martedì 9 aprile 2019

la cattedrale di Notre-Dame


Un restauro per riportare la
cattedrale di Notre-Dame al vecchio splendore.
La rinascita di un simbolo.
Alla metà del XIX secolo l’architetto Viollet-le-Duc intraprese il restauro della più emblematica cattedrale medievale di tutta Europa. Il suo lavoro rappresentò un modello per futuri interventi, ma fu anche al centro di numerose critiche.


Cattedrale di Notre-Dame

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Basilica Cattedrale Metropolitana Primaziale di Nostra Signora
(FR) Cathédrale métropolitaine Notre-Dame
Notre Dame de Paris DSC 0846w.jpg
La facciata
StatoFrancia Francia
RegioneÎle-de-France Île-de-France
LocalitàGrandes armes de la ville de Paris.svg Parigi
ReligioneCristiana cattolica di rito romano
TitolareMaria
ArcidiocesiParigi
Consacrazione19 maggio 1182
FondatoreMaurice de Sully
Stile architettonicoGotico
Inizio costruzione1163
Completamento1344
Sito webnotredamedeparis.fr
La cattedrale e la Senna
Il fianco destro di notte
Veduta da sud-est al tramonto
Veduta dalla Tour Montparnasse
La cattedrale metropolitana di Nostra Signora (in franceseCathédrale métropolitaine Notre-Dame; in latinoEcclesia Cathedralis Nostrae Dominae[1]), conosciuta anche come cattedrale di Notre-Dame o più semplicemente Notre-Dame (pronuncia [nɔtʁə dam]), è il principale luogo di culto cattolico di Parigicattedrale dell'arcidiocesi di Parigi,[2][3][4] il cui arcivescovometropolita è anche primate di Francia.
La cattedrale, ubicata nella parte orientale dell'Île de la Cité, nel cuore della capitale francese, nella piazza omonima,[5] rappresenta una delle costruzioni gotiche più celebri del mondo ed è uno dei monumenti più visitati di Parigi.
In base alla Legge francese sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905, l'edificio è proprietà dello Stato francese, come tutte le altre cattedrali fatte costruire dal Regno di Francia, e il suo utilizzo è assegnato alla Chiesa cattolica.[6]

La cattedrale, basilica minore dal 27 febbraio 1805,[7] è monumento storico di Francia dal 1862[8] e Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 1991.[9] 
È un monumento noto in tutto il mondo e tra i più visitati di Parigi insieme alla Torre Eiffel e al Museo del Louvre. Deve in parte la sua aura romantica alla penna di Victor Hugo, che nel 1931 le dedicò un romanzo Notre-Dame de Paris, in cui compariva la figura del celebre gobbo, poi ripreso da vari adattamenti cinematografici anche in versione animata.
Ma non tutti i visitatori sono a conoscenza dell’opera di restauro cui questo edificio fu sottoposto dal famoso architetto francese Eugene-Emannuel Violet-le-Duc. Gaudi disse di lui – dopo averne apprezzato in uno dei suoi rari viaggi l’intervento di recupero della cittadella di Carcassone – che era tra i pochi da cui si poteva ancora imparare qualcosa. Secondo Viollet-le-Duc “restaurare un edificio non significa salvaguardarlo, ripararlo o ricostruirlo, ma ripristinarlo in uno stato di compiutezza che potrebbe non essere mai esistito”. È quanto avvenne con la chiesa di Notre-Dame, la cattedrale gotica che il suo ampio lavoro di ristrutturazione ha trasformato in un punto di riferimento imprescindibile di Parigi e della memoria storica francese.
Viollet-le-Duc si trovò di fronte a un edificio praticamente in rovina. I secoli trascorsi avevano seriamente pregiudicato un’opera la cui costruzione era iniziata nel 1163, con la decisione del vescovo di Parigi Maurice de Sully di imitare quello “stile del regno di Francia” che l’abate Suger aveva impresso nel coro della basilica di Saint-Denis e che più tardi sarebbe stati definito gotico. I lavori proseguirono almeno fino alla metà del XIV secolo: nel 1351, infatti, si stavano ancora apportando gli ultimi ritocchi a varie parti della chiesa, tra le quali l’abside. Tutto questo aveva significato decine e decine di anni di impalcature, in un via vai ininterrotto di mastri muratori che levigavano le pietre, esperti vetrai che applicavano le ultime novità ottiche apprese all’università e scultori che scalpellavano i doccioni e i pinnacoli dei contrafforti. La cattedrale era cresciuta al ritmo dell’economia europea, in un momento di grande sviluppo agricolo che aveva drenato verso Parigi ingenti ricchezze.
Poi, lentamente, Notre-Dame iniziò a deteriorarsi. Nel XVII secolo, quando i sovrani della dinastia Borbone stabilirono la propria residenza nel palazzo del Louvre, si iniziò a parlare di una sua possibile ristrutturazione. Ma il progetto restò in sospeso.
Successivamente la vecchia cattedrale venne gravemente danneggiata durante la rivoluzione del 1789. Finalmente, anche in seguito alle forti proteste popolari iniziate nel 1830, si decise di procedere al compito titanico di restaurarla.

