giovedì 7 marzo 2019

Messalina imperatrice lussuriosa.


Messalina imperatrice lussuriosa.
Moglie di Claudio, imperatore che succedette a Caligola, si guadagnò la fama di donna spietata e sessualmente insaziabile. Forse erano solo dicerie, ma la cosa non impedì che su di lei si abbattesse la damnatio memoriae. 


Messalina è stata descritta dagli storici dell'epoca come una donna dissoluta e senza scrupoli, una donna dagli insaziabili appetiti sessuali, pronta a sbarazzarsi dei suoi avversari. Le fonti storiche a cui si fa riferimento, Le vite dei dodici Cesari di Svetonio, soprattutto il libro XI degli Annales di Tacito e in particolare la VI delle Satire di Giovenale:

Stando alla Satira VI di Giovenale, Messalina lavorava in un bordelloassumendo il nome di Lisisca, "cagnetta", "lupetta". Grafico erotico di Agostino CarracciXVI secolo
(LA)
«
Quìd privàta domùs, quid fècerit Èppia, cùras?
Rèspice rìvalès divorùm; Claùdius àudi
quaè tulerìt. Dormìre virùm cum sènserat ùxor
sùmere noctùrnos mèretrìx Augùsta cucùllos
aùsa Palàtino et tègetèm praefèrre cubìli
lìnquebàt comitè ancìlla non àmplius ùna.
Sìc, nigrùm flavò crinèm abscòndente galèro,
ìntravìt calidùm veterì centòne lupànar
èt cellàm vacuàm atque suàm; tunc nùda papìllis
pròstitit aùratis tìtulùm mentìta Lycìscae
òstendìtque tuum, gènerosè Britànnice, vèntrem.
Èxcepìt blandà intrantès atque aèra popòscit
còntinuèque iacèns cunctòrum absòrbuit ìctus.
Mòx, lenòne suàs iam dìmittènte puèllas,
trìstis abìt et, quòd potuìt tamen, ùltima cèllam
claùsit adhùc ardèns rigidaè tentìgine vùlvae,
èt lassàta virìs necdùm satiàta recèssit,
òbscurisquè genìs turpìs fumòque lucèrnae
foèda lupànarìs tulìt ad pùlvinàr odòrem. [5]»
(IT)
«Perché ti preoccupi di una casa privata, di cosa abbia fatto Eppia? [6].
Guarda i rivali degli dei [7]; ascolta Claudio
che cosa ha sopportato. Quando la moglie si accorgeva che il marito dormiva,
osando l’Augusta meretrice mettersi dei cappucci da notte
e preferire al talamo del Palatino una stuoia,
lo abbandonava, con non più di una ancella come compagna.
Così, mentre una parrucca bionda nasconde i capelli neri,
entra nel caldo lupanare dalle tende vecchie
e nella stanzetta vuota, tutta per lei; allora nuda con i capezzoli
dorati si prostituisce inventando il nome di Licisca
e offre, o nobile Britannico [8], il tuo [9] ventre.
Accoglie generosa chi entra e chiede il prezzo
e di continuo, sdraiata, assorbe i colpi di tutti.
Poi, quando il lenone manda via le sue ragazze,
triste se ne va e, l’unica cosa che può fare, per ultima chiude
la stanza, ardendo ancora per l’eccitazione della sua vulva turgida,
e, spossata dagli uomini ma non sazia, se ne va,
con le guance scure e sporca per il fumo della lucerna
porta l’ignobile odore del lupanare nel talamo nuziale.»


