Un restauro per
riportare la
cattedrale di
Notre-Dame al vecchio splendore.
La rinascita di un
simbolo.
Alla metà del XIX
secolo l’architetto Viollet-le-Duc intraprese il restauro della più emblematica
cattedrale medievale di tutta Europa. Il suo lavoro rappresentò un modello per
futuri interventi, ma fu anche al centro di numerose critiche.
Cattedrale di Notre-Dame
Basilica Cattedrale Metropolitana Primaziale di Nostra Signora (FR) Cathédrale métropolitaine Notre-Dame | |
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La facciata | |
Stato | Francia |
Regione | Île-de-France |
Località | Parigi |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Maria |
Arcidiocesi | Parigi |
Consacrazione | 19 maggio 1182 |
Fondatore | Maurice de Sully |
Stile architettonico | Gotico |
Inizio costruzione | 1163 |
Completamento | 1344 |
Sito web | notredamedeparis.fr |
La cattedrale metropolitana di Nostra Signora (in francese: Cathédrale métropolitaine Notre-Dame; in latino: Ecclesia Cathedralis Nostrae Dominae[1]), conosciuta anche come cattedrale di Notre-Dame o più semplicemente Notre-Dame (pronuncia [nɔtʁə dam]), è il principale luogo di culto cattolico di Parigi, cattedrale dell'arcidiocesi di Parigi,[2][3][4] il cui arcivescovometropolita è anche primate di Francia.
La cattedrale, ubicata nella parte orientale dell'Île de la Cité, nel cuore della capitale francese, nella piazza omonima,[5] rappresenta una delle costruzioni gotiche più celebri del mondo ed è uno dei monumenti più visitati di Parigi.
In base alla Legge francese sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905, l'edificio è proprietà dello Stato francese, come tutte le altre cattedrali fatte costruire dal Regno di Francia, e il suo utilizzo è assegnato alla Chiesa cattolica.[6]
La cattedrale, basilica minore dal 27 febbraio 1805,[7] è monumento storico di Francia dal 1862[8] e Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 1991.[9]
È
un
monumento noto in tutto il mondo e tra i più visitati di Parigi insieme alla
Torre Eiffel e al Museo del Louvre. Deve in parte la sua aura romantica alla
penna di Victor Hugo, che nel 1931 le dedicò un romanzo Notre-Dame de Paris, in
cui compariva la figura del celebre gobbo, poi ripreso da vari adattamenti
cinematografici anche in versione animata.
Ma non tutti i
visitatori sono a conoscenza dell’opera di restauro cui questo edificio fu
sottoposto dal famoso architetto francese Eugene-Emannuel Violet-le-Duc. Gaudi
disse di lui – dopo averne apprezzato in uno dei suoi rari viaggi l’intervento
di recupero della cittadella di Carcassone – che era tra i pochi da cui si
poteva ancora imparare qualcosa. Secondo Viollet-le-Duc “restaurare un edificio non significa salvaguardarlo, ripararlo o
ricostruirlo, ma ripristinarlo in uno stato di compiutezza che potrebbe non
essere mai esistito”. È quanto avvenne con la chiesa di Notre-Dame, la
cattedrale gotica che il suo ampio lavoro di ristrutturazione ha trasformato in
un punto di riferimento imprescindibile di Parigi e della memoria storica
francese.
Viollet-le-Duc si trovò
di fronte a un edificio praticamente in rovina. I secoli trascorsi avevano
seriamente pregiudicato un’opera la cui costruzione era iniziata nel 1163, con
la decisione del vescovo di Parigi Maurice de Sully di imitare quello “stile
del regno di Francia” che l’abate Suger aveva impresso nel coro della basilica
di Saint-Denis e che più tardi sarebbe stati definito gotico. I lavori
proseguirono almeno fino alla metà del XIV secolo: nel 1351, infatti, si
stavano ancora apportando gli ultimi ritocchi a varie parti della chiesa, tra
le quali l’abside. Tutto questo aveva significato decine e decine di anni di
impalcature, in un via vai ininterrotto di mastri muratori che levigavano le
pietre, esperti vetrai che applicavano le ultime novità ottiche apprese
all’università e scultori che scalpellavano i doccioni e i pinnacoli dei
contrafforti. La cattedrale era cresciuta al ritmo dell’economia europea, in un
momento di grande sviluppo agricolo che aveva drenato verso Parigi ingenti
ricchezze.
