410)
parte di Invasioni barbariche del V secolo
Sack of Rome by the Visigoths on 24 August 410 by JN Sylvestre 1890.jpg
Sacco di Roma ad opera dei Visigoti in un quadro di JN Sylvestre del 1890
Data24-27 agosto 410
LuogoRoma
EsitoVittoria visigota ed occupazione della città di Roma.
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
Sconosciuto - Più di 400Forse 40.000 soldati[1]
Numero sconosciuto di seguaci civili
Perdite
SconosciutoSconosciuto
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Il sacco di Roma del 24 agosto 410 è stato uno degli eventi più traumatici della storia antica. Concluse il terzo assedio (dopo quelli del 408 e 409) condotto dai Visigoti di Alarico I. La più potente capitale dell'antichità, per tre giorni (dal 24 agosto al 27 agosto), fu in mano agli invasori che depredarono templi, luoghi pubblici e case private. La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli; violenze che si erano viste al Colosseo furono compiute su donne e anziani. Gli edifici più colpiti furono il palazzo dei Valerii sul Celio e le ville sull'Aventino che furono incendiate; le terme di Decio vennero gravemente danneggiate, e il tempio di Giunone regina fu distrutto. Le statue del Foro furono spogliate, la curia Iulia, sede del senato, data alle fiamme e l'imperatrice Galla Placidia presa in ostaggio da Alarico. Nonostante tutto, Roma incuteva rispetto agli invasori e nei tre giorni di saccheggio Alarico impartì l'ordine di risparmiare i luoghi di culto (soprattutto la basilica di San Pietro), che considerò come luoghi di asilo inviolabili dove non poteva essere ucciso nessuno. L'evento ebbe un'immediata risonanza in tutto l'Impero e lo sconvolse moralmente. Avvertito come evento epocale, venne visto da sant'Agostino (nel De civitate Dei) come segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo. I Visigoti lasciarono la città, ma il mito dell'inviolabilità di Roma era crollato (era dal sacco di Brenno, avvenuto 800 anni prima, che era rimasta inespugnata). Dal quel momento la città sarà più volte saccheggiata fino al 1527.


RAPPORTI TESI. Più che nell’abilità militare Alarico era un maestro nello sfruttare le rivalità interne all’impero a scopi personali. E infatti proprio il deteriorarsi dei rapporti tra Oriente e Occidente lo spinse a sferrare un nuovo attacco nel 401 d.C. Il bersaglio stavolta fu l’Italia, la preda più ambita. Il monaco Rufino di Aquileia annotò le conseguenze della sciagura: “… Rotte le difese d’Italia da Alarico duce dei Goti il morbo pestifero vi penetrò e devastò per ogni dove i campi, gli armenti, gli uomini”. Fortuna che Stilicone riuscì a scacciare i Visigoti dalla Penisola, anche se a caro prezzo e dopo un anno di guerra feroce.
Alarico tornò quindi nell’Illirico (ancora “suo”), in attesa di qualche nuova occasione. A dargliela ci pensarono i Romani: Stilicone, che da buon realista aveva cercato accordi col turbolento re goto, finì in guai seri con Onorio. Lo si accusò di complicità con Alarico addirittura di aspirare al trono. Durissimo il verdetto: nel 408 a.C. lo stolto imperatore, da anni insediato a Ravenna (meglio difendibile per via delle paludi circostanti), condannò a morte l’unico generale in grado di salvare Roma. E Stilicone, precisa lo storico bizantino Zosimo, “in qualche modo sottopose egli stesso il collo alla spada”. A Ravenna la politica di conciliazione col barbaro era già acqua passata “Il successore di Stilicone, Olimpio, dà immediatamente mostra di un’intransigenza antigermanica, che a lungo andare si rivela rovinosa”, prosegue Tommaso Braccini. A corte infatti nessuno si era posto la domanda delle domande: deceduto il grande generale di origine vandale, cosa avrebbe impedito ad Alarico di piombare su Roma senza colpo ferire? Nulla, ovvio. Già nello stesso 408 i Visigoti marciarono infatti indisturbati sull’Urbe. Il disastro si avvicinava.

Valente o onorio, 364-76 o 395-423, da vaticano.JPG
Testa di Onorio, Musei Capitolini