Messalina era figlia dei patrizi Messalla Barbato e Domizia Lepida. La sua bisnonna, Ottavia, era sorella del primo imperatore, Augusto, e nonna materna di Claudio. Di quest’ultimo sovrano, che regnò dal 41 al 54, Messalina sarebbe diventata la terza moglie, intorno al 40, quando aveva 15 anni. Da Claudio ebbe due figli: Ottavia, che sarebbe andata in sposa a Nerone e Britannico. Le fonti lasciano intendere che Messalina s’improvvisò “censore” della moralità pubblica, concluse loschi affar pur di ottenere guadagni elevati e fece togliere la cittadinanza ai suoi nemici personali per darla ad altri. Tutte cose esecrabili, ma in realtà non esistono prove a suo carico. Non siamo neppure sicuri che, completamente depilata, gli occhi bistrati con l’antimonio, le labbra dipinte di un rosso lascivo, seni e capezzoli cosparsi di povere dorata, amasse prostituirsi nei lupanari dell’Urbe, concedendosi a gladiatori e soldati. Anche di questo, infatti, la si accusava. Claudio non la dotò mai di alcun titolo: nemmeno quello di Augusta, che le sarebbe spettato in quanto consorte dell’imperatore. Anzi, nel 48 Messalina fu costretta a rifugiarsi con la madre nei giardini di Lucullo con l’ordine di rasi la morte. Si ferì al seno e al collo, ma non ebbe il coraggio d’infliggersi il colpo fatale, assestatole da un tribuno su ordine di Claudio stesso. Svetonio narra che l’imperatore, pronto per consumare il banchetto, abbia chiesto perché la signora non fosse arrivata. Un liberto gli ricordò che il sole aveva illuminato Roma per due volte da quando Messalina era stata uccisa per suo volere.

IL PIU’ BELLO DI ROMA. Stando alle voci, spesso malevole, la domma frequentava i postriboli dell’Urbe e gli angoli più loschi delle strade romane pur di procurarsi uomini, per cui nutriva un’attrazione irresistibile. Un giorno conobbe colui che Tacito avrebbe definito “il più bel giovane di Roma” il console Caio Silio, e promise a se stessa di non lasciarselo scappare. La moglie del prescelto, Giulia Silana, Era nota per i tradimenti ai danni del consorte, quindi non costituiva un particolare ostacolo, anzi, a maggior ragion, la sua infedeltà avrebbe spinto il console tra le braccia di Messalina. Anche Caio Silio, da parte sua aveva ottime ragioni per nutrire rancore verso la famiglia imperiale: suo padre era stato costretto ad ammazzarsi da Tiberio, zio di Claudio e imperatore dal 14 al 37. Per di più, il console lamentava il fatto che Claudio non l’avesse mai considerato, nonostante gli anni di servizio militare condotti con onore. Da parte sua, l’imperatore aveva più di un motivo per detestare Silio. In particolare lo odiava da quando si era prodotto in una battuta contro di lui in Senato: mentre Claudio si profondeva in uno dei suoi discorsi, Caio aveva citati alcuni versi del poeta Orazio, relative alle limpide acque del fiume Xanto, in cui “Apollo amava intingere le chiome”, per poi passare a parlare del melmoso fiume Rodano. Silio, a quel punto, ricordando che Claudio era stato costretto da Caligola (in modo umiliante) a fare il bagno proprio in quel fiume, aveva aggiunto: “in cui ama intingere le chiome Claudio”. La freddura aveva fatto esplodere in sonore risate per i senatori: per l’imperatore era stata una ferita insanabile.

Il divo Claudio.
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Busto dell'imperatore Claudio (Museo archeologico nazionaleNapoli)


Claudio era storpio e balbuziente. La madre Antonia Minore, lo definiva “un mostro d’uomo, non compiuto, ma solo abbozzato dalla natura”. Nonostante ciò pare che la sua eloquenza fosse prodigiosa. Per combattere i vuoti di memoria che gli si potevano presentare nel mezzo di un discorso, gli era stato consigliato di dire “Ahimé ! non trovo le parole per esprimere la forza dei miei sentimento su questo tema”. Così aveva tempo di ricposare la mente e ricercare nella memoria ciò che avrebbe dovuto dire. E le parole tornavano. Tuttavia, peccava d’ingenuità e Messalina seppe approfittarne. Anche in ambito familiare lo deridevano e, quando arrivava tardi ai banchetti, veniva fatto girare più volte per  la sala alla ricerca di un posto che nessuno intendeva cedergli. Eppure, la recente critica storiografica l’ha rivalutato, presentandolo come un abile amministratore, savio legislatore e buon stratega: la conquista della Britannia avvenne sotto il suo comando. Di certo era uno smemorato patologico: più di una volta inviò i suoi servi in casa di un conoscente per invitarlo a un sontuoso banchetto, non ricordando di averlo fatto uccidere proprio quella mattina.