Poi, lentamente,
Notre-Dame iniziò a deteriorarsi. Nel XVII secolo, quando i sovrani della
dinastia Borbone stabilirono la propria residenza nel palazzo del Louvre, si
iniziò a parlare di una sua possibile ristrutturazione. Ma il progetto restò in
sospeso.
Successivamente la
vecchia cattedrale venne gravemente danneggiata durante la rivoluzione del
1789. Finalmente, anche in seguito alle forti proteste popolari iniziate nel
1830, si decise di procedere al compito titanico di restaurarla.
Peripezie di
una cattedrale.
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1163
La
costruzione di Notre-Dame, con il patrocinio del vescovo Maurice de Sully. I
lavori si concludono nella metà del XIV secolo.
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1643-1715
Durante
il regno di Luigi XIV la cattedrale viene sottoposta ad ampie modifiche. Nel
coro viene eretto un gruppo scultoreo dedicato alla Madonna.
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1793
La
rivoluzione francese provoca gravi danni alla cattedrale, che per alcuni anni
è sconsacrata e utilizzata come magazzino.
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1844
Si
afferma l’importanza della conservazione del patrimonio medievale.
Viollet-le-Duc viene incaricato del progetto di restauro di Notre-Dame
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LA CROCIATA DI VICTOR HUGO. Il paladino del
movimento in difesa della chiesa fu il grande poeta e romanziere Hugo: non solo
fece della cattedrale la cornice del suo famoso romanzo Notre-Dame de Paris,
intrecciando il destino con quello della bella gitana Esmeralda e del gobbo
Quasimodo, ma lanciò anche una vera e propria crociata per salvare vari edifici
del passato medievale francese. In un articolo di grande risonanza pubblicato
nel 1832, intitolato “guerra ai demolitori”, Hugo dichiarava “Ogni genere di profanazione, degradazione e
rovina minaccia il poco che ci resta di questi ammirevoli monumenti del
Medioevo, su cui si è impressa la vecchia gloria nazionale (…). Mentre si
costruiscono con grande spesa non so che razza di edifici spuri, (…) altre
strutture, mirabili e originali, cadono a pezzi tra il disinteresse generale”.
E concludeva: “Un grido universale deve
finalmente chiamare la nuova Francia in soccorso dell’antica”. Nel Genio
del cristianesimo del 1802 Chateaubriand aveva contribuito a una rivoluzione
delle arti della cristianità medievale. Questa nuova sensibilità avrebbe
influenzato gli scrittori romantici come lo stesso Hugo, Mérimée – nominato nel
1834 ispettore generale degli edifici storici di Francia – Thiers o Guizot,
l’onnipotente ministro del re Luigi Filippo che si mostrò sempre interessato a “fra entrare la vecchia Francia nella
memoria e nall’intelligenza dei suoi contemporanei”. Allo stesso tempo in
tutta Europa esplose la moda dell’architettura medievale e sorse uno stile
neogotico che ebbe tra i suoi principali esponenti Ruskin e Morris in
Inghilterra, Reichensper in Germania o Riegl in Austria.
La ghigliottina colpisce le
statue.
I danni più gravi riportati dalla
cattedrale durante la rivoluzione interessarono le statue della facciata
occidentale. Quelle situate al di sopra dei tre portali raffiguravano i
sovrani del regno biblico di Giuda, ma già a partire dal Medioevo venivano scambiate
per delle rappresentazioni dei re francesi. Così, in seguito all’esecuzione
di Luigi XVI nel gennaio del 1793 e al
decreto governativo che imponeva la distruzione di qualsiasi simbolo della
regalità, le sculture di Notre-Dame furono prese di mira dalla furia
rivoluzionaria. Nell’ottobre dello stesso anno vennero rimosse a centinaia,
pur con una certa attenzione a non danneggiare il resto dell’edificio. Le
teste delle 28 statue della Galleria dei re furono staccate a colpi di
martello per riprodurre la decapitazione del sovrano. Nel 1977 vennero
ritrovate 21 di queste teste in una casa di Parigi, con i segni della
violenza ancora chiaramente visibili.
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IL PROGETTO DI VIOLLET-LE-DUC. L’opera più
emblematica di questa grande impresa di recupero del patrimonio architettonico
francese era naturalmente Notre-Dame, che ben esemplificava i dilemmi che
poneva un monumento in simile stato di degrado: c’era chi voleva demolirla,
sulla base di una malintesa idea di progresso, e chi sosteneva andasse lasciata
così com’era, a testimonianza dei secoli trascorsi. Ma Victor Hugo difese con
veemenza la necessità di recuperare l’edificio, potendo contare sul sostegno
del conte Charles de Montalembert, scrittore e politico impegnato nella tutela
e nella conservazione dell’arte medievale. Notre-Dame de Paris non andava
semplicemente preservata, ma riportata agli splendori iniziali. Fu a questo
punto che entrò in scena Viollet-Le-Duc, un architetto che aveva già raggiunto
una certa fama grqazie alla ristrutturazione della basilica di santa Maria
Maddalena a Vézalay.