ROMA AFFAMATA. Per prima cosa, Alarico, racconta, Zosimo, “bloccò le porte tutt’intorno alla città e, avendo il controllo del fiume Tevere, impedì l’arrivo di rifornimento dal porto alla città". La gente moriva di fame e di malattia; i cadaveri si moltiplicavano.  Il Senato allora, solo in mezzo alla bufera, chiese ad Alarico quanto voleva per sgomberare. “La vita”, rispose lì per lì, ma poi accettò la “misera” offerta di 5000 libbre d’oro, 30000 libbre d’argento, vesti di seta, stoffe pregiate e una montagna di pepe. In fondo non voleva annientare Roma: gli bastava contare di più nell’impero, magari diventando comandante supremo delle legioni.
L’incubo pareva finito. E invece riecco Onorio con un’altra delle sue: la corte di Ravenna respinse qualunque compromesso con i Visigoti, incluso quello appena raggiunto. Alarico rimisi dunque sotto assedio la città nel 409 e stavolta, sapendo che tra Onorio e il Senato non correva buon sangue, convinse i senatori a nominare imperatore il prefetto Prisco Attalo. Non servì a molto, in realtà, perciò lo depose poco dopo e riprese i negoziati. Ma di fronte al solito muro di Onorio, Alarico perse la pazienza e ordinò il sacco di Roma. Il 24 agosto 410 i Visigoti penetrarono in città dalla porta Salaria, aperta dal nemico non si sa da chi (un tradimento?). Violenze, saccheggi, brutalità d’ogni genere: per tre giorni Roma rimase in balia di guerrieri inferociti. A parte un incendio negli Orti Sallustiani, poteva andare anche peggio però: almeno, questi barbari, ricorda Agostino d’Ippona “per rispetto alla religione cristiana proteggevano chiunque cercasse rifugio in luoghi sacri”. E poi, a essere sinceri, l’impero meritava una punizione: “Così il vero Dio, che governa ogni cosa, castigò misericordiosamente i Romani”.
Dopo il sacco, Alarico si spostò a sud, portandosi dietro anche la sua preda migliore: Gallia Palcidia, sorellastra dell’imperatore Onorio. Il re goto pensò poi d’imbarcarsi per l’Africa, ma la morte lo colse all’apice del successo a Cosenza. Secondo Giordane, fu sepolto insieme ai suoi tesori nel letto del fiume Busento, temporaneamente deviato per l’occasione. E, se è vero il racconto, lì rimase tutt’oggi, con buona pace di archeologi e tombaroli.

Intanto nel mondo.

IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE.

364
Valeriano I viene proclamato imperatore a Nicea. Nello stesso anno assegna al fratello Valente la parte orientale dell’impero.

380
Con l’Editto di Tessalonica, l’imperatore Teodosio con l’appoggio di Graziano a Occidente, dichiara il cristianesimo unica religione ufficiale dell’impero.

395
Teodosio muore a Milano lasciando l’impero ai figli Onorio e Arcadio. Al primo va l’Occidente al secondo l’Oriente.

401
Il re dei Visigoti Alarico attacca l’Italia che viene tuttavia difesa da Stilicone.

406
Stilicone sconfigge a Fiesole le orde barbariche di Radagaiso.

408
Stilicone viene ucciso per ordine di Onorio.

410
Sacco di Roma di Alarico.

425 il figli odi Gallia Palcidia, Valentiano III, viene proclamato imperatore dopo la sconfitta del pretendente Giovanni.

439
I Vandali conquistano Cartagine e si insediano in Africa.

451
Il generale Ezio sconfigge gli Unni di Attila.

455
Valentiano III viene ucciso e i Vandali saccheggiano Roma.

476
Il generale sciro Odoacre depone Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano d’Occidente.
IMPERO D’ORIENTE E ALTRI PAESI.

378
I Visigoti di Fritgerno sconfiggono i Romani nella battaglia di Adrianopoli. Valente, imperatore d’Oriente, cade in battaglia.

385
Con l’assassino di Fu Chien, re di Ch’in, la Cina Settentrionale si spezzetta in vari piccoli potentati.

408
Muore l’imperatore d’Oriente Arcadio e gli succede il figlio Teodosio II.

438
Teodosio II emana il Codex Theodosianus, un’importante raccolta ufficiale di costituzioni imperiali.

450
Alla morte di Teodosio II, la sorella Pulcheria sposa il senatore Maciano, che diventa così il nuovo imperatore d’Oriente.

476
L’imperatore d’Oriente Zenone riceve le insegne imperiali inviategli da Odoacre dopo la deposizione di Romolo Autostolo.



SOCIETA’ E CULTURA.


379
Muore Basilio di Cesarea, vescovo, teologo e personaggio centrale nello sviluppo del monachesimo.

382
Girolamo inizia a lavorare alla
Vulgaria, la traduzione in latino della Bibba.

384
Ambrogio, vescovo di Milano, e Quinto Aurelio Simmaco, prefetto della città di Roma, discutono sulla presenza in Senato dell’Altare della Vittoria, un simbolo pagano.

393
Hanno luogo in Grecia le ultime Olimpiadi dell’antichità. Le prime risalgono al 776 a.C.

397
Agosto d’Ippona inizia la composizione delle Confessioni, opera autobiografica.

415
Ipazia, filosofa e scienziata, viene uccisa da un gruppo di cristiani ad Alessandria.

426
Agostino pubblica il suo testo fondamentale La città di Dio.

450
Muore a Roma Galla Placidia, che in vita aveva fatto costruire il suo mausoleo a Ravenna.

480 ca.
Nasce a Roma Severino Boezio, filosofo e collaboratore di Teodorico, re degli Ostrogoti.


Articolo in gran parte di Giulio Talini pubblicato su Focus Storia n. 145 – altri testi e immagini da Wikipedia.

1 commento:

  1. Giovanni Cafaro Halaricus trepidam urbem Romam inuasit partemque eius cremauit incendio, sextoque die quam ingressus fuerat depraedata urbe egressus est, Placidia Honorii principis sorore abducta, quam postea Athaulfo propinquo suo tradidit uxorem.
    Alarico invase Roma, città in trepidazione, e bruciò parte di essa con un incendio, nel sesto giorno da che era entrato, uscì dalla città, una volta saccheggiata, essendo stata rapita Placidia, sorella del principe Onorio, che dopo cedette a suo fratello Ataulfo.
    Chronicon (Marcellinus Comes)
    Marcellinus comes

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