Peripezie di una cattedrale.

1163
La costruzione di Notre-Dame, con il patrocinio del vescovo Maurice de Sully. I lavori si concludono nella metà del XIV secolo.
1643-1715
Durante il regno di Luigi XIV la cattedrale viene sottoposta ad ampie modifiche. Nel coro viene eretto un gruppo scultoreo dedicato alla Madonna.

1793
La rivoluzione francese provoca gravi danni alla cattedrale, che per alcuni anni è sconsacrata e utilizzata come magazzino.
1844
Si afferma l’importanza della conservazione del patrimonio medievale. Viollet-le-Duc viene incaricato del progetto di restauro di Notre-Dame

LA CROCIATA DI VICTOR HUGO. Il paladino del movimento in difesa della chiesa fu il grande poeta e romanziere Hugo: non solo fece della cattedrale la cornice del suo famoso romanzo Notre-Dame de Paris, intrecciando il destino con quello della bella gitana Esmeralda e del gobbo Quasimodo, ma lanciò anche una vera e propria crociata per salvare vari edifici del passato medievale francese. In un articolo di grande risonanza pubblicato nel 1832, intitolato “guerra ai demolitori”, Hugo dichiarava “Ogni genere di profanazione, degradazione e rovina minaccia il poco che ci resta di questi ammirevoli monumenti del Medioevo, su cui si è impressa la vecchia gloria nazionale (…). Mentre si costruiscono con grande spesa non so che razza di edifici spuri, (…) altre strutture, mirabili e originali, cadono a pezzi tra il disinteresse generale”. E concludeva: “Un grido universale deve finalmente chiamare la nuova Francia in soccorso dell’antica”. Nel Genio del cristianesimo del 1802 Chateaubriand aveva contribuito a una rivoluzione delle arti della cristianità medievale. Questa nuova sensibilità avrebbe influenzato gli scrittori romantici come lo stesso Hugo, Mérimée – nominato nel 1834 ispettore generale degli edifici storici di Francia – Thiers o Guizot, l’onnipotente ministro del re Luigi Filippo che si mostrò sempre interessato a “fra entrare la vecchia Francia nella memoria e nall’intelligenza dei suoi contemporanei”. Allo stesso tempo in tutta Europa esplose la moda dell’architettura medievale e sorse uno stile neogotico che ebbe tra i suoi principali esponenti Ruskin e Morris in Inghilterra, Reichensper in Germania o Riegl in Austria.

Gli archi rampanti del coro

La ghigliottina colpisce le statue.

I danni più gravi riportati dalla cattedrale durante la rivoluzione interessarono le statue della facciata occidentale. Quelle situate al di sopra dei tre portali raffiguravano i sovrani del regno biblico di Giuda, ma già a partire dal Medioevo venivano scambiate per delle rappresentazioni dei re francesi. Così, in seguito all’esecuzione di Luigi XVI  nel gennaio del 1793 e al decreto governativo che imponeva la distruzione di qualsiasi simbolo della regalità, le sculture di Notre-Dame furono prese di mira dalla furia rivoluzionaria. Nell’ottobre dello stesso anno vennero rimosse a centinaia, pur con una certa attenzione a non danneggiare il resto dell’edificio. Le teste delle 28 statue della Galleria dei re furono staccate a colpi di martello per riprodurre la decapitazione del sovrano. Nel 1977 vennero ritrovate 21 di queste teste in una casa di Parigi, con i segni della violenza ancora chiaramente visibili.