L’intervento di
restauro di Notre-Dame durò una ventina d’anni, dal 1844 al 1864. Iniziò,
com’era prevedibile, tra le polemiche in merito al procedimento da seguire,
anche perché nell’edificio si svolgevano ancora funzioni religiose. Il 31
gennaio 1843 Viollet-le-Duc e il suo collega architetto Jean-Baptiste Lassus
presentarono un progetto di rinnovamento abbastanza moderato. Nel 1857, alla
morte di quest’ultimo, Viollet-le-Duc assunse la pina direzione dei lavori,
diventando il bersaglio principale dei detrattori dell’intervento ma ricevendo
anche un certo numero di elogi. Charles Garnier, architetto dell’Opera di
Parigi, liquidava così la figura del collega:. “Il signor Viollet-le-Duc ha costruito molto, ma i suoi lavori
migliori sono senz’altro quelli di restauro; ciò deve provocare una crudele
sofferenza a questo eminente artista, cui sfugge quella gloria alla quale anela
ogni architetto, ovvero poter esplicitare la propria capacità creativa”. Nelle
parole ironiche di Garnier è racchiusa la parabola di Viollet-le-Duc, l’uomo
che con il suo eccezionale Dizionario ragionato dell’architettura francese
offrì al mondo un metodo originale, audace e innovativo che non solo cambiò il
concetto di restauro, ma influenzò anche vari movimenti architettonici a
venire, come il Modernismo.
Restauri controversi.
Frontespizio del Dictionnaire Raisonné de L'Architecture Française du XIe au XVIe siècle
Violet-le-Duc fu accusato dai suoi
contemporanei di aver esagerato con le licenze artistiche. Eppure
l’architetto era bene consapevoli dei rischi di un intervento eccessivo. Nel
1842, prima di iniziare i lavori di Notre-Dame, scrisse: “In un’opera del genere la prudenza e la discrezione con cui si
agisce non sono mai troppe; siamo i primi a dirlo. Un restauro può essere più
dannoso per un monumento che le devastazioni dei secoli e la furia popolare!
Perché il tempo e le rivoluzioni distruggono, ma non aggiungono nulla”. E
quindi osservava: “L’artista deve
eclissarsi completamente, dimenticare le proprie tendenze e i propri istinti
per studiare il lavoro che deve svolgere, ritrovare e seguire il pensiero che
ha informato l’esecuzione dell’opera che egli intende restaurare; perché in
questo caso non si tratta di fare arte, ma semplicemente di sottomettere
all’arte di UNun’epoca che non c’è più”
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UN LAVORO CONTROVERSO. Viollet-le-Duc si
sforzò di attenersi alla teoria delle proporzioni e dell’equilibrio architettonico,
ma la sua eccessiva passione per il neogotico finì per trascinarlo ad alcune
scelte discutibili. Decise per esempio di situare un rosone e una finestra al
di sopra delle tribune in corrispondenza del transetto, una soluzione
affascinante ma totalmente assente nell’idea primigenia dell’edificio. La
volontà di ripristinare lo stile originario dell’opera lo spinse alle decisione
altrettanto controversa di demolire ciò che non riteneva propriamente gotico,
ovvero quegli elementi che erano stati inseriti nella cattedrale in epoche
successive. Viollet-le-Duc riteneva aberranti, per esempio, le trasformazioni
subite nel corso dei secoli dal coro della cattedrale, dove molti elementi
originali erano stati sostituiti in epoca barocca e neoclassica. Si narra che
una volte, per esplicitare la sua posizione, fece entrare nel coro un operaio
in abiti medievale ma con una parrucca rococò e dichiarò: “Quest’immagine non è più ridicola di come sarebbe Notre-Dame se
preservassimo questo coro tanto ammirato”. Quindi fece rimuovere i marmi
classici che rivestivano le colonne gotiche che “la grossolana architettura”
che occultava la primordiale bellezza medievale. Ma contraddittoriamente lasciò
al loro posto i gruppi scultorei costruiti all’inizio del XVIII secolo per celebrare
il momento in cui Luigi XIII aveva consacrato la Francia alla Vergine Maria.