DIVORZIO E MATRIMONIO. Le doti seduttive di Messalina fecero capitolare Silio che divorziò da Giulia. A dirla tutta, il console era attratto dalla moglie dell’imperatore, ma sapeva anche che, se si fosse sottratto alla sua corte, sarebbe stato eliminato con una condanna a morte per futili motivi. Ottenuto ciò che voleva, Messalina intendeva convolare a nuove nozze con Silio dopo aver divorziato a sua volta, ma nello stesso tempo voleva continuare a tenere sott’occhio il trono, per sottrarlo a Claudio e fare in modo che Silio diventasse imperatore. Per riuscire nel suo intento, escogitò un piano ingegnoso. Una mattina fece una confessione al marito: terrorizzata da sogni terribili, si era rivolta agli indovini, i quali le avevano rivelato che l’uomo legato a lei dal vincolo del matrimonio era destinato a morte violenta entro un mese. Perché ciò non accadesse (suggerì Messalina) occorreva fare una cosa: ripudiarla e tenerla lontana finché non fosse terminato il periodo previsto dal vaticinio, per poi risposarla. Ma Claudio le ricordò che la legge impediva a un uomo di legarsi nuovamente alla moglie che aveva ripudiato, a meno che questa, nel frattempo, non avesse contratto un nuovo matrimonio e poi divorziato. Messalina rispose: “Dove sta il problema? Troverò un uomo che, dopo il tuo ripudio, mi sposi e resti mio marito per il tempo necessario. Quindi divorzierò e noi due potremo risposarci”. L’imperatore approvò lo stratagemma e iniziò a proporre possibili mariti, ma alla fine, a suo parere, l’unico nome plausibile era quello di Caio Silio. La donna si presentò così come vittima sacrificale: avrebbe immolato se stessa in quel rito tragicomico, da cui la sua fama sarebbe uscita disonorata. Ma pur di salvare il suo Claudio era disposta a sopportare qualsiasi cosa. Quello stesso giorno, l’imperatore ripudiò la moglie che, attrice consumata, si gettò ai suoi piedi implorandolo di non farlo. Per tutta risposta Claudio, con la sua proverbiale eloquenza, pronunciò un discorso sulla fine dell’amore e dei giorni felici, di cui rimane solo la memoria. Dopodiché compì un gesto di generosità inaudita: concesse alla ex moglie una lauta dote, in modo da poter accedere a un nuovo matrimonio con onore e sostanze. Messalina cominciò allora, in cuori suo, a progettare il passo successivo: avrebbe ordito un piano per indebolire il potere di Claudio e far disertare coloro che, già corrotti da lei, avrebbero acclamato imperatore Caio Silio.

La spietata meretrice.
Messalinaandbritannicus.jpg

L'imperatrice Messalina e il figlio BritannicoMuseo del Louvre

L’influenza di Messalina su Claudio era notevole: egli pendeva dalle sue labbra e l’assecondava in tutto, eliminando chiunque non le fosse gradito (la cui unica colpa, era spesso, quella di non aver ceduto alle sue profferte amorose). Si racconta, per esempio, che un liberto, d’accordo con lei, raccontò a Claudio di aver sognato che un noto personaggio, Appio Silano, stava ordendo una congiura ai suoi danni. Messalina disse di aver fatto lo stesso sogno. Nel medesimo istante l’ignaro Silano giungeva nelle stanze dell’imperatore: per ammazzarlo, naturalmente, dissero i due. E così Silano fu ucciso. La crudeltà di Messalina non aveva limiti: pare avesse provato a far eliminare anche Nerone, figlio di Agrippina (poi quarta moglie di Claudio), perché temeva che potesse ostacolare l’ascesa di suo figlio Britannio (e non sbagliava). Assoldò alcuni sicari, i quali però alla fine si astennero dal compiere il delitto poiché, entrati nella camera del ragazzo, videro un serpente eretto presso il suo letto.