  •                                                                Il coro verso la controfacciata (1892)

  • IL PROGETTO DI VIOLLET-LE-DUC. L’opera più emblematica di questa grande impresa di recupero del patrimonio architettonico francese era naturalmente Notre-Dame, che ben esemplificava i dilemmi che poneva un monumento in simile stato di degrado: c’era chi voleva demolirla, sulla base di una malintesa idea di progresso, e chi sosteneva andasse lasciata così com’era, a testimonianza dei secoli trascorsi. Ma Victor Hugo difese con veemenza la necessità di recuperare l’edificio, potendo contare sul sostegno del conte Charles de Montalembert, scrittore e politico impegnato nella tutela e nella conservazione dell’arte medievale. Notre-Dame de Paris non andava semplicemente preservata, ma riportata agli splendori iniziali. Fu a questo punto che entrò in scena Viollet-Le-Duc, un architetto che aveva già raggiunto una certa fama grqazie alla ristrutturazione della basilica di santa Maria Maddalena a Vézalay.
    L’intervento di restauro di Notre-Dame durò una ventina d’anni, dal 1844 al 1864. Iniziò, com’era prevedibile, tra le polemiche in merito al procedimento da seguire, anche perché nell’edificio si svolgevano ancora funzioni religiose. Il 31 gennaio 1843 Viollet-le-Duc e il suo collega architetto Jean-Baptiste Lassus presentarono un progetto di rinnovamento abbastanza moderato. Nel 1857, alla morte di quest’ultimo, Viollet-le-Duc assunse la pina direzione dei lavori, diventando il bersaglio principale dei detrattori dell’intervento ma ricevendo anche un certo numero di elogi. Charles Garnier, architetto dell’Opera di Parigi, liquidava così la figura del collega:. “Il signor Viollet-le-Duc ha costruito molto, ma i suoi lavori migliori sono senz’altro quelli di restauro; ciò deve provocare una crudele sofferenza a questo eminente artista, cui sfugge quella gloria alla quale anela ogni architetto, ovvero poter esplicitare la propria capacità creativa”. Nelle parole ironiche di Garnier è racchiusa la parabola di Viollet-le-Duc, l’uomo che con il suo eccezionale Dizionario ragionato dell’architettura francese offrì al mondo un metodo originale, audace e innovativo che non solo cambiò il concetto di restauro, ma influenzò anche vari movimenti architettonici a venire, come il Modernismo.

    Esterno della sacrestia

    Restauri controversi.
    Frontespizio del Dictionnaire Raisonné de L'Architecture Française du XIe au XVIe siècle

    Violet-le-Duc fu accusato dai suoi contemporanei di aver esagerato con le licenze artistiche. Eppure l’architetto era bene consapevoli dei rischi di un intervento eccessivo. Nel 1842, prima di iniziare i lavori di Notre-Dame, scrisse: “In un’opera del genere la prudenza e la discrezione con cui si agisce non sono mai troppe; siamo i primi a dirlo. Un restauro può essere più dannoso per un monumento che le devastazioni dei secoli e la furia popolare! Perché il tempo e le rivoluzioni distruggono, ma non aggiungono nulla”. E quindi osservava: “L’artista deve eclissarsi completamente, dimenticare le proprie tendenze e i propri istinti per studiare il lavoro che deve svolgere, ritrovare e seguire il pensiero che ha informato l’esecuzione dell’opera che egli intende restaurare; perché in questo caso non si tratta di fare arte, ma semplicemente di sottomettere all’arte di UNun’epoca che non c’è più”