Le scelte
dell’architetto suscitarono numerose polemiche. Nel 1880 Anthyme Saint-Paul
affermò che Viollet-le-duc aveva inventato “lo
svuotamento delle chiese. Sembra che da trent’anni una squadra di
saccheggiatori si aggiri per la cattedrale di Notre-Dame, perché non è rimasto
un solo capolavoro dei pittori e degli scultori degli ultimi due secoli. Né una
tela, né un’offerta votiva, né un’ancona. Le cappelle sono spoglie, con i loro
miseri altari e le alte pareti adornate d’arazzi”. Un dilemma analogo
emerse in merito alla decorazione scultorea della cattedrale, gravemente
danneggiata durante la rivoluzione francese. Ignorando i consigli di Merimée,
Viollet-le-Duc decise di rifare le statue ex novo, e a tal fine costituì un
laboratorio sotto la direzione dello scultore e orafo parigino Victor
Geoffroy-Decahume.
L’obiettivo principale
di questa squadra di artigiani era ripristinare le figure degli archi rampanti
dei portici e ricostruire le gargolle più deteriorate, che erano tra le opere
che Victor Hugo aveva difeso con le parole più nostalgiche. Si trattava di
interventi necessari? Viollet-le-Duc non aveva dubbi in proposito, anche se era
consapevole che questa operazione gli avrebbe procurato più di una critica. Ma
dal suo punto di vista, senza le sculture Notre-Dame sarebbe rimasta un
edificio muto, incapace di comunicare; “Non
si può lasciare incompleta una pagina così ammirevole senza rischiare di
renderla intelligibile”. Come ha scritto uno storico recente, con
Viollet-le-Duc si è passati “da un
edificio in rovina, avvilito, limitato, a una chiesa rinata, arborescente,
parlante”.
Del disegno delle
sculture fu incaricato il brillante incisore ed ex ufficiale della marina Charles-Méryon, che si ispirò ai modelli
delle cattedrali di Amiens e Bordeaux per le sue fantasiose acqueforti in
bianco e nero, realizzate nel 1854 e su cui si basò Viollett-le-Duc per far
costruire determinate statue, come la celebre chimera Strige.
Con questo importante e
inatteso contributo culminò l’opera di restauro della cattedrale di Notre-Dame,
risultato dell’immaginazione creativa di una generazione di parigini dediti
allo studio dell’arte da prospettive differenti, dall’architettura al disegno,
passando per la scultura. Grazie a quest’enorme manifestazione di inventiva e
rigore artistico, diretta e orientata da Violet-le-Duc, la cattedrale di
Notre-Dame è potuta diventare un monumento ammirato oggi da milioni di
visitatori.
La cuspide che corona Notre-Dame.
La guglia che sorgeva sulla
crociera del transetto venne rimossa alla fine del XVIII secolo.
Viollett-le-Duc decise di erigerne una nuova, che venne costruita tra il 1858
e il 1861 e si caratterizza per le dimensioni imponenti: realizzata con 500
tonnellate di legno e 250 di piombo, raggiunge un’altezza da terra di oltre
90 metri. La base ottagonale è sostenuta dai pilastri del transetto ed è
circondata da quattro gruppi di statue che raffigurano i dodici apostoli con
i simboli degli evangelisti. La scultura di san Tommaso ha le fattezze dello
stesso Viollet-le-Duc. La guglia crea l’illusione ottica di raggiungere il
cielo, il grande sogno dell’architettura gotica.
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La chimera più famosa della
cattedrale.
Il visitatore che si avventuri fino
all’ultimo livello della facciata di Notre-Dame potrà ammirare quella che è
forse la più celebre chimera al mondo, la Strige: una creatura alata con la
lingua di fuori che osserva la città appoggiata alla balaustra. Non è una
scultura medievale, bensì una delle tante ricostruzioni del XIX secolo: è
infatti opera dell’incisore Charles Méryon, dalla cui prodigiosa
immaginazione scaturirono alcuni celebri esempi di gotico fantastico. Walter
Benjamin, nel suo Parigi, capitale del XIX secolo, interpretò l’aspetto
beffardo di questa chimera come un’allegoria della modernità che stava
distruggendo la capitale francese in base a un malinteso concetto di
progresso.
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Articolo in gran parte
di Almudena Blasco Vallés scuola politecnica di Parigi pubblicato su Storica
National Geographic del mese di novembre 2018. Altri testi e immagini da
wikipedia.
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