LE NOZZE DELLA VERGOGNA. Claudio aveva promesso che sarebbe stato presente, come pontefice, alle nozze di Messalina e Silio. Sennonché, mentre si trovava a Ostia per presenziare all’inaugurazione di un granaio, ricevette un messaggio da Calpurnia, la sua cortigiana più fedele. Gli riferiva che Messalina aveva preso marito senza attenderlo: aveva anticipato in segreto le nozze, in modo da farla coincidere con l’inaugurazione del granaio ostiense ed essere sicura che Claudio fosse lontano. Stando a Tacito, la donna aveva sposato Silio nel pieno rispetto del rituale, ossia alla presenza di un officiante, con tanto di libagioni e sacrifici agli dei. Aveva poi offerto agli invitati un lauto banchetto, ispirato ai più sfrenati costumi dionisiaci: attorno alle tavole imbandite, quantità enormi di uva erano state messe sotto i torchi, il vino scorreva a fiumi e la stessa sposa, indossando una corta tunica che le lasciava scoperto il seno, si era abbandonata alla frenesia di danze orgiastiche agitando un tirso (bastone con una pigna alla sommità, tipico dei seguaci del dio Dionisio), abbracciando e baciando più volte il novello sposo. Infine, si era poi ritirata con lui nell’alcova. Era stato, insomma, un vero matrimonio e non certo una pantomima per esorcizzare i risvolti tragici di un vaticinio. Inizialmente Claudio non vide nulla di strano in quelle nozze, convinto di aver semplicemente memorizzato male la data. Ma Narciso, un liberto che risiedeva presso Calpurnia e aveva intuito i piani di Messalina, gli riferì che tutti, a Roma, sapevano che sua moglie aveva contratto nozze vere e legittime con Silio.
Questo, per Claudio, si sarebbe rivelato uno smacco insopportabile al cospetto del popolo, che avrebbe cominciato a parteggiare per la nuova coppia. Gli occhi del sovrano finalmente si aprirono; nominato Narciso comandante della sua guardia, fece ritorno a Roma, dopo aver coperto a piedi, in brevissimo tempo, le 18 miglia che separano l’Urbe da Ostia.
Mentre ancora si svolgeva il banchetto nuziale, un invitato, un certo Vezio Valente, salì sulla cima di un pino, dicendo che lì lo attendeva una driade (una ninfa degli alberi). Tutti, ridendo, gli rivolsero battute licenziose. Ma fu quello che vide dalla sommità dell’albero a sconvolgere Vezio: il luccichio delle corazze delle guardie che si avvicinavano. Avendo inteso che quei soldati portavano la vendetta dell’imperatore, lanciò l’allarme. Chi poté fuggì all’istante, mentre Silio si recò nel foro fingendo indifferenza. Senza vergogna Messalina tentò di convincere Claudio che c’era stato un equivoco: quello appena celebrato era un matrimonio finto e temporaneo. Ma Narciso gli rivelò i nomi di tutti gli uomini con cui l’ex moglie lo aveva tradito: erano ben 160. Sebbene all’imperatore non fossero sfuggite alcune scappatelle, portare sulla testa le corna di così tanti uomini era davvero troppo. Messalina cercò di rifugiarsi nei giardini di Lucullo, dove fu giustiziata dopo il falli suicidio. In seguito, su di le si abbatté la damantio memoriae: il suo nome fu eliminato da atti e monumenti: le sue statue vennero distrutte. Anche il bel Casio Silio venne giustiziato.
Claudio, stanco di delusioni coniugali, dichiarò che mai più avrebbe preso moglie; invece, solo pochi mesi dopo, sposò Agrippina, madre del suo successore al trono Nerone. La dinastia Giulio-Claudia, inaugurata da Augusto, si avviava a chiudersi in tragedia.

Articolo in gran parte di Ivo Flavio Abela pubblicato su Civiltà Romana n. 2 Sprea editori. Altri testi e immagini da Wikipedia.

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