    UN LAVORO CONTROVERSO. Viollet-le-Duc si sforzò di attenersi alla teoria delle proporzioni e dell’equilibrio architettonico, ma la sua eccessiva passione per il neogotico finì per trascinarlo ad alcune scelte discutibili. Decise per esempio di situare un rosone e una finestra al di sopra delle tribune in corrispondenza del transetto, una soluzione affascinante ma totalmente assente nell’idea primigenia dell’edificio. La volontà di ripristinare lo stile originario dell’opera lo spinse alle decisione altrettanto controversa di demolire ciò che non riteneva propriamente gotico, ovvero quegli elementi che erano stati inseriti nella cattedrale in epoche successive. Viollet-le-Duc riteneva aberranti, per esempio, le trasformazioni subite nel corso dei secoli dal coro della cattedrale, dove molti elementi originali erano stati sostituiti in epoca barocca e neoclassica. Si narra che una volte, per esplicitare la sua posizione, fece entrare nel coro un operaio in abiti medievale ma con una parrucca rococò e dichiarò: “Quest’immagine non è più ridicola di come sarebbe Notre-Dame se preservassimo questo coro tanto ammirato”. Quindi fece rimuovere i marmi classici che rivestivano le colonne gotiche che “la grossolana architettura” che occultava la primordiale bellezza medievale. Ma contraddittoriamente lasciò al loro posto i gruppi scultorei costruiti all’inizio del XVIII secolo per celebrare il momento in cui Luigi XIII aveva consacrato la Francia alla Vergine Maria.
    Le scelte dell’architetto suscitarono numerose polemiche. Nel 1880 Anthyme Saint-Paul affermò che Viollet-le-duc aveva inventato “lo svuotamento delle chiese. Sembra che da trent’anni una squadra di saccheggiatori si aggiri per la cattedrale di Notre-Dame, perché non è rimasto un solo capolavoro dei pittori e degli scultori degli ultimi due secoli. Né una tela, né un’offerta votiva, né un’ancona. Le cappelle sono spoglie, con i loro miseri altari e le alte pareti adornate d’arazzi”. Un dilemma analogo emerse in merito alla decorazione scultorea della cattedrale, gravemente danneggiata durante la rivoluzione francese. Ignorando i consigli di Merimée, Viollet-le-Duc decise di rifare le statue ex novo, e a tal fine costituì un laboratorio sotto la direzione dello scultore e orafo parigino Victor Geoffroy-Decahume.
    L’obiettivo principale di questa squadra di artigiani era ripristinare le figure degli archi rampanti dei portici e ricostruire le gargolle più deteriorate, che erano tra le opere che Victor Hugo aveva difeso con le parole più nostalgiche. Si trattava di interventi necessari? Viollet-le-Duc non aveva dubbi in proposito, anche se era consapevole che questa operazione gli avrebbe procurato più di una critica. Ma dal suo punto di vista, senza le sculture Notre-Dame sarebbe rimasta un edificio muto, incapace di comunicare; “Non si può lasciare incompleta una pagina così ammirevole senza rischiare di renderla intelligibile”. Come ha scritto uno storico recente, con Viollet-le-Duc si è passati “da un edificio in rovina, avvilito, limitato, a una chiesa rinata, arborescente, parlante”.
    Del disegno delle sculture fu incaricato il brillante incisore ed ex ufficiale della marina  Charles-Méryon, che si ispirò ai modelli delle cattedrali di Amiens e Bordeaux per le sue fantasiose acqueforti in bianco e nero, realizzate nel 1854 e su cui si basò Viollett-le-Duc per far costruire determinate statue, come la celebre chimera Strige.
    Con questo importante e inatteso contributo culminò l’opera di restauro della cattedrale di Notre-Dame, risultato dell’immaginazione creativa di una generazione di parigini dediti allo studio dell’arte da prospettive differenti, dall’architettura al disegno, passando per la scultura. Grazie a quest’enorme manifestazione di inventiva e rigore artistico, diretta e orientata da Violet-le-Duc, la cattedrale di Notre-Dame è potuta diventare un monumento ammirato oggi da milioni di visitatori.

    La cuspide che corona Notre-Dame.
    La guglia che sorgeva sulla crociera del transetto venne rimossa alla fine del XVIII secolo. Viollett-le-Duc decise di erigerne una nuova, che venne costruita tra il 1858 e il 1861 e si caratterizza per le dimensioni imponenti: realizzata con 500 tonnellate di legno e 250 di piombo, raggiunge un’altezza da terra di oltre 90 metri. La base ottagonale è sostenuta dai pilastri del transetto ed è circondata da quattro gruppi di statue che raffigurano i dodici apostoli con i simboli degli evangelisti. La scultura di san Tommaso ha le fattezze dello stesso Viollet-le-Duc. La guglia crea l’illusione ottica di raggiungere il cielo, il grande sogno dell’architettura gotica.

    La chimera più famosa della cattedrale.
    Il visitatore che si avventuri fino all’ultimo livello della facciata di Notre-Dame potrà ammirare quella che è forse la più celebre chimera al mondo, la Strige: una creatura alata con la lingua di fuori che osserva la città appoggiata alla balaustra. Non è una scultura medievale, bensì una delle tante ricostruzioni del XIX secolo: è infatti opera dell’incisore Charles Méryon, dalla cui prodigiosa immaginazione scaturirono alcuni celebri esempi di gotico fantastico. Walter Benjamin, nel suo Parigi, capitale del XIX secolo, interpretò l’aspetto beffardo di questa chimera come un’allegoria della modernità che stava distruggendo la capitale francese in base a un malinteso concetto di progresso.

    Articolo in gran parte di Almudena Blasco Vallés scuola politecnica di Parigi pubblicato su Storica National Geographic del mese di novembre 2018. Altri testi e immagini da wikipedia.

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